Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, l’Italia si dichiarò neutrale (la Triplice Alleanza, di cui faceva parte, non la impegnava ad entrare in guerra), anche perché un intervento a fianco dell’Austria non sarebbe stato vantaggioso, dato che gli interessi italiani in Trentino, nelle Venezie e nell’Adriatico erano in conflitto con gli stessi austriaci. I rapporti con l’Austria si erano poi negli ultimi tempi raffreddati, a causa della questione delle terre irredente (Trento e Trieste) sotto il dominio austriaco.
Si erano pertanto delineate due correnti di opinione: gli interventisti e i neutralisti.
Gli interventisti si divisero in interventisti di destra (favorevoli ad un intervento a fianco dell’Intesa) e interventisti di sinistra (favorevoli ad un intervento a fianco dell’Alleanza). Nel variegato gruppo dei favorevoli alla guerra, si sottolinea la presenza di Benito Mussolini, allora appartenente alla fazione dei Socialisti Rivoluzionari che auspicò l’ingresso in guerra per trasformare la prospettata vittoria italiana in un trionfo del proletariato. Il futuro Duce fu espulso dal PSI per queste sue idee e arrestato nell’aprile del 1915 mentre si apprestava a partecipare ad un comizio interventista a Roma.

Mussolini alla manifestazione di Milano

Tra gli interventisti si annoverano anche i conservatori, ovvero gli esponenti che volevano una guerra vittoriosa, così da rafforzate le istituzioni e da acquistare importanti posizioni di forza sull'adriatico. Tra questi i liberal-conservatori Antonio Salandra, il cui governo aveva in primo momento dichiarato lo stato di neutralità e Sidney Sonnino.
A prescindere dall’orientamento, l’obiettivo principale per loro era comunque quello di entrare in guerra.
I neutralisti si divisero tra giolittiani, socialisti e cattolici. I primi, che si spiravano alle idee del grande statista, sostenevano che la guerra non era da farsi, perché l’Italia non era pronta ad affrontarla nè economicamente nè militarmente.

Antonio Salandra

 

Giovanni Giolitti

Sidney Sonnino

Giolitti riteneva infatti di poter ottenere Trento e Trieste con la diplomazia, senza grandi sacrifici finanziari.
I socialisti, tradizionalmente pacifisti e antimilitaristi, si dimostrarono contrari perché riconoscevano nelle ragioni della guerra finalità di natura imperialista, estranee agli interessi del proletariato.
I cattolici, che esprimevano l'opinione pacifista dei contadini e del Papa, non ostile all'Austria, manifestavano contrarietà al conflitto per motivazioni etiche.
Il neutralismo fu poi soprannominato “neutralismo a termine”, in quanto, una volta entrata in guerra l’Italia, essi andarono al fronte a combattere.
Un ruolo importante nella conversione degli Italiani da neutralisti ad interventisti fu rivestito dalla stampa tanto che dopo la fine del primo conflitto mondiale ANTONIO SALANDRA, presidente del Consiglio dal 1914 al 1916 scrisse:"Senza i giornali l'intervento dell'Italia forse non sarebbe stato possibile".
Con questa affermazione l'uomo politico conferma l'importanza che ha l'intervento dei giornali, delle riviste, delle pubblicazioni d'opinione, attorno ai quali si coagula la cultura del Paese, sulla maturazione degli eventi e delle situazioni in una direzione piuttosto che in un'altra, sulle scelte finali politiche delle masse popolari.
Sulle piazze d'Italia si riversarono masse di studenti, di piccoli e medi borghesi, di insegnanti inneggianti alla guerra fanaticamente, entusiasticamente, istericamente; non mancarono, man mano che l'indrottrinamento bellicistico si fece sempre più serrato, frange di proletariato operaio e contadino, di cattolici e socialisti. Dietro questa metastasi della pulsione a guerreggiare, le martellanti prose del "Corriere della Sera" (schierato con Salandra e Sonnino), del "Secolo", del "Giornale d'Italia", del "Resto del Carlino", del "Popolo d'Italia" (di Mussolini) e dei vari piccoli giornali della provincia italiana. Non furono da meno gli eleganti, suadenti, ispirati, messianici scritti dell'intellighenzia italiana del momento: il sociologo Pareto, il poeta D'Annunzio, il filosofo Gentile e lo storico-politico Salvemini, gli scrittori Prezzolini, Soffici, Papini, Marinetti, Pannunzio, Malaparte, Jahier.
La somma di mesi e mesi di arringhe inchioda i neutralisti nel ruolo di "traditori della patria".
Solo in questo mutato contesto il governo Salandra, invocando la "volontà popolare", ebbe la possibilità di dichiarare in quel maggio radioso la guerra per la riconquista dei sacri confini. Era il 24 maggio 1915 e l’Italia apriva le ostilità con l’Impero Austro Ungarico..

 

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