LEI  FACCIA  ANCHE  IL  MEDICO,  OLTRE  CHE  L'AMMALATO  !

Curiosità

Mi ha colpito all'improvviso alla quattro del mattino di mercoledì 20 giugno, svegliandomi da un sonno tranquillo. Ho avvertito subito che qualcosa non andava: pur facendo atti respiratori profondi, pareva che l'aria non entrasse nei polmoni, o per meglio dire che entrasse, ma non riuscisse a svolgere il suo compito di ossigenare il sangue. Sono sceso dal letto e mi sono affacciato al balcone. Aria fresca, ma inefficiente. Mi sono quindi diretto alla porta di casa, l'ho spalancata ed ho acceso la lampada che illumina lo spazio antistante. Ho notato che ero costretto a camminare curvo in avanti, affannavo come un mantice ed avevo l'impressione di soffocare. Ho telefonato al medico di base, dott.ssa Rosaria Pellegrini. Mi ha risposto il fratello, che mi ha invitato a rivolgermi anche al 118, cosa che ho fatto subito, pur aumentando la difficoltà a respirare. Sempre curvo in avanti, ho tentato un rudimentale autosoccorso. Edema polmonare - ho pensato - dati i sintomi, non potrebbe essere diversamente. Speriamo di farcela, non voglio morire con la bava alla bocca come un cane idrofobo. Per prima cosa ho messo sotto a lingua due comprese, l'una di Carvasin (vasodiltatore), l'altra di Temgesic (oltre che ad agire come analgesico, abbassa la sensibilità dei centri respiratori, tanto che i vecchi medici chiamavno gli oppioidi "digitale del respiro"). Poi, aiutandomi con la bocca e coi denti, ho stretto un laccio emostatico a livello del polso sinistro, ed ho cominciato ad iniettarmi Tefamin in una vena superficiale del dorso della mano. La manovra è riuscita solo per metà, poi ho perso la vena ed ho assunto il resto del farmaco intramuscolo. Stavo per aprire una fiala di Lasix quando è giunta la Pellegrini, in tuta e pantofole. Rapidamente mi ha auscultato le spalle, mi ha misurato la pressione, ha fatto cenno di sì con la testa e mi ha iniettato un'altra mezza fiala di Tefamin e due fiale di Lasix. Stavo già molto meglio, ed iniziavo a non provare più difficoltà respiratoria, quando è arrivata l'autoambulanza del 118. Senza sirena, solo la luce intermittente blu sul tetto. Una dottoressa, un'infermiera, un paramedico e l'autista. La collega, una giovane bruna di cui non ricordo il nome, pur essendo sicura di sé era molto preoccupata. Per chiari segni, mostrava di non avere alcuna intenzione di fare il morto. Mi ha somministrato ossigeno, montato una flebo di venitrin, praticato un ECG, e dopo avermi monitorato con un apparecchio che evidenziava istante per istante la frequanza cardiaca, mi ha invitato a ricoverarmi d'urgenza in ospedale "senza stare a pensarci sopra, perché non possiamo tenere occupato il mezzo mobile per parecchio tempo". Anche la dott.ssa Pallegrini - che ogni tanto aveva scambiato qualche parola con lei - era dello stesso parere. Pur con qualche perplessità, ho aderito alla richiesta. Sono quindi salito su una barella, che hanno caricato sull'autoambulanza, e via verso l'ospedale di Castel Del Piano. Il medico di guardia al PS, dott.ssa Flavia Borgoni, dopo aver svolto le formalità di rito con la collega del 118, mi ha preso subito in carico per il ricovero. Mentre l'infermiere si dava da fare con l'elettrocardiografo, le ho fatto presente di essere un medico. "Lo so già. - mi ha risposto sorridendo - Tanto meglio: raccoglieremo i dati anamnestici con maggiore precisione." Reazione opposta a quella che avevo tristemente sperimentato a Roma, al PS dell'Ospedale San Camillo, dove essere medico sembra, a dir poco, una colpa. Le