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“IL PINOCCHIO ADOTTATO”

La storia di Pinocchio ha affascinato e continuala affascinare adulti e bambini. E una fiaba che commuove e che ha ormai superato l'esame del tempo. Il romanzo più celebre della letteratura italiana dell'Ottocento si è diffuso ben oltre i confini del nostro Paese entrando nell'immaginario di milioni di bambini di tutto il mondo. Le avventure di Pinocchio è stato tradotto in 86 lingue accertate, come dichiara la Fondazione Nazionale Carlo Collodi, anche se conteggiare concretamente il numero esatto è diventato molto difficile da quando non è più necessario farne specifica richiesta alla Fondazione stessa. Ultimamente la ONG italiana CIAI - grazie anche ai contributi di diverse aziende private e dell'associazione Sìpar - ha reso possibile la traduzione del classico di Collodi in Khmer, linqua ufficiale della ,    Cambogia.

La storia di Pinocchio può essere vista, in linee molto generali, come un particolare e speciale percorso di adozione e, soprat­tutto, di postadozione. Geppetto desidera un figlio, non lo può avere e quindi decide di "costruirselo". Chiede aiuto a Mastro Ciliegia, perché non possiede un bel pezzo di legno da cui poter creare il suo burattino.

Molte delle coppie che decidono di adottare un bambino si trova­no in una situazione simile a quella di Geppetto, perché desi-derano un figlio ma non lo possono avere e per riuscire a soddisfare questo desiderio chiedono aiuto a chi ha le competenze per poterglielo offrire.

Quando poi Geppetto è solo nella sua casa immagina Pinocchio e comincia a scolpire il pezzo di legno, gli fa la testa, il corpo, le braccia e le gambe. Così i futuri genitori adottivi,

nel periodo di attesa, immaginano come potrà essere il loro bambi­no e, se si sono rivolti all'adozione internazionale, lo immaginano con quelle caratteristiche somatiche del Paese in cui hanno deciso di portare avanti il loro percorso adottivo.

Mentre Geppetto intaglia il suo burattino decide di dargli un nome perché colui che stava affiorando dal pezzo di legno non ne possedeva uno: "lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna". Un bambino adottato, al contrario del nostro burattino, ha un nome che gli è stato dato o dai suoi genitori naturali o da qualcuno che ne ha fatto momentaneamente le veci. Questo nome è il segno tangibile dal passato del bambino, della sua storia, della sua cultura. Non è come Pinocchio, che nasce da un pezzo di legno, che non ha una storia o un passato da raccontare. Il rispetto per l'appartenenza culturale del bambino passa anche per l'accettazione del suo nome che costituisce per lui il suono delle proprie origini e uno stretto legame con esse.

Quando Pinocchio è "pronto" in men che non si dica comincia a mostrare, con meraviglia di Geppetto, il suo carattere. Quello che fa, "quando le gambe gli si furono sgranchite", è di iniziare a occupare lo spazio intorno a lui, sconosciuto e fonte di curiosità; in un attimo esce dalla porta di casa e comincia a studiare il mondo. È qui che hanno inizio le sue avventure, e insieme quelle del suo papà. L'inserimento di Pinocchio in questa nuova realtà è improvviso e brusco; le sue energie sono completamente assorbite dalla scoperta di ciò che lo circonda, dal distinguere le cose che gli piacciono da quel­le che invece non gradisce, cer­cando di ottenere le prime ed evitare le seconde, scontrandosi con delle regole sociali che inve­ce sembrano chiedergli di fare proprio quelle cose che non gli va di fare. L'impegno richiesto dai 'grandi' e dal mondo che lo circonda è immenso, dove spesso non gli è chiaro il perché di ciò che deve fare. Dall'altra parte anche Geppetto, con l'aiuto della Fata dai capelli turchini, ha da spendere molte energie sia per costruire un legame con il suo nuovo figlio  che mostra già da subito il suo carattere vispo, furbo e vivace  sia per modificare inevitabilmente le proprie abitudini e la gestione della propria vita in virtù della presenza di Pinocchio. Uno dei compiti più impegnativi per Geppetto  e quindi per un genitore adottivo -sarà quello di permettere un gra­duale passaggio di quelle regole sociali che il suo bambino non conosce e di cui non riesce a vedere l'utilità, aiutandolo ad attribuire a queste un significato per lui comprensibile.

Ciò che può succedere quando il bambino adottato arriva nella sua nuova realtà di accoglienza è che manifesti comportamenti simili a quelli mostrati da Pinocchio o che si chiuda invece in se stesso, senza far parola del suo disagio, diminuendo fortemente le possibilità di comunicazione con i suoi nuovi genitori. Fare anche un solo accenno a tutte le diverse manifestazioni che può assumere il disagio dovuto
ai cambiamenti improvvisi della vita di un bambino adottato richiederebbe uno spazio molto più ampio e non è lo scopo di questo articolo. Quello che è vero è che alcune delle criticità dell'inserimento di Pinocchio nella sua nuova realtà si ritrova­no anche nelle esperienze dei bambini che vengono adottati. Una differenza molto importante tra Pinocchio e questi bambini è che essi hanno alle loro spalle sicuramente un vissuto di abban­dono e, purtroppo molto spesso, hanno provato esperienze traumatiche di violenza e di abuso, fisico o psicologico. Hanno pro­babilmente già provato il terrore di Mangiafuoco o la manipola­zione e l'inganno da parte del Gatto e della Volpe.

L'inserimento quindi nella nuova realtà di accoglienza pre­senta delle criticità e le energie del bambino e dei genitori saranno all'inizio completamente assorbite dalla mutua conoscen­za, dalla scoperta e accettazione delle reciproche diversità. Se l'in­serimento nella nuova realtà sarà abbastanza flessibile e questa non proverà a modificare e a rimodellare il bambino, cercando di cancellare dai suoi ricordi tutto quello che è il suo bagaglio di esperienze, egli potrà elaborare le diverse fasi della sua storia adottiva, rinforzandole con il suo passato, giungendo all'integra­zione delle sue emozioni e di tutti quegli aspetti che riguardano le sue esperienze interne, come succede a Pinocchio quando diventa un bambino in carne e ossa: «- E il vecchio Pinocchio di legno dove si sarà nascosto? - Eccolo là - rispose Geppetto».

Ciò che fa Geppetto non è di nascondere il burattino, ma di farlo vedere a Pinocchio, perché ciò che è stata la sua vita di "prima" è parte imprescindibile della sua vita di "adesso".

  È bello pensare che oggi i bambini accolgono un nuovo amico italiano, anche lui vivace e birichino, che ha voglia di giocare e divertirsi, che dice bugie, che combina tante marachelle, ma che è comunque amato di un amore speciale da coloro che lo hanno tanto desiderato, ancor più perché di legno, perché la sua origine lo rende unico

 

(Alessandra Jovine psicologa)

tratta dal "notiziario CAI

 

 

 

 

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