L'INCONTROVERTIBILE VERITA' DI GAWRONSKI
 


 

L’incontrovertibile verità di Gawronski
Di Abu Yasin Merighi, da www.islam-online.it.
 
   Una lieve smagliatura nel palinsesto blindato dell’11 settembre, una piccola crepa nell’impalcatura di baggianate che i media sono soliti proporre in quella fatidica data al grande pubblico (tra l’altro con l’insopportabile contorno di una retorica nauseante tipica del mondo dello spettacolo a stelle e strisce), ma il fatto di vedere insieme in una stessa trasmissione Maurizio Blondet e Giulietto Chiesa non è certo cosa di poco conto, specie di questi tempi: si contrapponevano ad essi l’inquietante euro-parlamentare Jas Gawronski e il rappresentante di CNN Italia Alessio Vinci.
   Un’abile regia televisiva ha proposto in apertura alcuni documenti (anche inediti) a favore delle tesi che confutano la versione ufficiale di quanto accaduto in quella giornata, lasciando la chiusura alle posizioni autorizzate dall’amministrazione Cheney.
   Verosimilmente, tra gli intenti della trasmissione vi era anche quello di screditare alla fonte le ipotesi “complottistiche” ed i suoi fautori ma, nonostante qualcuno dei presenti risulti notevole e pungente quando si tratta di scrivere articoli documentati ma molto meno a suo agio davanti alle telecamere, possiamo dire che nel complesso niente di simile si sia verificato. Al contrario (come di consueto), i sostenitori della tesi ufficiale governativa non hanno portato elementi di supporto minimamente credibili, sia nel caso del crollo miracoloso delle tre torri che in quello ancor più emblematico dell’aereo “invisibile” che avrebbe colpito la facciata del Pentagono, per non parlare poi del quarto aereo sparito e pare riapparso (intatto) a molte centinaia di chilometri dal luogo dove le autorità ritengono sia precipitato.
   Superfluo aggiungere quanto sia sterile interrogarsi se quel famoso «pull it» pronunciato dal proprietario degli edifici Larry Silverstein significasse “tiralo” o “tiralo giù”, anche se magari qualche zelante stagista potrebbe prendersi la briga di rispolverare i compiti in classe di un giovanissimo Silverstein scoprendo poi che in ben undici occasioni il futuro uomo d’affari aveva usato quel verbo ma solo in una con il significato di “demolire”.
 
   Dunque niente di troppo nuovo sotto il sole, ma non sarà comunque male partire dall’affermazione pronunciata da un Gawronski visibilmente preoccupato ogniqualvolta l’ottimo Giulietto Chiesa prendeva la parola snocciolando dati e documenti ufficiali, per avanzare alcune considerazioni in merito all’intera vicenda.
 
