Introduzione
Nella nostra qualità di ortodossi italiani, ci siamo sentiti
proporre più di una volta la domanda "ma in che cos'è che siete differenti dai
cattolici?"
Trattandosi di una domanda piuttosto generalizzata, talvolta ce
la siamo sentita porre per mera curiosità, senza un reale desiderio di
comprensione. Ma spesso, dietro questa richiesta apparentemente banale, si cela
un cammino di ricerca e di vero struggimento interiore, alla scoperta di un
cristianesimo più autentico e profondo.
Poiché è nostra convinzione che il cristianesimo più autentico
si trovi proprio nella Chiesa ortodossa, abbiamo creduto opportuno fare alcuni
cenni scritti sulle differenze tra questa e il Cattolicesimo romano. Abbiamo
cercato, per quanto possibile, di presentare i fatti dei punti di
divergenza, e quindi le loro interpretazioni (teologiche, liturgiche,
pastorali).
Confidiamo che queste pagine siano utili soprattutto a tre
categorie di persone:
- I sinceri ricercatori della verità, che di fronte alla
tirannia del relativismo del nostro tempo, non sanno più in cosa credono, o che
si chiedono se credere abbia ancora un senso.
- I nostri amici cattolici romani, spesso convinti (e in questo
presumiamo sempre la buona fede) che le nostre due espressioni di fede siano
"pressoché uguali". A loro chiediamo, in tutta onestà, di riflettere con
attenzione su questi punti. Se certe nostre affermazioni sembreranno loro troppo
dure, non chiediamo di meglio che sapere le loro ragioni. È in questo modo che
nasce ogni autentico dialogo.
- I nostri fratelli ortodossi, perché (anche qualora non
apprezzassero la nostra impostazione) si sentano incoraggiati a scavare alle
radici della propria fede. Nella speranza che questo nostro piccolo sforzo possa
aiutarli a riscoprire i tesori della loro tradizione, chiediamo loro di pregare
per noi peccatori e indegni.
Alcune delle differenze che qui elenchiamo sono di natura
teologica e dogmatica, e toccano i principi stessi della fede cristiana, altre
sono dovute a usanze locali o a situazioni storiche contingenti; alcune possono
essere espressioni di una legittima varietà all'interno dell'aderenza ai punti
essenziali della fede; alcune differenze potrebbero forse essere scartate come
irrilevanti, ma noi non ci permettiamo di farlo, proprio per uno dei principi
basilari dell'Ortodossia: la ferma convinzione che la Fede Ortodossa altro non
sia che la pienezza della fede e della tradizione apostolica, conservata con
cura nel corso dei secoli, alla quale nulla è stato aggiunto, e nulla è stato
tolto. E' pur sempre possibile che vi siano particolari contingenti,
sfumature dovute a particolarità locali o a compromessi marginali con il mondo,
il cui abbandono non pregiudica la tradizione ortodossa, ma noi non oseremmo mai
determinare da noi stessi quel che è necessario e quello che non lo è.
L'Ortodossia è nella sua essenza una comunione di amore, e la
determinazione degli aspetti necessari o contingenti deve essere espressione di
questa comunione, e non può essere demandata all'arbitrio dei singoli.
Non abbiamo ritenuto opportuno dare alle differenze tra
Ortodossia e Cattolicesimo romano un ordine gerarchico (per le ragioni elencate
sopra), né disporle in modo sistematico (in quanto alcune differenze di
carattere, per esempio, liturgico o terminologico, nascondono dietro di loro
ragioni ben diverse di carattere teologico o filosofico). Ci siamo pertanto
attenuti, anche per favorire la ricerca di punti specifici, all'ordine
alfabetico delle varie voci. Abbiamo posto il termine "Ortodossia" in maiuscolo
quando si riferisce alla Chiesa ortodossa, in minuscolo quando è riferito alla
conformità di una dottrina all'insegnamento della Chiesa. Allo stesso modo,
"Cattolicesimo" è stato posto in maiuscolo laddove definisce la Chiesa cattolica
romana.
