Liceo Scientifico A. PACINOTTI
- La Spezia -
Classe 3^ sez. F
Enrica TAGLÈ - Ernesto ROSA
Giuliano FRAU - Sara DI PALMA - Stefano MAGNANI
INTRODUZIONE
I virus,
dal latino veleno, sono agenti infettivi,
caratterizzati principalmente da dimensioni piccolissime e dalla
proprietà di riprodursi esclusivamente in cellule viventi: non
possono essere visti con i normali microscopi ottici, idonei per
losservazione della maggior parte dei microrganismi, ma
devono essere esaminati al microscopio elettronico e mediante
diffrazione con raggi X, inoltre i virus non possono essere
coltivati nei terreni usati per i batteri.
Sono costituiti
essenzialmente di materiale genetico circondato da un
rivestimento protettivo proteico ed il termine virus venne usato
per la prima volta alla fine del XIX secolo per indicare i
microrganismi patogeni più piccoli dei batteri.
I virus
sono parassiti intracellulari obbligati e la loro replicazione può
avvenire solo in cellule metabolicamente attive. Da solo il virus
è una particella di materiale organico priva di vita, mentre allinterno
di una cellula vivente (animale, vegetale o batterica) può
duplicarsi numerose volte. Entra nel nucleo delle cellula
parassitata infettandola e le impone un piano di riproduzione che
la obbliga a interrompere la propria attività metabolica per
produrre nuove particelle virali, anche a costo della sua stessa
morte: i virus replicati , una volta raggiunto un numero
sufficiente, possono distruggere la cellula e infettarne altre.
Quando i nuovi virus riempiono la cellula, questa si rompe, e i
virus liberati vanno a colonizzare altre cellule, moltiplicandosi
in tal modo con estrema rapidità. Ciò rende ragione della
rapida diffusione delle malattie virali.
Si
moltiplicano in vitro, in colture di cellule e tessuti sensibili
e possono infettare quasi tutte le forme viventi. I ceppi
virali conosciuti sono centinaia e causano unampia gamma di
malattie nelluomo, negli animali, nelle piante, negli
insetti e persino nei batteri. I virus che si riproducono nei
batteri vengono chiamati batteriofagi o fagi.
ORIGINE ED EVOLUZIONE
Allo stato attuale delle nostre
conoscenze, possiamo formulare sullorigine dei virus.
Lesistenza dei virus fu
accertata nel 1892, quando lo scienziato russo Dmitrij Iosifovic
Ivanovskij scoprì delle particelle microscopiche, conosciute in
seguito come virus del mosaico del tabacco. Il termine virus fu
attribuito a queste particelle infettive nel 1898, dal botanico
olandese Martinus Willem Beijerinck. Pochi anni dopo, anche nei
batteri furono isolati dei virus, denominati batteriofagi.
Negli
anni Quaranta, lo sviluppo della microscopia elettronica rese
possibile la visualizzazione dei virus, mentre il successivo
sviluppo di centrifughe ad alta velocità permisero di
concentrare e purificare il materiale di origine virale. Lo
studio dei virus negli animali raggiunse un punto cruciale negli
anni Cinquanta, con lo sviluppo dei metodi di coltivazione in
vitro di cellule in cui si replicavano i virus. Furono così
scoperti molti nuovi ceppi virali e negli anni Sessanta e
Settanta si poterono determinare le caratteristiche fisiche e
chimiche della maggior parte di questi microrganismi.
Interessanti studi di H. Subak-Sharpe
e collaboratori (1966) e di A. J. D. Bellet (1967), condotti
comparando la sequenza di basi del DNA di alcuni desossiribovirus
e del DNA di cellule animali e batteriche, hanno permesso daccertare
che gli acidi desossiribonucleici dei papovavirus presentano
delle somiglianze con quelli delle cellule animali, mentre una
stretta somiglianza è osservabile tra DNA dei virus erpetici e
del virus vaccinico e DNA batterici.
