La pittura metafisica è una delle principali tendenze artistiche italiane della prima metà del '900.
Non si può definire un "movimento" vero e proprio, ma piuttosto una "corrente". Infatti, non si fonda su un manifesto o a un documento programmatico. Non assume la fisionomia di un gruppo. Non è nemmeno possibile fissare una data precisa d'esordio.

La pittura metafisica prende inizio grosso modo tra il 1912 e il 1914. In quegli anni non ha ancora un'identità precisa. Corrisponde, infatti, a una tappa particolare nell'evoluzione stilistica del lavoro di Giorgio de Chirico.
Per alcuni anni de Chirico conduce la propria ricerca sostanzialmente isolato. Finché, a partire dal 1916, altri grandi artisti italiani, ispirandosi alle opere di de Chirico, elaborano un proprio linguaggio personale.
Il primo a seguire l'esempio di de Chirico è Carlo Carrà, che nel 1917 lo incontra all'ospedale militare di Ferrara. Quindi, è la volta di Giorgio Morandi, che attorno al 1918 vede pubblicate alcune opere di de Chirico e Carrà. Tra il 1918 e il 1925, si accostano alla pittura metafisica anche Filippo De Pisis, Mario Sironi, Massimo Campigli, Felice Casorati e altri autori minori. È allora che la pittura metafisica assume i caratteri di "corrente" vera e propria. A conferirle un inquadramento sul piano teorico è Alberto Savinio, fratello di de Chirico, e anche lui pittore nonché poeta.
De Chirico - Ettore e Andromaca

 

 

Pittura metafisica: caratteristiche principali

Il termine "pittura metafisica" indica il rapporto particolare di questo tipo di pittura nei confronti della realtà.
Rispetto ad altre correnti, la pittura metafisica si caratterizza per l'ordine e la chiarezza compositiva. I quadri raffigurano oggetti e forme riconoscibili, collocati in spazi ben definiti dal punto di vista architettonico. Ma i vari elementi appaiono combinati in maniera assurda, apparentemente senza nessi tra loro. Verrebbe da paragonarli a palcoscenici, su cui sono allestite rappresentazioni ambigue e paradossali.
Da questo uso della realtà per porsi al di fuori di essa deriva, quindi, la sua denominazione.

Gli oggetti presenti nei quadri metafisici possono essere: manichini, torsi di sculture, metronomi, giocattoli, bottiglie, scatole, sfere, strumenti d'artista (squadre, compassi, cornici), ecc.
Le loro aratteristiche principali sono:
- fisionomia stilizzata e schematica,
- contorni netti, dovute a sottili linee nere,
- superfici lisce, semplificate, con chiaroscuro elementare

- ombre perlopiù monocrome.

Gli spazi che fanno da sfondo agli oggetti presentano tipologie che si differenziano a seconda dell'autore.
Quasi tutti i quadri metafisici di Carrà, Morandi, De Pisis, e alcuni di de Chirico, raffigurano interni di stanze. Sono molte, però, le eccezioni, costituite soprattutto da Giorgio de Chirico e dal fratello Alberto Savinio. E un discorso a parte va fatto anche nel caso di Giorgio Morandi.
Nelle tele di de Chirico ricorrono spesso spazi aperti, simili a piazze, terrazze, scorci di arcate. Particolarmente famose sono le cosiddette "piazze d'Italia": visioni di spazi aperti sull'orizzonte, delimitati da edifici ad arcate, torri e architetture più o meno note, con sculture antiche collocate in primo piano.
Le tele di Giorgio Morandi del 1918-19 sono, invece, nature morte metafisiche, in cui gli oggetti appaiono disposti su tavoli.
Caratteristiche principali degli spazi che fanno da sfondo sono:
- chiarezza e nitore della composizione,
- schematicità e semplificazione delle strutture architettoniche,
- presenza di prospettive forzate e linee di fuga improbabili,
- impiego di tinte calde e terrose (verde, bruno, terra di siena, rosso, bianco).

 

Severini - Mare=ballerina

 

Pittura metafisica: le idee e la poetica

Alla base della pittura metafisica si riconosce sostanzialmente un atteggiamento intellettuale. La pittura metafisica nasce dall'intento dell'artista di creare un mondo che non esiste nella realtà. Un mondo capace di esaltare la bellezza intrinseca degli oggetti e della materia.
Un aspetto fondamentale è il suo carattere ambiguo e paradossale. L'artista riproduce oggetti ed elementi del mondo reale, accostandoli e combinandoli tra loro in maniera assurda. In questo modo gli oggetti si spogliano dei loro significati abituali, l'opera perde il suo legame con la realtà e si colloca al di fuori di essa.
Altro aspetto importante è il senso di mistero e inquietudine che pervade la scena. Il collocarsi dell'opera al di fuori del tempo e dello spazio fisico suscita un senso di spaesamento, di enigma. Per Giorgio de Chirico, in particolare, l'uomo e il mondo stessi sono un enigma. Compito dell'artista è tradurre in immagini il lato enigmatico dell'esistenza. Meno cariche di questa tensione "enigmatica" sono le opere di Morandi e De Pisis.
In ogni caso, nella pittura metafisica bisogna riconoscere una componente ironica e nettamente ambigua. È proprio questa componente particolare a catturare l'interesse dei surrealisti, che vedono nella pittura metafisica di de Chirico una delle radici del Surrealismo.

De Chirico - Canto d'amore

 

 



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