Indice del libro sui tumori


Cap. 6a - Moses Judah Folkman ed i fattori angiostatici (prima parte)

Ogni due o tre anni, il dott. Judah Folkman si intrattiene a parlare con gli studenti della scuola medica di Harvard sulla differenza che intercorre fra ostinazione e perseveranza.Un sottile confine – egli afferma – delimita i significati dei due termini: sela tua idea ha successo, si dice che sei perseverante; al contrario, se non haisuccesso, ti chiamano ostinato.
In un certo senso, parla di se stesso. Folkman ha sopportato per lungo tempo, senza fare una piega, le critiche ed i sarcasmi che gli sono giunti da ogni parte; come minimo, è stato definito buffone e pagliaccio. Una volta si alzò, per esporre una comunicazione scientifica, e riuscì a svuotare letteralmente la sala: tutti i partecipanti al convegno, per non ascoltarlo, andarono via di buon passo.
Ma il chirurgo e biologo molecolare del Children’s Hospital di Boston non ha mai avuto dubbi, né si è allontanato dalla teoria formulata un quarto di secolo fa: per crescere, i tumori hanno bisogno di un rifornimento di sangue.
Il 13 novembre 1997l’Ufficio stampa del National Cancer Institute (NCI), in una breve notaindirizzata a giornalisti e editori, ha riassunto l’iter scientifico percorsoda Folkman e dai suoi collaboratori, dal 1972 fino ai nostri giorni: “ . . .hanno dimostrato che i tumori non possono crescere più di pochi millimetri cubisenza stimolare la crescita di un insieme di minuscoli vasi sanguigni. Questepiccolissime neoplasie restano silenti ed inavvertite fino a quando intervieneun meccanismo, finora sconosciuto, che le stimola a produrre specifici fattoridi crescita che, a loro volta, causano l’angiogenesi. Negli Stati Uniti, si stacominciando a valutare, in studi condotti su ammalati di cancro, l’attività disostanze che bloccano tale fenomeno . . “.
Nel 1990, Folkman è stato nominato membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze, con la seguente motivazione: “for founding the field of angiogenesis research”, per aver iniziato e promosso le indagini in campo angiogenetico. Non è un’esagerazione, i suoi studi sono cominciati all’inizio degli anni ’60, quando era tenente medico della Marina degli Stati Uniti e lavorava presso il National Naval Medical Center di Bethesda. I suoi esperimenti sulla crescita dei tumori in organi isolati e perfusi artificialmente mostrarono per la prima volta che i tumori solidi, per svilupparsi, hanno bisogno di una rete vascolare.

