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  • ANCHE MANCINI SI ALLINEA AGLI SMEMORATI, IL DENTE AVVELENATO PER IL LICENZIAMENTO DI DUE ANNI FA...

    Mancini assolve Moggi
    "Solo foga agonistica"

    Il tecnico del Manchester City ha deposto questa mattina al processo di Napoli: "Una volta litigai con Rosetti e coinvolsi l'ex dg della Juventus ma durante le partite si dicono tante cose..."
    di DARIO DEL PORTO


     

    Mancini assolve Moggi "Solo foga agonistica"

    NAPOLI - Apparizione lampo di Roberto Mancini al processo Calciopoli. L'allenatore del Manchester City ha risposto alle domande del pm Stefano Capuano per circa quindici minuti. L'ex tecnico dell'Inter ha confermato un episodio, riferito durante le indagini, relativo al finale di un Roma-Inter 3-3. In quella occasione Mancini apostrofò l'arbitro Rosetti (che non è coinvolto nel processo) dicendo: "Alla fine pagherete tutto tu e i tuoi amici di Torino". In aula, Mancini ha detto: "Alludevo a Moggi, ma non volevo dire niente di particolare, l'arbitro è di Torino, dunque il collegamento è facile. Ma quando uno pensa di aver subito un torto, dopo la partita, si dicono tante cose", ha spiegato il teste, ribadendo più volte, nel corso dell'esame, quest'ultimo concetto. "In quei momenti si può dire qualsiasi cosa". Mancini ha poi detto di non ricordare episodi di contrasti con l'arbitro Bertini e di non ricordare di aver apostrofato con un "vergogna" l'arbitro Trefoloni dopo un Inter-Lazio. "ma ho avuto spesso problemi con gli arbitri" ha ammesso.  A una domanda del pm ha risposto di aver visto l'allora dg della Juve Luciano Moggi a bordocampo "tra le due panchine" solo durante i supplementari di una partita di Supercoppa.  

  • Branca: "Restiamo calmi..."

    PUTTANIERI SMEMORATI CIRCONDATI DA LECCACULO SENZA ALCUNA ARTE NE PARTE

    Comunque finisca il processo di Napoli su Calciopoli, Luciano Moggi ha già vinto, almeno sul piano mediatico. Complici folte schiere di giornalisti smemorati e/o asserviti, vedi la recente puntata di “Matrix”, l’ex direttore generale della Juventus è riuscito a gabellare la bufala del “così facevan tutti”. Stampa e tv hanno pubblicato le “nuove intercettazioni” di Moratti e Facchetti per dimostrare che Juve e Inter pari sono. Tanto quelle pubblicate nel 2006, in cui “Lucianone” ordinava arbitri à la carte e tramava per salvare le squadre amiche, chi se le ricorda più.

    Eppure, per rimettere le cose a posto, basterebbe una sentenza del Tribunale di Torino: quella del 1995 sulle sexy-accompagnatrici per gli arbitri di coppa Uefa del Torino Calcio, all’epoca diretto da Moggi e presieduto da Gianmauro Borsano. Nel 1993 la Procura indaga sui fondi neri della società granata e scopre un conto segreto (“Mundial”) per pagare i fuoribusta a giocatori, dirigenti e procuratori, ma anche le “pubbliche relazioni-accompagnatrici”. Decine di milioni di lire per accogliere le terne arbitrali internazionali con gioielli, orologi, abiti firmati e ragazze-squillo. Nel diario del ragionier Giovanni Matta, ex contabile del club, i pm leggono: “Ieri s’è presentata Adriana R., faccia, fisico e abbigliamento di puttana di alta classe: voleva 6.300.000 per le prestazioni amorose sue (?) e di colleghe per gli arbitri Aek Atene”. Matta rivela: “Era Moggi a combinare questi incontri” insieme al factotum Gigi Pavarese. Borsano conferma: “Delle prostitute si occupava Moggi”. Adriana (la squillo arbitrale), Vittoria e Marina (addette ai guardalinee) raccontano: “Nella hall dell’albergo ci davano le chiavi delle stanze degli arbitri. Noi salivamo durante la partita e li attendevamo lì”. La scena si ripete per almeno tre turni della coppa Uefa 1991-’92. Moggi si difende come Scajola: non s’era accorto di nulla, pensava a innocenti “hostess” o “interpreti”, comunque faceva tutto Pavarese. Che si prende tutta la colpa.

    Alla fine i giudici ritengono indimostrabile lo sfruttamento della prostituzione. Resta il reato di frode sportiva, che però scatta solo per le gare Coni (campionato e coppa Italia), non per quelle Uefa. Ce ne sarebbe abbastanza per una squalifica della giustizia sportiva, ma questa si volta dall’altra parte. E la Juve di Umberto Agnelli si precipita a ingaggiare Moggi. Anche se, nel decreto di archiviazione del gup Piera Caprioglio (24 ottobre 1995), si legge: “Non può esser revocato in dubbio un piano di assistenza femminile degli illustri ospiti” nè che “la scelta di connotare l’ospitalità con presenze femminili sia riferibile al Moggi”. Ne consegue un “severo giudizio sulla lealtà dei dirigenti” che resero “più ameno il soggiorno degli arbitri” con “l’ingaggio di avvenenti signore addette al dopo cena… La lesione degli interessi sportivi e la frustrazione delle regole del calcio si stagliano in modo anche troppo evidente”. Davvero così fan tutti? 

    Ma adesso l'Inter rischia
    di perdere lo scudetto 2006, di Fulvio Bianchi, un nome da ricordare.

    Ma adesso l'Inter rischia di perdere lo scudetto 2006

    L'Inter oggi ha vinto lo scudetto n. 18, il quinto consecutivo. Ma, come noto, la Procura federale ha aperto un procedimento su Calciopoli-2 e, anche su instanza della Juventus, ora dovrà esaminare a fondo la posizione dell'Inter. Ci vorrà molto tempo, forse la decisione si avrà fra un paio di mesi e sicuramente non prima dell'avvio della prossima stagione: ma è sempre più probabile che al club nerazzurro venga revocato lo scudetto del 2006, quello che fu tolto alla Juve e assegnato alla prima classificata. Ci sono fatti nuovi infatti che dovrebbero portare ad una decisione clamorosa, che Massimo Moratti combatterà però con tutte le forze. L'Inter quel titolo ("di cartone", come fu chiamato) non ha alcuna intenzione di restituirlo. Dovranno sfilarglielo con la forza. Sono due le telefonate più imbarazzanti e che potrebbero costare care all'Inter.

    11 maggio 2005, vigilia semifinale di Coppa Italia fra Inter e Cagliari: Facchetti al telefono con Bergamo, designatore in coppia (la strana coppia) con Gigi Pairetto.

    Facchetti: "Guarda che ho guardato, ho guardato lo score di Bertini (quando ha arbitrato l'Inter, ndr) ... quattro vittorie, quattro pareggi, quattro sconfitte..."
    Bergamo: "Porca miseria, facciamo cinque, quattro, quattro allora... eheheh"
    Facchetti: "Eheheh..."
    Bergamo: "Ma vittorie però..."
    Facchetti: "Digli che è determinante domani"
    Bergamo: "Sì, no lo devi sentire ora, mi ha chiamato ma non potevo rispondere"
    Facchetti: "E' determinante, ha fatto dodici partite, quattro, quattro, quattro..."
    Bergamo: "Una, dici te, una la smuove, ma deve smuovere quella che comincia per "V""
    Facchetti: "Quella giusta, quella giusta, quella giusta"
    Bergamo: "Sì, ma viene, vedrai, bene, perché è un ragazzo intelligente e ha capito ora come si cammina. C'è voluto un po' per capire, ma insomma, meglio tardi che mai". Pressioni di Facchetti, sembrerebbe, e Bergamo che, come consuetudine, dava ascolto a tutti, sembrava che tifasse per tutti ma in realtà tifava solo per se stesso.

    Altra telefonata (25 novembre 2004) fra Facchetti e Gennaro Mazzei, allora designatore assistenti. Il n.1 dell'Inter vorrebbe Collina per Inter-Juventus (ma poi arriverà Rodomonti e Collina arbitrerà Chievo-Milan): in pratica Facchetti consiglia Mazzei di "non fare i sorteggio...", e di mettere due arbitri preclusi in griglia ("Rosetti che è di Torino" e De Santis che "ha già fatto la Juve domenica e non può"), cosa che non è possibile. E difatti Mazzei, correttamente, lo fa presente a Facchetti ("devono lasciare un campo aperto almeno del 50%, non possono forzare per le preclusioni...". Queste, soprattutto queste, sono le intercettazioni al vaglio di Stefano Palazzi e i suoi investigatori e che potrebbero configurare una violazione dell'articolo 1 per comportamenti "poco limpidi". Ci sono poi anche chiamate fra Bergamo e Moratti, fra Fachetti e Pairetto e De Santis (proibito, anche allora, parlare con gli arbitri prima delle partite) e altre telefonate dove si parla di pranzi, di regali da ritirare in sede, eccetera. Se questo materiale fosse stato a disposizione della Procura Figc durante il processo per Calciopoli
    (CLAMOROSO ERRORE SEMANTICO: LA PROCURA DI NAPOLI HA FATTO METTERE A VERBALE NEL PROCESSO PENALE CHE QUELLE TELEFONATE DELL'INTER ERANO AGLI ATTI !!!!  QUELLE TELEFONATE ESISTEVANO MA NESSUNO LE RITENNE FONDAMENTALI PER STABILIRE IL COINVOLGIMENTO DELL'INTER IN UN SISTEMA DELINQUENZIALE, CONDANNA DI GIRAUDO DOCET !!!! ), anche l'Inter sarebbe stata deferita e le sentenze nei confronti della Juventus forse sarebbero state diverse. Di sicuro nessuno avrebbe assegnato all'Inter lo scudetto 2006: né Guido Rossi, tantomeno i tre saggi (Coccia-Pardolesi-Aigner). Ma ora sarà la Figc, con il suo consiglio federale, che dovrà decidere se revocare quel titolo all'Inter: è molto probabile che lo farà, ma con calma. In via Allegri si stanno convincendo. Anzi, qualcuno, si è già convinto.

    Ancelotti su Calciopoli
    "Ci sentivamo defraudati". Sulle dichiarazioni del tecnico del Chelsea silenzio mediatico totale.

    Il tecnico del Chelsea al processo: "Che strano quel gol annullato al Milan a Siena...". Poi aggiunge: "Mai visto Moggi nello spogliatoio dell'arbitro, perché non ci sono mai entrato, ma Gattuso mi riferì di avercelo visto dopo uno Juve-Milan". La difesa di Pairetto chiede di trascrivere altre 30 intercettazioni. Intanto slitta a luglio l'inchiesta della Federcalcio. Prossima udienza il 25 maggio con Mancini a testimoniare

    NAPOLI, 11 maggio 2010 - "No nessuno mi chiese se avessi delle preferenze su quali squadre incontrare nelle prime dieci partite". Carlo Ancelotti nella deposizione di oggi al processo napoletano di Calciopoli non conferma che c'era la longa manus di Moggi pure sul calendario quando lui allenava la Juve. Ma sottolinea che nel campionato di Calciopoli "successero cose strane" e che da allenatore del Milan si sentì ”defraudato” di fronte a una serie di episodi a sfavore. Poi parla del rapporto "confidenziale fra Moggi e De Santis che però era caratterialmente più estroverso degli altri arbitri. Sono stati ascoltati anche il maresciallo Di laroni, che condusse l`inchiesta sul filone schede svizzere, il guardalinee Cuttica e Fabio Vignaroli, oggi in Australia, protagonista di quel Lecce-Parma finito fra le carte di Calciopoli. Il giocatore ha confermato quel "questa partita non la vincete" che avrebbe detto l'arbitro De Santis durante la partita. L'udienza odierna è stata dedicata pure a una nuova puntata della battaglia delle intercettazioni bis, diventate 225 con le integrazioni delle difese di Moggi e Pairetto ma anche del'accusa. Per la trascrizione ufficiale ci vorranno due mesi e quindi l`inchiesta del procuratore federale Palazzi non partirà prima del 20 luglio. Quanto alla prossima udienza del processo penale l`appuntamento è per il 25 maggio con la deposizione di Roberto Mancini, l`ultimo testimone del'accusa.

    STRANE CIRCOSTANZe — Per avvalorare il concetto del defraudato ecco cosa risponde Ancelotti nell'interrogatorio del pm Narducci, che parte da Siena-Milan 2-1. Il tecnico se lo ricorda bene per quel gol annullato a Shevchenko per "fuorigioco inesistente segnalato dal guardalinee Baglioni". L'arbitro era Collina. "Io rimasi esterrefatto". Dopo la partita, Ancelotti tornò a casa a Parma insieme con Leonardo Meani, l'addetto agli arbitri del Milan di allora, presente in aula per la prima volta come imputato. "Se abbiamo parlato della partita? Sì e soprattutto dell'annullamento di questo gol che mi era sembrato strano perché mi sembrava un episodio molto chiaro. Lo ritenevamo un torto grosso subito dal Milan". Strano, "circostanze strane", un'espressione che Ancelotti usa ripetutamente per ricordare quel campionato della stagione di Calciopoli.

    Ecco la cronaca della giornata in dettaglio:

    Da sinistra, Ancelotti, Giraudo e Moggi. Ap

    Da sinistra, Ancelotti, Giraudo e Moggi. Ap

    ORE 10.15, Aperta l'udienza — La difesa di Pairetto chiede di trascrivere altre trenta intercettazioni bis oltre alle 74 presentate dalla difesa di Moggi. Che a sua volta chiede altre 50 telefonate. Il pm Narducci chiarisce: “Tre anni fa tutte le intercettazioni erano depositate e nessuna difesa le ha chieste da allora. Mai. I cd contengono i brogliacci, le sintesi”. Poi Narducci chiede anche lui la trascrizione di altre 78 telefonate. In particolare di Moggi. E di Bergamo. Alcune sono con l'arbitro Trefoloni. Il pm chiede anche l'acquisizione della trasmissione Matrix con le "confessioni" di Moggi sulle schede svizzere.

    ore 11, slitta l'inchiesta federcalcio — Slitta l'inchiesta della Federcalcio su Calciopoli. Il perito ha chiesto 60 giorni per trascrivere le intercettazioni bis. Il procuratore federale Palazzi potrà cominciare a lavorare solo dal 20 luglio.

    ore 11.20, arriva meani — A sorpresa arriva in aula Leonardo Meani, ex addetto agli arbitri del Milan, imputato e gia condannato in sede sportiva. Come sempre presente Luciano Moggi. Per Meani è un esordio in aula. È sua la telefonata intercettata in cui parla dei racconti di Ancelotti sul sistema Moggi.

    ore 12.25, ecco ancelotti — Accolto da fotografi e cameramen ha fatto il suo ingresso nell'aula 216 il tecnico del Chelsea, Carlo Ancelotti, che ha iniziato la sua deposizione come teste.

    ore 13, defraudati — "Ci sentivamo defraudati in quel campionato". Cosi Ancelotti al pm Narducci in aula parlando della stagione di Calciopoli. "Mai visto Moggi nello spogliatoio dell'arbitro perché io non ci sono mai stato. Gattuso mi riferì di aver visto Moggi nello spogliatoio dell'arbitro dopo uno Juve-Milan”. Poi parla dei rapporti "confidenziali" fra Moggi e l'arbitro De Santis: "Si, si davano del tu". Ma Ancelotti nega di aver sentito di condizionamenti sulla compilazione del calendario.

    ore 14.20 chiusa l'udienza — Dopo aver sentito l'ex giocatore del Parma, Vignaroli, l'udienza si conclude.Branca: "Restiamo calmi..."

