Curiosità

I    P  R  I  O  N  I



I bovini sono una sottofamiglia dei Bovidi; a sua volta, questafamiglia appartiene al sottordine dei Ruminanti (ordine Artiodattili). IRuminanti si chiamano anche Selenodonti, per via della superficie triturantedei loro denti (premolari e molari, in tutto sei per ogni emiarcata), caratterizzata da quattro pieghe semilunari o falciformi, orientate nel senso della lunghezza della mascella. Le mezze lune presentano due serie di creste longitudinali, atte a taghiuzzare le fibre vegetali durante la masticazione, grazie ai movimenti laterali della mandibola, tipici di questi animali. Non solo i denti, ma tutto l'apparato digerente è strumentale ai fini di un'alimentazione vegetariana. Lo stomaco dei Ruminanti è diviso in quattro scomparti, il rumine, il reticolo, l'omaso e l'abomaso, che hanno forma, volume, struttura e funzioni diverse.
Il rumine, in cui sfocia l'esofago, è la parte di maggior volume, con superficie interna ricca di papille che assicurano la temperatura giusta per lo sviluppo di determinati germi. Segue il reticolo, di forma sferoidale, con la parete interna tappezzata di papille, diverse da quelle del rumine, delegate al controllo della frazione liquida degli alimenti. La terza concamerazione, l'omaso, di forma allungata, presenta all'interno una serie di duplicature longitudinali della mucosa, che ricordano le pagine di un libro. E'qui che avviene l'assorbimento dell'acqua. L'ultima camera, l'abomaso, è un vero e proprio stomaco, ricco di ghiandole gastriche. Tra lo sbocco dell'esofago nel rumine e l'omaso si estende la doccia esofagea, che consente la comunicazione diretta delle cavità ora descritte. Nei ruminanti la cellulosa viene digerita ad opera di microrganismi anaerobi (es. i Clostridi) associati ad altri germi (es. gli Infusori). Questi verranno poi digeriti, assicurando ai Ruminanti un considerevole apporto proteico. Il cibo, ingurgitato in fretta ed in abbondanza, passa nel rumine, dove subisce una prima fermentazione, e poi nel reticolo, dove viene suddiviso in tanti picccoli boli e rigurgitato nella vavità orale. Qui è masticato con cura ed opportunamente insalivato. In seguito, il cibo ridiscende nell'omaso tramite la doccia esofagea, poi nell'abomaso ed infine nell'intestino. L'enorme stomaco ed il lunghissimo intestino conferiscono a questi animali il caratteristico aspetto panciuto.
Insomma, in centinaia di milioni di anni i Ruminanti si sono evoluti privilegiando un tipo di metabolismo altamente specializzato (dalla superficie masticatoria dei denti fino alla flora batterica dello stomaco), che prevede un'alimentazione esclusivamnte vegetariana, condotta pascolando per prati erbosi, ovviamente non contaminati da sostanze chimiche.
Metabolismo specializzato ma labile, perché dipende da una serie di fattori che non possono essere alterati. Tutto è andato bene da tempi immemorabili, poi è intervenuto in misura massiccia l'uomo, con le sue multinazionali ed il culto del profitto. Altro che miti sentimenti di vigore e di pace che espandono il cuore, come scriveva Carducci a proposito del"Pio bove", estendendo il concetto anche alla mucca, al toro ed al vitello. Che ci fate lì fuori a perdere tempo? Tutte dentro la stalla, a mangiare farina di pesce e frattaglie semiputrefatte di ovini. Diventerete carnivore, crescerete più in fretta, ci darete cibo ottimo ed a buon mercato. Poi ci si meraviglia che, in condizioni innaturali di tal genere, la mucca ammali, contragga la BSE (encefalopatia spongiforma bovina), diventi"pazza" (più correttamente, gli AA anglosassoni usano il termine"irritable") e poco dopo muoia! Perbacco, al contrario dovremmo stupirci se, malgrado questi trattamenti, restasse "savia" e tranquilla.
