Un Gene- Un Enzima


Di Sara Bancalari - Andrea Bertelà - Sara Bianchi Edoardo Rossi- Francesco Strà




1) Introduzione

I microrganismi( funghi, inferiori, protozoi, batteri,virus ) si sono dimostrati materiale eccellente per lo studio di molti problemi, non soltanto per la rapidità del loro ciclo vitale ma soprattutto perché in essi è possibile analizzare alcuni dei processi biochimici che sono controllati dai geni. Si è visto che particolari azioni enzimatiche (Es. fermentazione alcolica) o di sintesi (Es. sintesi dell'arginina) di cui sono capaci microrganismi, sono sotto il controllo di uno o più geni. E una mutazione di uno di questi può bloccare la serie delle reazioni biochimiche ad un dato pulito. Ciò significa che il gene in questione nella sua condizione normale, determina quella definita reazione :se muta, la reazione non si effettua più. Così per esempio la muffa di neurospora è capace di sintetizzare tutte le sostanze necessarie alla formazione del proprio micelio a partire da sostanze inorganiche, carbonio organico e una vitamina (Biotina). Diversi mutanti ottenuti con l'irradiazione , hanno perduto la capacità e hanno bisogni nutritivi speciali: ad esempio un certo ceppo richiede arginina, un altro cresce agevolmente con arginina e citrullina, un terzo con arginino o citrullina o benitina. L'analisi genetica di mostra che la catena di reazioni biochimiche che trasformano l'ornitina in citrollina e questa in argillina è controllata da determinati geni. Uno controlla la reazione citrullina®arginina, se è mutato la neurospora non è capace di compiere queste reazioni e non cresce se non si fornisce l'arginina ,un altro invece controlla la reazione ornitina®citrullina, e il ceppo mutato in questo gene non accresce se non gli fornisce citrullina e il ceppo mutato in questo gene non accresce se non gli fornisce citrullina oppure arginina.

2) L'ESPERIMENTO DI BEADLE E TATUM

Due biologi statunitensi Beadle e Tatum accertarono che i geni controllano le reazioni biochimiche e quindi esiste una relazione tra geni ed enzimi. Per dimostrare questo fecero un esperimento sul fungo neurospora crassa. Ponendo tale fungo in un terreno sintetico che definirono minimo(contenente sali inorganici, carboidrati, biotina) conclusero che il fungo poteva sintetizzare autonomamente ogni altra sostanza che gli serviva per crescere come le vitamine e gli amminoacidi. In seguito fecondarono gli organi riproduttivi femminili di un ceppo diverso con dei conidi del fungo trattati con raggi X. Le spore ottenute furono isolate e fatte crescere in un terreno contenente sostanze capaci di soddisfare le richieste : malto e estratto di lievito . Isolati i ceppi questi vennero riportati nel terreno minimo e videro che 3ceppi progenie su 2 000 erano incapaci di crescere in questo terreno. Provarono ad aggiungere uno alla volta le varie sostanze, dimostrarono cosi che ciascuno di questi mutanti non aveva più la capacità di sintetizzare una specifica sostanza; rispettivamente piridossina, diammina ed acido p-amminobenzoico. La differenza in un singolo gene provocava questa mancanza che veniva ereditata. Beadle scoprì che se due ceppi diversi della stessa specie vengono fatti crescere insieme il micelio del fungo forma un eterocarionte. Quando un mutante con richiesta di acido p-amminobenzoico veniva posto a stretto contatto con uno con richiesta di acido nicotinico si formava un eterocarionte sano perché i due mutanti contribuivano a vicenda alla mancanza dell'altro. Lo stesso esperimento fu fatto su mutanti di origine indipendente con la stessa deficienza. Si scoprì così che alcuni mutanti erano allelici e cioè non erano in grado di completarsi reciprocamente, mentre altri risultavano non allelici. I mutanti allelici erano provocati da mutazioni dipendenti dello stesso gene, quelli non allelici da diversi geni che venivano generalmente ereditati in maniera indipendente. Studi più dettagliati sui mutanti non allelici mostrarono che le mutazioni riguardavano reazioni biochimiche diverse.Per esempio , fra i mutanti per il triptofano , uno sembrava bloccato nella sintesi di acido antranilico, in grado quindi di utilizzare l'indolo ma non l'acido antranilico. La dimostrazione che quest'ultimo mutante accumulava acido antranilico nei suoi tessuti, confermò che non si svolgeva la reazione da acido antranilico ad indolo. In una maniera molto simile A.M. Srb e N.H. Horowitz dimostrarono che per la sintesi dell'arginina era necessaria tutta una serie di reazioni e che singoli geni controllavano ciascuna reazione. Alla luce di questi studi Beadle formulò l'ipotesi "un gene-un enzima". Egli suggerì che ogni reazione biochimica venisse controllata da uno specifico gene e che la funzione primaria dei geni - e quasi certamente la loro unica funzione- fosse quelle di determinare la configurazione delle molecole proteiche. Nel giro di pochi anni si accumularono gli esempi, tratti da una grande varietà di organismi, di mutanti privi di uno specifico enzima , o forniti di una sua forma modificata. La natura della relazione tra geni ed enzimi è oggi conosciuta abbastanza dettagliatamente e verrà discussa più avanti.