 

CALCIOPOLI 2 ESPLODE SULLE TESTATE OMOLOGATE TORINESI FILO - JUVENTINE, SOVVENZIONATE DALLO STATO, ALL'INDOMANI DEL CROLLO DELLA REALE SQUADRA SABAUDA A QUATTRO ANNI DALLA CALCIOPOLI UNO, QUELLA VERA, QUELLA DELLA MASSA DI SOCI MAFIOSI CHE AGGIUSTAVANO PARTITE E CARRIERE. A FARNE LE SPESE LA RICCA, ANCHE DI DEBITI, FC INTERNAZIONALE, LA QUALE, PUR FACENDO UNA STAGIONE STRAORDINARIA DATO CHE SI RITROVA A BATTAGLIARE SU TRE FRONTI CONTEMPORANEAMENTE, PUO' NON VINCERE NULLA ED IL TENTATIVO E' ANCHE QUELLO DI TOGLIERLE QUALCOSA, UNO SCUDETTO E MAGARI DEI PUNTI DI PENALIZZAZIONE, ANCHE SE IL POPOLO ALL'AMMASSO JUVENTINO GRIDA A GRAN VOCE LA SERIE B.

 IL DIARIO AL 19 APRILE CI DICE JUVENTUS A 20 PUNTI DALLA PRIMA IN CLASSIFICA, SETTIMA A 6 PUNTI DAL QUARTO POSTO UTILE PER ENTRARE IN COPPA DEI CAMPIONI. AL COMANDO LA ROMA DEL GIUBILATO RANIERI, UNA SPECIE DI LIPPI "DE ROMA" COL SUO FRASARIO FALSO E FINTO-UMILE, CHE DEVE RINGRAZIARE LE MERDATE DEL PORTIERE DELL'INTER E DI SULLEY MUNTARI, L'INTER INCALZA A DUE PUNTI (IL PUNTO DI DISTACCO PIù LO SFAVORE DELLO SCONTRO DIRETTO PERSO) IN FINALE DI COPPA ITALIA ED IN SEMIFINALE DI COPPA DEI CAMPIONI CONTRO GLI INVINCIBILI DEL BARCELLONA.

Dopo il tarocco su Facchetti siamo arrivati al "vilipendio di cadavere"

Moggi e la sua difesa non conoscono la vergogna: dopo tanto can can, si scopre che la "madre di tutte le intercettazioni" era una bufala e che a fare il nome di Collina non è Facchetti, ma Bergamo - La telefonata è ascoltabile su Youtube

Bergamo: è lui a parlare di Collina nell'intercettazione con FacchettiBergamo: è lui a parlare di Collina nell'intercettazione con Facchetti

Mercoledì, 14 Aprile 2010

Ci mancava solo il vilipendio di cadavere. Se è vero che l'articolo 410 del codice penale recita: “Chiunque commette atti di vilipendio sopra un cadavere o sulle sue ceneri è punito con la reclusione da uno a tre anni. Se il colpevole deturpa o mutila il cadavere, o commette, comunque, su questo atti di brutalità o di oscenità, è punito con la reclusione da tre a sei anni”, allora – allegoricamente parlando, ma non troppo – la “Moggi-band” alla fine ci è arrivata. In una tragicommedia che non conosce la vergogna, Moggi e la sua difesa – nella persona dell'avvocato Trofino – sono arrivati al punto, nell'ultima udienza al Tribunale di Napoli, di taroccare un'intercettazione di Giacinto Facchetti, il presidente dell'Inter scomparso il 4 settembre del 2006, mettendogli in bocca una frase che invece era stata pronunciata da Paolo Bergamo, il designatore. In quella che la difesa di Moggi ha presentato come “la madre di tutte le intercettazioni” (citazione testuale), l'avvocato Trofino denunciava una frase scabrosa e inequivocabile di Facchetti che a un certo punto dice a Bergamo: “Metti dentro Collina” (per arbitrare Inter-Juventus). Sulla base di ciò, Trofino ha messo alle corde il colonnello Auricchio: “Perché questa telefonata non è stata messa agli atti?”. “La telefonata è stata registrata e trascritta – ha risposto Auricchio, che di telefonate ne ha ascoltate a migliaia, ritenendo degna di fede la citazione di Trofino -, ma non è nell'informativa perché non è stata considerata investigativamente utile”. A queste parole, molti in aula si sono stracciati le vesti. Per l'indignazione.

 

Invece era tutto falso. La madre di tutte le intercettazioni è una bufala e a mo' di boomerang, tra poco, finirà con l'abbattersi sul testone lucido di Big Luciano. Punto primo: Facchetti non ha mai detto a Bergamo di mandargli Collina. L'audio della telefonata è inequivocabile ed è a disposizione di tutti in svariati siti web, a cominciare dal canonico Youtube. E anche se a un certo punto le due voci si sovrappongono, è Bergamo a fare il nome di Collina. “Senti – dice Bergamo riferendosi alla designazione per Inter-Juventus –, per domenica noi facciamo un gruppo di internazionali perché non vogliamo rischiare niente... quindi sono quattro, tutti e quattro possono fare la partita. C'è...”. Breve pausa. Nella quale s'inserisce Facchetti che dice: “Ma metti dentro qualche...”. Qui riprende a parlare Bergamo, che si era arrestato al “c'è” e inizia l'elencazione: “... Collina... Ma tutti internazionali, Giacinto. Così perlomeno non c'è discussione perché c'è dentro Collina, c'è dentro Paparesta, c'è dentro Bertini, c'è dentro Rodomonti”. Bufala clamorosa, come si vede.

 

Questa sarebbe dunque la madre di tutte le intercettazioni, il Totem attorno a cui il popolo delle vedove di Moggi si è dato appuntamento per raccogliersi in preghiera davanti all'effige del dio Luciano e chiedere l'esemplare cacciata agli inferi dell'Inter del malaffare. Macchè. Non c'era niente di vero: tutto taroccato come ai tempi della super-moviola del Processo di Biscardi (ricordate? La conduceva Baldas, e cioè l'ex designatore ai tempi del famoso Juve-Inter 1-0, quello del rigore-non rigore Iuliano-Ronaldo). Facchetti, che lo ripetiamo, è morto il 4 settembre del 2006 e non ha la facoltà di difendersi, non ha mai detto a Bergamo di mandare Collina ad arbitrare Inter-Juventus; per la cronaca, si beccò Rodomonti, l'arbitro del leggendario gol non convalidato a Bianconi in Empoli-Juventus del campionato '97-'98: palla dentro di mezzo metro prima del rinvio di Peruzzi, con Rodomonti che da due passi non vede e fa cenno di proseguire. Si era sullo 0-0. La Juve vinse poi la partita 1-0.

 

Sotto processo a Napoli con l'accusa di “associazione a delinquere” finalizzata alla frode sportiva – reato per cui Giraudo, compagno di merende alla Juventus, è già stato condannato a 3 anni di reclusione, pena ridotta di un terzo per via del rito abbreviato -, e già condannato a 1 anno e 6 mesi per “violenza privata” nel cosiddetto Processo-Gea, Luciano Moggi continua a sorprendere. E col tarocco dell'intercettazione Bergamo-Facchetti stabilisce un record: allegoricamente parlando, ma non troppo, colleziona anche il reato di “vilipendio di cadavere”. Lo scempio che Moggi ha fatto martedì, al Tribunale di Napoli, della figura di Giacinto Facchetti, è la vergogna elevata alla massima potenza. E le patetiche scuse fatte in serata dall'avvocato Prioreschi (“C'erano quattro o cinque persone che hanno ascoltato la telefonata: e comunque la sostanza non cambia”), non fanno altro che aggiungere vergogna a vergogna.

 

Questa è l'Italia. Questi sono gli italiani.

Calciopoli, nuova puntata
Ecco le 74 telefonate

Riassumiamo la lista presentata dalla difesa di Moggi e che sarà integrata agli atti processuali. Si tratta di 41 chiamate di Facchetti, 3 di Moratti e altre di tesserati delle società: Bologna, Cagliari, Milan, Palermo, Reggina, Udinese. Per i legali dell'ex d.g. dimostrerebbero che tutti parlavano con i designatori

NAPOLI - Vediamo di entrare nel merito di queste 74 intercettazioni che lunedì la difesa di Moggi ha chiesto di inserire negli atti del processo. E così sarà perché è d'accordo il presidente della nona sezione del tribunale di Napoli, Teresa Casoria, e nulla hanno avuto da eccepire i pubblici ministeri Narducci e Capuano. Secondo i legali dell'ex dirigente juventino tutti parlavano con i designatori, dunque nessuno può essere colpevole ma è innocente anche Luciano Moggi. Non la pensano così gli inquirenti che attribuiscono grande importanza alle schede sim straniere acquistate proprio da Moggi e messe a disposizione degli arbitri.

la listA dell'inter — Delle 74, oltre la metà, 41, riguardano conversazioni di Giacinto Facchetti, all'epoca presidente dell'Inter: 17 con Paolo Bergamo e 10 con Pierluigi Pairetto, allora designatori arbitrali; 5 con Francesco Ghirelli, a quei tempi segretario della Federcalcio; 4 con Gennaro Mazzei, designatore degli assistenti; 3 con l'arbitro Massimo De Santis; 1 con Innocenzo Mazzini, vicepresidente federale; 1 con Tullio Lanese, presidente degli arbitri. Sempre in casa Inter in lista altre 3 conversazioni di Moratti con Bergamo il cui testo è stato già pubblicato nei giorni scorsi. Tornando ai colloqui di Facchetti, per i legali di Luciano Moggi la più importante ("la madre di tutta intercettazioni", ipse dixit l'avvocato Paolo Trofino) riguarda Giacinto e Bergamo - clicca qui per ascoltarla - ed è del 26 novembre del 2004. In attesa che tutto emerga in maniera trasparente e imparziale ci sono comunque degli aspetti che non sembrano particolarmente rilevanti, come una chiamata in cui Facchetti dice a Bergamo "Moratti ha un regalo da darti...", registrata il 23 dicembre 2004 e dunque probabile si riferisca al presente natalizio.

galliani e i designatori — La difesa di Moggi ha inserito nella lista delle intercettazioni ritenute rilevanti altre 8 chiamate che riguardano il numero 2 del Milan, Adriano Galliani: 3 con Bergamo, altrettante con Pairetto e 2 con Mazzini. Restando in casa Milan, un'altra conversazione telefonica riguarda Leonardo Meani (addetto agli arbitri, imputato nel processo di Napoli) e De Santis.

foschi al telefono — Con i designatori anche Rino Foschi, direttore sportivo del Palermo in quel periodo, in collegamento telefonico: 9 le chiamate depositate, tutte con Pierluigi Pairetto. Una curiosità? Foschi, e storicamente è risaputo, prende le difese anche del Cesena oltre che del club di Maurizio Zamparini per il quale lavorava in quell'epoca.

 

Calciopoli

I controllori parlavano con i controllati. Arbitri sotto controllo

BOLOGNA, CAGLIARI E GLI ALTRI — Tre anche le chiamate del presidente del Cagliari, Massimo Cellino: 2 a Bergamo e 1 a Pairetto, già comunque emerse nei giorni scorsi e in passato. Poi c'è anche il presidente (fino al 2005) del Bologna Renato Cipollini a colloquio 2 volte con Paolo Bergamo (su questa intercettazione il pm Narducci ha sottolineato si trattasse di una richiesta di numero telefonico di Mazzone, allenatore del Bologna). Poi anche un colloquio fra Bergamo e Pairetto, 1 fra il direttore sportivo della Roma Pradè e Mazzini, quella fra Spalletti (allenatore dell'Udinese) e Bergamo già pubblicata nei giorni scorsi.

curiosità foti — Le 4 chiamate fra il presidente della Reggina Lillo Foti e il designatore Bergamo segnalate dalla difesa di Moggi in realtà sono già agli atti ormai da anni e in procura sostengono che tra le 74 intercettazioni che la difesa di Moggi ha sventolato lunedì in udienza quale novità ce ne siano parecchie già trascritte e agli atti.

"Per Kakà ho fatto
cambiare il referto"

Tra le 74 telefonate consegnate in tribunale molte non compromettenti e una rivelazione di Bergamo a Galliani. Citati 43 volte i campioni d'Italia col loro presidente: "Quella partita era preparata bene"
 

ROMA - Ci sono anche nove telefonate dei dirigenti del Milan nel controdossier della difesa di Luciano Moggi. Tra le 74 nuove intercettazioni depositate al Tribunale di Napoli e in attesa di essere acquisite al processo di Calciopoli, in nove occasioni si ascoltano l'amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, e il suo dirigente arbitrale, Leonardo Meani. Parlano con i designatori arbitrali Paolo Bergamo, Pierluigi Pairetto e Gennaro Mazzei. Con i guardalinee Copelli e Puglisi. Anche con l'arbitro Massimo De Santis, pochi minuti prima di un derby. Comportamenti scorretti sul piano sportivo:
il rapporto tra dirigenti e arbitri era già proibito all'epoca. Se queste telefonate fossero emerse nell'estate 2006, quando si allestì il processo federale che avrebbe portato alla squalifica per 5 anni di Luciano Moggi e Antonio Giraudo e a una penalizzazione di 8 punti per il Milan, probabilmente l'inibizione di Galliani (5 mesi, alla fine) sarebbe stata più pesante. Così quella del suo intraprendente dirigente Meani, squalificato per due anni e due mesi.
Nelle tre telefonate che qui proponiamo si ascolta Bergamo schierarsi platealmente con il Milan: il designatore è accusato da Moggi di sfavorire la Juventus. Il collega di stanza Pierluigi Pairetto e al presidente degli arbitri Tullio Lanese lo stanno isolando. Il 17 maggio 2005, allora, Bergamo assicura a Galliani di aver vissuto il pareggio del Milan con la Juventus come "un trauma in famiglia". Poi rivela di aver costretto l'arbitro Trefoloni, dopo un Lecce-Milan che ha registrato un brutto fallo di un difensore pugliese su Kakà, a cambiare il referto: "Bisognava usare i toni giusti per una squalifica esemplare". Infine, il designatore accetta (come farà Pairetto) l'invito sull'aereo del Milan che deve partire per Istanbul per la finale di Champions League. In una seconda telefonata Pairetto parla con Meani di griglie arbitrali. Nella terza un colloquio tra Meani e il suo datore di lavoro spiega bene la strategia di Galliani in materia arbitrale: "Ho parlato con Puglisi, lo mettiamo tra gli assistenti. E lei spinga con Lanese".

