Buttato giù dalla finestra, rientra dalla porta
Il talidomide

Curiosità

Si indica col termine talidomide, indifferentemente maschile o femminile, l’immide dell’acido N-ftalilglutammico.
All’inizio degli anni ’50 una casa farmaceutica della Germania Occidentale, la Chemie Grünenthal, aveva immesso sul mercato un nuovo sedativo, il Contergan. La campagna pubblicitaria finalizzata alla sua promozione era stata intensa e capillare, non solo in Europa ma anche in molti Stati extraeuropei, tanto che pochi anni dopo la ditta già vantava un utile superiore a 10 milioni di marchi. Il farmaco, presentato come un sonnifero prodigioso ed assolutamente privo di effetti collaterali, costituiva il principio attivo di parecchi prodotti, cui erano stati ssegnati nomi diversi a seconda dei Paesi in cui venivano distribuiti: Gastrivide, Grippex, Imidene, Pantosediv, Quietimid. Il requisito dell’innocuità era in apparenza confermato dal fatto che, contrariamente a quanto si era osservato con altri farmaci simili, le persone che ne avevano assunto dosi notevoli a scopo suicida non erano riuscite nell’intento. Questo particolare fu strumentalizzato dai pubblicitari, ed il talidomide fu consigliato a tutti: vecchi, bambini, donne in gravidanza. Per i neonati fu allestito uno sciroppo sedativo, presentato come una specie di baby sitter chimica, economica e tranquillante. Un altro fattore incrementò la vendita del farmaco: si acquistava liberamente, senza ricetta medica, tutti potevano prenderlo quando, a ragione o a torto, ne avvertivano la necessità. Il fatturato della Chemie Grünenthal aveva così raggiunto cifre impressionanti. Ma iniziarono le prime proteste.
Alcune persone, dopo aver assunto il talidomide, avvertivano debolezza e formicolio degli arti, disturbi dell’equilibrio e della coordinazione dei movimenti, dolori e crampi muscolari, paralisi e vertigini. In qualche caso, tali inconvenienti persistevano anche dopo l’interruzione della cura. Insomma, una sintomatologia riferibile, almeno in prima approssimazione, a polinevrite multipla.
Di regola, i farmaci che danno luogo ad effetti collaterali indesiderati vengono esclusi dal commercio, a meno che non siano essenziali ed insostituibili ai fini della cura di gravi malattie, come per esempio i tumori. In ogni caso, la ditta che fabbrica il medicinale ha il dovere di segnalare gli inconvenienti ai medici e di avvertire i pazienti, facendone ampi e chiari cenni sul foglio illustrativo incluso nella confezione. Per quanto riguarda il Contergan, ci si chiede: era un farmaco sostituibile con altri? Non c’erano già altri tranquillanti, ampiamente sperimentati e meno tossici? Indubbiamente si. Inoltre, la casa farmaceutica aveva reso noto ai medici che l’uso del prodotto avrebbe potuto provocare danni neurologici? Se n’era guardata bene, anzi continuava a propagandare il talidomide come atossico ed innocuo. Perché? Semplice: nel 1960, gli introiti che derivavano dalla vendita del talidomide rappresentavano il 46% del fatturato complessivo della Chemie Grünenthal.
Come fa argutamente osservare Stefano Cagliano (Dieci farmaci che sconvolsero il mondo, Mondadori De Agostini, Novara, 1995, pag. 50), il principio cui si ispiravano i dirigenti della ditta nel rispondere alle lamentele ed alle lettere in cui i medici chiedevano spiegazioni sugli effetti collaterali del farmaco, ricorda quello espresso dal Conte Zio nei Promessi Sposi: sopire, troncare . . troncare, sopire. Molti sanitari desideravano sapere se fossero stati segnalati da altri colleghi casi di danni neurologici, ed a tutti venne risposto che, malgrado il Contergan fosse impiegato da anni, ed in misura sempre crescente, mai si era riscontrato alcun inconveniente. Al troncare e sopire soft fece ben presto seguito, da parte della casa farmaceutica, una reazione più energica. Intervenne personalmente il dott. Heinrich Mückter, che assolveva, collusione davvero ibrida ed inaudita, il duplice compito di direttore della sezione di ricerca scientifica e di responsabile dello sviluppo delle vendite. Mückter si adoperò presso i redattori delle riviste mediche, per impedire che fossero pubblicati articoli critici nei confronti del Contergan, minacciando che in caso contrario non avrebbe più rinnovato i contratti per le inserzioni pubblicitarie. Fece poi presente alle autorità sanitarie che c’era stato un fraintendimento circa i presunti effetti tossici del Contergan: in realtà, era un altro farmaco analogo a provocare danni neurologici, e precisamente il Doriden, fabbricato, guarda caso, da una ditta concorrente, la Ciba.
