UN NUOVO 11 SETTEMBRE: ELEMENTO FONDAMENTALE DELLA DOTTRINA MILITARE USA
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“UN NUOVO 11 SETTEMBRE”: ELEMENTO
FONDAMENTALE DELLA DOTTRINA MILITARE USA
Originale tratto da
www.globalresearch.ca. Traduzione per
www.comedonchisciotte.org a cura
di CARLO PAPPALARDO.
Già da diversi anni gli alti responsabili dell'amministrazione Bush, inclusi il
presidente e il vicepresidente, hanno affermato, in termini non equivoci, che ci
sarà "un nuovo 11 settembre". Le citazioni dei discorsi presidenziali e dei
documenti ufficiali sono innumerevoli. L'America è minacciata:
"I prossimi imminenti attacchi... saranno d'intensità pari o superiore a
quelli dell'11 settembre... Ed è più che ovvio che la capitale della
nazione e New York saranno due obiettivi presenti in ogni lista..." (Tom
Ridge, ex segretario del Dipartimento della sicurezza interna, dicembre 2003)
"Voi vi chiedete, 'È un problema serio?' Si, potete metterci la mano sul
fuoco. Non si adottano decisioni simili se la situazione non è molto seria".
(Donald Rumsfeld, ex segretario alla difesa, dicembre 2003)
"... Informazioni attendibili indicano che Al Qaeda sta portando avanti i
suoi piani per scatenare un attacco a grande scala negli Stati Uniti, nel
tentativo di distruggere le nostre procedure democratiche... (Tom Ridge, ex
segretario del Dipartimento della sicurezza interna, 8 luglio 2004)
"Il nemico che ci ha aggredito l'11 settembre è ora indebolito e
disarticolato, ma è ancora micidiale e sta progettando di colpirci
nuovamente". (Vicepresidente Dick Cheney, 7 gennaio 2006)
"Siamo ancora un paese in pericolo. Una parte della nostra strategia consiste
ovviamente nel portare avanti l'attacco contro i terroristi che vorrebbero
distruggerci. In altre parole, è importante sconfiggerli oltremare in modo da
non doverli mai fronteggiare sul nostro territorio. Ammettiamo, tuttavia,
che dobbiamo essere ben preparati qui in patria". (Presidente George W.
Bush, 8 febbraio 2006)
"I nostri principali nemici sono al Qaeda e i suoi fiancheggiatori: scelgono
le proprie vittime in modo indiscriminato, uccidono innocenti per portare avanti
una ideologia con obiettivi chiari e ben precisi, cercano di dar vita a un
califfato islamico estremista che permetta loro d'imporre a gente che non lo
vorrebbe un brutale nuovo ordine, così come nazisti e comunisti avevano sperato
di poter fare nel secolo scorso. Un nemico così fatto non scenderà a
compromessi col mondo civilizzato.... (Presidente George W. Bush,
conferenza della coalizione CENTCOM, 1 maggio 2007)
"Oggigiorno disponiamo di conoscenze tecniche e scientifiche che rendono del
tutto realistica la possibilità che un manipolo di terroristi possa uccidere
centinaia di migliaia di persone e non solo migliaia, come hanno già fatto l'11
settembre. E ciò ha cambiato la dimensione della minaccia che ci troviamo ad
affrontare". (Michael Chertoff, segretario del Dipartimento della sicurezza
interna, Yale University, 7 aprile 2008).
Stiamo combattendo una guerra contro il terrore perché il nemico ci ha
attaccati per primo, e ci ha colpito duramente... I capi di Al Qaeda hanno
affermato di avere il diritto di "uccidere quattro milioni di statunitensi...
Negli ultimi sei anni gli Stati Uniti sono stati capaci di vanificare i loro
tentativi di aggredirci qui a casa nostra. Nessuno può garantirci che non
verremo nuovamente attaccati. ... (Vicepresidente Dick Cheney,
United
States Military Academy Commencement, West Point, New York, 26 maggio 2008)
[la sottolineatura è mia]
Queste autorevoli dichiarazioni vanno tutte nella stessa direzione: il nemico ci
colpirà ancora!