CARATTERISTICHE
Secondo A.
Lowoff e P. Tournier, i virus si distinguono dagli altri esseri
viventi per numerosi caratteri di cui i principali sono:
·
presenza di un solo tipo di acido nucleico (desossiribonucleico o
ribonucleico), mentre tutti gli altri microrganismi li possiedono
entrambi;
·
moltiplicazione per sintesi di nuove particelle virali, o virioni,
partendo da composti molto semplici, di cui alcuni caratteristici
dei componenti introdotti con il virus e altri forniti dalla
cellula ospite (teoria della ricombinazione di P. Lèpine) e non
per divisione binaria;
·
mancanza delle informazioni genetiche necessarie per la sintesi
di sistemi enzimatici essenziali quali quelli deputati alla
produzione di energia;
·
mancanza di ribosomi.
In particolare i virus sono
parassiti intracellulari, costituiti di acidi nucleici (RNA o DNA),
ma mai di entrambi, e di un rivestimento protettivo di proteine
semplici o complesse. Lacido nucleico è, in genere, una
molecola unica, a singolo o doppio filamento, anche se in alcuni
virus può essere diviso in due o più frammenti. Il rivestimento
proteico è detto capside, linsieme dellacido
nucleico e del rivestimento proteico viene definito nucleocapside.
Di norma
il capside è unico; fanno eccezione i reovirus, che contengono
RNA a filamento doppio, i quali posseggono non uno, ma due gusci
capsidici. Lulteriore involucro generalmente viene
acquisito quando la particella virale fuoriesce per gemmazione
dalla membrana della cellula infettata. La particella completa
del virus è detta virione.
La
maggior parte dei virus dei Vertebrati presenta un avvolgimento
esterno (peplos) che le particelle acquisiscono durante il
passaggio attraverso le membrane delle cellule ospiti o durante i
processi di gemmazione.
Questo
avvolgimento esterno è formato da componenti della cellula e da
proteine codificate dal virus le quali sono dette peplomeri.
I virus
privi di peplos sono detti nudi.
STRUTTURA
I virus hanno forma e dimensioni
molto variabili e, in base alla loro struttura, possono essere
suddivisi in tre gruppi: isometrici, bastoncellari e quelli
formati dallunione di una testa e una coda, come alcuni
batteriofagi.
Per esempio Il virus del mosaico
del tabacco (fig.1) è formato da 2130 capsomeri, a
forma allungata (molecole proteiche) disposti attorno a una cavità
centrale; la spirale che si fissa ai capsomeri, rappresenta la
molecola dellacido nucleico.
meno di 100 nanometri.
Pertanto anche i virus più grandi hanno una
larghezza inferiore ai limiti di risoluzione del microscopio
ottico, usato per studiare i batteri e gli altri microrganismi di
dimensioni maggiori.
Le particelle virali mature e
potenzialmente infettanti, i virioni, possono essere complesse o
semplici, in quanto hanno forma e dimensioni molto variabili.
Nellambito dei virus
semplici si distinguono le forme isometriche che possono variare
da una sfera a un poliedro simmetrico e le forme a bastoncello
che possono essere rigide o flessibili
Tutti i virus isometrici
finora esaminati al microscopio elettronico e mediante
diffrazione con raggi X hanno mostrato di possedere una simmetria
icosaedrica (20 facce) che rappresenta il disegno ottimale per un
guscio proteico sferico composto didentiche unità
strutturali regolarmente saldate in posizione equivalente o quasi
equivalente.
I nucleocapsidi tubolari o
bastonelliformi presentano una simmetria elicoidale, mentre i
batteriofagi hanno una testa costituita da subunità identiche,
probabilmente disposte con simmetria icosaedrica e code in cui le
subunità hanno una simmetria elicoidale.