Cenno biogrefico
Una breve biografia diFolkman compare su Advances in Oncology (Agosto 1996, Vol. 12, N. 3).Leggendola, si apprende che ha reso ufficialmente nota l’ipotesi angiogeneticanel 1971 (N Engl J Med. 1971; 285: 1182-1186). A Boston, presso il Children’sHospital, Folkman ed i suoi collaboratori scoprirono la maggior parte dellemetodologie che vengono tuttora impiegate negli studi sull’angiogenesi, furonoi primi a clonare ed a coltivare le cellule dell’endotelio dei capillari, emisero a punto le varie tecniche di laboratorio, finalizzate allo studio diquesti fenomeni.
Il fattore di crescita dei fibroblasti, la prima di sette molecole angiogeniche purificate, isolate e clonate, fu identificato dai dott. Michael Klagsburn e Yuen Shing nel laboratorio di Folkman, che aveva previsto l’esistenza di inibitori naturalidell’angiogenesi e scoperto un gruppo di essi, gli steriodi angiostatici.
Nato a Cleveland nel 1934, M. J. Folkman conseguì la laurea di primo livello (bachelor’s degree) all’Ohio State University nel 1953, l’M.D. (Medicine Doctor, laurea di secondo livello) nel 1957, alla Harvard Medical School, dove ottenne nel 1967 la docenza in chirurgia ed ebbe l’incarico di surgeon-in-chief (che corrisponde approssimativamente al nostro primario chirurgo) al Children’s Hospital Medical Center di Boston. Qui si dedicò, con notevole impegno edottimi risultati, allo studio dell’angiogenesi. Sempre a Boston, nel 1968 ha conseguito la docenza in chirurgia pediatrica, e nel 1980, ad Harvard, quella in anatomia e biologia cellulare. Un risvolto interessante della lunga carriera scientifica di Folkman è rappresentato dal fatto che egli non ha condotto indagini esclusivamente sui tumori; ciò dimostra che, possedendo intelligenza e cultura fuori del comune, è interessato ad esplorare con successo moltepliciambiti della conoscenza. Infatti, anche per tali attività, collaterali solo fino a un certo punto, ha ricevuto premi ed onorificenze. Mentre era ancora studente all’Università dell’Ohio, ed operava presso il Laboratorio del dott. Robert Zollinger, collaborò ad una serie diricerche finalizzate alla messa a punto di un nuovo metodo di epatectomia nel carcinoma epatico. Ancora da studente, nel Laboratorio del dott. Robert Gross ad Harvard, inventò il pacemaker atrioventricolare impiantabile, un dispositivo che gli consentì di dar inizio ad una lunga serie di riconoscimenti scientifici. Dal 1957 al 1960, prima diessere inviato al National Naval Medical Center, fu studente interno dichirurgia al Massachusset General Hospital, scoprì insieme al dott. David Longche alcuni polimeri simili al silicone possono essere utilizzati perimmagazzinare farmaci, che poi verranno lentamente rilasciati nell’organismo.Da questo lavoro derivano i contraccettivi impiantabili che si usanoattualmente negli Stati Uniti, perfezionati poi da un suo allievo, il dott.Robert Langer. Attualmente (1988) è Senior Associate in chirurgia, direttoredel Laboratorio di Ricerche Chirurgiche al Children’s Hospital di Boston eprofessore alla Harvard Medical School. Nel febbraio 1988 è entrato a far partedel Consiglio Direttivo della Johnson & Johnson.
Folkman ha ricevuto moltissimi premi, ma forse il più importante è rappresentato dall’alta stima e considerazione in cui è tenuto da colleghi ed allievi; egli passerà alla storiaper la perseveranza, non per l’ostinazione. A mio avviso, un altromerito di Folkman è costituito dall’estrema chiarezza con cui si esprime.Riesce a rendere semplici ed accessibili a tutti concetti che, per loro natura,non sono facilmente comprensibili. Il lettore potrà averne un esempio leggendo un non recente articolo comparso nella rubrica “Terapie del futuro” di Scientist American (settembre 1996): Fighting cancer by attaching blood supply, guerra ai tumori attaccandone l’apporto sanguigno. Ho in linea, sul PC con cui sto scrivendo, il Dizionario inglese della Garzanti. Sono andato a guardare tutti i significati della parola fightinge le frasi idiomatiche in cui essa compare. Ce n’è una interessante, fighting chance, che vuol dire “piccola probabilità di riuscita”. Fighting cancer, perché non fighting tumors? Leparole cancer e chance sono entrambe formate da sei caratteri, ed hanno cinquelettere in comune . . . che sia un lapsus, in cui è inconsapevolmente cadutoFolkman? In caso affermativo, un sintomo di modestia o di insicurezza? Sia comesia, lasciamo da parte la psicoanalisi spicciola applicata agli articoli sulcancro, e leggiamo con attenzione l’elaborato.