"Un nuovo 11 settembre": premesse storiche
La certezza di un nuovo 11 settembre è entrata a fare parte integrante della
dottrina militare statunitense: gli USA sono sotto attacco e l'esercito
americano deve dare una risposta preventiva.
Subito dopo l'invasione dell'Iraq nell'aprile 2003, furono adottate numerose
misure di sicurezza nazionale, esplicitamente orientate a contrastare un secondo
possibile attacco contro il paese. In effetti, le procedure vennero lanciate nel
maggio 2003, contemporaneamente alla prima fase dell'operazione TIRANNT (Theater
Iran Near Term), un piano di guerra contro l'Iran. (cfr. Michel Chossudovsky,
"Theater Iran Near Term" (TIRANNT) , Global Research, 21 febbraio 2007).
Il ruolo di un "evento in grado di provocare
perdite massicce"
In un'intervista giornalistica del dicembre 2003, il generale Tommy Franks, ex
comandante del CENTCOM, aveva delineato lo scenario di quello che descriveva
come un "evento in grado di provocare perdite massicce" sul territorio americano
[un nuovo 11 settembre]. Il punto di vista del generale Franks era l'idea e la
convinzione che le vittime civili erano necessarie per risvegliare la
consapevolezza e ottenere l'appoggio pubblico per la "guerra totale al
terrorismo": in qualche parte del mondo occidentale, forse negli stessi USA, ci
sarà un attentato terroristico massiccio e con molte vittime che spingerà la
gente a interrogarsi sulla nostra stessa costituzione e a chiedere la
militarizzazione del nostro paese per evitare il ripetersi di un altro
sanguinario attentato di massa". (Intervista del generale Tommy Franks, Cigar
Aficionado, dicembre 2003).
Franks stava indirettamente alludendo a "un nuovo 11 settembre", che avrebbe
potuto essere sfruttato per galvanizzare l'opinione pubblica americana a favore
della legge marziale.
Questo "evento in grado di provocare perdite massicce" veniva indicato dal
generale Franks come una svolta politica cruciale. La crisi e gli sconvolgimenti
sociali che si sarebbero scatenati come reazione alle perdite di vite umane
avrebbero reso possibili importanti cambiamenti nelle strutture politiche,
sociali e istituzionali degli USA e avrebbero portato alla sospensione del
governo costituzionale (cfr. Michel Chossudovsky, Bush Directive for a
"Catastrophic
Emergency" in America: Building a Justification for Waging War on Iran?
Global Research, 24 giugno 2007)
L'operazione Northwoods
Il concetto di "evento in grado di provocare perdite massicce" fa parte di un
piano militare. Nel 1962, i Capi di stato maggiore avevano messo a punto un
piano segreto, l'operazione
"Northwoods", per provocare deliberatamente vittime civili nella comunità
cubana di Miami ("assassinando cubani che vivevano nel nostro paese"), in modo
da giustificare l'invasione di Cuba: "Potremmo far saltare una nave statunitense
a Guantanamo Bay e darne la colpa a Cuba", "Potremmo organizzare una campagna
terroristica dei comunisti cubani nell'area di Miami, in altre città della
Florida, o addirittura a Washington", "l'elenco delle perdite americane nei
giornali americani provocherà una vantaggiosa ondata d'indignazione nazionale" (cfr.
il documento Top Secret del 1962, ora declassificato, dal titolo "Justification
for U.S. Military Intervention in Cuba", in Northwoods, all'indirizzo
http://www.globalresearch.ca/articles/NOR111A.html).
Sottoposta al presidente Kennedy, l'operazione Northwoods non venne portata
avanti.
Dottrina militare
Il generale Franks non stava esprimendo un'opinione personale sull'utilità delle
perdite civili, stava solo descrivendo un elemento fondamentale di un'attività
dei servizi segreti statunitensi legato all'operazione Northwoods.