3) LE CONSEGUENZE

Così le ricerche di questo tipo, iniziate da Beadle, e oggi largamente coltivate, si riesce a stabilire con esattezza la reazione chimica che è controllata ciascun gene. E poiché non poche reazioni biochimiche sono comuni a molti organismi compresi quelli superiori si possono fare per questa via ulteriori progressi nella conoscenza dell'intera natura delle azioni geniche.Si noti poi che questi studi hanno grande importanza pratica per le industrie che si valgono dell'opera dei microrganismi.

4) CONIDI, LE SAPORE, E I CORPI FRUTTIFERI

I funghi producono speciali cellule che per la loro leggerezza e piccolezza vengono trasportate a grandi distanze; queste cellule ,chiamate conidi, essendo protette da pareti speciali possono sopravvivere a lungo in condizioni avverse. I conidi si formano all'estremità dell' ife ed hanno la funzione di disseminare la specie su superfici sempre più vaste. Presso i Ficomiceti che vivono nell'acqua le cellule deputate alla dispersione sono flagellate e quindi mobili, vengono chiamate Zoospore. Funzioni e caratteristiche analoghe hanno le spore fungine che differiscono dai conidi per il fatto che prendano origine da cellule che si dividono mediante meiosi (spore sessuali). La formazione di spore avviene in modo caratteristico per ciascuna classe o sottoclasse di funghi;spesso le ife Sporigene si riuniscono formando un corpo fruttifero di dimensioni e complessità varia .I corpi fruttiferi delle muffe (classe degli Zigomiceti) sono molto minuti appena percettibile ad occhio nudo ;I corpi fruttiferi dei Basidioniceti e di alcuni Ascomiceti sono invece grandi di solito commestibili. I tartufi sono i corpi fruttiferi sotterranei di alcune specie di Ascomiceti.

5) TATUM E BEADLE

TATUM
Tatum, Edward Lawrie (Boulder 1909 - New York 1975), biochimico e genetista statunitense, ebbe incarichi accademici alla Stanford University di Palo Alto (1937-1945), alla Yale University di New Haven (1945-1948) e dal 1957 alla Rockefeller University di New York. Insieme a George Wells Beadle studiò la trasmissione dei caratteri ereditari nella muffa del pane e dimostrò che tutti gli enzimi vengono fabbricati a livello cellulare secondo le istruzioni contenute in alcuni specifici geni. Dunque, i processi biochimici controllati dagli enzimi in ultima analisi sono diretti a livello genetico. Per questi importanti risultati, nel 1958 Beadle e Tatum condivisero il premio Nobel per la fisiologia e la medicina con il genetista Joshua Lederberg.
BEADLE
Beadle, George Wells (Wahoo, Nebraska 1903 - Pomona, California 1989), biologo statunitense, celebre per gli studi pionieristici nel campo della genetica di funghi e lieviti. Professore di genetica a Harvard e a Stanford, fu successivamente direttore della divisione di biologia del California Institute of Technology di Pasadena e rettore dell'Università di Chicago. Nel 1958 condivise il premio Nobel per la fisiologia o la medicina con Edward Lawrie Tatum e Joshua Lederberg, in riconoscimento degli studi sul ruolo dei geni nella biosintesi degli enzimi. Scrisse Genetics and Modern Biology (1963) e, con la moglie Muriel Beadle, The Language of Life (1966).