sorprese erano appena cominciate. Il personale paramedico, senza alcuna eccezione, si è sempre mostrato cortese nei miei riguardi ed ha fatto finta di non accorgersi di alcune battute che ora, a mente fredda, riconosco sgarbate e fuori luogo. E' vero, non sono un "ammalato" facile, ma star male quasi continuamente da due anni a questa parte, aver visto più di una volta la morte con gli occhi, come nella circostanza di qualche ora prima, renderebbe cattivo anche un angelo. Categoria alla quale decisamente non appartengo. Ho poi notato che la gentilezza è una qualità che accomuna tutto il personale dell'Ospedale di Castel Del Piano, risalendo lungo la scala gerarchica dall'ultimo portantino al primario medico dott. Pierluigi Pescatori. Che mi ha trattato non solo da collega, ma direi quasi da amico. Mai, tranne i casi in cui tra pazienti ed infermieri intercorrevano rapporti di parentela (cosa non infrequente in un piccolo centro), è accaduto che il personale sanitario desse del "tu" agli ammalati. Ho sentito usare sempre il "lei", rispettoso ma non servile. Insomma, un posto in cui la dignità di chi soffre viene tenuta nel debito conto. Dal novembre 1999 al maggio 2001 sono stato ricoverato, a Roma, al Sant'Eugenio, al San Camillo, all'Ospedale Israelitico, ed ho sempre mangiato in recipienti di polistirolo espanso, che vanno in giro per i reparti su un enorme carrello, pilotato da un specie di Caronte che distribuisce agli ammalati detti contenitori, accompagnandoli spesso con battutacce e cattive parole. Qui a Castel Del Piano portano dalla cucina, che è in ospedale, il vassoio col cibo. Nei piatti, come a casa propria. Ben caldo, abbondante, di gusto gradevole e cambiato ogni giorno. Altro pregio, il silenzio. Negli Ospedali romani di cui - è proprio il caso di dirlo - sono stato spesso vittima, non è possibile dormire né di giorno né, tanto meno, di notte. Gli infermieri si chiamano l'un l'altro a gran voce, da un capo all'altro dei corridoi. "Ma quanto costa un po' d'olio per ungere le ruote delle barelle?" mi sono chiesto spesso. Il loro sferragliare sveglierebbe anche un ghiro, ma evidentemente l'olio ha raggiunto prezzi astronomici. Perché usare la sirena sempre, anche quando non c'è traffico e si sta nelle immediate vicinanze dell'Ospedale? Non sarebbe sufficiente il lampeggiatore? La parte del leone l'Ospedale di Castel del Piano la fa col tempo. Non esiste il dopodomani ma soltanto l'oggi e, proprio quando non se ne può fare a meno, il domani. "Dopo questa visita - mi ha detto una mattina il primario - farai una radiografia di controllo al torace. Alle sedici un ECG e subito dopo un'ecografia epatica. Sta' digiuno per un prelievo di domattina, controlleremo glicemia ed elettroliti".
Devo infine far presente che gli esami, stumentali e di laboratorio, sono qualitativamente ineccepibili, e la professionalità di vari operatori fuori discussione.

Complimenti vivissimi, cari colleghi di Castel Del Piano. Ed un commosso saluto al medico di base: se l'intervento de "la Rosaria", come la chiamano affettuosamente i suoi pazienti di Semproniano, non fosse stato tempestivo ed efficiente, non starei qui alla tastiera del computer.




L'uccellino mi fa ricordare un nido che le rondini avevano costruito sotto il tetto del cortile interno, quello che si osserva dalla finestra del corridoio prossimo alla stanza dove ero ricoverato io. Babbo e mamma facevano a gara ad imbeccare i piccoli, alternandosi l'un l'altra in rapida successione. Un poetico segno di speranza.
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