Sono queste le basi anatomiche e funzionali cui, almeno in prima approssimazione, è riconducibile la forma morbosa in argomento. Come tutti gli accadimenti biologici, anche il fenomeno "mucca pazza" è sotteso da eventi biochimici, tuttora in fase di studio, su cui è necessario spendere qualche parola. Pensateci, ragazzi, è tempo di crolli, di cadute, di ristrutturazione di campi cognitivi. Un giorno o l'altro, senza nemmeno accorgercene, ci troveremo tutti seduti per terra. Si abbatte il muro di Berlino. Si cancellano, con buona pace di Duesber che ne ha fatto argomento di battaglia, i postulati di Koch. Non ha più senso il dogma centrale della biologia molecolare: la scoperta della trascrittasi inversa ha mostrato che l'informazione genetica può andare anche nel senso opposto a quello consueto: dall'RNA al DNA. Comunque, sempre verticalmente, dagli acidi nucleici alle proteine. Su questo pare che fossimo tutti d'accordo. Il contrordine è stato netto e preciso: non è vero nulla: l'informazione può viaggiare ancheorizzontalmente, dalle proteine alle proteine, bypassando gli acidi nucleici. Intendiamoci bene: i geni restano quali depositari delpatrimonio ereditario, la via rimane quella consueta DNA --> RNA --> proteine, però in determinati casi può accedere che la configurazione di una proteina influenzi quella di un'altra proteina.
Per la verità non si tratta di acquisizioni recentissime, essendoormai datate di quasi una trentina d'anni. Risalgono alle osservazioni di Stanley B. Prusiner (1972), secondo cui alcune malattie, sia infettive che ereditarie, possono essere causate direttamente da particelle proteiche, da lui definite prioni. I prioni si moltiplicano agendo sulla configurazione delle proteine normali, trasformandole in sostanze tossiche e conferendo ad esse la propria attitudine replicativa.Inoltre, tali patogeni provocano anche malattie sporadiche, in cui non è possibile documentare alcun contagio, né alcuna modalità di trasmissione ereditatia. Sempre secondo Prusiner, non abbiamo a che fare con un unico prione, bensì conun ampio gruppo di proteine differenti, tutte dotate delle capacità ora descritte, responsabili di forme morbose diverse che affliggono sia gli animali che l'uomo. Il danno più frequente consiste nella degenerazione spongiforme della materia cerebrale, che presenta innumerevoli aree rarefatte, bucherellate, simili ad una spugna.



Negli animali la forma più comune è lo scrapie, che interessa le pecore e le capre. Queste perdono la coordinazione dei movimenti, non riescono a star ferme ed in alcuni casi sviluppano un intenso prurito, tale da farle grattar via (scrape off vuol dire scrostare) il mantello di lana che le ricopre. Per quanto riguarda i bovini, la sintomatologia è ben nota: tutti abbiamo visto le scene penose trasmesse dalla televisione, il tremendo spettacolo che offrono queste povere bestie. Altri animali che possono essere colpiti da malattie riferibili ai prioni sono i muli, i cervi, i daini, i caprioli, le alci, i visoni ed i felini.
Per quanto riguarda l' uomo, la questione è più intricata e complessa. Nel 1957 due ricercatori, Vincent Zigas (Australian Public Health Service) e D. Carleton Gajdusek (U.S. National Institute of Health) osservano che alcuni abitanti delle Highlands (Papua New Guinea) ammalano di una stana malattia, mai osservata altrove, il Kuru, detta anche dagli indigeni "laughing death". Laughing gas è il gas esilarante: nel caso specifico, it's nolaughing matter, c'è poco da ridere! Il comportamento dei pazienti trova però ampia giustificazione nella demenza, che li ha colti dopo un certo periodo in cui i loro movimenti non sono più coordinati (atassia). Seppur involontariamente, se l'erano andata a cercare: rendevano omaggio ai propri defunti cibandosi del loro cervello. Cessata questa macabra usanza, il Kuru è praticamente scomparso.
