Droghe leggere e pesanti: un dibattito ancora aperto

Sarah Di Narda 4AL
insegnante: prof.ssa Paola Schiratti - Web design : Fabio Mansutti 4 BM
ITC Zanon Udine Italy

La droga nelle sue svariate tipologie, nei suoi effetti e danni devastanti è argomento di parecchi dibattiti, dove ognuno vuole dire la sua sulla gravità di questo problema ormai largamente diffuso.
Il tema fondamentale che viene trattato è quello riguardante la reale differenza tra droghe leggere e pesanti, le prime sono “rappresentate” dai cannabinoidi, tra i quali sottolineo la marijuana e l’hashish, mentre le seconde comprendono eroina, cocaina, LSD e ecstasy.
Quest’ultime, come si può intuire dall’aggettivo loro affibbiato, sono considerate più nocive rispetto alle prime, che provocano comunque danni alla salute, ma in maniera meno rilevante.
Personalmente sono favorevole alla differenziazione tra droghe leggere e pesanti e di conseguenza contraria all’approvazione della legge Fini, perché aumenta la popolazione carceraria già sovraffollata e come se non bastasse limita la libertà di scelta di ognuno di noi.
A sostegno della mia tesi c’è la posizione presa dagli scienziati,i quali affermano che le sostanze stupefacenti devono essere differenziate a causa dei diversi effetti che provocano.
Basti paragonare l’ecstasy alla cannabis.La prima inizialmente provoca sensazioni piacevoli, come sentirsi fratelli con gli altri, avere più fiducia in se stessi, non badare al pericolo e così via(gli effetti durano all’incirca sei ore e ce ne vogliono ventiquattro per tornare alla normalità),ma poi a lungo andare si va incontro a depressione, angoscia, mancanza d’interessi, stanchezza, tristezza, sonno e spesso provoca dipendenza, soprattutto nelle persone carenti di serotonina, ovvero una sostanza che ha il compito di controllare l’umore, i cicli sonno-veglia, la fame, il dolore e il comportamento sessuale.
Mentre dopo aver assunto cannabinoidi ci si sente euforici, rilassati e fino a due ore dopo aver fumato si ha un calo dell’attenzione,della memoria e della capacità di coordinare i movimenti.
Ma poi questi effetti cessano e se l’uso è limitato non si prevede l’assuefazione.
Comunque i dottori confermano che è difficile arrivare a un punto tale d’intossicazione da aver compromesso la propria vita.
Inoltre la tutela dei diritti e delle libertà di scelta impone la mobilitazione dei più ampi settori della società civile, che contestano la legge Fini e di conseguenza la coordinazione governativa repressiva che mette in discussione la facoltà di ogni individuo ad autodeterminare la proprio esistenza.
La legge sopraccitata, quindi, prevede un cambiamento a 360° gradi delle attuali politiche di prevenzione,cura e repressione delle droghe e si muove sulle seguenti direttrici:
contrarietà anche verso il semplice uso e la detenzione di droghe leggere, impegno delle istituzioni verso una coerente prevenzione da sviluppare su un piano informativo e culturale, nessuna condiscendenza o addirittura collaborazione nel mantenimento di soggetti in stato permanente di tossicodipendenza, intelligente repressione dello spaccio e soprattutto cancellazione della distinzione tra droghe leggere e pesanti.
Questa può essere definita una legge che “fa comodo” ai narcotrafficanti che si arricchiscono sul proibizionismo.
Basti pensare che nel campo dei fautori della legalizzazione controllata degli stupefacenti, si trovano personalità diverse come economisti liberali, giuristi, medici, psicologi o sociologi.
Essi non pensano tanto al consumo, quanto alla lotta alla criminalità.
Il loro ragionamento è che si deve legalizzare la droga per limitare i costi enormi della repressione, al fine di privare i criminali di una fonte di guadagni considerevole.
Come se non bastasse nel caso di applicazione di questa legge sarebbero gravemente inasprite le sanzioni amministrative che limitano le libertà personali.
Una legge che metterebbe in galera altre decine di migliaia di persone che fumano marijuana o che ne assimilano il principio attivo per uso terapeutico, aggravando così ulteriormente la già grave condizione di sovraffollamento delle carceri e ignorando l’imminente necessità di attuare misure alternative alla detenzione per i tossicodipendenti.
Quest’opinione viene condivisa dalle parole dell’ex direttore del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria Alessandro Margara, il quale afferma che “Rendere punibile anche l’uso di stupefacenti determinerà inevitabilmente l’aumento delle persone condannate. Con le conseguenze che si possono immaginare: il sistema carcerario non regge già ora, visto che gli istituti sono ben oltre i limiti di accoglienza con queste norme si rischia il tracollo”.
Timori condivisi dai giudici di Magistratura democratica:”Oltre il 25% dei detenuti sono tossicodipendenti e le politiche proibizioniste seguite hanno mostrato tutta la loro inidoneità per contrastare efficacemente il traffico di droga.
Penalizzare anche il consumo personale, ad esempio anche per il singolo spinello, vorrebbe dire criminalizzare comportamenti oggi estremamente diffusi”,afferma Claudio Castelli, che definisce “repressiva e feroce” la legge Fini.
Tutto ciò testimonia la mia tesi iniziale e quindi vuole dimostrare l’importanza del saper distinguere un semplice spinello dalle ben più dannose droghe pesanti, che come ho già detto causano danni molto gravi alle persone che ne fanno uso.