Ciò che Mückter desiderava evitare ad ogni costo era che per il talidomide si rendesse necessaria la ricetta medica. Ci riuscì, ed il Contergan continuò ad essere un prodotto accessibile a tutti. A scopo precauzionale, la Società fece stampare un libretto, distribuito ai medici e ai farmacisti, molto simile ad altri foglietti propagandistici e quindi destinato, il più delle volte, al cestino della carta straccia. Nell’opuscolo era scritto che il Contergan, in alcuni casi, aveva provocato qualche effetto indesiderato, ma questo, molto probabilmente, era riferibile all’impiego pregresso di altri tranquillanti, o al concomitante abuso di sostanze alcooliche. Insomma, un tentativo furbesco di mettere, come si suol dire, le mani avanti.
Nel marzo 1961 le proteste e le relazioni sui casi di neurite multipla e su altri disturbi neurologici si erano fatte numerose, e i medici diventarono per la ditta un problema di non facile soluzione. Infatti essi non solo avevano smesso di utilizzare il Contergan in ospedale e nella pratica privata, ma mostravano di essere determinati a non prescrivere più alcun altro prodotto della Grünenthal, che a loro avviso si comportava in maniera poco seria. Da parte sua, la ditta si irrigidì sulle proprie posizioni e assunze addirittura dei dective con il compito di indagare sulla vita privata dei medici più ostili e determinati, al fine di eventuali ricatti. Si giunse al punto che il Dottor Hubert Giggelberger di Rosenburg, che senza mezzi termini aveva detto che i dirigenti della ditta erano dei criminali irresponsabili, perché non si erano ancora decisi a ritirare dal commercio il talidomide, fu definito non solo un provocatore ma addirittura un dente ammalato da estirpare. Insomma, eliminiamolo fisicamente, e non se ne parli più!
Il 1° agosto dello stesso anno, in alcune regioni della Germania federale fu resa obbligatoria la prescrizione medica per il Contergan. Intanto al Congresso di Pediatria di Kassel due genetisti, R .A. Pfeiffer e W.Kosenow, avevano presentato alcuni casi di malformazioni neonatali estremamemente rari. I piccoli pazienti avevano gravi malformazioni degli arti (focomelia) consistenti nell’atrofia di uno o più segmenti intermedi, per cui le mani e/o i piedi risultavano inseriti direttamente sul tronco o sul segmento prossimale dell’arto.
Prima dell’introduzione in commercio del talidomide la sindrome era talmente poco frequente (un caso su quattro milioni di persone) che soltanto pochi medici avevano avuto modo di osservarla. Una ditta farmaceutica, la National Drug Company, che produceva in Inghilterra il farmaco su licenza della Grünenthal, iniziò ad indagare sugli effetti del talidomide assunto durante la gravidanza, e fece notare che probabilmente sussisteva una correlazione tra Contergan e focomelia. A sua volta, la casa tedesca si difese affermando che tutti gli esperimenti condotti sugli animali avevano dimostrato che il farmaco non esercitava alcun effetto teratogeno.
Nel 1961 si riscontrò nella Germania occidentale un numero imprevisto di neonati malformati, e i pediatri iniziarono a studiare questo raccapricciante fenomeno. In un primo momento, esso fu rapportato agli esperimenti nucleari e quindi alla radioattività dell’ambiente. Non si pensò subito al Contergan, sia perché le donne lo ritenevano innocuo e quindi non riferivano di averlo assunto durante la gravidanza, sia perché i medici, pur conoscendo gli effetti collaterali tossici del farmaco, non associavano la focomelia al talidomide. Infatti almeno in apparenza i due danni nulla avevano in comune. Inoltre il prodotto causa malformazioni solo se viene preso dal trentasettesimo al cinquattesimo giorno di vita dell’embrione, ossia in un arco di tempo di circa due settimane, che precede di parecchio l’espletamento del parto.