COMPOSIZIONE CHIMICA
Lo studio chimico dei virus ha
permesso di accertare la quantità e la natura dellacido
nucleico dei singoli tipi di virus, nonché il peso molecolare,
le dimensioni e la configurazione (filamento singolo, filamento
doppio). Lacido nucleico, sia esso DNA o RNA, è il
depositario delle informazioni genetiche. Oggetto di analisi sono
state anche le proteine virali e la loro composizione
in aminoacidi.
Recentemente si è
potuto condurre, per alcuni virus, lo studio della composizione
delle diverse proteine; per altri le informazioni sono limitate
al loro peso molecolare.
Diversi
virus contengono lipidi, anche in quantità rilevanti nel loro
avvolgimento esterno sotto forma di lipoproteine.
Carboidrati,
oltre quelli presenti nella struttura degli acidi nucleici, sono
stati identificati in pochi tipi di virus, soprattutto
influenzale e vaccino.
FASI DEL PROCESSO DINFEZIONE
Al fine di chiarire le modalità
con cui avviene linfezione e quali sono i meccanismi
coinvolti nella replicazione delle particelle, sono stati
escogitati diversi modelli sperimentali che impiegano nella
grande maggioranza colture di cellule in vitro.
Ladesione virus-cellula è
inizialmente di natura elettrostatica ed è quindi notevolmente
influenzata dalla presenza e concentrazione di ioni.
Successivamente, se esistono sulla superficie cellulare strutture
adeguate a permettere la fissazione delle particelle virali (recettori),
il rapporto è stabilito da legami ionici o da forze di van der
Waals. Avvenuta la fissazione inizia lingolfamento delle
particelle nella membrana cellulare, fase che è dipendente dalla
temperatura e che può essere inibita da sostanze che impediscono
il verificarsi della fagogitosi la quale rappresenta il
meccanismo usuale di penetrazione dei virus animali.
La figura
illustra il meccanismo di attacco di un fago alla parete
cellulare di un batterio, cui segue il passaggio del materiale
genetico.
La
particella virale aderisce alla parete batterica mediante la
placca basale e le fibre caudali; ladesione diventa in
seguito irreversibile e lenzima di penetrazione si attacca
ai legami che assicurano la coesione della parete cellulare. La
guaina che circonda lasse tubolare della coda si contrae e
tale asse viene inserito tra gli elementi già dislocati della
parete e così il DNA del fago viene allora iniettato allinterno
del citoplasma batterico.
Nella
microfotografia (fig.8) è visibile la fase finale del
ciclo infettivo: dalla cellula batterica lisata fuoriescono i
virus pronti a iniziare un nuovo ciclo infettivo.
Una volta penetrato e racchiuso in
una vescicola fagocitaria, il virus viene spogliato del suo
mantello proteico, protettivo del materiale genetico che pertanto
viene liberato. Durante la moltiplicazione virale, la particella
originaria scompare temporaneamente poiché nellatto di
infezione si scinde per liberare il suo cromosoma dall'involucro
protettivo. Il cromosoma libero servirà poi da stampo per
dirigere la sintesi di nuovi componenti virali. Tale processo di
scissione è una caratteristica essenziale della moltiplicazione
poiché fino a quando il cromosoma è strettamente legato allinvolucro
non può servire da stampo per la sintesi di nuovi cromosomi.
Alcuni virus a DNA (vaiolo) hanno la struttura a doppia elica e lRNA è a filamento singolo. Altri virus, invece, hanno il DNA a filamento singolo e lRNA assume una forma a doppia elica complementare.
Gli eventi per i virus contenenti
DNA possono essere schematizzati come segue: dapprima si ha la
trascrizione delle sequenze specifiche del DNA virale parentale
in RNA messaggero (m-RNA), cioè in un particolare tipo di RNA
che ha la funzione di portatore intermedio dinformazioni
tra il DNA e le proteine che verranno sintetizzate a livello
ribosominale nel citoplasma. La sintesi delle proteine (enzimi
virali specifici e altre molecole proteiche), determinata
dalle caratteristiche sequenze dell' RNA messaggero, avviene
previa formazione dei poliribosomi (formazioni costituite da
ribosomi aderenti alla catena dell'RNA messaggero) e con l'intervento
del t-RNA.