Contropiede della Procura
con le telefonate di rimbalzo

Mentre Moggi parla al cellulare, lo si sente intercettato su un'altra linea con un arbitro. L'ex dg bianconero: " Quando si dice che io ho parlato con gli arbitri, trovino le intercettazioni che lo dimostrano. Io non ho parlato con gli arbitri"

ROMA, 17 aprile 2010 - La controffensiva è pronta. Si chiama "schede svizzere". La Procura di Napoli vuole infatti sottolineare l’ammissione della stessa difesa di Luciano Moggi sull’argomento, con la domanda dell’avvocato Trofino al colonnello Auricchio, responsabile delle indagini di Calciopoli, durante il controesame. Un’ammissione che però i legali interpretano in tutt’altro modo: "Non avete mai pensato che servissero per le trattative riservate visto che Moggi è stato sempre considerato il re del mercato?".

AL LAVORO — I pm Giuseppe Narducci e Stefano Capuano stanno cercando di smontare l’"alibi mercato". Sono quattro le telefonate chiave a questo riguardo. Innanzitutto quella dell’11 novembre del 2004: Bergamo chiama Moggi che gli fornisce il codice di ricarica di una scheda svizzera, poi si danno appuntamento per sentirsi più tardi su utenze riservate. L’allora designatore deve commentare sulla Gazzetta la giornata degli arbitri. Così parlando della mancata espulsione di Thuram da parte dell’arbitro: "Ma io dirò tutta una cosa... Vedrai come te la scrivo bene", assicura il d.g. bianconero.

Una fase del processo: sulla sinistra Luciano Moggi. Ansa

Una fase del processo: sulla sinistra Luciano Moggi. Ansa

CON GLI ARBITRI — La stessa familiarità che ha con i due designatori, Moggi la dimostrerebbe anche nelle telefonate con gli arbitri. Ci sono state intercettazioni "indirette". Mentre parla al telefonino italiano, squilla un’altra linea. È il caso delle telefonata che l’accusa ipotizza avvenga con un arbitro: "Pronto!... Come ti senti oh... mi sa che domenica hanno paura a farti uscì e... e... perché gli ha detto avevi la febbre alta, te ora rassicurali poi vedo un pochino io eh…. Se non ti senti bene è meglio per quest’altra a Cagliari eh... Se no la lascia perde... Sta’ a sentì detto inter nos, inter nos mica giochiamo col Livorno e non ti devi impelagà a... Va’ tranquillo...". Poi commenta un errore di Morganti in Messina-Atalanta e dice: "Il giorno dopo c’ha trovato tutte le critiche sul giornale, sul giornale... Ieri l’altro lo chiamo, prima griglia... e... Uno, due, tre, quattro Morganti... Allora sei scemo: Morganti si deve sta a ca... Morganti si deve sta a casa dopo il casino che ha combinato, si piglia e si mette a casa e non rompe i coglioni, voglio di’... Allora questo qui... E che lui evidentemente lo utilizza, infatti Morganti andò da lui... Morganti, Morganti non ha capito un cazzo... Non ha capito come funzionano le...".

VALZER DELLE AMMONIZIONI — E sempre con un arbitro che chiama da utenza riservata a utenza riservata di Moggi è questa telefonata nella quale si parla della partita Fiorentina-Bologna, una delle partite più studiate dall’indagine dei pm. "Aspetta un attimo... Aspetta un attimo in linea! Oh, la peggiore che ti poteva toccà, eh!... Però tu fa la partita tua, regolare, eh?... No, senza regalà niente a nessuno, con tranquillità perché qua a me mi serve per la... Eh? Ok! Dondarini!..... Eh, ma a me quello che mi serve è Fiorentina-Bologna... In modo particolare... Apposta!... Il minimo... Eh eh... Quello, quello mi serve in particolare e poi... Ehm mi serve ehm... Il Milan, di avanzare.. Nelle ammonizioni per far fare le diffide, insomma! Vabbè! Tanto comunque ne parliamo stasera".

LA DIFESA — Intanto l’avvocato Maurilio Prioreschi, uno dei legali di Moggi, annuncia che "finora è stato fatto un lavoro parziale che è difficile immaginare. Stiamo cercando altre cose. Altre intercettazioni. Preferisco non entrare nel merito delle intercettazioni. Ho argomenti difensivi imponenti, ma che voglio utilizzare in aula". Insomma, martedì si annunciano altre scintille. Insieme con una testimonianza eccellente, quella di Carlo Ancelotti.

Calciopoli, telefonata shock
Bergamo-Fazi, su Facchetti

Un'altra intercettazione fa discutere: quella del 5 gennaio 2005 tra l'allora segretaria della Can di A e B e l'ex designatore, istruito dalla donna su come affrontare il prossimo colloquio con l'allora presidente dell'Inter. "Più silenzioso che puoi, l'argomento principale deve essere la fatica che fai a stare con tutti, non come dicono solo con Juve e Milan"

MILANO, 18 aprile 2010 - Ogni giorno c'è un colpo di scena nella seconda, recente fase di Calciopoli. Sviluppi continui, fatti di nuovi file audio che riproducono intercettazioni in precedenza non venute a galla. L'ultima, fragorosa, è quella che riporta una conversazione del 5 gennaio 2005 tra l'ex designatore arbitrale Paolo Bergamo e Maria Grazia Fazi, a quella data segretaria della Can di A e B, tra gli imputati dell'inchiesta.

Paolo Bergamo. Ansa

Paolo Bergamo. Ansa

L'intercettazione non è inclusa nella lista delle 74 presentate dalla difesa di Moggi, e di cui è stata chiesta l'acquisizione agli atti. Ma è stata verosimilmente fatta emergere dall'entourage dell'ex direttore sportivo della Juventus il 24 marzo, e allora pubblicata in dal sito juventinovero (www.ju29ro.com), che di recente ha pubblicato in anteprima file audio relativi a Calciopoli. Ascolta l'audio:

la telefonata — Da un lato ribadisce come l'allora presidente dell'Inter Giacinto Facchetti e Bergamo avessero colloqui specifici, anche sugli arbitri, dall'altro colpisce e assume rilevanza perchè dimostra come la Fazi istruisse per filo e per segno Bergamo su come impostare la conversazione ("più silenzioso che puoi"), e sul come relazionarsi con Facchetti, invitandolo a presentarsi come chi non vuole stare solo con Juve e Milan - come dicono - ma che piuttosto fa fatica quotidianamente a svolgere il suo lavoro, perchè si deve sorbire le lamentele di tutti.

prossimi appuntamenti — La prossima udienza, presso la sezione penale del Tribunale di Napoli, è prevista per martedì 20 aprile.

Facchetti jr: "Ridiamo
lo scudetto del 2006"

Il figlio dell'ex presidente nerazzurro: "Darebbe più punti alla nostra storia". Sul 'giallo' della telefonata, Bergamo conferma la difesa di Moggi: "Il nome di Collina lo fece Facchetti"
 

NAPOLI - Dopo l'udienza di ieri, si attende la decisione dei giudici sull'istanza con la quale la difesa di Luciano Moggi ha chiesto la trascrizione di 75 telefonate ritenute irrilevanti dalla Procura. Il collegio presieduto da Teresa Casoria scioglierà la riserva martedì prossimo, alla ripresa del dibattimento. La Procura non si è opposta, pur giudicando "tardiva" la richiesta, motivando la scelta con la volontà di poter "ragionare finalmente su dati veritieri". Se l'istanza della difesa dovesse essere accolta, verrà conferito incarico al perito d'ufficio del Tribunale, l'ingegnere Roberto Porto (peraltro quasi omonimo del consulente della difesa che si chiama Roberto Porta) di trascrivere le nuove conversazioni.

Fra le intercettazioni figura anche quella al centro di un giallo: il colloquio intercorso fra l'ex designatore Paolo Bergamo e l'allora presidente dell'Inter Giacinto Facchetti il 26 novembre 2004, alla vigilia di un Inter-Juve. Il figlio di Facchetti ha categoricamente smentito l'interpretazione del dialogo fornita dalla difesa di Moggi, che aveva attribuito all'ex capitano e dirigente nerazzurro la frase "metti dentro Collina", che comunque non arbitrerà l'incontro. "È una falsificazione dei fatti grave, vergognosa e inaccettabile, il nome del signor Collina viene pronunciato, dialogando, dal signor Bergamo", ha evidenziato il figlio di Facchetti.

Oggi però Bergamo, ai microfoni di Raisport, ha fornito una diversa versione: "Fu lui a fare il nome di Collina, non viceversa", ha sostenuto. Quindi, riferendosi a un'altra delle telefonate diffuse in questi giorni dalla difesa di Moggi, ha aggiunto: "Non ricordo di essere mai andato nella sede (dell'Inter n. d. r.) a ritirare alcun regalo. Era Natale, in quel periodo era normale ricevere dalle società il classico regalo delle feste. Insomma, anche nel valutare questi audio ci vorrebbe un po' di buon senso. Le cene con i dirigenti? Non mi sembra una cosa vergognosa - ha concluso l'ex designatore - era il mio ultimo anno e così, d'accordo con mia moglie, organizzai delle serate a casa con vecchi amici, fra i quali Giraudo e Moggi. Moratti non venne mai, fu lui a invitarmi negli anni precedenti a Forte dei Marmi".

Intanto torna a parlare anche Gianfelice Facchetti, nella trasmissione "le Iene". Facchetti jr, dopo aver alzato la voce per l'utilizzo "vergognoso" della intercettazione in cui suo padre Giacinto, ai tempi presidente nerazzurro poi scomparso nel 2006, parlava con Paolo Bergamo, in un'intervista alle Iene in onda stasera, risponde anche a chi gli chiede se sarebbe giusto restituire quello scudetto. "Sarebbe un gesto molto eclatante ma che avrebbe il potere di far acquisire ancora più punti alla nostra storia - dice Facchetti - Anche restituendo lo scudetto ci sarà chi rivorrà indietro i suoi, ma secondo me sarebbe una mossa vincente".

Il figlio dell'ex presidente interista definisce Calciopoli "una degna conclusione di una pagina del calcio italiano orribile durata più di dieci anni". Ma senza quello scandalo, l'Inter non avrebbe vinto i titoli: "No, assolutamente no, per un sacco di motivi", risponde Gianfelice. Poi ammette che c'erano sospetti su Calciopoli e che in famiglia se ne parlava: "Di alcuni episodi che si vedevano, di una serie di strane coincidenze, chiamiamole così. Io all'inizio facevo fatica a credere e poi sono felice di essere stato sbugiardato".

Facchetti jr ammette che suo padre parlava con i designatori, ma in modo diverso da Moggi, ?perché il contenuto delle telefonate era differente". E torna su quella incriminata, in cui la difesa di Moggi accusa Facchetti di aver indicato il nome di Collina per arbitrare una partita. "Il nome del signor Collina lo pronuncia per la prima volta nella telefonata il dottor Bergamo e non Giacinto Facchetti - ribadisce dopo aver riascoltato l'intercettazione -. La telefonata è completamente diversa dalla trascrizione che è stata usata in aula ieri". La teoria di Moggi per cui tutti colpevoli nessun colpevole, per Gianfelice non esiste: "La sostanza è assolutamente differente. Chiedere il miglior arbitro per giocare una partita mi sembra la richiesta di giocare una partita in condizioni di legalità nel campionato più taroccato nella storia del campionato italiano".

Sulle dichiarazioni di Gianfelice Facchetti non c'è una presa di posizione ufficiale del club. Filtra soltanto qualche posizione ufficiosa, comunque contraria all'idea. Restituire lo scudetto, fanno notare da corso Vittorio Emanuele, "non sarebbe affatto un bel gesto ma un brutto gesto nei confronti dei tifosi interisti".

 

Inter, addio a San Siro
Moratti si farà lo stadio,con quali soldi?Ancora con le plusvalenze SARAS?Ma qualcuno vuole intervenire??

Entro la fine dell'anno dovrebbe arrivare il via libera al progetto. Il modello sarà l'Allianz Arena, la casa del Bayern Monaco. Il nuovo impianto polifunzionale da 60.000 posti dovrebbe entrare in funzione nel 2012

San Siro, fino ad ora casa di Inter e Milan. Fotogramma

San Siro, fino ad ora casa di Inter e Milan. Fotogramma

MILANO, 15 ottobre 2008 - Massimo Moratti sarà quasi certamente l’uomo della grande svolta in casa Inter. Il via al progetto di uno stadio di proprietà del club è infatti alle porte. Tutto è già stato studiato e pianificato nei minimi particolari: l’okay al finanziamento è atteso entro la fine dell’anno, forse addirittura per i primi di dicembre. Poi, se tutto dovesse filare liscio, i nerazzurri manderebbero in pensione San Siro a partire dalla stagione 2012-2013.

I MODELLI - Dove nascerà il nuovo impianto è un segreto custodito ancora gelosamente dai Moratti, anche se molti indizi portano all’area Rho-Pero, zona vicinissima alle autostrade e servita bene anche a livello di metropolitana (linea rossa). Lì sarebbe dovuto sorgere lo stadio Olimpico se fosse andata in porto la candidatura di Milano per i Giochi del 2000. Moratti vuole evitare di costruire una cattedrale nel deserto, ma in questo - a prescindere dalla zona scelta - potrà aiutarlo molto la recente assegnazione dell’Expo 2015 a Milano. A Palazzo Durini si pensa a uno stadio da 60.000 posti, piacciono gli impianti dell’Ajax (Amsterdam ArenA, "cinque stelle" Uefa, oltre 50.000 posti a sedere) e del Bayern Monaco (Allianz Arena, altro "cinque stelle" da poco meno di 70.000 spettatori). In particolare, sembra proprio la casa dei bavaresi il modello di riferimento degli uomini di Massimo Moratti: un impianto polifunzionale con ristoranti (dai più raffinati ai self service, per finire con i classici pub), area shopping e addirittura un asilo dove è possibile "parcheggiare" i pupi poco interessati alla partita. Le aree di accesso (in base al biglietto acquistato) sono sostanzialmente tre: i palchi privati per le aziende, la zona dei vip e quella per gran la massa dei tifosi.

VERSO ROMA - Intanto, oggi Mourinho ritrova Ibrahimovic, Chivu e Muntari. Obinna è a Milano da ieri. Arrivano buone notizie dall’infermeria: domenica sera, contro la Roma, Materazzi e Vieira potrebbero anche andare in panchina.