Il ricorso a perdite civili in patria viene usato come strumento di propaganda,
con l'obiettivo di modificare completamente la realtà: la nazione che aggredisce
diventa quella che viene aggredita e gli USA si trasformano in vittime di una
guerra scatenata dagli Stati che sostengono il terrorismo islamico, anche se in
realtà sono loro che hanno dato vita a un teatro di guerra a grande scala in
Medio Oriente.
L'intera "Guerra globale al terrorismo" rientra perfettamente nella logica
dell'operazione Northwoods: le morti di civili negli Stati Uniti a causa degli
attacchi dell'11 settembre vengono usate come "un pretesto di guerra" per
ottenere il consenso della massa a un intervento militare in Afghanistan e in
Iraq.
Dal 2005 in poi, l'idea di un nuovo 11 settembre è diventata parte integrante
dei programmi militari. Le dichiarazioni della Casa Bianca, del Pentagono e del
Dipartimento della sicurezza interna mirano ad ottenere un più grande accordo
sulla necessità e l'inevitabilità di un secondo attacco terroristico in una
delle grandi aree urbane statunitensi.
Nel corso del mese successivo alle esplosioni londinesi del luglio 2005, sembra
che il vicepresidente Cheney avesse chiesto all'USSTRATCOM (US Strategic Command)
di mettere a punto un piano contingente per "rispondere a un nuovo attacco agli
Stati Uniti, simile a quello dell'11 settembre". Il "piano contingente" usava il
pretesto di un "nuovo 11 settembre" per lanciare un'ampia operazione militare
contro l'Iran (Philip Giraldi,
Attack on Iran: Pre-emptive Nuclear War , The American Conservative, 2
agosto 2005)
Nell'aprile 2006, il Pentagono, sotto la guida di Donald Rumsfeld, aveva
preparato un dettagliato piano militare per "combattere il terrorismo" a scala
mondiale, con l'intento di rispondere a un probabile secondo grande attacco
terroristico agli Stati Uniti.
La logica del progetto del Pentagono presumeva un'aggressione agli USA da parte
di un nemico esterno che avrebbe causato perdite tra i cittadini statunitensi,
perdite che sarebbero state usate come pretesto per giustificare azioni militari
nel teatro di guerra mediorientale. L'appoggio dei servizi segreti americani
alle organizzazioni terroristiche islamiche (il nemico esterno) destinate a
condurre le aggressioni non veniva ovviamente citato.
Erano stati previsti differenti "scenari" per un nuovo attacco stile 11
settembre sul suolo patrio. Secondo il Pentagono, un secondo attacco all'America
avrebbe soddisfatto un importante obiettivo politico.
I tre documenti del Pentagono consistono in un "piano globale della campagna" e
in due "piani complementari", il secondo dei quali si concentra esplicitamente
sulla possibilità di un "nuovo 11 settembre" sul territorio statunitense e sulla
"opportunità" di sfruttare un simile evento per allargare le frontiere della
guerra in Medio Oriente condotta sotto l'egida degli USA: "Indica come
l'esercito può contrastare e rispondere a un nuovo grande attacco terroristico
negli Stati Uniti e include minuziosi allegati che suggeriscono ai militari
una serie di opzioni per reagire rapidamente contro gruppi terroristici
specifici, singoli individui o Stati fiancheggiatori, a seconda di chi venga
ritenuto responsabile dell'evento. Un nuovo attacco potrebbe offrire al tempo
stesso la giustificazione e l'opportunità, oggi inesistenti, per agire contro
alcuni ben individuati obiettivi, affermano ufficiali dell'esercito, in
servizio o a riposo, che hanno familiarità col piano (Washington Post, 23 aprile
2006, [la sottolineatura è mia])
Legge marziale
Dopo il 2003 sono state adottate varie procedure per introdurre la legge
marziale in caso di cosiddetta "emergenza nazionale per catastrofe".