La trascrizione del DNA in RNA
complementare avviene tramite lazione di un enzima detto
RNA-polimerasi.
A questo punto del ciclo di
replicazione inizia la sintesi di nuove molecole di DNA (DNA
della progenie), che a loro volta formeranno nuovi m-RNA per la
sintesi delle proteine del capside e di altre proteine coinvolte
in funzioni di regolazione.
La replicazione dei virus che
contengono RNA a filamento singolo avverrebbe attraverso la
formazione di un intermedio replicativo composta dalla molecola
dellRNA parentale (filamento plus) che ha trascritto la sua
specifica sequenza di basi in unaltra molecola di RNA (filamento
minus) complementare. Questo secondo filamento costituirebbe il
modello o stampo per la sintesi di nuovi filamenti plus, uguali
allRNA virale, che costituiscono lacido nucleico
della progenie.
Questipotesi è stata
avvalorata con eleganti esperienze in cui si è dimostrata la
presenza, nelle forme replicative, di un polinucleotide che è in
grado di riassociarsi in vitro in una struttura a doppia elica
con RNA genomico virale esogeno aggiunto. Si è dimostrato
inoltre che il filamento minus purificato può dirigere, in vitro,
la sintesi di RNA virale infettante, sebbene esso, di per sé,
non sia infettante.
Nei ribovirus più piccoli i
filamenti plus hanno anche la funzione di RNA messaggero, che fa
da modello per la sintesi delle proteine virali specifiche.
Probabilmente i ribovirus che
contengono RNA a filamento doppio non richiedono, per replicare,
la formazione di strutture intermedie.
Nelle cellule infettate con questi
virus sono state identificate molecole di RNA a filamento singolo
ritenute RNA messaggeri specifici del virus.
La recente scoperta di H. M. Temin
e S. Mizutani (1970) e D. Bltimore (1970) di una DNA-polimerasi
RNA-dipendente nei virus tumorigeni RNA, ha portato a una
revisione critica dei problemi che riguardano il meccanismo
attraverso il quale questi virus si riproducono. Questa scoperta
è particolarmente importante in quanto contraddice il dogma
centrale della biologia molecolare secondo cui il flusso di
informazioni procede attraverso le fasi DNA ® RNA ®proteina.
Le ultime fasi della replicazione
sono il montaggio delle nuove particelle e la fuoriuscita di
queste dalla capsula ospite.
La costruzione delle particelle
complete può avvenire nel citoplasma della cellula ospite, nella
membrana citoplasmica e anche nel nucleo (ad esempio adenovirus).
La liberazione dei virioni
neoformati nellambiente esterno avviene più o meno
rapidamente dopo la maturazione. In alcuni casi la fuoriuscita
segue alla distruzione della membrana cellulare; in altri casi,
in cui le particelle maturano a livello della membrana
citoplasmica, esse gemmano dalla parete stessa e la loro
liberazione richiede a volte lintervento di determinati
enzimi.
Di particolare interesse negli
studi sullinfezione virale, sono state le ricerche di A.
Gierer e G. Schramm (1956) i quali dimostrarono che lRNA
estratto dal virus del mosaico del tabacco può essere infettante.
Questa osservazione fu rapidamente estesa ai virus animali e da
molti di questi, in particolare piccoli virus RNA, si potè
ottenere acido nucleico infettante.
Il
risultato più importante di queste ricerche fu losservazione
che lacido ribonucleico può infettare anche cellule che
non sono sensibili alle particelle virali integre, dimostrando
così limportanza, nelle infezioni naturali, degli
specifici recettori siti nella membrana citoplasmica.