Poi naturalmente le cose cambiarono, le madri dei piccoli focomelici furono interrogate con maggiore accuratezza, e la pregressa assunzione del farmaco venne fuori. Il 27 novembre la Chemie Grümenthal ritirò definitivamente il Contergan dal commercio, ed entro breve termine la stessa cosa avvenne in tutti gli altri paesi. Solo in Germania erano nati 2800 focomedici, in Italia “ufficialmente” circa una ventina, ma alcuni studiosi, tra cui Giulio Maccacaro, sono stati del parere che questa cifra sia notevolmente sottostimata. E’ bene ricordare che l’incoveniente della nevrite multipla aveva messo sull’avviso le autorità sanitarie statunitensi, che non permisero alla Richardson-Merrel di commercializzare il Kevadon, un prodotto contenente talidomide.
E’ molto difficile, almeno dal punto di vista teorico, che incovenienti del genere si possano verificare ai nostri giorni. Prima di essere messi sul mercato i nuovi farmaci sono resi oggetto di una scrupolosa sperimentazione. Inoltre è data la possibilità a tutti i medici di segnalare ai centri di controllo qualsiasi danno riferibile ai farmaci: “If you suspect that a patient’s illness may be due to treatment, please consider whether to send a Yellow Card to the Commitee on Safety of Medicines”, avverte su Internent il Centre for Adverse Drug Reaction Reporting (CADRe) dell’Ospedale Civile di Birmingham. L’URL dell’organizzazione è:
http://www.chtpharm.demon.co.uk/csm/main.htm
Col senno del poi, possiamo dire che la Chemie Grünenthal era in malafede, ma fino ad un certo punto. Agli inizi degli anni 40, quando furono scoperti gli effetti teratogeni del virus della rosolia, se il contagio avviene nel primo trimestre di gravidanza, si riteneva che la maggior parte delle malformazioni congenite fosse di origine ereditaria, e comunque non riferibile ad agenti infettivi, o a sostanze estranee all’organismo assunte durante la gestazione. Inoltre, il meccanismo d’azione dei farmaci e i saggi di tossicità venivano praticati somministrando tali prodotti ad altri mammiferi, partendo dal presupposto che essi reagiscono come faremmo noi uomini. E’, quest’ultimo, un errore grossolano che è costato molte vittime. L’acido acetilsalicilico uccide i gatti e la penicillina è un veleno per le cavie, che però possono mangiare tranquillamente la stricnina, un farmaco altamente tossico per la nostra specie.
Un’ultima considerazione: cosa fa il rappresentante di una ditta farmaceutica, oggi meglio noto col pomposo termine di informatore medico scientifico? Rende noto ai medici come agisce, ed in quali casi è indicata, una specialità medicinale. Ma questo è il compito di facciata, l’altro più importante è quello di convincerli a prescrivere il prodotto, magari minimizzandone gli effetti collaterali ed enfatizzandone quelli benefici. Come si comportava il vecchio collega nei confronti del rappresentante di prodotti farmaceutici, che gli offriva in omaggio scatolette multicolori, capaci di risanare qualsiasi male? Lo invitava a un brindisi:

“Vieni, e fra i rosei fumi del vino
vedrem l’identico nostro destino:
anelli prossimi di una catena
mimi di un'unica, diuturna scena,
gestire il traffico delle illusioni
io con la laurea, tu coi campioni”.
(Ugo Piazzi – Oggi non visito – Editrice Minerva Medica, Torino, 1955 pag 26).

Il 20 marzo 1996 la Celgene Corporation ha dato ufficialmente notizia che, per la quarta volta, l’FDA ha consentito l’identificazione del talidomide quale orphan drug, nella cura della cachessia indotta dall’AIDS. Negli anni precedenti, l’Ente Federale aveva attribuito al farmaco lo status di orphan drug, per altre tre condizioni morbose: le ulcerazioni orali ricorrenti indotte dall’AIDS e dal cancro in pazienti terminali, le infezioni provocate dai microbatteri, e la lebbra.