6) IL GENE

Gene Unità ereditaria del materiale genetico, che determina la trasmissione di una particolare caratteristica, o gruppo di caratteristiche, da una generazione alla successiva. I geni si trovano disposti linearmente lungo i cromosomi, che negli organismi eucariotici (con cellule dotate di nucleo circondato da membrana) sono conservati all'interno del nucleo della cellula. Sul cromosoma, ciascun gene occupa una posizione precisa, detta locus; per questo motivo, a volte, il termine locus viene usato in modo intercambiabile con il termine gene. Il materiale genetico è costituito dall'acido desossiribonucleico o DNA (vedi Acidi nucleici), che forma lo "scheletro" del cromosoma. Il DNA di ciascun cromosoma è una molecola continua, lunga e sottile, formata da una catena di quattro subunità, chiamate nucleotidi. Ciascun nucleotide è formato dall'unione di uno zucchero (desossiribosio), un gruppo fosfato e una delle quattro basi azotate, adenina, guanina, citosina o timina. La sequenza in cui i diversi nucleotidi sono disposti sul filamento di DNA determina le proprietà dei diversi geni. I geni esercitano i loro effetti attraverso le molecole che producono. I prodotti immediati di un gene sono le molecole di acido ribonucleico (RNA); queste sono copie del DNA, tranne per il fatto che nell'RNA la timina viene sostituita da un'altra base azotata, detta uracile. Le molecole dell'RNA, a loro volta, dirigono la sintesi delle proteine: catene di subunità, chiamate amminoacidi, la cui sequenza è determinata, a mezzo del codice genetico, dalla sequenza delle basi dell'RNA e quindi del DNA. La sequenza degli amminoacidi determina la funzione delle diverse proteine, che possono essere molecole strutturali, enzimi responsabili della catalisi delle reazioni chimiche dell'organismo, ormoni e molte altre importanti sostanze. Vista l'importanza del ruolo delle proteine nell'organismo, le modificazioni del DNA, che si riflettono in un'alterazione delle proteine, possono produrre variazioni nel funzionamento generale di un organismo. La parte di un gene che codifica per l'RNA e, di conseguenza, per una proteina è di solito affiancata da sequenze di basi a funzione regolatoria, che determinano in quali modalità e quantità un gene dev'essere copiato in una molecola di RNA e, quindi, tradotto in una nuova proteina. Oltre che da queste sequenze, il materiale genetico degli organismi superiori (animali e piante, contrapposti a batteri e virus) è occupato per circa il 90% da porzioni di DNA non codificanti a funzione ancora sconosciuta

L'AZIONE DEI GENI
Per oltre cinquant'anni dalla nascita della genetica e dalla scoperta dei meccanismi dell'ereditarietà, molte importanti domande sull'esatta funzione dei geni negli organismi viventi sono rimaste in attesa di risposta. Ad esempio, non si conoscevano i dettagli della duplicazione dei cromosomi e della loro spartizione nelle cellule figlie durante la divisione cellulare, né si intuiva come i geni potessero determinare struttura e funzioni degli organismi viventi. I primi indizi sui meccanismi coinvolti in questi processi vennero, negli anni Quaranta, dal lavoro di due genetisti statunitensi, George Wells Beadle e Edward Lawrie Tatum. Dai risultati di esperimenti sui funghi dei generi Neurospora e Penicillium, essi ipotizzarono che i geni contenessero al loro interno le istruzioni in codice per la formazione degli enzimi (proteine dotate di funzione catalitica nelle reazioni chimiche). Questa teoria, chiamata originariamente "ipotesi un gene-un enzima", fu in seguito ribattezzata "ipotesi un gene-un polipeptide", quando fu dimostrato che i geni contengono, in realtà, le informazioni necessarie a costruire le catene costitutive di tutte le proteine, chiamate polipeptidi. A ciascun gene corrisponde un polipeptide specifico. Questo lavoro diede l'avvio agli studi sulla natura chimica dei geni e allo sviluppo della biologia molecolare.