Qualora venisse proclamata la legge marziale, i militari si farebbero carico di
molte funzioni del governo civile, incluse giustizia e applicazione della legge.
Le iniziative nel campo della sicurezza interna indicavano le circostanze esatte
in cui, in caso di un nuovo 11 settembre, dovrebbe essere proclamata la legge
marziale.
Nel maggio 2007 il presidente ha emanato un'importante National Security
Directive (National
Security and Homeland Security Presidential Directive NSPD 51/HSPD 20) in
cui viene esplicitamente prevista la possibilità di un nuovo 11 settembre:
la direttiva NSPD 51, che si adatta perfettamente ai presupposti del piano
antiterrorismo del Pentagono (2006) e del piano contingente del vicepresidente
Cheney. (cfr. Michel Chossudovsky,
Bush
Directive for a "Catastrophic Emergency" in America: Building a Justification
for Waging War on Iran?, Global Research, 24 giugno 2007), fissa le
procedure per garantire la continuità del governo in caso di "emergenza per
catastrofe", definita come
"qualsiasi incidente, indipendentemente da dove avviene, che provochi livelli
estremamente elevati di perdite umane, danni, alterazioni della normalità in
misura tale da colpire gravemente i cittadini, le infrastrutture, l'ambiente,
l'economia o il funzionamento del governo degli Stati Uniti".
La direttiva NSPD 51 parte dal presupposto che gli Stati Uniti siano aggrediti e
che la "emergenza per catastrofe" sia un attacco terroristico in una grande area
urbana.
La direttiva NSPD 51 definisce la "continuità del governo" come "uno sforzo
coordinato dell'esecutivo del Governo federale affinché le Funzioni nazionali
essenziali siano garantite anche in caso di "emergenza per catastrofe".
Più di recente, nel maggio 2008, la Casa Bianca ha emanato una nuova direttiva
presidenziale per la sicurezza nazionale,Biometrics
for Identification and Screening to Enhance National Security (NSPD 59, HSPD
24).
La direttiva NSPD59, che completa la NSPD 51, non riguarda soltanto i KST (un
termine gergale della Sicurezza interna per indicare "i terroristi noti e i
sospetti") ma include varie categorie di terroristi interni, partendo dal
principio che questi gruppi locali stanno lavorando mano nella mano con gli
islamisti.
"La capacità d'individuare i singoli terroristi che potrebbero minacciare gli
americani e il paese è essenziale per proteggere gli USA. Dopo l'11 settembre
2001, i servizi segreti hanno fatto notevoli progressi nel rendere più sicura la
nazione grazie all'integrazione, all'aggiornamento e alla messa in comune delle
informazioni utili per localizzare tutti coloro che potrebbero minacciare la
sicurezza nazionale" (NSPD 59).
La direttiva va ben oltre il problema dell'identificazione biometrica, e
raccomanda di raccogliere e archiviare le relative informazioni "biografiche",
cioè informazioni dettagliate sulla vita privata di cittadini statunitensi, il
tutto "nel pieno rispetto della legge" (per ulteriori dettagli, cfr. Michel
Chossudovsky,
"Big
Brother" Presidential Directive: "Biometrics for Identification and Screening to
Enhance National Security", Global Research, giugno 2008). Colpisce quindi
direttamente i cittadini americani, considerati adesso tutti come potenziali
terroristi.
Anche se i "teorici della cospirazione" sono stati accusati di arzigogolare
sulla possibilità di un nuovo 11 settembre, in realtà la maggior parte delle
insinuazioni provengono da fonti ufficiali (incluse Casa Bianca, Pentagono, e
Dipartimento della sicurezza interna.
Il fatto che "eventi in grado di provocare perdite massicce" siano inseriti nei
piani di politica estera statunitense è diabolico, e le spiegazioni ufficiali
sono grottesche.