Al contrario della laughing death, che inizia con l'atassia ed è localizzata in un'area geografica ben precisa, la sindrome di Creutzfeldt-Jakob è diffusa in tutto il mondo e comincia con la demenza. Fortunatamente è una malattia rara (un caso ogni milione di persone) che si presenta sporadicamente; l'età in cui si manifesta è intorno ai 60 anni. Il 10-15 per cento dei casi potrebbe riconoscere una genesi ereditaria.
Infine, in poche occasioni è stata ipotizzata una causa iatrogena (trapianti di cornea, impianto di dura madre o di elettrodi contaminati nel cranio, strumenti chirurgici infetti, iniezioni di ormone della crescita proveniente da ipofisi umane, prima che diventasse disponibile il GH ricombinante).
Le altre due malattie umane che restano, verosimilmente riferibili ai prioni, sono la sindrome di Gerstmann-Straussler-Scheinker (atassia ed altri segni di danno cerebellare) e l' insonnia familiare letale (la demenza fa seguito a gravi difficoltà ad addormentarsi). Entrambe le condizioni sono in genere ereditarie e si presentano intorno ai 40-50 anni.
Torniamo ora al nostro Prusiner, che nel 1972 lavorava in qualità di neurologo a San Francisco, presso la scuola di medicina dell'università di California. Gli morì un paziente affetto dalla sindrome di Creutzfeldt-Jakob, ed incuriosito da questa malattia poco frequente cominciò a studiarne la letteratura, intrattenendosi anche su altre forme morbose più o meno analoghe. Ben presto si accorse che lo scrapie, il kuru e la sindrome di Creutzfeldt-Jakob erano trasmissibili ad animali sani mediante iniezione nel loro cervello di frustoli di tessuto nervoso prelevato da soggetti ammalati. In un primo momento, le tre sindromi furono riferite ad un virus che si sviluppavalentamente, anche se non era stato ancora possibil un virus che si sviluppava lentamente, ma non riuscirono ad identificare tale patogeno .Quel che dovette far saltare dalla sedia Prusiner, intento alla lettura delle pubblicazioni sull'argomento, fu "an astonishing report" di Tikvah Alper e dei suoi collaboratori dell'Hammersmith Hospital di Londra: anche se esposti ai raggi ultravioletti ed alle radiazioni ionizzanti, che notoriamente distruggono gli acidi nucleici, gli estratti di cervello di pecore affette da scrapie conservano inalterato il loro potere infettante. Quindi non si trattava di un virus o di un microrganismo di struttura consueta, ma di un altro patogeno, sprovvisto di DNA e/o di RNA. Prusiner cominciò quindi a purificare il materiale infetto, fino ad ottenere, nel 1982, estratti di cervello di criceto che contenevano pressoché esclusivamente sostanze proteiche capaci di trasmettere la malattia. A tali proteine diede il nome di "prioni" (PrP), per distinguerli da tutti gli altri patogeni noti.
Attualmente sappiamo che esistono due tipi di PrP, l'una di provenienza cellulare (PrPc), non patogena, l'altra (PrPsc), simile ma non identica a quella cellulare, rappresentata dai prioni. La PrPc verrebbe sintetizzata normalmente, seguendo la via consueta della trascrizione e della traduzione dell'informazione genetica (DNA -> RNA -> proteine). I prioni (PrPsc) agirebbero sulle PrPc alterandole e conferendo ad esse la propria capacità infettante e cellulo-lesiva, seguendo una via differente di trasmissione dell'informazione: proteine -> proteine, e creando autorepliche con effetto amplificato a cascata.
Da dove vengono questi benedetti prioni? Dovrebbero essere, nella scala evolutiva, i primi patogeni, ma forse è vero il contrario, sono gli ultimi. Li chiamerei LP, Last o meglio Latest Pathogenics. E’ probabile che stimoli di varia natura (per intenderci, del genere di quelli che fanno “impazzire” le mucche e ridere a crepapelle i cannibali) modifichino le PrPc originarie, situate nel citoplasma per svolgere le loro funzioni specifiche, trasformandole in PrPcs. Una volta formatesi, le PrPcs si comporterebbero secondo le modalità descritte prima.