7) L'ENZIMA

Nome comune usato per indicare le molte molecole proteiche, formate da catene di amminoacidi e specializzate ciascuna nella catalisi di una specifica reazione chimica del metabolismo degli organismi viventi. Il termine enzima è stato coniato nel 1897 dal fisiologo tedesco Wilhelm Kühne (1837-1900) e deriva dal greco en, "dentro", e zymè, "lievito". Attualmente sono stati identificati più di 700 enzimi. Gli enzimi vengono suddivisi in ampie categorie, in base al tipo di reazione che controllano. Ad esempio, gli enzimi idrolitici catalizzano le reazioni in cui una sostanza viene degradata in composti più semplici, in presenza di acqua; gli enzimi ossidanti, o ossidasi, catalizzano le reazioni di ossidazione; e quelli riduttori, o riduttasi, catalizzano le reazioni di riduzione, in cui viene eliminato ossigeno. Il nome di un enzima si forma aggiungendo il suffisso -asi al nome del substrato con cui reagisce. Quindi, l'enzima che controlla la scomposizione dell'urea si chiama ureasi, mentre quelli che controllano l'idrolisi delle proteine vengono detti proteasi. Alcuni enzimi, come la tripsina e la pepsina, mantengono il nome che avevano prima dell'adozione di questa nomenclatura convenzionale.

PROPRIETA' DEGLI ENZIMI
Come ipotizzò per primo il chimico svedese Jöns Jakob Berzelius nel 1823, gli enzimi sono un tipico esempio di catalizzatore, capace di dare avvio a una reazione chimica senza esserne contemporaneamente consumato. Alcuni enzimi, come la pepsina e la tripsina che determinano la digestione delle proteine, sono in grado di catalizzare molte reazioni diverse, mentre altri, come le ureasi, sono specifici per una singola reazione. Altri regolano reazioni in cui viene liberata l'energia necessaria, ad esempio, al battito del cuore e all'espansione e alla contrazione dei polmoni. Molti facilitano la conversione dello zucchero e degli alimenti nelle varie sostanze utilizzate dall'organismo per fabbricare i tessuti, sostituire le cellule invecchiate del sangue e liberare l'energia chimica per la contrazione dei muscoli. La pepsina, la tripsina e altri enzimi possiedono, inoltre, una proprietà particolare, quella di autocatalisi, cioè di indurre la loro stessa formazione a partire da un precursore inerte chiamato zimogeno. In virtù di questa proprietà, tali enzimi possono essere facilmente fabbricati in provetta. Gli enzimi sono straordinariamente efficienti: quantità minime di un enzima possono ottenere a basse temperature ciò che, con mezzi chimici ordinari, richiederebbe reagenti estremamente potenti e temperature molto elevate. Ad esempio, circa 30 g di pepsina pura allo stato cristallino possono digerire quasi 2 t di albume in poche ore. La cinetica delle reazioni enzimatiche si differenzia da quella delle reazioni inorganiche semplici: ogni enzima è specifico rispetto alla sostanza in cui produce la reazione e ha la massima efficacia a una precisa temperatura. Anche se un aumento del calore può determinare l'accelerazione di una reazione, gli enzimi sono molecole instabili che non sopportano ampie variazioni di temperatura. L'attività catalitica di un enzima è determinata soprattutto dalla sua sequenza amminoacidica e dalla sua struttura terziaria (cioè tridimensionale e ripiegata). Inoltre, per essere attivi molti enzimi richiedono la presenza di una sostanza chiamata cofattore. Gli enzimi non attaccano le cellule viventi, ma digeriscono rapidamente le cellule morte. La resistenza di una cellula vivente è dovuta all'incapacità degli enzimi digestivi di attraversare la membrana e di penetrare al suo interno. Quando, invece, la cellula muore, la membrana diviene permeabile e gli enzimi, penetrati all'interno della cellula, ne distruggono il contenuto.