Consenso bipartisan nella campagna per l'elezione
presidenziale: "Al Qaeda colpirà ancora"
La campagna per l'elezione presidenziale ha evitato di parlare di un nuovo 11
settembre, ma entrambi i candidati hanno ammesso il pericolo di un secondo
attacco. Barack Obama e John McCain hanno concordemente sottolineato il loro
impegno a proteggere gli USA da Al Qaeda: [Domanda: Chi è il nemico?] "Al
Qaeda, i Talebani, una fitta rete intenzionata ad attaccare gli Stati Uniti,
dominati da una ideologia distorta che ha completamente sovvertito la religione
islamica, così da obbligarci a dar loro la caccia". (Risposta di Barack
Obama a Bill O'Reilly, Fox News, 5 settembre 2008
Negli ultimi anni al Qaeda ha sofferto gravi rovesci, ma non è ancora
sconfitta e se gliene offriremo l'opportunità ci colpiranno di nuovo"
(John McCain, Discorso d'investitura, 5 settembre 2008)
Mainstream Media Report: "La necessità" di un nuovo 11
settembre
Anche se il Washington Post ha rivelato la sostanza dei documenti segreti del
Pentagono sull'opportunità di un nuovo 11 settembre, l'argomento non è stato
oggetto di grandi commenti o analisi.
Vale però la pena di sottolineare che in una intervista alla Fox News
nell'agosto 2007 un "nuovo 11 settembre" venne indicato come un mezzo per
sensibilizzare gli americani e unirli contro il nemico.
Su Fox News, il commentatore Stu Bykofsky dichiarò che gli Stati Uniti "avevano
bisogno" di un nuovo 11 settembre per unire il popolo, che aveva "dimenticato"
chi è il nemico. Affermò inoltre che "vi sarebbe stato un nuovo 11 settembre", e
John Gibson, conduttore della Fox News, si dichiarò d'accordo. Le vittime civili
avrebbero contribuito a unire il paese e a sensibilizzarlo: "saranno
necessarie molte vittime per risvegliare il paese" dichiarò John Gibson [la
sottolineatura è mia] .
Anche se il controverso articolo di Stu Bykofsky sul Philadelphia Daily News (9
agosto 2007) venne in quel momento considerato stravagante, quello che Bykovsky
affermava non era in realtà molto diverso dal punto di vista del Pentagono
(ispirato all'operazione Northwoods) sul ruolo di "eventi in grado di provocare
perdite massicce" nel provocare "un'utile ondata d'indignazione".
Trascrizione
Rete Fox News
LA GRANDE STORIA CON JOHN GIBSON
7 agosto 2007, 5PM, EST
Editorialista criticato per aver affermato che "Abbiamo bisogno di un nuovo 11
settembre"
Conduttore: John Gibson
Intervista con l'editorialista Stu Bykofsky
John Gibson: Per salvare gli Stati Uniti
abbiamo bisogno di un nuovo 11 settembre. Ecco quello che un noto editorialista
indica come rimedio per unire gli americani, ribadendo che quasi 6 anni dopo il
terribile attacco terroristico abbiamo dimenticato i nostri nemici: le guerra in
Iraq ha diviso i cittadini, repubblicani e democratici sono criticati per
l'invasione. Per giustificare la sua affermazione ricorda che, anche se dopo
l'11 settembre ci eravamo stretti tutti assieme, il fronte si è oramai
sgretolato. Adesso i blogger sono furiosi: alcuni dicono che il giornalista
dovrebbe essere licenziato per aver detto che, cito, "abbiamo bisogno" di essere
nuovamente aggrediti. Si tratta solo di un modo per scioccare e attirare
l'attenzione o l'editorialista ha valide basi per quel che dichiara? Bene,
adesso l'editorialista Stu Bykofsky del Philadelphia Daily è qui con noi per
spiegarsi. Allora Stu, ripetiamolo: che vuoi dire con le parole abbiamo
bisogno?