----- ALCUNE DIFFERENZE -----
Adorazione eucaristica
Nel culto ortodosso, non vi sono funzioni di adorazione pubblica
del Santissimo Sacramento, né esiste l'equivalente della esposizione e della
benedizione eucaristica cattolica romana. Nel corso della Divina Liturgia, dopo
la comunione dei fedeli, è ora invalso l'uso (mai codificato in alcuna rubrica
scritta) che il prete benedica il popolo con il Santissimo Sacramento, ma questo
gesto (che è di fatto l'equivalente della benedizione eucaristica romana, e la
cui introduzione tardiva può far pensare a un "latinismo") non viene mai
compiuto al di fuori del momento della comunione.
Non esistono divieti espliciti a usare i Santi Doni per benedire
i fedeli, ma l'Ortodossia non avverte questo genere di bisogno, sia per il
proprio tradizionale senso di riservatezza e di avversione per le forme di
ostentazione del mistero, sia per un'adesione più intensa alla finalità del
Corpo e del Sangue di Cristo come nutrimento ("prendete e mangiate").
Una ragione complementare della riluttanza degli ortodossi ad
accettare queste forme rituali si potrebbe vedere nella separazione delle specie
eucaristiche, poiché nella prassi cattolica romana solo il Corpo viene
utilizzato per l'adorazione e la benedizione.
Agostino di Ippona e la sua teologia
Pur non avendo obiezioni sulla santità personale di Agostino di
Ippona, sulla sincerità della sua conversione e sulla ricchezza umana e
profondità del suo impegno per Cristo, l'Ortodossia ritiene le sue conclusioni
teologiche per lo meno potenzialmente fuorvianti e pericolose.
Questa è la ragione per cui numerose chiese ortodosse
preferiscono usare il termine "Beato Agostino", escludendolo dal novero dei
santi universali, pur ponendolo tra i giusti, anche per l'umiltà di avere
affidato alla Chiesa il compito di correggere gli errori riscontrati nei suoi
scritti.
La posizione delle singole chiese ortodosse nei confronti di
Sant'Agostino non è univoca (curiosamente, furono proprio i grandi difensori
della fede ortodossa, come San Fozio e San Marco di Efeso, a tenerlo in maggiore
stima e venerazione), ma certamente l'Ortodossia non lo pone tra i maggiori
Padri della Chiesa, men che meno al primo posto, come la Chiesa cattolica romana
ha sempre tendenzialmente fatto.
Questo non è il luogo per un'analisi delle possibili deviazioni
della teologia agostiniana, ma possiamo brevemente elencare i punti che
l'Ortodossia ha ritenuto più pericolosi:
1) una diminuzione dell'enfasi sull'aspetto personale della
Santissima Trinità, che riduce le persone a semplici "relazioni" dell'unica
essenza divina;
2) l'adozione di una concezione pessimistica sul peccato
originale;
3) una tensione esagerata nella dialettica tra natura e grazia.
Il primo punto è stato tra le cause della nascita di concezioni
impersonali della divinità (deismo); gli altri due sono alla base della lunga
querelle tra Cattolicesimo romano e mondo protestante.
Apparizioni mariane
Le apparizioni mariane nel mondo ortodosso (ricordiamo la
visione nella Chiesa delle Blacherne a Costantinopoli, che generò la festa della
Santa Protezione, e gli innumerevoli episodi collegati alle icone mariane)
sembrano indicare un'azione di custodia amorevole e silenziosa, del tutto
conforme all'immagine di Maria offertaci nei Vangeli. Questo potrebbe spiegare
la diffidenza con cui la coscienza ecclesiale ortodossa valuta le apparizioni
mariane che la Chiesa cattolica romana ha autenticato nel corso degli ultimi due
secoli.
