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Trieste 11 aprile 1947

Il 10 febbraio 1947, a Pola, mentre il brigadiere generale De Winton, comandante la 13° brigata di fanteria, ispezionava le sue truppe, una giovane donna riuscì ad avvicinarlo e a sparargli al cuore con una rivoltella. Il generale rimase ucciso all'istante. La donna non fece nessun tentativo di fuga: Maria Pasquinelli attese, sgomenta, il suo destino.

-Scrisse Michael Goldsmith dell'Associated Press che nei giorni dell'esodo un'atmosfera tesa e dolente arroventava a Pola cuori e cervelli.

-"Effettivamente molti sono i colpevoli del dramma istriano. La popolazione non trova nessuno che la comprenda nei suoi sentimenti: tra gli slavi apertamente nemici in attesa di entrare in città e gli alleati freddi ed estremamente guardinghi, gli uomini, le donne, i vecchi e i giovani di Pola sentono ogni aspirazione, ogni loro impulso - anche il più nobile e più puro - costretti entro una ferrea ed implacabile morsa. L'impopolarità degli alleati si è affiancata alla ostilità verso gli slavi. Ad essi e specie agli inglesi, gli abitanti di Pola imputano di non aver mantenuto le promesse fatte durante la guerra, sopratutto quella che all'Italia sarebbe stata accordata una pace onorevole".

-In questo clima di angoscia esplose la ribellione di Maria Pasquinelli. Indosso le fu rinvenuta una lettera: esasperata protesta per richiamare l'attenzione del mondo sul problema e sulla tragedia dell'Istria. Voleva, credendo di poter rimanere morta sul colpo, che gli italiani sapessero i motivi che l'avevano spinta a quel gesto.

-Non conobbi Maria Pasquinelli. Ma ricordo che quando accolsi in Prefettura gli ultimi profughi da Spalato questi mi parlarono di lei con riverente ammirazione. Maria Pasquinelli a Spalato dopo la tremenda persecuzione dei partigiani comunisti del settembre 1943 aveva esumato i cadaveri degli italiani e dato loro sepoltura. Per intere giornate, senza riposo, assistè alla lugubre e raccapricciante opera di dissotteramento per identificare le vittime e portare ai loro cari almeno la prova della loro morte. Durante la breve dominazione partigiana di Spalato fu arrestata. In prigione donne croate l'aiutarono a sfamarsi, ammirate dalla sua bontà. Lasciata Spalato, minacciata di morte, apprese a Trieste del massacro di altri 500 italiani compiuto dai partigiani di Tito nell'Istria e nella riviera del Carnaro e si incupì ancora di più. Vide lo stesso tragico destino della Dalmazia pesare sulla Venezia Giulia. Non si diede più pace.Tentò di unire fascisti e partigiani in un solo blocco. Inviò al Governo di Bonomi rapporti sull'Istria. Denunciò gli errori del movimento partigiano. Invocò uno sbarco degli alleati nella penisola istriana che prevenisse un'invasione delle armate di Tito, avendo chiara la visione che il pericolo per la Venezia Giulia non fosse la Germania destinata alla sconfitta ed al crollo ma l'avanzata degli slavi. Ritornò a Trieste dopo l'occupazione di Tito con lo scopo di diffondere la conoscenza del problema giuliano nel resto d'Italia. Confidò nella giustizia dei Quattro Grandi. Ma quando ogni speranza venne meno con la firma del trattato e vide Trieste sacrificata e tanta parte dell'Istria condannata alle foibe e alla deportazione e lo scempio di Pola, il suo animo non resse più, sparò, uccise, gridò al mondo la sua protesta contro l'ingiustizia che si commetteva nei confronti dell'Italia.

-Imputata di omicidio premeditato, fu trasportata a Trieste per essere giudicata dall'Alta Corte Militare Alleata. Ho saputo che a Trieste era stato preparato un piano per liberarla, ma che Maria Pasquinelli ricusò. Considerava spregevole la condotta di chi, dopo aver compiuto un atto terroristico, cerchi di sottrarsi con la fuga al suo destino. Affrontò serenamente il giudizio. Si riconobbe colpevole. Il Presidente della Corte, nonostante l'ammissione dell'imputata, volle che il dibatimento si svolgesse ugualmente. Maria Pasquinelli non rinnegò il suo gesto. "Colpendo il comandante della piazza di Pola non ho inteso colpire l'uomo; nemmeno la divisa. La divisa inglese, come tutte le divise, rappresenta una patria e perciò mi è sacra. Solo perchè rappresentava i Quattro Grandi, in segno di protesta per il Tratttato di pace, io l'ho colpito".

-Quando il suo difensore le chiese come avesse potuto superare i suoi scrupoli religiosi nel determinarsi a uccidere il generale Winton, Maria Pasquinelli rispose che molto meditò per cercare di risolvere il problema religioso, ma che, incapace, si raccomandò all'infinita misericordia di Dio. "Forse, disse, ho amato l'Italia anche più della mia anima".

-Ieri una grande folla stipava, ansiosa, l'aula del tribunale.

-La Corte, dopo breve permanenza in camera di consiglio, ha concluso con l'affermazione che l'accusata uccise senza giustificazione o scusante logica. Nel silenzio, pieno d'angoscia, Maria Pasquinelli, ha atteso calma la sua sentenza di morte.

-Grande è stata la commozione nell'aula. Donne piangevano e chiamavano per nome la condannata: Vivissima impressione in città. Il cuore di Trieste si è sentito vicino a Maria Pasquinelli.

-A pochi passi dal Tribunale era stata eretta, nell'82, la forca per Guglielmo Oberdan.

Bruno Coceani

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