Biglietti gratis e un film
scoppia la pace con la curva

Cinquemila tagliandi al derby ed altre promesse. Protagonista di una pellicola sul tifo un pregiudicato che guida gli ultrà. E così nonostante il 4-0... di PAOLO BERIZZI

MILANO - Prima, a sorpresa, il miele. "Avanti con Silvio. L'amore non è bello se non è litigarello". Poi, anche qui non proprio in armonia con quanto stava succedendo in campo, lo spot cinematografico. "Il 4 settembre tutti al cinema: L'ultimo ultras" (co-protagonista del film in uscita oggi - diretto e interpretato dal regista e ultrà laziale Stefano Calvagna - è il capo della curva Sud rossonera, Giancarlo Lombardi, detto Sandokan, recentemente rinviato a giudizio per tentata estorsione ai danni del Milan e ritenuto dai magistrati un boss criminale).

Sabato 29 agosto, stadio di San Siro: disastroso (per il Milan) derby della Madonnina. All'ignaro tifoso quei due striscioni vergati con vernice spray e esposti a più riprese sei giorni fa in curva Sud - anche quando la squadra di Leonardo era sotto di quattro gol - hanno creato un senso di smarrimento. Cos'è cambiato, e perché, e così repentinamente, tra i vertici del Milan e i suoi ultrà? Erano, eravamo rimasti alla durissima contestazione di giugno: la curva infuriata scesa in piazza contro la società, rea di voler vendere, e infine di avere venduto, Kakà. "Galliani gobbo, Berlusca interista. Meschini e bugiardi: e ora vendete il Milan".

Gli striscioni degli ultrà, nei tribolati giorni delle trattative con il Real Madrid per l'asso brasiliano, poi in effetti ceduto , erano puro fiele. Puzzava di minaccia lo slogan - che non sfuggì agli uomini della Digos - scandito alla vigilia delle elezioni provinciali ed europee: "Voto Podestà solo se resta Kakà" (Guido Podestà, candidato del Pdl in corsa all'epoca per la guida della provincia di Milano sostenuto direttamente dal premier Silvio Berlusconi). L'ultima partita di campionato, il 23 maggio, Guerrieri e Brigate rossonere, i due gruppi oggi confluiti sotto il marchio "Curva Sud Milano", avevano messo in scena una robusta contestazione contro Berlusconi (e il giocatore-simbolo Paolo Maldini). "Sono anni che compri bidoni e figurine, quest'anno chi compri... le veline?" era scritto su un lenzuolo srotolato in curva.


Accompagnato da un invito rivolto al premier a vendere il Milan e a andare "fuori dai c...". E poi? Poi, passata l'estate, qualcosa è successo. Annunciate nuove contestazioni alla ripresa del campionato - per sfogare le frustrazioni di mercato - gli ultrà hanno improvvisamente cambiato linea. Stop alle contestazioni, "avanti con Silvio".

E' bastato un atteggiamento più "brillante" da parte dei vertici del Milan, accusati di tirchieria non solo negli acquisti ma anche con la curva. Cinquemila biglietti omaggio sarebbero stati destinati agli ultrà in occasione del derby di sabato scorso. Con la promessa, se la pace continuerà a regnare, di eventuali nuove forme di sostegno nel corso del campionato.

A decidere che era arrivato il momento di finirla con le critiche a Berlusconi sono stati i due capi che da tre anni governano la curva Sud: Giancarlo Lombardi, detto Sandokan, e il "Barone", al secolo Giancarlo Capelli, entrambi già arrestati e diffidati ad andare allo stadio. Stando a un'inchiesta del pm milanese Luca Poniz, Lombardi è un "criminale" a capo di un'associazione a delinquere recentemente rinviata a giudizio (11 gli ultrà finiti sotto processo, tra cui gli stessi Lombardi e Capelli) per una tentata estorsione (biglietti) alla società di via Turati. "Lombardi - scrive il magistrato - è il capo indiscusso del gruppo di tifosi denominati Guerrieri ultras, costituito con modalità e caratteri propri dell'associazione criminosa, anche in relazione al riconosciuto profilo criminale di Lombardi".

Sandokan da oggi sarà sul grande schermo. Interpreterà se stesso ne L'ultimo ultras (un cameo anche per Andry Shevchenko, convinto a recitare nel film - ha raccontato il calciatore al Giornale - da Giancarlo Capelli). Dice il regista Stefano Calvagna: "Con Lombardi ci unisce la passione per il cinema, visto che Giancarlo studiava per diventare attore".
 

 

gio, 06 ago 17:05:00 2009

Il processo di Napoli su Calciopoli procede a rilento: prossima udienza, il 13 ottobre. Ma c'è un ulteriore intoppo: alcuni club, Brescia in testa - dopo essere stati riconosciuti come parti civili - vogliono ricusare la corte. Di conseguenza, dovrebbe essere costituito un nuovo collegio giudicante e forse si perderebbe ulteriore tempo. Per ora siamo alle fasi preliminari, nessuna speranza di andare spediti e chiudere in poco tempo. Mancano ancora centinaia di testimoni, inoltre devono parlare i cosidetti capi della cupola, secondo i pm. Il numero 1 è Luciano Moggi, non vede l'ora di poter parlare e chiamare i suoi cinquanta testimoni: l'ex dg della Juve presenterà anche carte del processo Telecom di Milano e chiederà di conoscere intercettazioni sinora sconosciute. Insomma, il processo deve ancora decollare: non sono esclusi colpi di scena. A meno che si arrivi alla prescrizione, e qualcuno forse lo spera...

Da Venezia ad Avellino,

Scompaiono dal calcio professionistico alcune società: dopo Venezia e Avellino, anche Treviso, Pisa e Sambenedettese hanno rinunciato al ricorso alla Covisoc. Ripartiranno dai dilettanti. Ora si aspettano i ripescaggi. Perugia, Pistoiese e Catanzaro sono a rischio.

MILANO, 12 luglio 2009 - Si parte dall’Irpinia e si arriva su, fino in Veneto. Nel mezzo si passa dalle Marche e dalla Toscana. Storie di crisi economica, di tifosi delusi e di calcio che non c’è più. Attraversano lo stivale e abitano tutte in Lega Pro. Anzi abitavano, perché adesso hanno ufficialmente alzato bandiera bianca. Hanno rinunciato a presentare ricorso dopo che le loro richieste d’iscrizione sono state bocciate dalla Covisoc. Con buona pace dei tifosi, ripartiranno dai dilettanti in attesa di tempi migliori. Sono Avellino, Pisa, Treviso, Venezia e Sambenedettese: è l’Italia delle società cancellate.

stop — Tre, Avellino, Pisa e Treviso, scendevano dal piano di sopra, appena retrocesse dalla serie B. Il Venezia veniva da una salvezza acciuffata per i capelli nel playout di Prima divisione contro la Pro Sesto. La Sambenedettese era appena piombata in Seconda, perso lo spareggio salvezza contro il Lecco. Per tutte e cinque è arrivato lo stop più duro: nessuna è riuscita a sopravvivere. Puntuale il commento del presidente della Lega Pro Mario Macalli: "E’ sempre molto doloroso quando si perdono delle società, in questo caso anche molto gloriose". Ma con un piccolo distinguo: "Di tutte queste squadre solo due provengono dal nostro campionato (Sambenedettese e Venezia appunto) e i problemi dei dirigenti delle due società sono legati a motivi extracalcistici. Per i club provenienti dalla B, posso dire che se fossero rimasti in quella serie, avrebbero continuato a giocare anche con 10 milioni di debiti. Da noi è diverso e con centomila euro di debiti si va fuori".

Federico Piovaccari, attaccante del Treviso. Lapresse

Federico Piovaccari, attaccante del Treviso. Lapresse

erano in 5 — Destini simili e futuro incerto per tutti. Prendete il Treviso: fino a 4 anni fa era in Serie A, in una città abituata a respirare solo volley, basket e rugby. Adesso la società scompare seppellita dai debiti, proprio nell’anno del centenario, e il presidente Ettore Setten se la prende con alcuni giocatori (Trotta, Piovaccari e Scaglia) che non hanno accettato la riduzione di una parte dello stipendio in cambio del cartellino. Non se la passano meglio ad Avellino, sotto choc vedendo sciogliere 97 anni di gloriosa storia. E se i tifosi non si rassegnano, già quattro gruppi sembrano pronti a rivelare la società irpina. Arrivano addirittura a 17,7 milioni i debiti del Pisa: da quelle parti il presidente Luca Pomponi continua ad essere introvabile, mentre il sindaco Marco Filippeschi si sta attivando con la Federcalcio per permettere alla squadra di ripartire. La Copra, colosso cooperativo con filiali a Pisa e provincia, proprietaria della squadra di volley di Piacenza campione d’Italia, ha già dato la sua disponibilità per un progetto di medio e lungo termine. Anche a Venezia la situazione è in mano al sindaco: è stato, infatti, lo stesso Cacciari ad annunciare la rinuncia al ricorso alla Covisoc. Panorama desolante anche in casa Samb, unica società di Seconda a scomparire a fronte di una massa debitoria di quasi 3 milioni.

ripescaggi — Se in cinque soccombono, altre provano a salvarsi presentando ricorso. Alghero, Barletta, Igea, Legnano, Pro Sesto e Vibonese (tutte di Seconda) dovrebbero avere saldato le loro pendenze. Più complesse le situazioni di Perugia (Prima), Catanzaro e Pistoiese (Seconda) che non hanno ancora risolto del tutto i loro problemi finanziari. Rimane aperto il capitolo dei ripescaggi: quattro squadre dovranno prendere in Prima Divisione il posto di Pisa, Venezia, Avellino e Treviso. Per questo è prevista una graduatoria mista tra le squadre appena retrocesse e quelle che hanno disputato i playoff di Seconda. Verranno, invece, ripescate in Seconda Divisione ben sette squadre: tra i club che hanno i titoli necessari e faranno richiesta, verranno alternate società retrocesse dalla Seconda e squadre che hanno partecipato ai playoff di D vinti dalla Nocerina.

MONDO ULTRAS O AFFARISMO SOTTO BANCO?

DA UN'INDAGINE DEL CORSER ALL'INDOMANI DELLA BATTAGLIA DI CATANIA

MILANO — Il capo dei Commandos, qualche anno prima, nonpoteva entrare allo stadio. Però alla festa del Milan campione d’Italia, nel 2004, aveva un tavolo accanto a quello del presidente Berlusconi. «Noi siamo soliti festeggiare con la nostra famiglia allargata», dice la società. Una definizione che comprende sia il presidente della Regione Formigoni e l’allora sindaco di Milano Albertini, sia una quindicina di ultrà esponenti deiCommandos, delle Brigate Rossonere, e della (oggi sciolta) Fossa dei leoni. Un frammento dei rapporti pericolosi che Inter e Milan intrattengono con i «cattivi» delle curve. Rapporti leciti,ma alla base di un giro d’affari da milioni di euro, della gestione di un potere su migliaia di ultrà, e di un meccanismo di ricatto più o meno latente verso i club. Che negli ultimi mesi è sfociato in unatentata estorsione ai danni dei rossoneri.Concolpi di pistola e un pestaggio.

Equilibrio sottile
Rapporti a rischio. I capi ultrà viaggiano spesso sugli stessi charter che portano i giocatori e i dirigenti. «Ma volano a loro spese», fanno sapere da Milan e Inter. Entrano negli spogliatoi di San Siro e nelle aree vip. Perché i leader della curva possiedono pass nominali, con tanto di foto per «muoversi liberamente in ogni settore dello stadio, compresi gli spogliatoi dei giocatori » (deposizione di un dirigente del Milan). Lostesso succede per l’Inter.Avolte, i legami diventano lavorativi. Come per un esponente di Alternativa rossonera, impiegato in un ufficialissimo Milan point. Infine, sul sito delle Brigate rossonere Gilardino, Inzaghi, Kakà e Gattuso mettono gratuitamente a disposizione la loro (costosa) immagine per pubblicizzare magliette, cappellini e felpe del gruppo. Fin qui, niente di illecito. Solo la prova di una certa contiguità tra le società e i gruppi di tifosi più estremi. Di contatti che vengono considerati inevitabili. E da coltivare: servono a «responsabilizzare» i capi dei tifosi, con il risultato «di essere una delle squadre meno sanzionate in Europa e in Italia», come chiarisce un responsabile del Milan in un verbale della Digos. Il fatto è che l’equilibrio è fragile. E il confine tra rapporto corretto e complicità sottile.

Il patto nerazzurro
Quindici maggio 2005, a San Siro si gioca la partita Inter-Livorno. In curva Nord, quella nerazzurra, compare una croce celtica. Sventola per pochi minuti, poi viene ritirata. Cosa è accaduto? Un responsabile della polizia ha avvertito un referente della curva, che ha girato immediatamente l’ordine: «Fate levare quella roba». Il magistrato che ha indagato sugli ultrà interisti parla di collaborazione «efficace». È il sistema nerazzurro, per come è stato ricostruito dagli investigatori. Funziona così: concessione di benefici «limitati» ai capi-curva in cambio di una sorta di «servizio d’ordine». Il tutto sotto la supervisione della polizia, che però non compare mai sugli spalti. L’Inter assicura cinquanta biglietti omaggio «consegnati a Franco Caravita (leader della curva Nord, ndr) e da questi gestiti con successiva distribuzione » ad altri esponenti degli ultrà. La contropartita, per l’immagine e per le casse di una società di calcio, è enorme: una curva calma, niente guerriglia urbana (rarissima fuori da San Siro negli ultimi anni), poche multe per incidenti e lancio di fumogeni. Ma come: si tratta con i «cattivi»? Ci si affida a loro per il servizio d’ordine, anche se alcuni hanno precedenti penali? E qual è il limite di questi accordi? La risposta l’ha data il pm Fabio Roia chiedendo l’archiviazione dell’indagine sul lancio di fumogeni che portò all’interruzione del derby diChampions del 12 aprile 2005: «È evidente come questa intesa possa suscitare qualche perplessità sotto il profilo etico e della eventuale prospettiva investigativa, ma la gestione dell’ordine pubblico in situazioni di particolare complessità comporta una visione ampia e flessibile del problema». Un pragmatismo efficace da un lato,mache dall’altro rappresenta una sorta di resa del sistema calcio: le società sono i «soggetti deboli» per il principio della responsabilità oggettiva (le intemperanze dei tifosi si pagano con multe e squalifiche del campo); polizia e carabinieri non entrano mai nelle curve di San Siro per evitare «possibili provocazioni», eun anello chiave della sicurezza sono gli ultrà stessi. Viene da pensare: ma cosa succede negli stadi italiani se questo modello,come accertato dopo mesi di indagine, è il risultato della «bonifica culturale» del presidente Moratti? Se il calcio è una macchina da soldi, 3 per cento del Pil, le curve tentano di ritagliarsi la propria fetta. Il tifo che diventa mestiere.