La quantità di messaggi e "segreti", rivelati a veggenti per lo
più in età tenera e impressionabile, è di per sé sospetta per la sensibilità
ortodossa, così come alcuni contenuti teologici. Un esempio tra questi ultimi è
il tema delle preghiere e sofferenze "riparatrici," di cui spesso si parla in
tali visioni. Una simile prospettiva, nell'ottica ortodossa, denigra l'idea
dell'offerta del nostro Signore per noi con il suggerimento che la nostra
sofferenza supplisca in qualche modo per gli altri ciò che manca nella sua
offerta di Se stesso. Qui siamo molto vicini alla delusione blasfema di pensare
che noi possiamo salvare gli altri con le nostre preghiere e sofferenze,
mettendoci in tal modo al posto di Cristo. San Pietro di Damasco esprime la
comprensione ortodossa quando dice: "noi non osiamo chiedere l'intercessione a
nome di tutti, ma solo per i nostri peccati."
Assunzione di Maria
Il 1 Novembre 1950, con la Costituzione Apostolica
Munificentissimus Deus, Papa Pio XII proclamava il dogma dell'Assunzione
corporea al cielo della Madre di Dio. Anche se la Chiesa ortodossa festeggia fin
dal IV secolo la festa della Dormizione della Madre di Dio (e l'assenza di
reliquie corporali di Maria fa pensare che tale festa fosse giustificata anche
in data precedente), con abbondanza di apocrifi neotestamentari, di letteratura
patristica e di testi liturgici a riguardo, tuttavia ci sono delle ragioni per
una riserva ortodossa riguardo alla formulazione del dogma.
In primo luogo, la festa della Dormizione mette in esplicito
collegamento l'assunzione corporale con la morte della Madre di Dio (secondo le
narrazioni apocrife, fu proprio la scomparsa del corpo di Maria dal sepolcro
dopo la sua sepoltura a generare la venerazione di questo evento): il dogma
cattolico romano non definisce la morte di Maria, e l'opera preparatoria del
dogma, La mort et l'assomption de la Vierge Marie, di P. Martin Jugie,
mette addirittura in dubbio tale morte.
Inoltre, per la teologia ortodossa, l'Assunzione di Maria al
cielo fu il frutto della sua maternità divina e della risurrezione di Cristo; la
formulazione del dogma del 1950, invece, fa derivare l'Assunzione direttamente
dall'Immacolata concezione di Maria (q.v.), per la quale si sollevano nuovamente
le obiezioni teologiche ortodosse a riguardo.
Infine, si contesta la proclamazione di un dogma a fronte
dell'assenza di una specifica eresia che, al tempo della proclamazione,
minacciasse la fede della Chiesa: l'Ortodossia non ha mai conosciuto dogmi
proclamati al puro scopo di "chiarire" aspetti dottrinali.
Bacio rituale
L'espressione corporea del bacio, oggi limitata nel rito latino
a rari gesti dei celebranti, è un'esternazione di pietà tipica del culto
ortodosso, che indica venerazione, rispetto e senso di comunione. Entrando in
chiesa, i fedeli baciano le icone, e durante le funzioni è pratica comune
baciare la mano dei celebranti (a significare la mano di Cristo da cui si riceve
ogni grazia sacramentale), o altri oggetti, quali i paramenti, la croce e il
libro dei Vangeli (ragioni esclusivamente pratiche sconsigliano di baciare il
turibolo acceso...); il saluto di pace tra i celebranti avviene tipicamente
nella forma del bacio, così come la venerazione delle reliquie.
Banchi e sedie
Uno dei particolari che si notano più facilmente entrando nelle
chiese ortodosse è la relativa assenza di posti a sedere. Solo le chiese
adattate da precedenti luoghi di culto cattolici e protestanti hanno abbondanza
di banchi e sedie; nelle altre si trovano abitualmente dei sedili lungo le
pareti, riservati alle persone anziane o inferme. Nella tradizione ortodossa, i
fedeli stanno in piedi praticamente per tutta la durata delle funzioni
(un'abilità che si raggiunge con la pratica), e sono poche le preghiere o i
momenti di culto per le quali è prescritto ai fedeli di sedersi o
inginocchiarsi. In realtà, capita spesso di trovare un'avversione tipicamente
ortodossa per i sedili posti in mezzo alla navata (soprattutto i banchi con
inginocchiatoi), che vengono visti come un impedimento al culto (che rende
impossibili, per esempio, le prosternazioni e altre espressioni individuali di
pietà), un irrigidimento del ruolo del fedele, e una limitazione alla sua
connessione e relazione con l'ambiente e il concetto spaziale di "Cielo sulla
terra".