    Quando Benjamin Franklin coniò questo meraviglioso aforisma (La democrazia sono due lupi e un agnello che votano su cosa mangiare a pranzo. La libertà un agnello bene armato che contesta il voto) molto probabilmente aveva in mente personaggi ed ambienti molto più cinici e pericolosi del peraltro pessimo euro-parlamentare, ma rivendicare alla democrazia americana ed ai suoi straordinari anticorpi, nonché all’intrinseca capacità di autocritica la paternità di trasmissioni televisive come quella a cui intervenivano i citati ospiti è quantomeno surreale e decisamente offensivo.
   Lo stesso Gawronski ha liquidato come fandonie le argomentazioni dei due “avversari” televisivi ribadendo al contempo l’assoluta veridicità della verità ufficiale (mi si passi il gioco di parole): poiché in effetti non è del tutto improprio definirla appunto tale, cerchiamo almeno di capirne la natura.
   A ben vedere la versione ufficiale fornita dall’Amministrazione Cheney sui fatti di quel tragico 11 settembre 2001 non è niente di più di una “verità politica”, uno statement (per quanto cinico e aberrante) funzionale ad un quadro specifico, con attori non casuali che si muovono nello scenario di quell’agghiacciante e malefico sodalizio denominato PNAC (Project for the New American Century) e con uno schema piuttosto collaudato che pesca alla rinfusa da vari ambiti storico-letterari, dalla tragedia greca, dalla rappresentazione metaforica alla produzione orwelliana, e via dicendo.
   Una “verità politica” che si è avvantaggiata per lungo tempo di un’innegabile vittoria semantocratica iniziale (la guerra al terrore, il bene contro il regno del male, la civiltà contro la barbarie, etc.) forgiata in un quadro simbolico di indubbia consistenza: l’attacco alle Torri Gemelle ed al Pentagono, emblemi della potenza economica e militare statunitense; Osama Bin Laden, l’icona del miliardario saudita inseparabile dal suo kalashnikov, il male assoluto; George W. Bush, il presidente USA comandante in capo delle Forze Armate; Giovanni Paolo II, il papa sofferente instancabile globetrotter, l’uomo di pace vestito di bianco che si contrappone al genio del male nascosto nelle caverne afgane. Davvero il vantaggio era enorme, e forse ci voleva proprio un incapace irresponsabile e alcolizzato come Bush per dilapidarlo in così breve tempo, senza contare che, venuti meno altri due importanti elementi del quadro (Giovanni Paolo II nel frattempo deceduto e Osama Bin Laden ritiratosi a vita privata) l’intero insieme va perdendo ogni giorno che passa di credibilità.
   Complice il più che prevedibile disastro iracheno e l’iniquità dell’intervento statunitense nell’area, l’unipolarità che sottendeva alla suddetta “verità politica” sta venendo meno, con le ovvie e presumibili conseguenze, seppur nell’incertezza dei tempi e delle modalità con cui tale iniquo castello di menzogne verrà alfine smascherato.
   Non possiamo però non chiederci alcune cose, senza la pretesa che i suddetti “servi sciocchi” e l’allegra combriccola dei loro sodali venga in nostro soccorso rispondendo ad alcuni interrogativi: rimaniamo in Italia, paese che ancora non ha avuto giustizia relativamente alle principali stragi che lo hanno insanguinato negli anni ’70 e ’80, dove per la strage di Ustica stuoli di ufficiali dello Stato Maggiore dell’Aeronautica hanno perso la faccia macchiandosi di reati gravissimi, un paese in cui rami dei servizi di sicurezza hanno agito per interessi ben diversi da quelli per i quali avevano prestato giuramento, dove ancora i genitori di una giornalista coraggiosa aspettano di sapere chi l’ha uccisa e per quale motivo il nostro corpo diplomatico ha coperto in più di un’occasione mandanti ed esecutori dell’omicidio, solo per citare alcuni casi emblematici. Dall’altro lato, un paese, gli Stati Uniti d’America, le cui Amministrazioni (partendo da quella Nixon per comodità) si sono macchiate di innumerevoli e gravissimi scandali aggravati dall’incorreggibile vizio della menzogna politica ed istituzionale, in molti casi anche sotto giuramento. All’indomani degli attentati alle ambasciate USA di Nairobi e Dar as Salam Bill Clinton diede l’ordine di bombardare una fabbrica di medicinali in Sudan, continuando per giorni a ribadire la versione ufficiale secondo la quale in tale struttura venivano prodotte armi chimiche dal regime sudanese. Sfortuna per Clinton che al progetto farmaceutico collaborassero numerosi tecnici tedeschi i quali confermarono la natura assolutamente pacifica della fabbrica obbligando l’amministrazione USA ad un’imbarazzante marcia indietro. Sulla totale infondatezza della teoria secondo cui il regime di Saddam Hussein nascondesse armi di distruzione di massa ed avesse legami con la fantomatica organizzazione denominata Al Qaeda è del tutto inutile aggiungere qualcosa, ma allora ci si dovrebbe chiedere: stando così le cose, è possibile che ci sia ancora qualcuno, se escludiamo chi deve rispondere a precise linee editoriali o politiche, è possibile, dicevamo, che ci sia ancora qualcuno che crede alle dichiarazioni dell’amministrazione Cheney?
 