Non tutti gli scienziati accettano l’esistenza dei prioni. Si potrebbe obiettare loro che le prove finora fornite del trasferimento di materiale infettivo, di natura proteica e privo di acidi nucleici da un animale ammalato ad uno sano siano abbastanza convincenti, anche perché ripetute da molti ricercatori, di scuole diverse ed indipendenti l’uno dall’altro. La plausibilità biochimica dei prioni c’è, sono state identificate le sequenze di aminoacidi da cui sono costituiti. Resta da spiegare come facciano a “riprodursi senza dipendere dagli acidi nucleici” e qui casca l’asino. Non solo io, che sono poca cosa, ma lo stesso Prusiner, che ciurla nel manico e si esprime con queste parole: “Evidently, the scrapie protein propagates itself by contecting normal PrP molecules and somehow causing them to unfold and flip from their usual corformation to thescrapie shape”. Per l’appunto, somehow, in qualche modo. Già che ci sei,spiegaci pure in cosa consiste questo modo, e chiudiamo il discorso. E’ pacifico che la differenza tra PrPc e PrPsc non è rappresentata dal cambiamento della sequenza di aminoacidi, che sono gli stessi, ma da una diversa conformazione speziale: alfa elica nella prima, lamina beta nella seconda. Ma come fanno i prioni a governare il cambiamento da alfa a beta? Nebbia fitta ed impenetrabile, almeno finora. Qualche ipotesi? Proviamo.
La maggior parte delle proteine subiscono modifiche DOPO che sono state rilasciate dal ribosoma, ossia quando gli acidi nucleici non contano più nulla. Conosciamo processi di fosforilazione e defosforilazione, acetilazione e desacetilazione, metilazione e demetilazione, uridilazione e deuridilazione, carbossilazione e decarbossilazione, e così via. Altre volte, vengono staccate parti della catena peptidica, come accade alle proteasi digestive che dallo stato di precursore inattivo (zimogeno) passano allo stato attivo dopo essere state modificate, fuori dalla cellula, da una o più scissioni proteolitiche. Insomma, acidi nucleici si, ma fino ad un certo punto: alcune fasi della sintesi proteica si verificano senza il loro intervento.
Torniamo ora, per un attimo, alla vecchia teoria “istruttiva” della genesi degli anticorpi. Questi si formerebbero riproducendo, in negativo, la configurazione esterna degli antigeni. Come sappiamo, a seguito degli studi di Burnet la teoria “istruttiva” è stata soppiantata da quella selettiva, che prevede la scelta di cloni cellulari, che fabbricano anticorpi specifici, con modalità su cui non è il caso di intrattenerci. Resta comunque il fatto che l’informazione si replica nel DNA, si trascrive dal DNA all’RNA e si traduce dall’RNA alle proteine con meccanismi in cui lo “stampo” gioca un ruolo determinante. La complementarità delle basi azotate (regola di Chargaff) non è altro che un modello fisico di stampo, che funziona perfettamente. Che vi siano accadimenti del genere anche a livello proteico? Riflettendoci su e generalizzando, cosa sono le vie metaboliche se non insiemi di reazioni chimiche catalizzate da centinaia di enzimi, che operano a cascata in modo che il prodotto di una reazione rappresenti il substrato della reazione successiva? In tal caso, possiamo parlare di una serie di stampi, che vengono via uno dopo l’altro? Nel suo piccolo, può una macromolecola di PrPsc replicarsi intervenendo sulla configurazione tridimensionale di una macromolecola di PrPc? Cose “vede” una macromolecola di PrPsc in una di PrPc? Non certo un modello cristallografico dicui può osservare soltanto lo scheletro covalente, gli angoli di legame e le loro lunghezze. Al contrario, riconosce la posizione ed il segno delle cariche elettriche, la distanza fra i gruppi carichi, le posizioni dei gruppi polari privi di carica (ossidrilici, carbonilici e amidici) che possono partecipare alla formazione dei ponti idrogeno. In base a queste “nozioni”, la PrPsc è in grado di adempiere al compito esemplificato prima, magari sfruttando la notevole energia di superficie di cui è in possesso.




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