Battesimo
La Chiesa ortodossa continua ad amministrare, secondo il costume
apostolico, il battesimo mediante triplice immersione del corpo del battezzando.
Già uno dei più antichi testi di istruzione cristiana, la Didaché,
ammette in caso di necessità l'amministrazione del battesimo mediante il
triplice rovesciamento di acqua ("infusione") sul capo. Questo atto di eccezione
(che nei primi secoli veniva usato solo nei confronti di malati gravi e di
prigionieri nelle celle) divenne la norma nelle chiese cattoliche di rito romano
in tempo medioevale. Così venne stravolto non solo il senso dello stesso termine
"battesimo" (in greco baptìzein significa immergere), ma anche il
suo senso simbolico di immersione nel Nome (realtà) delle Persone della Santa
Trinità, e della rinascita, o emersione, alla vita nuova. Quando il segno
esteriore non è più corrispondente al significato interiore, gran parte della
comprensione dell'atto sacramentale viene perduta.
Battesimo d'emergenza
Nei casi in cui si deve procedere a un battesimo di
emergenza (in assenza di un sacerdote) la persona del battezzante, secondo i
teologi cattolici romani, può anche essere un non cristiano, purché amministri
il battesimo secondo le modalità e l'intenzione della Chiesa. L'Ortodossia, al
contrario, ha sempre sostenuto che il battezzante deve essere a sua volta
battezzato. Il principio è quello che non si può dare ciò che non si possiede:
la posizione cattolica romana, portata alle sue estreme conseguenze, rischia di
far dipendere un sacramento dal puro requisito formale della sua corretta
applicazione.
Calendario
La maggioranza numerica degli ortodossi nel mondo (Russia,
Bielorussia, Ucraina, Georgia, Serbia, il Monte Athos, Gerusalemme e il Monte
Sinai, con le numerose dipendenze di questi ultimi tre, oltre a una consistente
parte degli ortodossi polacchi, cechi, slovacchi e dei Paesi Baltici, e molte
comunità della diaspora) segue ancora il tradizionale calendario giuliano per il
computo delle feste, in ritardo di circa due settimane rispetto al calendario
civile. Le altre chiese ortodosse autocefale, a partire dal 1924, hanno
introdotto il calendario gregoriano (lo stesso in uso nell'Occidente cristiano),
per quanto riguarda il ciclo delle festività a data fissa. Con poche eccezioni
dovute alla presenza ortodossa in paesi occidentali, tutte le Chiese ortodosse
celebrano invece il ciclo della Pasqua, e delle feste mobili a questa connesse,
secondo l'antico calendario.
Le ragioni dell'aderenza al vecchio calendario - che hanno
procurato in questi ultimi decenni non poche amarezze tra gli stessi ortodossi -
sono molteplici:
1) in primo luogo, il calendario giuliano ecclesiastico, e i
cicli pasquali dei Padri della Chiesa di Alessandria, costituiscono un prodigio
di ritmo e di armonia tra scienza e fede, a cui il calendario gregoriano (frutto
di un'epoca di ossessione "scientista" per l'esattezza della data astronomica
dell'equinozio di primavera) non riesce neppure ad avvicinarsi.
2) Inoltre, le "imprecisioni" astronomiche che la riforma
gregoriana si vanta di avere eliminato sono state meramente attenuate, e i dati
del calendario gregoriano, per i difetti dovuti a qualsiasi calendario, vanno
anch'essi discostandosi sempre più dai dati reali.
3) Infine, l'adozione del calendario gregoriano causa
innumerevoli violazioni alle norme della Chiesa, prima fra tutte quella che,
rifacendosi a un decreto del Concilio di Nicea (325) proibisce la celebrazione
della Pasqua nello stesso giorno della Pasqua ebraica.
