Coriolano

Coriolano (V secolo a.c.)


Gneo Marcio era un generale di origine sabina che meritò il nomen ex virtute di "Coriolano" per aver sconfitto i Volsci nella loro capitale, Coriolo appunto, nel 493 a.c. .

Come ringraziamento gli furono offerti un cavallo da guerra, uno schiavo e molto argento che però rifiutò: Coriolano non voleva essere pagato per aver svolto il proprio dovere, solamente onorato.

Avrebbe perfino potuto diventare console se le sue origini patrizie e la sua boria non lo avessero gravemente contrapposto alla plebe: fu addirittura citato in tribunale per aver ordinato di percuotere dei tribuni. La causa scatenante del conflitto interno fu l'opposizione senza appello di Coriolano alla distribuzione del grano ai più poveri, colpiti da una grave carestia; egli disse che se la plebe avesse voluto la distribuzione avrebbe almeno dovuto rinunciare ai loro tribuni, poichè non potevano avere tutto!

Al processo tentò di impressionare i giudici elencando i propri meriti e strappandosi le vesti per mostrare quante cicatrici avessero inflitto al suo corpo anni di guerra per la patria; tuttavia a grande maggioranza fu deciso l'esilio per l'eroe.

Appena egli lasciò Roma molti eventi strani funestarono la vita della città: voci misteriose e nascite di bambini e animali deformati seminarono la follia nei cittadini.

Intanto Coriolano aveva raggiunto Anzio e si era alleato con i vecchi nemici Volsci, affermando di essere stato tradito dalla patria che tanto aveva servito; allo sfogo dell'eroe "La mia sfortuna sia la vostra fortuna, è il cielo a invocare vendetta", i Volsci accettarono di aiutarlo per poter così riconquistare le terre perdute per spada romana.

Era però necessario prima di fare guerra cercare un pretesto per raggirare la tregua stipulata con Roma, così Coriolano inviò autorevoli cittadini volsci a Roma per partecipare pacificamente alle feste in corso; ad uno di questi fu però ordinato di ingannare i consoli rivelando che un attacco era in preparazione contro l'Urbe e che i Volsci giunti per le festività altri non erano che complici col compito di sostenere dall'interno l'assalto.

La cacciata dei Volsci sospetti fornì così il casus belli a Coriolano, che cinse presto d'assedio la propria patria. I Romani erano indecisi sul da farsi: alcuni pensavano di minacciare il traditore con l'uccisione, per ritorsione, della madre e dei figli; altri erano invece propensi a richiamarlo dall'esilio e riabilitarlo a cittadino romano.

Tutto fu inutile: Coriolano si mostrava irremovibile e si diffuse l'idea che fosse inarrestabile. Così una schiera di matrone capeggiate dalla madre del generale uscì dalle mura a supplicarlo.

Come tentò di abbracciare la madre per renderle omaggio quella lo fermò, ammonendolo che si sarebbe uccisa se non avesse posto fine all'attacco; scoppiato in lacrime Coriolano cedette ed abbracciò la madre, affermando però: "Madre, hai vinto. Hai salvato la patria. Ma hai perso tuo figlio".

Infatti dopo essere stato accusato di tradimento dai Volsci fu lapidato senza processo dalla folla.

Privi del grande generale il nemico fu sbaragliato dall'esercito romano e l'Urbe ancora una volta era salva, questa volta solo grazie alle suppliche delle sue matrone.


Nella leggenda si vuole mettere in risalto come un Romano rimanga tale nell'anima in ogni circostanza, nonostante follie momentanee o addirittura tradimenti. La romanità è dunque una caratteristica che, una volta acquisita, non è più possibile perdere.

In questo caso il senso della famiglia e la pietas, alto valore presso i Romani, ha costretto Coriolano a rinsavire.

Indubbiamente la madre è un'altra grande protagonista, disposta a sacrificare se stessa e suo figlio per la salvezza della patria.