Introduzione

Photokina 2004: finalmente Minolta, con l’aiuto di Konica, è riuscita a partorire una reflex digitale aggiornata ai moderni standard tecnologici.

Correva l’anno 1995 quando Minolta entrò nell’arena delle reflex digitali con la RD 175, fondamentalmente una 400/500si dotata di un enorme dorso contenente 3 CCD da videocamera dalla mirabolante risoluzione di 380.000 pixel che, grazie ad un prisma, erano in grado di generare un’immagine da 1,75 MPixel. La stessa macchina era venduta sotto marchio Agfa-Minolta.

L’idea non era poi così sciocca, soprattutto in un periodo dove la disponibilità di sensori da svariati milioni di pixel era praticamente nulla.

Alla fine del millennio Minolta decide di rinnovare la propria digitale con il modello RD 3000, basato sulla reflex Aps Vectis S1 e dotata del collaudato sistema a prisma, questa volta basato su due sensori da 1,5 MPixel in grado di generare file da 2,7 MPixel.

Molte le novità di questo modello, a cominciare da quel display Lcd che oggi riteniamo indispensabile e dalla compatibilità con schede Compact Flash, anni luce avanti rispetto allo slot PC-Card della RD 175.

Anno 2004, nasce la Dynax 7D (Maxxum nel mercato U.S.A.). La media è perfetta, una reflex ogni 5 anni, in completa antitesi con i ritmi mozzafiato delle case concorrenti.

La novità principale di questa attesissima reflex è rappresentata dallo stabilizzatore integrato nel corpo ma, chi non conosce il mondo Minolta si stupirà nel leggere a quante caratteristiche uniche si siano abituati da tempo i fortunati possessori delle macchine del glorioso marchio.

Assieme alla macchina, Konica Minolta ha presentato anche due nuovi obiettivi.

 

La confezione

Già dalla confezione si intuisce la cura con cui Konica Minolta ha creato la Dynax 7D.

All'interno del "cubo" tinto dei classici colori Minolta (bianco e blu), si trovano due scatole contenenti manuali, software, schermo protettivo per il display, batteria, caricabatteria e cavi, tutti confezionati in singoli pacchetti di plastica.

Lo spazio rimanente è dedicato al corpo, ben avvolto in due sacchetti di plastica coperti a loro volta dalle protezioni in cartapesta.

 

Design
Il corpo è massiccio, ben sagomato e perfettamente bilanciato: di dimensioni generose, è costruito in lega di magnesio per quanto riguarda la parte frontale ed inferiore mentre il resto è in solido policarbonato. La vernice, rigorosamente nera, è ben distribuita e sembra fatta per durare a lungo ma il dorso in plastica presenta qualche bava di stampaggio di troppo per una macchina di questo livello.

 

 

La disposizione dei comandi è quanto di più ergonomico mi sia capitato di provare: tramite ghiere e pulsanti è possibile accedere direttamente alle principali funzioni della macchina, dalla staratura dell’esposimetro alla compensazione del flash, passando per bilanciamento del bianco, tipo di autofocus, tipo di lettura esposimetrica, area di messa a fuoco, sensibilità Iso e, naturalmente, Anti-Shake.

L’abbondanza di comandi diretti ha lasciato ben poco posto per pensare di installare un ulteriore display con le indicazioni di base, motivo per cui il grande Lcd rimane sempre attivo anche se, per risparmiare energia, si può impostare un timer che spenga la retroilluminazione dopo un intervallo di tempo prefissato.

Il sensore di prossimità installato appena sotto al mirino spegne automaticamente l’illuminazione del display all'avvicinarsi dell'occhio per evitare che la luce possa infastidire il fotografo.

L’impugnatura, perfettamente sagomata per mani di medie dimensioni, è profonda e rivestita di una morbida gomma antiscivolo presente anche sul dorso esattamente dove ci si aspetterebbe di trovarla, ovvero sotto il pollice. L’estensione dell’inserto è sufficiente a garantire una buona presa, pur lasciando spazio al tasto AF/MF che va a posizionarsi proprio sotto l’estremità del pollice.

La base della fotocamera, quasi interamente coperta da uno strato di gomma rigida, presenta l’etichetta riportante il numero di serie del corpo, l’attacco per il cavalletto perfettamente in asse con la lente e l’alloggiamento per la batteria NP-400 da 1500 mAh.

 

 

Lo sportellino che copre l’accumulatore si mantiene saldamente aperto grazie ad una molla mentre la batteria viene tenuta in posizione da un gancio in plastica che, purtroppo, rende difficoltose le operazioni di sostituzione della stessa.

 

Il mirino

Il mirino è sormontato dalla classica protezione in gomma, sostituibile con le lenti di correzione diottrica, il mirino angolare o il tappo per bloccare le infiltrazioni di luce provenienti dal mirino.

Grazie anche allo schermo di messa a fuoco, del tipo intercambiabile, il mirino risulta molto luminoso mentre l’elevata qualità costruttiva ha ridotto la distorsione a livelli non percepibili.

I punti di messa a fuoco sono 9, disposti strategicamente su una vasta area del mirino: il centrale è dotato di due sensori a croce sfalsati di 45°. Al raggiungimento della messa a fuoco, il sensore attivo si illumina di rosso per un tempo variabile  tra 0,3 e 0,6 secondi, a scelta del fotografo che può anche decidere di disabilitare questa funzione.

Sempre nel mirino sono incisi sia l’area di misurazione spot che le cornici del Wide Area AF.

 

 

1. Scala anti-shake

2. Indicatore compensazione flash

3. Segnale flash

4. Indicatore sincronizzazione alta velocità

5. Indicatore flash wireless

6. Indicatore messa a fuoco manuale

7. Indicatore blocco AE

8.   Segnale messa a fuoco

9.   Indicazione tempo di posa

10. Indicazione apertura diaframma

11. Scala Ev

12. Avvertenza rischio vibrazioni

13. Contapose fotogrammi residui/buffer

 

© 2004-2005 Andrea Nivini - Vietata la riproduzione

 

Indietro   Home   Avanti