Con l'adozione del calendario gregoriano nel 1582, la Chiesa
cattolica romana ruppe per la prima volta l'unità della Pasqua e delle feste
cristiane. Oggi è quanto meno singolare vedere la maggioranza degli ortodossi
accusati di "arretratezza" o di mancanza di spirito fraterno, per avere voluto
mantenere, nella vita della Chiesa, l'integrità del deposito di fede dei Padri.
Canoni
I Santi Canoni, composti come guide o regole della Chiesa dagli
apostoli, dai Santi Padri, e da Concili ecumenici e locali, sono applicati nella
Chiesa ortodossa dall'autorità del vescovo, che ha l'opzione di interpretarli
secondo una posizione severa (acrivìa) oppure misericordiosa (economia)
a seconda dei casi (la severità è la norma). L'Ortodossia non vede i canoni come
leggi che regolano le relazioni umane o che salvaguardano diritti umani, ma
piuttosto come mezzi per forgiare la "nuova creatura" attraverso l'obbedienza.
Sono addestramento alla virtù, e fonte di santità, ed è per questo che nella
Chiesa ortodossa non possono essere ignorati o scartati, anche se alcuni
(generalmente delle semplici specificazioni di canoni antichi) possono essere
aggiunti di tanto in tanto. Roma può permettersi, a ogni cambiamento di
circostanze esterne, di mutare i propri canoni per tenerli al passo con i tempi,
e di ignorare quelli antichi. L'Ortodossia, ritenendo i canoni ispirati dallo
Spirito Santo, e consapevole dell'immutabilità dei veri problemi e necessità
umane, non può condividere questa linea.
Canonizzazioni
La Chiesa ortodossa non ha più inserito nei suoi calendari i
santi canonizzati dalla Chiesa cattolica romana dopo il grande scisma del 1054,
mentre mantiene i santi anteriori a questa data. Anche con l'accettazione in
seno alla Chiesa ortodossa di cristiani occidentali, non è stata loro permessa
la venerazione pubblica di santi "latini" posteriori allo scisma. La Chiesa
cattolica romana, al contrario, ha permesso la venerazione di santi "greci"
canonizzati dagli ortodossi dopo lo scisma, tipicamente nei casi delle Chiese
cattoliche orientali.
Dietro la severità della procedura ortodossa c'è un'istanza di
profonda serietà: il rifiuto di "rubare" santi a chiese che non sono in
comunione con la Chiesa ortodossa (anche figure che maggiormente potrebbero
essere vicine alla spiritualità ortodossa) è motivato dal desiderio ortodosso di
cercare in primo luogo una piena comunione nella fede, e solo a quel momento
sancire una celebrazione comune.
"Cattolica": il senso del termine
La differenza di nome ("Chiesa cattolica" e "Chiesa ortodossa")
non deve far pensare a marchi depositati. Gli stessi ortodossi, spesso, si
definiscono "Chiesa Cattolica Ortodossa" o "Chiesa Cattolica Ortodossa
dell'Est". La coscienza ecclesiale ortodossa rifiuta un'identificazione tra
"cattolicesimo" e "sede romana" come se questi termini fossero
indispensabilmente legati l'uno all'altro.
Nel definirsi "cattolici", gli ortodossi usano il termine nella
radicale convinzione di essere la Chiesa "una, santa, cattolica e
apostolica", in cui professano la fede quando recitano il Credo.
"Cattolica", com'è noto, viene di solito tradotto in italiano
con la parola universale, ma esistono sfumature di significato che
rendono il termine più profondo e ricco di quanto sembri a prima vista. Il greco
katholikà (che letteralmente significa "secondo il tutto") può
significare anche una "universalità interiore" (nel senso di globalità che
contiene tutta la verità nella sua pienezza) oppure un principio di conciliarità
o sinfonicità di Chiese locali (espresso con forza dalla traduzione slava
sobòrnaia). Una universalità vista nel puro senso di disseminazione
geografica, di notorietà mondiale, o di superiorità numerica (argomenti spesso
usati dalla Chiesa romana per avallare la propria posizione) ha poco senso per
l'Ortodossia, se non è accompagnata da una "cattolicità" di fede inalterata.