Vascolarizzazione e neovascolarizzazione
In tutti i tessuti dell’organismo è ampiamente diffusa una sottilissima rete di capillari, che provvede all’apporto di sostanze nutritive e al drenaggio dei rifiuti. Nella maggior parte dei casi, i capillari non aumentano né di numero, né di dimensioni, perché le cellule endoteliali da cui sono costituiti di regola non si dividono. Ma occasionalmente, per esempio durante la mestruazione o quando i tessuti sono danneggiati, questi piccoli vasi cominciano a crescererapidamente. Lo sviluppo di capillari nuovi, che si chiama angiogenesi, ha breve durata e si estingue spontaneamente in pochi giorni.
La neovascolarizzazione può anche verificarsi in condizioni abnormi: le cellule tumorali, infatti, sono capaci di innescarla, e non appena i nuovi capillari portano loro sostanzenutrienti e fattori di crescita, la massa tumorale comincia ad espandersi. L’angiogenesi è dunque una delle tappe cruciali del passaggio del tumore da un piccolo, innocuo grappolo di cellule trasformate ad un ampio insieme di elementi aggressivi, capaci di diffondere, tramite il torrente circolatorio, in tutto l’organismo. In genere, nel momento in cui compaiono per la prima volta in un tessuto normale, le cellule neoplastiche non sono in grado di indurre angiogenesi, e fin quando non si vascolarizzano, la loro massa resta delle dimensioni di un pisello, pochi millimetri cubi. Quando i ricercatori conosceranno i meccanismi con cui gli elementi tumoralifanno scattare l’angiogenesi e, cosa più importante per gli ammalati, come fareper interromperla, avranno a disposizione un’arma formidabile, da utilizzarevantaggiosamente nella cura del cancro. Inoltre, poiché i farmaciantiangiogenici bloccano la crescita dei vasi nuovi senza interferire con quelli preesistenti, in teoria il circolo che nutre i tessuti normali dovrebbe resterare indenne. Comunque, dette sostanze potrebbero causare effetti collaterali indesiderati sulla fenomenologia mestruale e sui processi di guarigione delle ferite.
Anche se gli studi su questi prodotti sono cominciati negli anni settanta, le indagini si sono spostate dal laboratorio al letto del malato solo negli ultimi tempi. Nel 1989 ha avuto luogo il primo esperimento, condotto con un agente antiangiogenico, l’interferone alfa, nel trattamento dell’emangioma, un tumore dei vascolare caratteristico dell’infanzia, benigno ma molto pericoloso. Nel 1992 il primo farmaco antiangiogenico è entrato ufficialmente nella sperimentazione clinica: si tratta del TNP-470, (da Tacheda Neoplastic Product), un analogo sintetico della fumagillina. I saggi con questa sostanza sono stati condotti inizialmente sul tessuto adiposo, costituito da cellule che al pari di quelle tumurali hanno bisogno per crescere di un buona irrorazione sanguigna. I test sono stati eseguiti su un ceppo particolare di topi privi del gene per la leptina, una sostanza che regola l'appetito. Questi animali, che finiranno poi per morire di diabete, mangiano continuamente e possono raggiungere anche gli ottanta grammi di peso. Se a essi viene somministrato il TNP, continuano a mangiare come prima, ma il loro peso si riduce fino a trenta grammi, perché il farmaco ha causato un'interruzione della crescita vasale, con conseguente morte di un buon numero di cellule adipose. Purtroppo, il rimedio non è definitivo, in quanto sospendendo la cura il peso dei topi riprende ad aumentare: ciò significa che il blocco della angiogenesi rappresenta, tutto sommato, un rimedio solo temporaneo.
Il TNP 470, l'interferone ed il talidomide (di quest'ultimo parlerò diffusamente in seguito), sono inibitori dell'angiogenesi di prima generazione; alla seconda appartengono il Vitaxin el'anti-VEGF (Vascular Endotelial Growth Factor), un anticorpo prodotto dalla Genentch, meno tossico di quelli della prima generazione, che blocca il fattore di crescita dell'endotelio vascolare. L'anti-VEGF è attualmente nelle fasi di sperimentazione clinica 1 e II. Alla terza generazione sono riferibili l'angiostatina e l'endostatina, che sono virtualmente capaci di eliminare qualsiasi forma di tumore solido nei topi. It's a very exciting field - ha dichiarato Folkman il 12 giugno 1998 al BostonGlobe we haven't found a tumor we can't regres.
L'FDA consente adesso ai medici di somministrare il TNP 470 in molti casi di neoplasia. Negli ultimi quattro anni, almeno altri sette inibitori dell’angiogenesi sono entrati nella sperimentazione clinica per la cura dei tumori in stadio avanzato, ed uno di questi composti è stato saggiato anche in soggetti che presentavano un abnorme sviluppo dei vasi sanguigni degliocchi.
Numerosi ricercatori sonoimpegnati da parecchio tempo nello studio delle eventuali applicazioni pratichedei composti antiangiogenici. Per esempio, negli ultimi sette anni hannoidentificato almeno quattordici proteine, presenti nel nostro organismo, chesono in grado, in condizioni normali, di bloccare la crescita dei vasisanguigni, e ne hanno trovate molte altre che ne potenziano gli effetti. Uno diquesti inibitori naturali dell’angiogenesi è controllato dal gene p53, il soppressore dei tumori implicato in molti tipi di cancro. Con queste indicazioni, i ricercatori continuano adaffinare le conoscenze sulla crescita dei tumori e sulle modalità idonee perinterromperla.
Come si nota in molti altri aspetti dello sviluppo dei tumori, l’agiogenesi neoplastica rappresenta l’alterazione di un fenomeno che normalmente regola la crescita dei vasi sanguigni. Per averne un'idea, è opportuno ricordare, seppur brevemente, la costituzione anatomica dei capillari sanguigni, che sono tubi di dimensioni microscopiche, con parete estremamente sottile, attraverso la quale avvengono gli scambi tra il sangue ed i tessuti. Il flusso ematico è regolato dagli sfinteri precapillari e da un certo grado di contrattilità cellulare. Il rivestimento interno è costituito dall'endotelio, che deriva dal mesenchima, un tessuto connettivo embrionale di origine mesodermica. Le cellule endoteliali sono allungate nella direzione dell'asse del vaso e si vanno assottigliando alle estremità.Nei capillari di minor calibro un'unica cellula endoteliale può espandersi per tutta la circonferenza del vaso; in quelli di calibro maggioredue o tre elementi incurvati si uniscono per delimitare il lume vasale. Le cellule endoteliali si presentano ispessite nella regione contenente il nucleo e possono essere connesse tra loro mediante interdigitazioni della membrana plasmatica o da giunzioni di vario tipo. La microscopia elettronica ha dimostrato la presenza, attorno all'endotelio dei capilari e di tutti i vasisanguigni e linfatici, di una sottile lamina basale glicoproteica simile aquella degli epiteli.
Di regola all'esterno dell'endotelio sono presenti macrofagi fissi e altre cellule connettivali. In alcune regioni le cellule connettivali assumono un aspetto particolare, cui èverosimilmente associata una funzione contrattile. Tali elementi, che derivano anche essi dal mesnchima e sono provvisti di prolungamenti che avvolgono il capillare, sono detti periciti.





Indice del libro sui tumori