Il giro d’affari
Primo: i biglietti per le trasferte. Di solito le società li vendono ai rappresentanti della curva. Niente di illecito.Maquesto cosa comporta?Unodei capi ultrà del Milan haammessodi rivenderli a 2-3 euro in più.Edè il primo ricarico. Sui biglietti si fonda poi l’organizzazione dei viaggi: pullman e treni per le trasferte più vicine, aereo per quelle distanti. I curvaioli comprano il pacchetto completo. Che comprende, ovviamente, altri ricarichi. Moltiplicando per le 18 trasferte di campionato, più quelle di coppa Italia e di Champions, alle quali partecipano in media, per le squadre milanesi, tra le mille e le 4 mila persone, si scopre che una stagione calcistica può fruttare 5-600 mila euro. Sottobanco poi, è un’altra storia: biglietti regalati, venduti sottocosto o pagati inmododilazionato. Per l’Inter la magistratura ha escluso questa prassi, sul Milan (come parte lesa in un tentativo di estorsione da parte di gruppi ultrà) c’è un’indagine in corso. «Ma per società molto importanti — spiega Maurizio Marinelli, direttore del Centro studi sulla sicurezza pubblica— l’omaggio può arrivare anche a un migliaio di biglietti». In questo caso gli introiti per gli ultrà-affaristi si moltiplicano. «I capitifoseria hanno un potere enorme —aggiunge il procuratore capo di Monza, Antonio Pizzi, che ha condotto l’inchiesta oggi passata a Milano —. Ricattano le società che forniscono loro biglietti sottocosto o in omaggio. Il giro d’affari per una curva è nell’ordine di milioni di euro».Aquesto fiume di soldi bisogna aggiungere gli aiuti per le coreografie (negati dalle società) e la vendita dei gadget: cappelli, felpe, magliette. Questa è la montagna di soldi da spartire. Che non arriva a tutta la curva, manelle tasche dei pochi che comandano. Conseguenza: i capi degli ultrà milanesi pensano più agli affari che alla violenza. Ma appena gli equilibri si spostano, c’è qualcuno che per entrare nel business è pronto sparare. È quel che sta succedendo intorno a San Siro.

La tentata estorsione
Nell’autunno 2005 si scioglie, dopo 37 anni, la Fossa dei Leoni. È un gruppo storico del tifo rossonero, ma ha due macchie: è l’unico rimasto di sinistra e non risparmia le critiche alla società. La ragione dello scioglimento sembra tuttadacercarsi dentro il codice d’onore ultrà: i Viking juventini hanno rubato lo striscione alla Fossa, che per la restituzioneha chiesto la collaborazione con la Digos. Questa storia è anche un pretesto. In realtà, c’è già un nuovo gruppo, di destra, che sgomita per la leadership: i Guerrieri ultras. I Guerrieri si sarebbero alleati con le Brigate Rossonere. I Commandos vanno in minoranza. E pagano. «I nuovi cominciano a sgomitare. In due direzione: per guadagnare spazio nella curva e per ottenere il riconoscimento dalla società. Che consente di partecipare al giro d’affari» spiega un investigatore. Così, l’ottobre scorso, due uomini in moto sparano alle gambe di A. L., 32 anni, esponente dei Commandos, davanti a un supermercato di Sesto San Giovanni. Il 25 gennaio, un altro leader dello stesso gruppo viene picchiato fuori da San Siro da sette persone (due sono state arrestate e stanno per andare a processo). È conciato così male che ancora oggi non si sa se ce la farà. Intanto, i Guerrieri chiedono biglietti alla società. Forse anche abbonamenti. Mail Milan, per due volte, rifiuta. E, combinazione, subito dopo per due volte dalla curva piovono fumogeni: Milan- Lilla, 6 dicembre, e Milan-Torino, 10 dicembre 2006. Il Milan annuncia una linea più dura: taglia i pass. Galliani va in procura a Monza, che nel frattempo ha indagato dieci ultrà:«Manon sono io che mi occupo di queste cose». Non c’è stata nessuna denuncia. La procura è arrivata alla tentata estorsione indagando sulla sparatoria. «Nei nuovi gruppi di ultrà—rivela uninvestigatore — ci sono molti delinquenti comuni, con precedenti per spaccio e rapine». Sicuri che valga la pena tenerli in famiglia?

 

L’esercito dei 74 mila ultras: violenti e affaristi

MILANO — Tifoserie organizzate sempre più politicizzate. Ultras che grazie «ad una fitta rete di rapporti economici e non con le società», approfittando di crisi e debolezze di molte, entrano nel business del calcio gestendo gadgets, biglietti e trasferte arrivando a «condizionare» assetti e comportamenti dei club che pure li hanno finanziati. Fino a diventare, con i loro comportamenti violenti sugli spalti e fuori dagli stadi, «massa di manovra da utilizzare nelle scalate alle stesse società», ma anche soggetti attivi con proprie finalità. Un rapporto della direzione centrale della polizia di prevenzione, basato sull’osservazioni delle «Sezioni tifoserie» durante i campionati 2003-2004 di serie A, B, C1 e C2, traccia la prima fotografia del fenomeno delle tifoserie italiane. Un territorio inesplorato.

DESTRA E SINISTRA— Dei 74.000 tifosi raccolti in 445 gruppi ufficiali, 43.000 (il 59%), secondo la polizia, sono orientati politicamente e fanno parte di 192 organizzazioni. Di questi ultimi, 39 sono su posizioni di estrema destra, 74 genericamente di destra, 22 di estrema sinistra e 57 genericamente di sinistra. I restanti 253 sodalizi non hanno connotazione. In base a questi dati, la polizia ha stilato anche un elenco di 23 squadre le cui tifoserie «hanno evidenziato un profilo politico particolarmente aggressivo» e si «sono distinte per una particolare propensione verso comportamenti violenti »: Ancona, Ascoli, Bari, Cagliari, Cavese, Nocerina, Catania, Cosenza, Genoa, Inter, Lazio, Livorno, Napoli, Parma, Perugia, Pisa, Roma, Savona, Ternana, Torino, Triestina, Venezia e Verona.

LA MAPPA — I club di destra e di estrema destra raccolgono la maggioranza dei tifosi e sono concentrati in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Marche e Sicilia; l’orientamento verso sinistra ed estrema sinistra è egemone solo in Toscana. Al Sud generalmente gli ultras non hanno connotazione. I gruppi di destra sono caratterizzati da un «ideale utopico e romantico» di «fede del tifo», da un «marcata tendenza ad iniziative aggressive» e, talvolta, «da suggestioni razziste e xenofobe». A sinistra, invece, c’è una «vocazione sociale e terzomondista », gli spalti diventano «terreno di lotta», anche sociale, e «strumento per contrastare la fascistizzazione delle curve».
Qui si registra «l’interesse di realtà antagoniste dei centri sociali» e si segnala (Cagliari e Viterbo) «la presenza degli anarco-insurrezionalisti». Ma le divisioni politiche o di campanile possono essere agevolmente superate in nomedel «credo utras» e di un interesse unico (vedi derby Lazio- Roma del 21 marzo 2004 interrotto su richiesta dei tifosi per un presunto, falso, incidente mortale) che, spesso, si materializza nella lotta al calcio moderno, visto come un sistema corrotto che ha sacrificato gli ideali, e i comuni nemici delle forze dell’ordine. ULTRAS — Lo stadio, riflettono gli esperti, a partire dagli anni ’70 è diventato «luogo di aggregazione » per giovani che, in cerca di identità, si richiamavano al modello dei violenti hooligans inglesi. Uno stile teorico presto abbandonato permettendo ad esempio che le donne accedessero alla curva, rinunciando alla violenza gratuita (ma non a quella contro Polizia e avversari) e dotandosi di strutture verticistiche e codici comportamentali.
Il «senso di appartenenza » diventa un dogma. Essere ultras è uno «stile di vita ».

INFILTRAZIONI E AFFARI — Sono di regola le infiltrazioni di soggetti che cercano di fare proselitismo politico sugli spalti.
Ma a mimetizzarsi tra gli striscioni ci sono anche elementi della criminalità, comune e organizzata, specialmente a destra. Tra i supporter di destra albergano anche aderenti a Forza nuova e skin-heads. Tra quelli di sinistra non mancano gli anarco-insurrezionalisti.
In tanti criticano violentemente l’attività affaristica- lobbistica interna. Accusati di questo sono gli Irriducibili della Lazio «avversati dalla maggior parte dei sodalizi». «Negli ultimi anni molte tifoserie hanno accresciuto» la tendenza affaristica» e, in passato, sono state finanziate dalle società calcistiche.

CONTATTI—I gruppi comunicano con internet, radio private e 95 pubblicazioni (fanzine). Anche quelli storicamente nemici. Nel ’95, dopo l’omicidio a Genova di un rossoblu, molti si sono uniti nel «Movimento ultras nazionale» per opporsi alla violenza (pure teorizzata) e a ciò che, trattando il tifoso come consumatore, gli nega un ruolo da protagonista: industria calcistica, pay-tv e commercializzazione del calcio.

UN ESERCITO IN CAMPO — Contro questo stato di cose a ogni partita vengono schierati migliaia di uomini delle forze dell’ordine che, nella stagione 2003-2004, hanno arrestato 281 persone, ne hanno denunciate 1.105, a 733 delle quali è stato vietato di rimettere piede negli stadi.
Mentre a Milano va verso l’archiviazione una delle poche inchieste sul tifo: quella del pm Fabio Roia sugli scontri nel derby Milan- Inter di Champions league, interrotto il 12 aprile per un lancio di oggetti. Giuseppe Guastella

 

I match a tutte le ore dal sabato al lunedì sera, fine delle trasmissioni in chiaro, un nuovo canale sky di notizie. IL CALCIO MARKETING ALL'ENNESIMA POTENZA: UN MILIARDO DI EURO DA SPARTIRSI.

 

Ilaria D'Amico, volto di Sky Sport

Luca Valdiserri per il Magazine

 

Lo spezzatino, come potrebbe testimoniare ogni moglie alle prese con il caro-vita, è un piatto tendenzialmente povero. Carne un po’ dura, che deve cuocere a lungo; patate e carote per dare sostanza; spezie per insaporire. Lo spezzatino dei diritti tv del calcio, che rischia di cambiare sabato, domenica e lunedì delle famiglie italiane, è invece un piatto ricco, ricchissimo, che la Lega calcio valuta in almeno un miliardo di euro. C’è molto nel piatto, anche una rivoluzione televisiva che porterà Sky a un canale tutto dedicato agli eventi sportivi e uno all’informazione sportiva, che potrebbe mettere la parola fine a programmi in chiaro come Controcampo e/o i corrispettivi sulla Rai, che magari convincerà fior di professionisti come Sandro Piccinini a prendersi un anno sabbatico e poi decidere cosa fare da grande. E c’è pure il rischio che quel piatto non arrivi mai in tavola. Sky ha appena depositato un ricorso alla Commissione Europea contro il decreto legge Melandri-Gentiloni, che ha riportato la cessione dei diritti televisivi in ambito collettivo e non più individuale. «Secondo noi», ha detto il vicepresidente del Milan, Adriano Galliani «è il primo in ordine cronologico e altri ne seguiranno davanti ad altri organi giurisdizionali». La battaglia, insomma, è cominciata ben prima del fischio d’inizio.

La copertina del Magazine di questa settimana

QUANTO VALE LA TORTA
Una partita a mezzogiorno la domenica, un’altra il lunedì sera e flessibilità negli orari in caso di turni infrasettimanali (come è già successo quest’anno con il derby Lazio-Roma programmato all’orario “spagnolo” delle 21,15). Il prossimo campionato potrebbe aggiungere queste novità ai due anticipi al sabato (alle 18 e alle 20,30) e al posticipo la domenica sera (20.30). I diritti tv ritorneranno alla vendita collettiva nel 2010. Ci sono già una quindicina di pretendenti per il ruolo di advisor, tra banche di affari e broker, che dovranno dare una risposta alla Lega calcio entro il 30 marzo. Il mandato a vendere non scende sotto il miliardo di euro. L’ultimo contratto è stato di 850 milioni e soltanto sopra quella cifra l’advisor comincerà a guadagnare la sua provvigione. Vendendo a un miliardo di euro, insomma, l’advisor avrà la sua quota su 150 milioni di euro. Il partito dei nostalgici, quello delle gare tutte in contemporanea la domenica alle 15, è forte. Ma lo è anche quello del calcio business. Il presidente dell’Inter, Massimo Moratti, dice: «Non vorrei che si esagerasse. Il calcio bisogna un po’ farlo desiderare. Preferivo quando era tutto alla domenica. E, comunque, le 15 sono un errore, era meglio giocare alle 16. Però può essere che i giovani preferiscano la spalmatura su diverse ore». Il vicepresidente vicario del Milan, Adriano Galliani, come in un vero derby, la pensa all’opposto e bacchetta i giornalisti, che definisce in modo colorito: «Tipi da spiaggia, perché un giorno leggi come sono bravi gli inglesi, che sanno vendere il loro prodotto a un milione di euro, mentre gli italiani non sono capaci. Poi, quando diversifichi giorni e orari, qualche giornale parla di spezzatino televisivo. Dovete solo mettervi d’accordo, perché non si possono fare entrambe le cose. È come quando in prima pagina si invocano i bilanci sani senza spendere molti soldi e poi nelle pagine interne si chiede perché non si compra un giocatore. In Inghilterra giocano di sabato, domenica a mezzogiorno, di pomeriggio, il lunedì, a Natale e a Capodanno, ottimizzando i ricavi, e nessuno si lamenta. In Italia, invece, lo chiamate spezzatino».

 

IL MODELLO INGLESE
Ma come è organizzato questo mitico modello inglese di cui tanti parlano e pochi conoscono? La prima vendita alla pay tv (all’epoca si chiamava BSkyB) è del 1992 e, da quel momento, l’ascesa è stata continua: 191 milioni di sterline, saliti a 670 nel 1997, a 1.024 nel 2007 e addirittura a 1.700 con l’ultimo contratto. Sky, per non incorrere nelle sentenze dell’Antitrust dell’Unione Europea, non ha più il monopolio del criptato. Il calcio della Premiership è stato diviso in 6 pacchetti: 4 sono andati a Sky e due a Setanta Television. A differenza dell’Italia, non tutte le partite in programma sono trasmesse in pay-tv, ma c’è una scelta da parte dell’emittente, che determina anche gli incassi dei singoli club. La divisione dei proventi avviene in tre parti: 50% in parti uguali tra le partecipanti, 25% in base alla classifica finale, con la prima classificata che guadagna 20 volte più dell’ultima, e 25% a seconda di quante partite della singola squadra vengono trasmesse in televisione. Una regola che, come è facile capire, favorisce le squadre più importanti e con più tifosi abbonati alla pay-tv. Il divario tra “grandi” e “piccoli” club è quantificabile in 1 a 4 a favore dei club più prestigiosi. In Italia era sbilanciato in 1 a 7 e per questo, su spinta del ministro per lo Sport, Giovanna Melandri, è stato approvato un decreto legislativo che ha riportato alla vendita collettiva dei diritti tv e non più alla vendita singola.