Il fatto stesso che il mondo latino, pur sottolineando i
significati "quantitativi" di universalità, abbia preferito usare per la Chiesa
il termine greco catholica piuttosto che quello latino universalis,
fa pensare che il senso di "cattolicità" mantenuto nella Chiesa ortodossa sia
più prossimo alla coscienza ecclesiale originaria.
Il nome "cattolica", per di più, non ha solo una dimensione
filologica, ma anche una molto pratica e tangibile nel diritto internazionale.
Nella lista delle religioni mondiali presso le Nazioni Unite, l'entità nota come
"Chiesa cattolica" è registrata sotto il nome di Chiesa cattolica romana,
mentre quella nota come "Chiesa ortodossa" è registrata sotto il nome di
Chiesa cattolica ortodossa.
Carattere sacramentale
La Chiesa cattolica romana, sotto l'influsso della teologia
scolastica, ha adottato una dottrina particolare, non condivisa dall'Ortodossia,
per spiegare perché i sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell'Ordine
Santo non vengono ripetuti. Secondo tale dottrina, questi tre sacramenti, oltre
a conferire la grazia divina, imprimono sull'anima un segno indelebile, che non
cessa di esistere anche se la grazia divina del sacramento si ritira a causa del
peccato. Questa dottrina è vincolante per i cattolici romani (Concilio di
Trento, sess. VII, Canone 9).
La teologia ortodossa ribadisce che la teoria del carattere
sacramentale, priva di un solido appoggio scritturale e patristico, crea
un'arbitraria qualificazione all'interno dei sacramenti, ed è incapace di
spiegare la natura del carattere sacramentale, e la sua eventuale esistenza al
di fuori della grazia conferita dal sacramento. La dottrina sostenuta nella
Chiesa ortodossa è che i tre sacramenti in questione (come pure il sacramento
della Penitenza, per quanto riguarda i peccati già confessati e assolti) non si
reiterano, perché non esiste più la causa per la quale quei sacramenti
furono conferiti. Vale la pena notare che il secondo conferimento della Cresima
agli apostati che rientrano nella Chiesa (testimoniato già in tempi antichi),
non è considerato reiterazione del primo sacramento, ma segno di
riconciliazione.
Cesaropapismo
Tra le più frequenti accuse rivolte dai cattolici romani
all'Ortodossia (e a tutto l'Oriente cristiano in generale) vi è quella di una
forte ingerenza degli stati secolari (siano essi imperi cristiani, stati laici o
regimi atei) negli affari interni della Chiesa (cesaropapismo). La posizione
sopranazionale di Roma garantirebbe, secondo questa visione, una libertà dalle
intrusioni statali nelle questioni religiose.
Occorre chiarire subito che quest'accusa non ha niente a che
vedere con un eventuale pericolo per la purezza della fede: se così fosse,
allora la controversia iconoclasta (ovvero la forzatura di un elemento estraneo
alla fede apostolica da parte dello stesso potere imperiale) non avrebbe dovuto
essere affatto una controversia in Oriente, mentre di fatto lo fu, e grande. La
questione riguarda piuttosto diversi livelli di libertà di espressione e di
culto, messi in pericolo da ingerenze statali.
Questa potrebbe risultare una divergenza più profonda e
difficile da sormontare di quanto sembri, poiché alla base stanno due idee
totalmente antitetiche dell'atteggiamento che i cristiani dovrebbero avere di
fronte al mondo. Il contrasto potrebbe essere espresso, in modo forse
semplicistico ma chiaro, nel dilemma: "è meglio asservirsi allo Stato o
soppiantare lo Stato?" (Le due alternative rappresenterebbero i rispettivi punti
deboli dell'Oriente e di Roma).
Ovviamente, è impossibile rispondere in modo generalizzato: gli
ortodossi ritengono comunque che la costituzione di un centro ecclesiastico che
si duplica come potere politico (la soluzione romana dello Stato della Chiesa,
della rappresentanza diplomatica sovranazionale, e così via) sia assai più
pericolosa che il dominio temporale di uno Stato transitorio, per quanto ostile.
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