USI PRATICI DEGLI ENZIMI
La fermentazione alcolica e altri importanti processi industriali dipendono dall'azione di enzimi, sintetizzati da specifici ceppi di lieviti o batteri. Numerosi enzimi vengono anche usati a scopo medico: ad esempio, alcuni di essi sono utili per trattare infiammazioni locali, mentre la tripsina viene impiegata per rimuovere sostanze estranee e tessuto necrotico La fermentazione alcolica e altri importanti processi industriali dipendono dall'azione di enzimi, sintetizzati da specifici ceppi di lieviti o batteri. Numerosi enzimi vengono anche usati a scopo medico: ad esempio, alcuni di essi sono utili per trattare infiammazioni locali, mentre la tripsina viene impiegata per rimuovere sostanze estranee e tessuto necrotico dalle ferite e dalle ustioni.

CENNI STORICI

La fermentazione alcolica è indubbiamente la più antica reazione enzimatica nota. Per lungo tempo si pensò che questo fenomeno e altri simili fossero dovuti a reazioni spontanee, fino a quando, nel 1857, il chimico francese Louis Pasteur non dimostrò che la fermentazione si verifica solo in presenza di cellule vive. Successivamente, nel 1897, il chimico tedesco Eduard Buchner scoprì che la fermentazione alcolica poteva essere provocata anche in assenza di cellule da un estratto di lievito. La prima reazione enzimatica compiuta al di fuori di un organismo era stata provocata nel 1783 dal biologo italiano Lazzaro Spallanzani, che aveva causato la digestione della carne con succhi gastrici estratti dal canale alimentare dei falchi. Dopo la scoperta di Buchner, gran parte degli scienziati iniziò a credere che la fermentazione e le reazioni biologiche in genere fossero provocate dagli enzimi. Ciononostante, per lungo tempo tutti i tentativi di isolare queste molecole e di identificarne la natura chimica fallirono. Nel 1926 il biochimico statunitense James B. Sumner riuscì a isolare e a cristallizzare l'ureasi, mentre quattro anni dopo la pepsina e la tripsina furono purificate e cristallizzate dal biochimico statunitense John H. Northrop. In seguito a questi risultati fu, peraltro, possibile dimostrare anche la natura proteica degli enzimi. Negli ultimi anni le ricerche sulla chimica degli enzimi hanno gettato nuova luce su alcune funzioni biologiche di base. La ribonucleasi, un semplice enzima batterico scoperto nel 1938 dal batteriologo statunitense René Dubos e isolato nel 1946 dal chimico statunitense Moses Kunitz, è stato sintetizzato per la prima volta nel 1969 da alcuni ricercatori statunitensi. La sua sintesi, che richiede l'assemblaggio di 124 molecole in una sequenza molto precisa, ha aperto la strada all'identificazione delle regioni della molecola responsabili delle sue funzioni chimiche e alla possibilità di modificare gli enzimi presenti in natura, per dotarli di proprietà non presenti in origine. Negli ultimi anni queste potenzialità sono state ampliate dalle tecniche di ingegneria genetica, che hanno, peraltro, permesso di produrre alcuni enzimi in notevoli quantità (vedi Biochimica). Gli usi clinici degli enzimi sono illustrati dalle ricerche sulla L­asparaginasi, considerata un'arma potenzialmente molto efficace nel trattamento di alcune forme di leucemia; sulle destrinasi, in grado di prevenire la carie; e sul malfunzionamento degli enzimi, alla base di malattie come la fenilchetonuria, alcuni tipi di anemia e altre patologie del sangue.



BIBLIOGRAFIA

· Enciclopedia Italiana (1938-1948 e 1949-1960)istituto dell'enciclopedia italiana fondato da Giovanni Treccani,Roma MCMXVIII
· Biologia Pietro Omodeo (Utet)
· Enciclopedia famiglia- ideologia(volume sesto) Giulio Enaudi Editore
· Grande dizionario enciclopedico (Utet) fondato da pietro fedele XVIII-VIII
· Enciclopedia del '900(istituto dell'enciclopedia italiana volume III)fondata da Giovanni Treccani.