IL CALCIO KOSHER
Per continuare nella metafora culinaria, però, lo spezzatino del calcio italiano rischia di trasformare anche gli ingredienti della televisione che si occupa di sport. Il palinsesto di Sky, la novità delle telecronache “dedicate” sul digitale terrestre e il clamoroso successo di radio e tv private che si occupano di calcio provano una nuova realtà, che, riprendendo un termine della cucina ebraica, possiamo definire kosher, cioè “adeguato”. A ogni tifoso viene assicurata la “purezza” del prodotto che riguarda la sua squadra, sacrificando l’obiettività in nome del tifo e, in ultima analisi, del vecchio adagio “il cliente ha sempre ragione”. Il pomeriggio di Sky, ad esempio, è diviso in fasce orarie dedicate a Juve, Inter, Milan, Roma, Lazio. Al programma generalista, tipo Domenica Sportiva o Controcampo, dove si parla di tutte le squadre, si è preferito un prodotto che garantisce un ascolto con meno picchi ma più fidelizzato. Il tifoso, poi, può cambiare canale. Sarà sostituito dal tifoso di un’altra squadra. Eclatante la trasformazione delle telecronache. Prima il commento doveva essere imparziale, una garanzia per l’ascoltatore. Adesso ci sono le telecronache tifose (Carlo Pellegatti per il Milan, Carlo Zampa per la Roma, Paolo Brosio per la Juve…) dove si urla al gol della squadra del cuore e si sospira addolorati a quello dell’avversaria. Ha fatto clamore la sciarpa nerazzurra al collo di Walter Zenga, seconda voce nella tlecronaca di Inter-Liverpool di Champions League su Raiuno, cioè sul servizio pubblico pagato da tutti gli abbonati, interisti e non. È dovuto intervenire il direttore di Raisport, Massimo De Luca: «Diciamo che è stata un’uscita avventurosa, e gliel’ho fatto notare, garantendogli che per la prossima volta gliene regalerò una io. Ma per il resto ha interpretato in maniera eccellente il ruolo di voce tecnica al fianco di Gianni Cerqueti, autore di un’ottima telecronaca». Come mai la televisione ha così tanto potere sul calcio italiano? Perché i diritti televisivi sono la fonte primaria degli introiti delle società. Ogni analista finanziario può spiegare che un bilancio sano tiene in equilibrio tre fattori di reddito: 1) i diritti tv, 2) gli incassi da stadio, 3) marketing, merchandising e sponsorizzazioni. Più ci si avvicina a un 33% di ogni introito e meno rischi si corrono di andare incontro a un ridimensionamento economico. In Inghilterra, molti club sono in questa situazione. In Italia, nessuno. Da noi, anzi, sono in parecchi a dipendere per il 60% dai diritti tv. Questo dà alle tv un potere immenso. Tradizioni e malcostume, però, non sempre garantiscono a chi paga (le tv) i diritti che dovrebbero essere automatici. In nessun altro posto, come in Italia, esiste e prospera l’assurdità del silenzio stampa. Lazio e Napoli, per esempio, da mesi non fanno parlare i loro giocatori, ma solo presidente e allenatore. Le leghe professionistiche americane non sopporterebbero mai un comportamento simile. Chi non parla con la stampa, nella Nba, viene multato. Il calcio italiano ha un grande potenziale, ma non sempre viene gestito con professionalità. Giorgio Giovetti, responsabile acquisti dei diritti sportivi di Mediaset, analizza così la situazione: «I diritti televisivi per il calcio in chiaro sono stati svuotati negli ultimi due anni, quando 4 milioni di spettatori si sono spostati sul calcio a pagamento, dove vedono tutti i gol in diretta, che vengono poi ripetuti a rullo: c’è stato un calo di quasi 50% sul chiaro. Da spettatore lo spezzatino non mi convince, anche perché le strutture sono inadeguate. Non mi eccita andare a San Siro a mezzogiorno, con la partita alle 13, e mangiare un fetido panino con la porchetta. Fosse come allo stadio dell’Arsenal, con quattro ottimi ristoranti, sarebbe diverso. A quel che ci risulta da nostre indagini, non c’è nel pubblico tutta questa richiesta di spezzatino. Per noi, poi, avendo due parti in commedia, digitale e chiaro, l’offerta della Lega è poco interessante: perderemmo da una parte quel che guadagneremmo dall’altra. Noi, ora, paghiamo 60 milioni per avere il chiaro dopo le 18. Poniamo, invece, che venga spostato dopo le 22,30: a quel punto ci terremo il criptato, che già abbiamo per il digitale, e offriremmo 4-5 milioni per il chiaro dopo le 23. Il calcio è un prodotto devastato dalla Lega. Non per nulla con loro ci trasciniamo un paio di cause da anni». E, come Mediaset, anche la Rai non ha intenzione di fare offerte, se non con un forte ribasso, per il chiaro.

IL FUTURO
La Lega calcio conferma che anche in futuro sarà mantenuta, a garanzia della regolarità del campionato, la contemporaneità di tutte le partite nelle ultime 4 giornate. Un paradosso e, sicuramente, diventerà il prossimo terreno di battaglia tra tv e Lega calcio. Vi immaginate un campionato con tre squadre in corsa per lo scudetto e la possibilità di spalmare, nelle ultime quattro giornate, una partita al sabato sera, una alla domenica sera e una al lunedì sera? Si potrebbe contare sui teletifosi di tutte la squadre interessate non una volta sola ma tre. Con ovvio aumento dell’audience. Se si deve trasgredire, insomma, meglio farlo del tutto. Per poter chiedere ancora più soldi, in attesa che piattaforme tecnologiche emergenti, come l’Iptv (trasmissione digitale attraverso banda larga) e la televisione sui telefoni cellulari, prendano piede. Gli esperti pensano che, prima di tre-quattro anni, i diritti tv sulla rete telefonica mobile non saranno un affare. Ma c’è chi pensa già al futuro, tanto che il decreto legislativo sui diritti tv se ne è già occupato: potrà partecipare all’asta solo chi ha un titolo autorizzativi per quel tipo di piattaforma e non chi pensa a comperare per poi sublicenziare, in più per Iptv e Dvbh (smartphone, palmari e cellulari evoluti) su telefonia mobile non ci saranno diritti di esclusiva.

«Su Alitalia contano criteri economici
Le valutazioni politiche sono secondarie»

La risposta del premier alle polemiche sulla scelta del cda

 

 

(Ap)

ROMA - Le valutazioni dubbiose o polemiche di alcuni componenti del governo, dei politici lombardi e dei sindacati come la Cgil sulla scelta di Air France da parte del cda di Alitalia si stanno alimentando nell'attesa della decisione finale del governo. I tempi di attesa, come indicava anche il commento di Francesco Giavazzi sul Corriere del 23 dicembre, rischia di dare spazio anche ampio a pressioni e dichiarazioni. Anche per questo Palazzo Chigi interviene per frenarle.

ALT DEL GOVERNO - Lo fa attraverso una dichiarazione a Sky Tg24 del portavoce di Prodi, Silvio Sircana, per il quale nella vendita di Alitalia «il governo si è preso il tempo necessario per esaminare tutti i documenti, che sono anche complessi. Ma qui c'è da risolvere una crisi aziendale che dura da anni: le valutazioni politiche, pur importanti, sono secondarie, il vero obiettivo è rimettere questa azienda il grado di gareggiare». Un segnale di un indirizzo che per il premier è ormai definito. Si vedrà come e quanto il confronto in consiglio dei ministri sarà duro. «Lo spirito - conclude Sircana - è rimettere l’azienda in carreggiata».

 

«PAROLA AL GOVERNO» - Le puntualizzazioni di Sircana arrivano all'indomani delle dichiarazioni con cui Air France ha spiegato di non volere puntare sul depotenziamento dell'aeroporto di Malpensa, considerandolo funzionale nell'ambito della propria riorganizzazione di servizi. Tuttavia, avevano precisato da Oltralpe, occorre mettersi nell'ottica che si può avere un grande aeroporto pur senza lo status di hub. Una posizione, questa, che tuttavia continua a non convincere il mondo politico lombardo e del Nord Italia in generale. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, contesta la decisione del Cda di Alitalia e ribadisce che «la partita non è chiusa» invitando il governo a «scoprire le carte» e a svelare se vi siano accordi sottobanco per una scelta che di fatto mette a repentaglio lo sviluppo dello scalo varesino

 

L'attacco ha avuto luogo in una zona 250 chilometri a est della capitale Nouakchott

Mauritania, uccisi quattro turisti francesi

Tra le vittime anche due bambini. Due le ipotesi: un tentativo di rapina, un agguato terroristico

 

WASHINGTON - Attacco contro il turismo in Mauritania. Un gruppo armato – secondo la tv Al Jazira - ha aperto il fuoco su una comitiva di francesi: quattro persone sono rimate uccise, altre cinque ferite. Il grave episodio è avvenuto a circa 250 chilometri dalla capitale Nouakchott.
L’uccisione dei turisti francesi può avere due spiegazioni: un tentativo di rapina, un agguato terroristico.

DUE BAMBINI TRA LE VITTIME - Appartenevano ad un'unica famiglia i quattro turisti francesi uccisi da un gruppo di uomini armati in Mauritania e almeno due erano bambini. Lo ha riferito una fonte dell'ambasciata di Francia a Nouakchott. «Quattro persone sono morte, fra cui almeno due bambini. Il padre di famiglia è rimasto ferito in modo grave ed è stato trasportato all'ospedale di Aleg, da dove verrà trasferito immediatamente a Nouakchott», ha detto il diplomatico. Il numero delle vittime e la loro nazionalità sono stati confermati da un giornalista mauritano che si è recato sul luogo della tragedia. Secondo il cronista, la famiglia francese è stata vittima di un attacco a mano armato condotto da tre uomini che viaggiavano a bordo di una berlina e che poi sono fuggiti. La gendarmeria locale ha aperto un'inchiesta

I BANDITI – Nell’area subsahariana si muovono gruppi di predoni per i quali una comitiva di turisti può essere l’obiettivo ideale. Ma appare strano che abbiano deciso di assassinare i derubati, a meno che non vi sia stata una reazione. In qualche occasione ad agire sono militanti che rubano per alimentare la loro lotta. In passato numerosi turisti europei vennero sequestrati da estremisti algerini e liberati dopo il pagamento di un riscatto miliardario.

I TERRORISTI - L’episodio però potrebbe essere legato alle azioni di formazioni islamiste ispirate da Al Qaeda nella terra del Maghreb, la costola algerina del movimento. Nella regione compresa tra Algeria, Mali, Niger e Mauritana agiscono, infatti, diverse formazioni armate e sono presenti piccoli campi d’addestramento mobili. Negli ultimi due anni, la sezione algerina ha cercato di infiltrarsi nel territorio mauritano attraverso il reclutamento di militanti locali. Nel 2005 un commando ha assalito una caserma uccidendo 15 soldati. L’anno dopo le autorità hanno cancellato due prove del rally Parigi-Dakar. Il 17 ottobre del 2006 la polizia mauritana ha rivelato di aver smantellato una cellula qaedista che stava pianificando attacchi anti-occidentali. Il nucleo – composto da una decina di persone – era in rapporti operativi con Al Qaeda nella terra del Maghreb.

IL BERSAGLIO - L’agguato nei confronti dei turisti rientra nel modus operandi delle fazioni integraliste e rappresenta in qualche modo una risposta – indiretta – all’appello dell’ideologo Ayman Al Zawahiri. In uno dei suoi recenti messaggi, il braccio destro di Osama ha esortato ad espellere gli stranieri – spagnoli e francesi in particolare - dal Nord Africa.

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

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bandanax

Da Il Fatto Quotidiano, 17 aprile 2010

Tempi duri per Gianfranco Fini. Nei prossimi giorni l’ex numero uno di An sarà calunniato, spiato, dossierato. I media del premier, che già in settembre avevano iniziato a sparargli contro, lo descriveranno come un malfattore, un poco di buono, forse un malato di mente, o peggio. Se poi davvero i finiani arriveranno a costituire un gruppo in parlamento, verrà bandita un'asta per convincerli, uno a uno, a desistere. Saranno offerti loro incarichi, prebende, denari. Inutile scandalizzarsi. Le cose, nell’Italia di B, vanno così.

Il Cavaliere, del resto, a differenza dei suoi coriferi, sa che le ultime regionali sono andate bene per il centro-destra, ma malissimo per il Pdl. Più di due milioni di elettori hanno voltato le spalle al partito. Sono i voti degli astenuti che ora Fini spera legittimamente di recuperare, pensando pure di attingere qualcosa nel campo avverso, dove la linea del Pd, se esiste, appare ormai opposta a quella del suo elettorato. I sondaggi parlano chiaro: il Fini moderato nei toni, ma inflessibile sui principi (dalla giustizia, ai diritti civili) piace. Anche a sinistra. Per questo il Cavaliere si prepara ad ucciderlo (politicamente).

B. ha bisogno di una truppa compatta perché per lui le riforme sono la (nuova) ultima spiaggia. Solo cambiando la Costituzione potrà reintrodurre una qualche immunità che lo metta per sempre al riparo dalla sua grande ossessione: i processi. L’abbraccio con la Lega (disposta a tutto per il federalismo) si spiega in buona parte così. Ma con un Fini forte, nemmeno Bossi e il debole Pd basteranno più. Dunque il Cavaliere olia il fucile. Dice di essere in forma. Ma ha 74 anni. E forse, per fortuna di Fini e del Paese, la sua mira non è più quella di un tempo.

 

UNA NAZIONE ALLO SFASCIO, LA BISANZIO DEL XV SECOLO IN ONDA NEL NUOVO MEDIOEVO D'ITALIA

In Lombardia il numero di sfratti per il mancato pagamento dell'affitto o del mutuo sarà nel 2009 il doppio dello scorso anno. Tutte famiglie italiane, tutte in mezzo a una strada nella regione più ricca d'Italia. Esattamente come nelle altre regioni. L'abitazione da bene sociale è diventato un investimento speculativo da parte delle imprese immobiliari e delle banche. Le case vuote, gli appartamenti sfitti in Lombardia sono decine, centinaia di migliaia. Le gru intanto sono ovunque, intente a costruire nuovi immobili che resteranno spesso invenduti.
Quando una famiglia perde la casa perde le sue radici, il suo senso di unità. Viene dispersa, il padre da un amico, la madre e i figli dai nonni e dagli zii. Questo nei casi migliori, nei casi peggiori c'è anche il suicidio. Chiedo una moratoria per le famiglie sfrattate a causa della crisi. Lo Stato corrisponda un prestito al capo famiglia che ha perso il lavoro pari all'importo dell'affitto o delle rate del mutuo con l'impegno di ripagarlo in futuro. Nessuno rimanga indietro e neppure per strada.
Chi ha una storia da raccontare sulla perdita della sua casa, lo scriva in un commento.