Insomma il talidomide si traveste da orfanello e, nonostante sia stato bruscamente buttato fuori dalla finestra, rientra trionfalmente per il portone principale. Cosa significa orphan drug? Il vocabolario inglese non è di alcun aiuto: orphan vuol dire orfano, e drug significa farmaco o droga. Secondo la legislazione vigente negli USA, un farmaco è orfano quando viene definito ufficialmente tale dall’Office of Orphan Products Development dell’FDA. Orfano, ma di chi o di cosa? Di ammalati o di soldi, o di entrambi. Di ammalati: orphan drug è il prodotto sperimentale che trova indicazione nel trattamento di forme morbose o condizioni abnormi che colpiscono, ogni anno ed in tutto il territorio degli Stati Uniti, meno di duecentomila persone. Lo stesso vale per i diagnostici, i vaccini, e le sostanze che si impiegano a scopo preventivo. Orfano di soldi: pur essendo il numero di casi di malattia, per anno e su tutto il territorio USA, uguale o superiore a duecentomila, vi sono fondati motivi per ritenere che la spesa per la ricerca, da anticipare sul nuovo medicinale, non sarà compensata dal guadagno ottenuto con la vendita del prodotto.
In entrambi i casi, le ditte farmaceutiche non avrebbero alcun interesse ad investire in studi ed esperimenti, che potrebbero dare scarsi profitti, o peggio concludersi con una remissione. ll riconoscimento dello status di orphan drug mette gli imprenditori al riparo da brutte sorprese, perché il Governo si impegna a coprire buona parte dei costi, con sgravi fiscali e contribuzioni varie. Naturalmente, trattandosi di un Ente Federale che amministra denaro pubblico, l’iter burocratico non è né semplice, né breve: il produttore dovrà ampiamente motivare e documentare le proprie richieste con tutta una serie di prove, comprese quelle “positive, negative or inconclusive (!)”. I rapporti fra l’industria farmaceutica e l’FDA sono, per così dire, mediati da NORD: nessun riferimento al punto cardinale, si tratta invece della National Organization Rare Disorders, un’associazione che cura gli interessi dei pazienti affetti da malattie rare. Nel novembre del 1997 NORD ha esultato, esprimendo il proprio entusiasmo su Internet: “Orphan Drug Victory!”, perché il Presidente degli Stati Uniti aveva eliminati “tax items that he did not like”, gli articoli di legge riguardanti tasse che non erano di suo gradimento. Qualcuno potrebbe insinuare che vi sia anche una “tax that he likes”, un tributo che gli piace e che paga volentieri, ma ciò è inammissibile, sia per Clinton (Presidente degli Stati Uniti quanto è stato scritto quest'articolo) che per qualsiasi altro, americano e non.
NORD si riferisce in particolare alle imposte sulle orphan drugs, che sono state praticamente cancellate dai codici amministrativi, con comprensibile soddisfazione degli industriali e degli ammalati. La Celgene ha commercializzato in USA il talidomide col nome di Synovir. Il medicinale trova indicazione nel trattamento della cachessia, sempre riferibile ad immunodeficienza, ed in alcune forme di artrite reumatoide. Molto di recente, i ricercatori della Celgene hanno scoperto una nuova classe di sostanze, tutte strutturalmente correlate al talidomide, che nelle prove di laboratorio si sono rivelate quattromila volte più potenti del prodotto originario, con effetti collaterali meno tossici. In vitro, il talidomide blocca la replicazione dell’HIV, intervenendo su una sostanza prodotta naturalmente dall’organismo, il TNF (Tumor Necrosis Factor), fattore necrogeno dei tumori o cachessina. Il TNF viene prodotto dai globuli bianchi nel corso delle infezioni e favorisce la diffusione dei patogeni. In alcuni pazienti contagiati dall’HIV si riscontra un’elevata sintesi di TNF, cui può far seguito l’estrinsecarsi dell’AIDS, spesso associata a compromissione del sistema nervoso centrale. L’aumento del TNF protratto per parecchio tempo può dar luogo ad una significativa diminuzione del peso corporeo, e rendere meno efficienti le difese immunitarie. L’aumento ponderale, che si osserva dopo la somministrazione di talidomide negli ammalati di AIDS, ha portato alcuni ricercatori ad ipotizzare che il composto potrebbe essere utile nel trattamento dei sintomi somatici della cachessia, anche se non incrementa il numero dei linfociti CD4, né riduce la replicazione dell’HIV. Per meglio definire se e come il farmaco agisce sul peso somatico, sono in corso in USA alcuni trial, attualmente in fase II. Incredibile ma vero, i pazienti vengono reclutati dall’AIDS Clinical Trial Group (ACTG) che fa proseliti su Internet: “If you are interested in participating in the trials described here, call the Network for further information”. L’URL di The AIDS Treatment Data Network, in cui si parla di talidomide e si invitano cortesemente i pazienti a far da cavie è:
http://.florey.biosci.uq.oz.au/hiv/DRUGS/thalidomide.htm
Il 3 marzo 1998 l’EntreMed, Inc. ha annunciato di aver ottenuto dall’FDA la designazione di orphan drug per il talidomide, nel trattamento dei tumori primitivi del cervello. Viene così incentivata la ricerca su una forma morbosa che, secondo le statistiche, interessa negli USA meno di duecentomila persone l’anno. Ma fin dal maggio 1997 l’EntreMed aveva reso noto i risultati di un trial di fase II condotto curando con detto farmaco pazienti affetti da glioblastoma multiforme primitivo o da glioma anaplastico, due forme tumorali che generalmente non consentono una sopravvivenza superiore a tre mesi. La ricerca fu condotta in collaborazione con il National Cancer Institute su 32 soggetti, e si riscontrò il 30% circa di risultati favorevoli nelle persone che avevano assunto talidomide per due mesi. Il dott. Howard A. Fine, un famoso neuroncologo che lavora all’Harvard Medical School di Boston, ha fatto osservare che un anno dopo l’inizio della somministrazione di talidomide sono sopravvissuti ben 11 pazienti, cosa mai riscontrata prima con la chemioterapia tradizionale. Per questo motivo si passerà ben presto alla fase sperimentale III.
Il talidomide, forse, sarebbe oggi meritevole solo di una nota a pié pagina in un libro di storia della medicina, se non fossero intervenuti Robert d’Amato e Judah Forkman. I due medici sono dell’avviso che il >composto potrebbe offrire una nuova opportunità nella cura del cancro, per via dei suoi effetti antiangiogenici. E’ verosimile che sia responsabile della focomelia perché blocca, nel corso della vita embrionale, lo sviluppo dei vasi sanguigni degli arti. Non potrebbe sortire gli stessi effetti angiostatici nel cancro? Le prime evidenze sperimentali sembrano convalidare tale ipotesi, tanto che attualmente sono in fase II parecchi trial clinici, che comprendono tumori della prostata, della mammella, del cervello e della cute. Si parla addirittura, per quanto concerne il glioblastoma, di arresto della progressione della malattia.
L'EntreMed si è dimostrata molto efficiente nella messa a punto di tecniche terapeutiche atossiche e non invasive. Le ultime ricerche sono partite da un'osservazione del dott. Claude Nicolau, che ha notato che gli uccelli migratori sono capaci di ossigenare il proprio sangue molto meglio degli uomini, cosa che consente ad essi di volare per molto tempo. Il fenomeno è riferibile al fatto che la loro emoglobina contiene inositolo esafosfato (IHP), che concorre al trasporto dell'ossigeno in misura tre volte maggiore di quanto non avvenga nella nostra specie. I ricercatori della EntreMed sono riusciti a permeabilizzare la membrana dei globuli rossi, aprendo in essa dei pori microscopici attraverso cui è possibile veicolare l'IHP. Le emazie umane trattate in questa maniera, fatte circolare in modelli sperimentali animali, vivono più dei consueti 120 giorni e trasportano molto più ossigeno. Di questa tecnica potrebbero, in linea ipotetica e dopo adeguate conferme sperimentali, trarre beneficio i cardiopatici ed i soggetti ammalati di stenosi vascolari.
Ho citato questo esempio per mostrare che viviamo in un periodo caratterizzato da un proliferare di ricerche e di acquisizioni scientifiche di vario genere, alcune delle quali di estremo interesse. Se si è riusciti a bucherellare la membrana degli eritrociti, non è da escludere che in futuro si possa fare la stessa cosa ad altri livelli. Magari, una microporizzazione selettiva, limitata esclusivamente agli elementi neoplastici. In tal caso, non somministreremmo più una medicina specifica per un determinato tipo di cellula, cosa impossibile con la chemioterapia tradizionale, ma renderemmo l’elemento tumorale elettivamente sensibile a un particolare tipo di farmaco.
Dott. Elio Rossi


Da un articolo del dott. Elio Rossi, pubblicato sul NG it.medicina.aids del 30 novembre 1988 ed in corso di pubblicazione su Il Progresso Medico




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