MECCANISMI DI INFEZIONE
Il
citoplasma batterico è la sede di importanti avvenimenti che
modificano lattività del batterio e ne cambiano il destino
e i meccanismi di infezione possono essere diversi. Nel seguito
prenderemo in esame il ciclo litico o produttivo, il ciclo
lisogenico e la trasduzione
·
Ciclo litico: i batteriofagi danno luogo a un ciclo
riproduttivo allinterno delle cellule infettate che termina
con la rottura (lisi) delle cellule stesse (fig.10).
Il
ciclo di crescita inizia quando una particella fagica entra in
collisione con un batterio sensibile e la coda del fago si
attacca alla parete batterica: un enzima della coda demolisce una
piccola porzione di parete cellulare creando così un minuscolo
foro attraverso il quale il cromosoma virale penetra nella
cellula, appropriandosi della macchina biosintetica
della cellula stessa. Subito dopo la penetrazione della molecola
di DNA del fago allinterno del citoplasma batterico, il
metabolismo di questultimo viene completamente
alterato: il batterio cessa di dividersi, non effettua più
sintesi specifiche e la sua attività viene esclusivamente
rivolta allelaborazione di sostanze identiche a quelle del
fago infettante. I sistemi enzimatici dellospite vengono
così utilizzati per produrre nuovo DNA virale e nuovi capsidi,
dal cui successivo assemblaggio scaturiranno nuovi virus.
Incapace di opporsi allinfezione,
la cellula si rompe lasciando fuoriuscire i nuovi virus, pronti
ad infettare altre cellule.
·
Ciclo lisogenico: il batterio può andare incontro a
ripetute crescite e divisioni cellulari, prima che la presenza
del virus, che prende il nome di profago, si palesi con lavvio
di un ciclo litico (fig.11).
Nel
ciclo lisogenico, il genoma (insieme dei geni del DNA di
un virus) del profago viene integrato stabilmente nel cromosoma
del batterio ospite e replica il DNA con lui. Nel processo non
viene prodotta nessuna progenie di virus; il virus infettato
giace inattivo con il cromosoma del batterio fino a che il
batterio è esposto a certi stimoli, come raggi ultravioletti.
Seguendo questi eventi di induzione, il virus entra in un ciclo
di vita nel quale il suo genoma è eccitato dal cromosoma ospite
iniziando a moltiplicarsi, formando una nuova progenie di virus.
Alla fine il batterio ospite è distrutto o liso e le particelle
del virus sono espulse nellambiente circostante e infettano
nuove cellule batteriche. Questo processo fu spiegato da Lwoff.
·
Trasduzione: è la conseguenza dellinfezione delle
cellule batteriche da parte di un virus (fig.12).
In questo
processo il trasporto del DNA viene mediato da un virus. Il fago,
dopo aver invaso la cellula ospite, si accresce in essa
riproducendo particelle di DNA virale. Alcune di queste possono
talvolta incorporare porzioni di DNA batterico. Il complesso di
DNA virale / DNA batterico così ottenuto può, in un successivo
ciclo infettivo, ricombinarsi col DNA del nuovo ospite. II fago
può trasferire il gene di un batterio in un altro batterio. In
pratica il DNA batterico può essere incorporato alla fine di un
ciclo litico allinterno del DNA virale e successivamente, a
seguito di una nuova infezione, può entrare a far parte del
cromosoma di unaltra cellula batterica.
BIBLIOGRAFIA
Enciclopedia della scienza e
della tecnica -
·
vol. 2 - articolo di: Pierre NICOLLE
·
vol. 5 - articolo di: Enrico CALEF
·
vol.12 - articolo di: Romano ANGELUCCI
·
Biologia molecolare del gene - J.D.Watson
·
Logica e applicazioni della biologia - Lilia Alberghina
Franca Tonini
·
Fondamenti di biologia - Lilia Alberghina
·
http://digilander. Iol.it/flaviadefi/virus.html
·
http://www.vaccinetwork.org/archivio/aids/2000/12.06.00.html