Come chiamereste un vostro dipendente che, invece di lavorare per voi, lavorasse in proprio o per qualcun altro? Come definireste un tizio, eletto alla Camera o al Senato e a cui pagate un lauto stipendio ogni mese, che continua, imperterrito, a mantenere la propria occupazione? Un dipendente che remunerate con le vostre tasse, con benefit da favola e una pensione sicura dopo soli due anni e mezzo? Un signore che faceva l'avvocato come Ghedini, prima di essere "nominato" deputato dal suo cliente psiconano, e che continua a fare l'avvocato percependo laute parcelle? Un parlamentare come Barbareschi che si esibisce come attore nei teatri d'Italia? O uno Stanca che pretende di percepire DUE stipendi, come amministratore di EXPO 2015 e come deputato, dopo i trionfi del portale Italia.it che ci ha resi ridicoli in tutto il mondo?
Ho pensato a lungo a come definire questa gente. Questa condizione umana ha molti aspetti, molte facce. Un solo aggettivo è forse insufficiente. Limitativo. Il termine doppiolavorista non è adeguato: hanno sì due lavori, ma ne praticano in prevalenza o esclusivamente uno solo. Lavativo non è corretto, in realtà lavorano per sé. Assenteista è quasi appropriato perchè in Parlamento spesso non si fanno vedere, ma non rende abbastanza l'arroganza di questi "desaparecidos" pubblici, che ostentano la loro assenza come un diritto divino. L'impiegato pubblico cerca di non farsi sorprendere fuori dal luogo di lavoro in orario di ufficio per non essere licenziato, mentre per i parlamentari è un vanto. Loro non si sentono dipendenti di nessuno. Mangiapane a tradimento? Quattro ganasce? Riduttivi.
Fare il parlamentare dovrebbe essere un'attività impegnativa, la più importante per il funzionamento dello Stato. E' molto ben pagata. Farla part time o zero time è un insulto nei confronti dei cittadini. In particolare dei precari, dei licenziati, della generazione 500 euro al mese. Chi diventa parlamentare non deve esercitare la sua professione per la durata del mandato. E' una questione di rispetto verso gli elettori che lo pagano e verso lo Stato che dovrebbe servire. Tra i tanti nomi per questa categoria di dipendenti infedeli, "Zecche di Stato" è il migliore. Succhiano il nostro sangue, qualche volta trasmettono malattie, come il Lodo Alfano e le ronde, e si ingrassano. Uno per volta devono rendere conto alla collettività del loro comportamento e dimettersi. Iniziamo da
Lucio Stanca con il suo mezzo milione di euro di retribuzione come amministratore di Expo. Lucio Stanca dimettiti!

Alitalia, rabbia e voli cancellati
ok della Ue alla vendita
Sciopero trasporti, le città in tilt

Alitalia, piloti e assistenti in assemblea a Fiumicino. Chiesto il blocco delle attività ma per i sindacati autonomi "non è opportuno". La Ue: "Non c'è continuità fra la vecchia compagnia e la Cai". I sindacati sullo stop per treni, bus e metro: "Adesione oltre l'84%" (video). Le modalità città per città / Audio

 

dati dell'Istat: Il ribasso per i primi 9 mesi dell'anno è del 5,7%

Produzione industriale in forte calo

A settembre -2,1% sul mese precedente: il più alto da dieci anni. Auto a settembre: -26%

ROMA - Netto calo a settembre per la produzione industriale. Lo rende noto l’Istat che rileva un calo annuo del 5,7% dell’indice corretto per i giorni lavorativi e una forte diminuzione rispetto allo scorso mese di agosto con un -2,1%, che non si registrava dal dicembre 1998. A settembre, spiega l’Istat, l’indice corretto per i giorni lavorativi, registra un aumento su base annua per l’energia (+0,2%); in diminuzione i beni strumentali (-8,2%), i beni intermedi (-6,4%) e i beni di consumo (-5,7% in totale). Su base mensile, gli indici destagionalizzati dei raggruppamenti principali di industrie diminuiscono del 3,3% per i beni di consumo (-3,5% beni non durevoli, -1,4% beni durevoli), del 2,6% per i beni intermedi, del 2,5% per i beni strumentali e dell’1,7% per l’energia.

AUTO - La produzione di autoveicoli a settembre ha registrato una flessione del 26,3% rispetto a settembre 2007, secondo i dati Istat. Nei primi nove mesi del 2008 la produzione di autoveicoli è calata invece del 10,9%.

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FISCO - Nel periodo gennaio-settembre le entrate erariali, al lordo delle una tantum, sono risultate pari a 290,2 miliardi di euro, con un incremento del 2,3% rispetto allo stesso periodo del 2007. Lo riporta il Bollettino sulle entrate tributarie del dipartimento delle finanze del ministero dell'Economia.

 

Finalmente, si fa per dire, riparte la commissione parlamentare antimafia. Voi sapete che è dall'inizio degli anni Sessanta che il Parlamento italiano si costituisce in commissione bicamerale antimafia per combattere la mafia, soprattutto nei suoi rapporti tra mafia e politica.
C'è una contraddizione: la politica che combatte i rapporti tra mafia e politica è come dire la mafia che combatte i rapporti fra mafia e politica.
E infatti non li ha, almeno negli ultimi quindici anni, mai combattuti; da quando, cioè, non c'è più un'opposizione forte a chi sta al governo ma ci sono, sulle questioni che contano, finte divisioni fra maggioranza e opposizione e poi una sostanziale unanimità.
Infatti come sappiamo, negli ultimi quindici anni, tutte le normative serie in materia di lotta alla criminalità organizzata sono quelle che erano contenute nel papello di Totò Riina..."

Il giornalista Ferruccio Sansa mi ricorda che i furbetti del quartierino, già graziati dall'indulto del ceppalonico errante, saranno premiati con l'ingresso trionfale in Parlamento. Clementina Forleo è sotto processo, i suoi genitori sono morti in un incidente stradale misterioso dopo aver ricevuto delle minacce. Clementina al rogo. Gli imputati dell'inchiesta Antonveneta e i loro fiancheggiatori ai Club Med di Camera e Senato con 25.000 euro al mese e benefit. Leggete la lettera di Ferruccio a stomaco vuoto. Per non vomitare sulla moquette.
 

"Caro Beppe,
i partiti hanno presentato le loro liste per le prossime elezioni. Qualcuno può ritenersi soddisfatto: i furbetti del quartierino. Non bastava infatti che il Parlamento avesse votato l’indulto che offre l’impunità a quasi tutti i protagonisti dello scandalo Antonveneta. Nel silenzio generale, centro, centrosinistra e centrodestra hanno candidato tutti i politici comparsi nelle intercettazioni e negli atti dell’inchiesta Antonveneta. Eccoli: Nicola Latorre (Pd), Luigi Grillo (Pdl), Aldo Brancher (Pdl), Roberto Calderoli (Lega) e Ivo Tarolli dell’Udc (per non parlare dei big che fanno da comparsa nelle intercettazioni e nelle deposizioni dei testimoni, cioè Massimo D’Alema, Piero Fassino, Giancarlo Giorgetti, ecc…).
Molti si saranno già dimenticati chi sono. Ma forse bisognerebbe rinfrescarsi un poco la memoria andando a rileggere le intercettazioni di quella ingloriosa estate 2005.
Nicola Latorre fedelissimo di Massimo D’Alema, compare spesso nei brogliacci degli investigatori. In pratica il suo compito è quello di portaborse, o meglio, di portacellulare del leader diessino. Ricucci e Consorte chiamano e Latorre ascolta, chiede istruzioni, passa la cornetta a D’Alema. Sentiamolo.
Il 18 luglio 2005, nel momento clou delle scalate poi finite in Procura, Latorre parla con Ricucci che si presenta: “Ecco il compagno Ricucci all'appello. Ormai stamattina a Consorte gliel'ho detto, datemi una tessera, non ce la faccio più”.
Latorre: “Ormai sei diventato un pericoloso sovversivo rosso”.
Ricucci: "Ho preso da Unipol, io. Tutto a posto, abbiamo fatto tutte le operazioni con Unipol”.
Il 6 luglio 2005 Latorre parla con Giovanni Consorte. L’ex numero uno di Unipol (indagato per aggiotaggio informativo e manipolativo) è preoccupato che Caltagirone e gli altri contropattisti che detengono una parte del patrimonio Bnl gli tirino un pacco. Ma Latorre lo consola.
Consorte: Caltagirone e i suoi “si sono defilati e vogliono vendere”
Latorre: “Sì”
Consorte: “Allora ci sono due problemi. Il primo è il prezzo ma lì non c'è discussione: noi gli abbiamo offerto due euro e sessanta, prendere o lasciare. E naturalmente due euro e sei è... non è trattabile perché... eh... noi stamattina siamo stati in Isvap, in Banca d'Italia, dove bisogna dare una mano a Frasca, Nicò, perché lo stanno crocefiggendo per colpa di quel maiale del Governatore. Perché Frasca è un compagno eh! Eh, un uomo distrutto eh! Va beh. E comunque è una cosa che voglio parlare con te e Massimo a parte”.
Frasca, per chi lo avesse dimenticato, era responsabile della Vigilanza della Banca d’Italia e fu indagato dalla Procura di Roma per abuso d’ufficio.
Latorre e Consorte parlano dei dettagli dell'accordo, poi Consorte conclude.
Consorte: “Quindi se questi accettano una dilazione temporale, diciamo, tra virgolette la partita è chiusa. Se non accettano vuol dire che hanno, cosa di cui ho gli elementi, trattato con gli spagnoli per rilanciare della loro. Questa è la situazione. Quindi io domani ho l'incontro con loro alle sei, alle otto ti chiamo e ti dico come va a finire”.
Latorre: “Ma che deve fare una telefonata Massimo a...l'ingegnere?”.
Consorte: “Eh guarda io c'ho riflettuto, per quello t'ho chiamato. E... mi devi dare tempo Nicola fino a domani pomeriggio alle tre e la motivazione è questa: se io con i miei interlocutori chiudo...”
Latorre: “E' meglio che se ne va”.
Consorte: “No, no. E' meglio che Massimo fa una telefonata”.
Il 14 luglio 2005 ecco la famosa telefonata tra D’Alema e Consorte.
D’Alema: “Io poi ti devo dire una cosa...ah... se tu trovi un secondo...direttamente”.
Consorte: “Tu domenica sei a Roma? O mi devi parlare prima?”.
D’Alema: “Beh... volevo dirti... delle prudenze che devi avere. Forse...”.
Consorte: “Uhm”.
D’Alema: “Forse ti è arrivata la voce, diciamo. Devo farti una un elenco delle prudenze che devi avere… Sì delle comunicazioni”.
Chissà che cosa voleva dire D’Alema con queste frasi. Forse intendeva dire di prestare maggiore attenzione a come veniva comunicata al pubblico l’operazione finanziaria Unipol-Bnl. Legittimo. Ma gli inquirenti hanno il dubbio che volesse consigliare a Consorte di prestare attenzione a eventuali intercettazioni telefoniche. Non si saprà mai. Convinti Caltagirone e amici a vendere a Unipol, c’è da convincere Vito Bonsignore (europarlamentare Udc oggi passato con il Pdl di Berlusconi).
D’Alema: «Ho parlato con Bonsignore, che dice che cosa fare, uscire o restare un anno? Se vi serve, resta... Evidentemente è interessato a latere in un tavolo politico...».
Consorte: «Chiaro, nessuno fa niente per niente».
Il Pd ha deciso di candidare Latorre, D’Alema e Piero Fassino. Nessuno dei tre è indagato. L’onore è salvo?
Certo, il Popolo della Libertà se la passa molto peggio. I suoi candidati sono anche stati indagati. In Puglia, lontano dai riflettori, Berlusconi ha deciso di candidare Luigi Grillo, indagato per concorso in aggiotaggio. Grillo è sempre stato – e lo ha ammesso con orgoglio – uno degli sponsor dell’ex Governatore Antonio Fazio indagato per aggiotaggio, abuso d’ufficio e insider trading. Grillo è sempre stato un sostenitore di Gianpiero Fiorani, da lui definito un “ottimo banchiere”. E secondo gli investigatori, Grillo ha ottenuto dalla Banca Popolare di Lodi, di Fiorani, un fido di 250mila euro.
In Veneto alla Camera ecco candidato Aldo Brancher (Forza Italia), indagato a Milano per ricettazione. C’è poi Roberto Calderoli, il leghista indagato anche lui per ricettazione a Milano che si ritrova capolista della Lega al Senato.
Se non ci fosse stato Fiorani, probabilmente, la Lega sarebbe andata in bancarotta. E’ il banchiere di Lodi che rileva Credieuronord, la banche padana voluta da Bossi che accumulò un mare di debiti. La scuola leghista di Varese. Il prato di Pontida, proprio quello che ogni anno si riempie di bandiere verdi per i discorsi del Senatur. Tutti i simboli della Lega da tempo sono stati comprati con soldi della Banca Popolare di Lodi. Denaro che il Carroccio ha ricevuto a cominciare dagli anni Novanta: un totale, tra fidi e finanziamenti, di 10 milioni di euro, cui va aggiunto circa un altro milione proveniente dalla Banca Popolare di Crema (controllata da Lodi). Il tutto ottenuto offrendo come pegno la storica sede del Carroccio, il Palazzo di via Bellerio. Niente di illecito, ma ad analizzare i conti bancari della Lega (13, tutti aperti presso la filiale milanese di Bpl) si capisce che a unire il Carroccio e l’istituto di Fiorani non era un semplice legame d’affari: l’esistenza stessa della Lega dipendeva dalla volontà di Lodi.
L'Udc non vuole essere da meno, in Trentino Alto Adige candida Ivo Tarolli. Tra gli amici fidati di Fazio e Fiorani (per lui la procura di Lodi ha chiesto l’archiviazione per l’ipotesi iniziale di appropriazione indebita).
Latorre, Grillo, Brancher, Calderoli e compagni sono pronti per tornare in Parlamento.Intanto Clementina Forleo, il gip di Antonveneta, è sotto inchiesta disciplinare per l'ordinanza con la quale, nel luglio scorso, il Gip aveva chiesto alle Camere l'autorizzazione a utilizzare le intercettazioni disposte nell'ambito delle inchieste sulle scalate bancarie in cui erano coinvolti alcuni parlamentari, tra cui Massimo D'Alema e Piero Fassino. Il 27 giugno prossimo sarà processata dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura." Ferruccio Sansa
 

 

Si attende l'apertura di due nuovi siti per lo stoccaggio delle «ecoballe»

Napoli, sarà un Natale con spazzatura

Impianti saturi, i rifiuti accatastati lungo strade e marciapiedi non potranno essere rimossi entro domani

 

(Ansa)

NAPOLI - Il Natale dei napoletani rischia di essere all'insegna della spazzatura. Malgrado negli ultimi giorni sia stata intensificata la raccolta delle tonnellate di immondizia accatastate lungo strade e marciapiedi, l'emergenza smaltimento rischia nuovamente di aggravarsi.

 

IMPIANTI FERMI - Quasi tutti gli impianti di stoccaggio rifiuti sono chiusi o funzionano a scartamento ridotto in quanto già saturi. Resta dunquea il problema di dove stipare le cosiddette «ecoballe», i blocchi di immondizia compattata ottenuti dopo un primo trattamento del materiale raccolto dai cassonetti. Se il fermo degli impianti dovesse perdurare, il rischio che si arrivi ad un blocco anche della raccolta potrebbe essere molto concreto.

