La Satura
"Satura quidem tota nostra est", scrisse Quintiliano: "la satira è certamente tutta nostra", romana, non derivata da modelli greci... Furono infatti Ennio e Pacuvio a comporre le prime satire, bisogna però distinguere due forme di satira: drammatica e letteraria.
La satura drammatica (365-241 a.c.) prevedeva un parziale ricorso alla scrittura e nacque dall'unione dei rozzi versi romani (Fescennini) con i balli etruschi, ammirati nel corso dei ludi scenici organizzati per placare la pestilenza a Roma. Con questo genere di satira inizia un teatro non improvvisato. Con l'avvento del teatro alla greca grazie a Livio Andronico (240 a.c.) la satira fu condannata al declino e i giovani romani tornarono ai fescennini giudicati più decorosi perché improvvisati (ricordiamo che la condizione dell'attore era ritenuta infamante).
Il genere risorgerà sottoforma di satura letteraria grazie a C.Lucilio, considerato l'inventor della satira. Differentemente dalla drammatica, la satira letteraria non aveva carattere rappresentativo, era solamente scritta, veniva in più ad acquisire un tono ironico, polemico ed aggressivo verso la realtà politico-sociale di Roma prima completamente sconosciuto.
Ma di cosa trattava la satura? Di tutto adottando un tono... satirico, appunto. La stessa etimologia della parola "satura" spiega l'oggetto di questa forma letteraria:
Grammaticalmente satura è il femminile singolare dell'aggettivo
satur, pieno, ripieno, sazio, misto. Un genere quindi, quello della satira, piuttosto basso, dallo stesso Lucilio definito "sermo", discorso alla buona e considerato perfino "impoetico"; ma è proprio tale umiltà a consentirle di trattare argomenti che i generi illustri non avrebbero mai potuto toccare, di introdurre temi soggettivi e autobiografici e soprattutto di far riferimento all'attualità.
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