   Sono decenni che costoro mentono su cose anche molto più piccole, perché mai avrebbero dovuto incominciare a dire la verità proprio il 12 di settembre di cinque anni fa?
 
   Possibile che gente (gli italiani) che ha vissuto sulla propria pelle tutti gli avvenimenti di cui sopra immersa per decenni in una logorante strategia della tensione possa ancora riporre fiducia in questo tipo di versioni ufficiali? Tanto più che gli elementi contradditori e poco verosimili si sprecano e, anche a non volerli vedere, stanno proprio lì sotto i nostri occhi.
 
   Omissioni investigative incomprensibili ed imbarazzanti, il rimodellamento delle strutture d’intelligence (Cia in testa) sulla base di criteri presi a prestito dalla migliore tradizione “araba” (con la sola differenza che le persone “giuste”, in America, non provengono tutte dalla famiglia del presidente, come invece accade normalmente nelle varie monarchie del Golfo, Ryad insegna), incongruenze e censure... A voler pensare male, si ha quasi l’impressione che, una volta verificatosi il misfatto, sia stata confezionata una versione ufficiale volutamente lacunosa ed inverosimile, allo scopo di monitorare il mondo politico, i media e soprattutto lo sterminato oceano di internet e quella che viene definita comunemente la cosiddetta “controinformazione”, valutandone tempi e consistenza di reazione in vista di qualcosa di tremendamente peggiore. Forse anche questo rientrava nei piani di chi ha ideato quell’orrendo crimine e ciò che ne è conseguito (invasione dell’Iraq in testa), ma vi è da augurarsi che il copione previsto subirà numerosi e significativi intoppi (già alcuni sono più che evidenti).
 
   Sempre ieri sera Gawronski cercava di ridicolizzare le tesi del complotto interno affermando che ben difficilmente nessuna delle 6 o 700 persone che ( stime sue ) avrebbero dovuto eventualmente far parte del medesimo se ne sarebbero rimaste zitte in tutti questi anni, e qui si sbaglia: da dove crede che siano scaturiti molti documenti confidenziali che compongono la documentazione ufficiale di cui si nutre la cosiddetta “controinformazione” (che poi si nutra anche di molta cioccolata di bassa qualità è un altro discorso), e nelle tasche di chi crede siano finiti i molti milioni di rubli, euro e altre valute orientali che i governi di Mosca, Parigi, Pechino e Bombay hanno speso in tutti questi anni per saperne di più su quanto accaduto a New York cinque anni fa?
 
   È chiaro che ormai un sacco di gente sa come sono andate le cose, o forse Gawronski pensa che l’apparente arroganza di Ahmadinejad sia frutto di un’indecifrabile “irrazionalità levantina” ?
 
   Naturalmente Gawronski queste cose le sa, ma non ha nessun interesse a dirle: Giulietto Chiesa, Blondet e tanti altri le hanno ben comprese, intuite ed elaborate, ed ora cercano di esporle in maniera convincente e logica, seppur tra gli sberleffi di ineffabili saltimbanchi e giullari di corte.
 
   Nel frattempo si continua a terrorizzare la gente con finti attentati sventati in extremis, con minacce atomiche inesistenti, insomma con tutto l’armamentario tipico (compresi i fedeli estremisti “islamici” a telecomando) residuale della stagione denominata “guerra fredda”, trasformando di fatto la sedicente “guerra al terrore” in una guerra del terrore, le cui vittime però sono quegli stessi cittadini (Usa in testa, ma non solo) che i vari Cheney e Rumsfeld affermano di voler difendere.
 
   Certo ci vorrà ancora del tempo (speriamo non troppo), ma è ragionevole pensare che alla fine l’impalcatura di bugie e crimini messa in piedi dai neocon insediatisi a Washington crollerà fragorosamente, e molti vedranno che queste “fandonie” non erano poi tanto distanti dalla realtà dei fatti, con buona pace dei vari Gawronski, Taradash & company.
 
 

 

 

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