Stu Bykofsky: Bene, la mia tesi è che siamo terribilmente divisi, non c'è
unione in questo paese, e proprio perché siamo divisi siamo deboli. Se guardo
indietro per capire cos'è che ci ha uniti negli ultimi anni, constato che l'11
settembre ci aveva uniti e ci ha mantenuto uniti per almeno due o tre anni.
John Gibson: Stu, ma quando affermi che saremo di nuovo attaccati e che
saremo di nuovo uniti, intendi sottolineare una sorta d'inevitabilità oppure
vuoi dire che per mantenerci uniti dobbiamo soffrire?
Stu Bykofsky: Uh, John, in realtà non avevo chiesto che gli Stati Uniti
venissero attaccati. Capisco che la gente possa aver interpretato la frase in
questo modo, ma non è quello che ho voluto dire. Comunque, un nuovo attacco
contro il paese è inevitabile. Ne sono convinto, tu no?
John Gibson: Si, in effetti anche io lo penso, e credo anche che ci vorranno
un sacco di morti per svegliare gli americani. Il punto Steve, cioè Stu, chiedo
scusa...
Stu Bykofsky: Nessun problema.
John Gibson: ...è l'uso di "abbiamo bisogno". Se dici, che so, che dovrà
succedere e che ci saranno perdite perché gli USA hanno abbassato la guardia è
una cosa, ma se invece dici che "abbiamo bisogno" di essere attaccati, beh hai
reso furiosi i parenti delle vittime.
Stu Bykofsky: John, uh, posso capire che siano sconvolti. Stai leggendo il
titolo o il testo del mio editoriale, che al momento non ho qui davanti a me?
John Gibson: Buona domanda. Hai usato "abbiamo bisogno" nel testo o solo nel
titolo?
Stu Bykofsky: Nel titolo.
John Gibson: Dunque, in effetti non approvi l'uso di "abbiamo bisogno"?
Stu Bykofsky: Uh, no. C'è una piccola differenza. I titoli vengono scritti
da altre persone, e non corrisponde esattamente a quello che cercavo di
dire.
John Gibson: D'accordo, allora...
Stu Bykofsky: Però, se guardi al contesto...
John Gibson: Quello che stai dicendo di dire è che in un certo qual modo,
come dire, abbiamo abbassato la guardia, ci stiamo combattendo tra di noi invece
di combattere i terroristi, e che se non facciamo di nuovo un fronte unito altri
americani moriranno.
Stu Bykofsky: Proprio così. Stiamo lottando come un branco di cani
inferociti, mentre la nostra attenzione dovrebbe concentrarsi altrove. E dico
anche che a mio avviso la causa principale di questa situazione è la guerra in
Iraq, che è stata condotta in modo così disastroso dall'amministrazione.
John Gibson: Stu...
Stu Bykofsky: Non dai nostri soldati.
John Gibson: Si, d'accordo, non voglio ficcarti in un nuovo pasticcio. Stu,
quali sono state le reazioni dei giornali?
Stu Bykofsky: Uh, ieri, quando l'articolo è stato pubblicato, la reazione
era stata moderata, penso perché la gente di Filadelfia che mi legge da tempo sa
cosa aspettarsi da me. Poi è stato diffuso in altre città, e stamani, quando mi
sono svegliato, ho trovato oltre un migliaio di email, e molte altre hanno
continuato ad arrivare in giornata. E ho avuto un mucchio di chiamate...
John Gibson: Molti volevano che fossi licenziato, giusto?
Stu Bykofsky: Pardon?
John Gibson: Molte email chiedevano che venissi licenziato, giusto?
Stu Bykofsky: Uh, varie persone mi hanno detto che volevano chiamare il mio
editore per suggerirgli di licenziarmi, è vero, ma non credo che succederà.
John Gibson: Continuerai con la tua colonna?
Stu Bykofsky: Oh, senz'altro.
John Gibson: Stu Bykofsky, da Filadelfia Philadelphia. Molte grazie Stu.
(trascrizione dal video originale)
Michel Chossudovsky.