LE PROTESTE - A complicare la situazione ci si mettono anche le proteste dei cittadini nei territori in cui erano state individuate le possibili discariche. Una settantina di comuni campani hanno aderito alla richiesta del commissario Alessandro Pansa e individuato già siti di stoccaggio provvisorio per i rifiuti, sia procurandosi cassoni scarrabili, sia attrezzando aree periferiche.

RACCOLTA STRAORDINARIA - Pochi gli incendi di spazzatura e di cassonetti segnalati nella notte tra domenica e lunedì, complice anche la pioggia nel napoletano. A Napoli, Asia, l'azienda speciale che gestisce il servizio di raccolta, è riuscita a ripulire parte le strade con una raccolta straordinaria, e la giacenza è «limitata» a 1.900 tonnellate; ma in molti comuni dell'hinterland la spazzatura ha formato cumuli informi e di notevoli dimensioni.

I NUOVI SITI - Entro metà della prossima settimana dovrebbe essere pronto il nuovo sito di stoccaggio di Casalduni, nel Beneventano, ma i tempi sono ancora lunghi per gli altri cinque siti individuati dal commissariato straordinario per l'emergenza rifiuti. In queste ore si sta fronteggiando la situazione facendo ricorso a siti provvisori di trasferenza per il rifiuto «tal quale», cioè quello prelevato dal cassonetto.

NEL SALERNITANO - Il 27 dicembre verrà invece decisa la localizzazione del sito di stoccaggio provvisorio delle ecoballe prodotte dall'impianto di Cdr di Battipaglia, in provincia di Salerno, un'altra delle aree dove l'emergenza è particolarmente sentita. La decisione è stata presa nel corso di un vertice nella prefettura di Napoli cui hanno partecipato, fra gli altri, il prefetto Alessandro Pansa, il prefetto di Salerno, Claudio Neoli, il presidente della Provincia di Salerno, Angelo Villani, l'assessore provinciale di Salerno all'Ambiente, Angelo Paladino, ed il vice presidente del consorzio rifiuti di bacino Sa3, Giuseppe Marmo. Se i quattro consorzi di bacino del Salernitano, entro giovedì prossimo non individueranno dei siti comprensoriali per lo stoccaggio delle ecoballe prodotte nella provincia di Salerno, il commissariato di governo per l'emergenza rifiuti della Regione Campania, con una propria ordinanza, indicherà l'area militare dismessa di località Mandranello nel territorio comunale di Padula quale sito unico di stoccaggio provinciale. Il sito di località Mandranello sarà operativo fino all'attivazione della discarica provinciale individuata in località Arenosa di Caggiano (Salerno)

 

 

Silvio Berlusconi (Lapresse)

Silvio Berlusconi (Lapresse)

ROMA - La cena a Macherio, con la moglie Veronica e i figli, ha chiuso una giornata insolita per Silvio Berlusconi, quella dello sfogo pubblico di Veronica Lario dopo le battute dell'ex premier nella serata dei Telegatti e la sua risposta, altrettanto pubblica, in una lettera diffusa alle agenzie. La lettera da prima pagina di Veronica Lario , pubblicata da la Repubblica, con la richiesta di pubbliche scuse a difesa della sua dignità di moglie di madre, non è caduta nel vuoto e ha ricevuto in risposta un «messaggio d'amore» di Berlusconi. La a moglie s'era offesa per il comportamento del marito con alcune signore presenti alla festa dei Telegatti. Battute e frasi ascoltate o lette da tante, troppe persone, particolare che ha spinto veronica a uscire allo scoperto in modo così clamoroso. «Custodisco la tua dignità come bene prezioso», riponde nella sua missiva il Cavaliere, con un testo di 23 righe scritto per chiedere perdono. «La battuta spensierata, il riferimento galante, la bagattella di un momento», così Berlusconi definisce le esternazioni raccolte nella serata dei telegatti che hanno fatto infuriare la consorte. Fredda al momento la reazione di Veronica che preferisce non commentare la risposta del marito. «Non rilascio dichiarazioni» si limita a dire. In serata trapela però la notizia che avrebbe incontrato Silvio a cena nella loro villa di Macherio e che all'incontro avrebbero partecipato anche i figli. Un primo tentativo privato di riconciliazione? Quello pubblico è la lettera che qui di seguito pubblichiamo integralmente.
 

 

MILANO -

Steven Spielberg in un videomessaggio sul sito di «On the lot»

Steven Spielberg in un videomessaggio sul sito di «On the lot»

Se desiderate dirigere il prossimo Jurassic Park o realizzare il Duel del ventunesimo secolo, avete tempo fino al 16 febbraio. Quel giorno sarà l’ultimo disponibile per mandare il vostro cortometraggio a Steven Spielberg. Il sogno di ogni aspirante filmmaker è ora possibile, grazie a Internet e all’iniziativa del regista di E.T. e Schindler’s List, che ha deciso di sottrarre un po’ di tempo alla produzione dei suoi prossimi film (la biografia su Abramo Lincoln e il quarto episodio di Indiana Jones, entrambi previsti per il 2008), per organizzare un reality-show insieme a Mark Burnett, l’inventore di programmi di successo come Survivor e The Apprentice.

SFIDA IN TV - Il nuovo format si chiama On the Lot e sarà messo in onda dalla Fox probabilmente già dalla prossima primavera: offrirà la possibilità a 16 aspiranti registi di cimentarsi di fronte a una giuria di dirigenti degli Studios, critici cinematografici, registi e attori hollywoodiani. I concorrenti dovranno produrre cortometraggi, affrontando di volta in volta le sfide poste dai diversi generi: commedia, dramma, thriller, azione, horror, eccetera. Alla fine ci sarà la proiezione, e il box office, identificato nel voto del pubblico televisivo, stabilirà chi può proseguire la gara e chi no. Il vincitore otterrà un contratto da 1 milione di dollari con la DreamWorks e la possibilità di realizzare il proprio progetto, on the lot, ovvero nei teatri di posa della major, con la supervisione dello stesso Spielberg.

SELEZIONI ONLINE - Prima che la gara televisiva cominci, c’è da affrontare quella più dura e selettiva sul web, per cui c’è tempo appunto, fino al 16 febbraio. Basta collegarsi al sito ufficiale del programma, per caricare il proprio cortometraggio e sottoporlo al giudizio, spesso spietato, dei navigatori (■ Guarda la classifica). Che non è vincolante ai fini della partecipazione al concorso, ma certo costituisce un indirizzo per la selezione finale dei produttori del programma tv. Basta avere compiuto 13 anni e avere realizzato un film della durata massima di 5 minuti (anche se il film è più lungo), che deve essere inviato tramite Internet, accompagnato da una breve presentazione di sé. Nel frattempo bisogna firmare anche i contratti presenti sul sito e inviare via posta entro la scadenza un Dvd con il film alla produzione.

«INIZIATE DA GIOVANI» - Lo scopo di Spielberg, che agli aspiranti registi è sempre solito ricordare «cominciate più giovani che potete e fatevi i vostri film, non c’è niente che possa sostituire l’esperienza di girare, montare e poi proiettare», è quello di sfruttare Internet e la grande popolarità dei reality, per offrire una vera chance a chi vuole seguirne le orme: «Lungo tutta la mia carriera ho cercato di fare il possibile per cercare nuovi talenti e offrire loro un’occasione. Questo programma ci permette di raggiungerne un numero maggiore e aprire una porta più grande del solito».

I FILM E IL VOTO - Nelle pagine web del programma i film sono divisi per generi e vengono votati con le stelline, secondo lo stile di YouTube, dai navigatori, che possono lasciare anche il proprio commento. Come ogni sito che si rispetti, attorno a On the Lot si è formata una comunità di cinefili, che discutono, esprimono le proprie opinioni e aggiornano i forum di discussione; un gruppo piuttosto nutrito che, nelle intenzioni di Burnett, dovrebbe costituire lo zoccolo duro del futuro pubblico televisivo. Ma il sito è diventato anche una vetrina in cui registi amatoriali o con solide esperienze professionali alle spalle, promuovono i propri lavori e i siti Internet in cui questi sono visibili. Non è la prima volta che Hollywood si allea con la tv per trovare i professionisti di domani. Già nel 2000 Matt Damon e Ben Affleck, freschi vincitori dell’Oscar per lo script di Will Hunting – Genio ribelle, avevano ideato con la Miramax il programma tv Project Greenlight, dedicato a scoprire sceneggiatori di talento.

 

I marchettari

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Quando è successo? In quale momento i
giornalisti si sono trasformati in marchettari? I direttori di giornali in manager pubblicitari? Le redazioni in addetti stampa delle grandi aziende? E’ sempre stato così? L’informazione è sempre stata una grande puttana? O c’è un prima e un dopo? La notizia non è più una merce, ma un veicolo patogeno che contiene virus di marche automobilistiche, di acque minerali, di medicinali inutili. Ma per fortuna a proteggerci c’è qualcuno. Il Gigante buono dell’Authority. Un Gigante immobile. Che può intervenire solo su denuncia dei cittadini. Se nessuno facesse una denuncia, gli impiegati dell’Authority potrebbero starsene sempre a casa.
Noi italiani siamo straordinari. Riusciamo a
pagare per leggere la pubblicità occulta. Non è più l’azienda a pagare il giornale per le inserzioni. Siamo noi che paghiamo per leggere la pubblicità sotto forma di articoli. Quella più schifosa. Che ti trova indifeso. Una volta la marchetta il giornalista la faceva tra un servizio e l’altro. Sperando di non farsi notare. Adesso scrive il servizio tra decine di marchette. Sperando che qualcuno lo noti.
Gli editori hanno una sola cosa in testa. L’attenzione al cliente (dell’inserzionista). Non più lettore, ma consumatore. Circonvenzione di consumatore. Un’attenzione morbosa,
pedogiornalismo. L’inserzionista è il datore di lavoro dei giornalisti, ma chi paga l’uno e gli altri siamo sempre noi. Paghiamo il giornale, la pubblicità occulta, il prodotto pubblicizzato.
E finanziamo i giornali con le nostre tasse. Perchè i giornali sono finanziati dallo Stato. Senza chiuderebbero. RESET.
Aboliamo i finanziamenti ai giornali e ai loro direttori. Che tromboneggiano, debortoleggiano sullo sfondo con grande, intelligente distacco in ogni talk show.
Giuseppe Altamore ha scritto un libro di autodifesa: ‘
I padroni delle notizie’ e ha rilasciato un’intervista per il blog a Piero Ricca. Guardate il video. Poi disdettate gli abbonamenti.

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La lotta di classe dura e senza paura. Quella che riempiva le piazze negli anni ’70. Quella lotta non c’è più. Perchè, alla fine, una sola classe ha vinto. E’ la classe del potere. Che non sta più solo nel Palazzo di Pasolini. Si è diffusa come un contagio. E’ ovunque ci sia una carica pubblica o parapubblica. Ovunque ci sia un nostro dipendente in carriera.
E’ una classe ubiqua. Ci sono gli ex sessantottini in carriera nei media e nei ministeri. E con loro i post fascisti, ora anche post democristiani. E anche i post comunisti, ora post e basta. E’ una classe vischiosa. La sua ragnatela passa dalle banche, arriva alle municipalizzate, occupa i media, si estende ai consigli comunali. E’
una classe unica che ha ottenuto il rovesciamento delle parti. Non è più al servizio dei cittadini. I cittadini sono al suo servizio.
Se il cittadino non capisce è ottuso. Se si ribella è un no global, anche se ha settant’anni. Se si lamenta è arrogante. Il cittadino non ha diritto di critica.
Non è informato se sul SUO territorio vengono fatte le porcate più immonde. Inceneritori, stoccaggi di gas, buchi nella montagna, inquinamenti di fiumi e laghi, centri commerciali al posto di parchi, parcheggi al posto di piste ciclabili, Pm10 al posto di alberi.
Per sapere che in Campania lo Stato non c’è più si può contare solo sul coraggio di
Saviano che ha scritto Gomorra. Che ha chiarito che lì c’è il Sistema, e i politici locali sono ornamenti di cattivo gusto da vetrina elettorale. Per sapere cosa succede in Sicilia, dove ormai Stato e Antistato convivono, come affermava il Pacs Lunardi, bisogna aspettare un passaggio televisivo di Travaglio. E quando la notizia puzza, puzza veramente. E non si può metterla a tacere. Come per le intercettazioni Telecom. Se ne parla solo quanto basta e poi si confida nell’Alzheimer del popolo italiano.
Oggi in Italia ci sono due classi.
I cittadini e chi amministra la cosa pubblica in loro nome, ma per proprio conto. Oggi in Italia le scelte della classe unica sono impopolari e ci viene detto pure in faccia. Come per l’indulto. La classe unica è fiera di essere impopolare. Ma, se è il popolo che le ha dato il mandato, DOVREBBE essere invece popolare. Oppure andare a casa. Il prossimo dipendente che si vanterà di fare una scelta impopolare va preso a calci nel c..o e licenziato. E’ tempo di una democrazia diretta. Alcuni strumenti ci sono, altri verranno. Una democrazia che parta dal territorio. Da dove le persone possono esercitare il controllo. Dai comuni.

 

 

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CURIOSITA'

 

 


A co-condurre lo show è stata chiamata la pornostar americana Jenna Jameson (33 anni). «Virgin Territory» sarà prodotto da Kevin Blatt, lo stesso che ha pubblicato e promosso il tanto discusso sextape di Paris. «Un gruppo di persone ancora vergine verrà condotto verso la terra promessa», lo slogan lanciato da Blatt durante una conferenza stampa di presentazione. «Le due ragazze avranno l'arduo compito di scovare ragazzi e ragazze ancora vergini a NYC, cosa per altro non semplice», ha aggiunto. Lo show dovrebbe partire in primavera.


OSPITE D'ONORE AL BALLO DI VIENNA - La bionda Paris sarà sul palco d'onore del costruttore e milionario austriaco Richard Lugner, famoso per aver già ospitato Andie MacDowell, Pamela Anderson e Sofia Loren, in occasione del famoso Ballo dell'Opera, «Wiener Opernball», il prossimo 15 febbraio a Vienna. Per lei i media parlano di un ingaggio stratosferico di oltre 1 milione di euro, spese di viaggio escluse. Sempre in Austria verrà anche festeggiato il suo 26esimo compleanno. Per il 17 febbraio nella località turistica di Ischgl (Tirolo) il manager di Paris, l'imprenditore austriaco Günther Aloys, suo sponsor con la bevanda in lattina "Rich-Prosecco", oranizzerà un megaparty a 2000 metri di quota in perfetto stile Paris. «Sul palco montato sul ghiacchiaio verrà allestita una gigantesca torta dalla quale sbucherà Britney Spears, che poi si esibirà in un concerto in onore dell'amica», ha anticipato Aloys
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