LE MISTERIOSE SCATOLE NERE
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Tornano le scatole
Di John Andrew Manisco.
Un vigile del fuoco di New York e un volontario che lavorarono a lungo tra le
rovine delle due torri hanno dichiarato di aver aiutato agenti federali a
prelevare tre delle quattro scatole nere dei due aerei che si sono scontrati
contro i grattacieli. A rivelare la notizia giovedì è stato il quotidiano
Philadelphia Daily News. Il vigile del fuoco Nicholas DeMasi ha raccontato (in
un libro pubblicato di recente insieme ad altre persone che lavorarono a Ground
zero) di aver accompagnato agenti federali nell'ottobre 2001 sul luogo, e che in
mezzo a 1,25 milioni di tonnellate di acciaio, cemento e altri materiali
riuscirono a trovare tre delle quattro scatole dove c'erano registrati gli
ultimi 30 secondi delle comunicazioni avvenute all'interno degli aerei
dirottati. A confermare il suo racconto è stato uno dei tanti volontari che
lavorarono sul sito della catastrofe, Mike Bellone, che aiutò DeMasi e gli
agenti nella loro ricerca e vide una scatola nera nel retro della macchina del
vigile. Sia il volo American 11 che il volo United 175 avevano due scatole di
registrazione situate nella coda, una registrava le comunicazioni dei piloti
mentre l'altra i dati riguardanti l'altitudine, la velocità e direzione del
volo. La commissione sul 911 e le autorità federali continuano ad insistere
che nessuna di queste scatole è mai stata trovata. Il problema è che queste
scatole sono costruite per resistere anche a un impatto come quello avvenuto
contro le due torri e ad una temperatura di oltre mille gradi centigradi per
un'ora.
Funzionari federali dell'aeronautica sostengono che gli attacchi al World Trade
Center sono l'unico esempio di grave incidente aeronautico in cui non si è
riusciti a recuperare le scatole di registrazione. L'articolo del Daily News
conclude «Se il racconto dei due testimoni è vero non si capisce perché le
autorità federali dovrebbero negare di aver ritrovato le scatole. E comunque non
si vede perché i due testimoni dovrebbero mentire». Ad aiutare a risolvere
questa ed altre lacune nella ricostruzione ufficiale della tragedia potrà essere
l'iniziativa intrapresa questa settimana da cento "vip" americani e quaranta
membri delle famiglie delle vittime dell'11 settembre. Hanno tutti firmato un
appello intitolato "911 Truth Statement" in cui chiedono un'immediata
inchiesta indipendente su fatti e questioni ignorate dalla Commissione ufficiale
che concluse i suoi lavori ad agosto. L'appello chiede di incaricare il
procuratore di New York Eliot Spitzer di aprire una indagine su fatti che
indicano come «alti funzionari del governo possano aver deliberatamente permesso
agli attentatori di portare a termine il loro attacco». L'appello riporta 12
domande su fatti ignorati dalla Commissione dell'11 settembre: domande sulla
vendita di azioni a Wall Street poco prima
dell'attacco che procurò lauti profitti, sui finanziamenti dei terroristi da
parte dell'allora capo dei servizi di sicurezza del Pakistan che per caso, la
mattina dell'attacco faceva colazione a Washington con il deputato repubblicano
Porter J. Goss, oggi direttore della Cia; sulla mancata azione del governo in
risposta a numerosi allarmi di governi stranieri, sulle difese inattive intorno
al Pentagono.
L'appello potrebbe essere considerato il solito farneticare dei complottisti
incalliti se non fosse che a firmarlo oltre ai familiari, storici e attori ci
sono ex membri dei servizi segreti Usa come Morton Goulder,
sottosegretario all'intelligence per i presidenti Nixon, Ford e Carter; Ray
McGovern e Melvin Goodman, ex analisti della Cia; John McCarthy,
ex capitano delle forze speciali; Edward Peck, ex ambasciatore Usa per
l'Iraq; e Stan Goff, veterano delle operazioni speciali delle
forze armate Usa per 25 anni.