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IL TRIBUNALE CIVILE DI NAPOLI HA DICHIARATO ILLEGITTIMI I CONTRATTI DI MUTUO STIPULATI VALIDAMENTE ANTERIORMENTE ALLA LEGGE 108/96 CHE OLTREPASSANO IL TETTO CONSENTITO: "RINEGOZIARE" I MUTUI DIVENTA MENO ONEROSO PER I CONSUMATORI.

Dalla Delegazione Regionale della Puglia

A rompere il silenzio omertoso che da qualche mese era calato sull’argomento è intervenuto il Tribunale di Napoli che, con una sentenza apparsa su tutti i quotidiani di oggi, ha confermato quello che ADUSBEF predicava da tanto tempo: oltrepassare il tetto di soglia pone automaticamente fuori legge i vecchi mutui ed i prestiti concessi in passato a condizioni più onerose.

La rinegoziazione non può avvenire alle condizioni imposte dalle banche: rinegoziare alle condizioni di alcuni istituti significherebbe, il più delle volte, peggiorare la posizione dell’utente, assicurando altri e più copiosi guadagni alle banche.

ADUSBEF non ha mai aderito all’intesa avvenuta, in sede ABI, tra 15 istituti di credito e 7 associazioni di consumatori, il 23 giugno 1998: non possono, infatti, pagarsi penali alle banche ed è ammissibile solo un pentimento operoso di quegli istituti di credito che accettino di ridurre spontaneamente il tasso entro i limiti di soglia; la pena che colpisce gli istituti che pretendano il pagamento di rate usurarie è, invece, la totale perdita dell’interesse.

Parte soccombente nella vertenza è il Banco di Napoli che, indifferente al chiaro dettato della legge 108/96 (c.d. dell’usura), continuava a pretendere l’onerosissimo pagamento di rate con un interesse annuo pari al 25,5% annuo, contro un tasso di soglia attualmente assestatosi al 7,35%.

Abbey National, la banca inglese specializzata in mutui a basso costo, a differenza delle banche italiane, esulta con i consumatori affermando "Ecco una sentenza a favore della trasparenza e dei consumatori".

Il Governo, ultimamente, preoccupato più per la già solida salute delle banche che per le tasche dei milioni di consumatori si limita ad assicurare, a mezzo del Ministro del Tesoro, che si adopererà per "un’eventuale revisione dei tassi a favore di coloro che avevano stipulato mutui in epoca anteriore alla riduzione degli stessi sui mercati finanziari".

Per il Tribunale di Napoli, la legge del 1996 sul tasso d’usura deve essere applicata non solo ai nuovi contratti di mutuo e finanziamento in genere, successivi alla data di fissazione del tasso di usura, ma anche a quei contratti validamente stipulati prima dell’entrata in vigore della legge 108/96 e della quantificazione del trimestrale tasso di soglia, con la conseguente nullità parziale degli stessi contratti.

Ripercorreremo la ratio negoziale del contratto di mutuo e le finalità della legge contro l’usura per permettere ai consumatori di recarsi preparati in tutte le filiali delle banche a rivendicare un’equa rinegoziazione: niente penali, ma solo l’abbassamento del tasso in via transattiva, mentre in via giudiziale si chiede l’applicazione dell’art. 18152 del c.c. e l’art. 644 del c.p. (augurandosi di non dover leggere sentenze politiche assolutorie del potere bancario).

Com’è noto l’intero assetto negoziale del rapporto di mutuo sviluppa la sua causa e la sua più ampia funzione nella concessione in godimento di una somma di denaro per un periodo di tempo determinato.

Nel mutuo oneroso detta concessione ha un costo rapportato alla quantità del denaro concesso ed al decorso del tempo della restituzione: detto costo è quantificato nella misura del saggio di interessi.

La determinazione del tasso degli interessi riveste quindi un ruolo centrale nella intera operazione economica contrattuale.

In ordine alla misura della terminazione degli interessi, la recente legge 07 marzo 1996 n. 108, ha modificato sia l’art. 644 c.p., relativo al reato di usura, stabilendo un sistema oggettivo per la determinazione del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, sia l’art. 18152 c.c., relativo al saggio di interessi nel mutuo, prevedendo la sanzione della nullità della clausola che stabilisce interessi usurai e, dunque, la perdita dell’interesse sia convenzionale che legale (come prevedeva la precedente versione dell’art. 18152 c.c.).

Tale limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, definito anche tasso soglia, viene determinato trimestralmente con decreto del Ministero del Tesoro (cfr. art. 1 legge 108/96), con riferimento alle diverse classi di operazioni di erogazione del credito.

La contrattazione sul prezzo del mutuo, vale a dire sulla misura degli interessi, con l’entrata in vigore della suddetta legge, subisce, pertanto, una drastica limitazione, in quanto la misura del tasso soglia costituisce un limite imperativo (di origine e dal carattere penale), la cui violazione esclude addirittura il carattere oneroso dello stesso contratto di mutuo: infatti, il contratto di mutuo resta in vita in tutte le sue previsioni, ma non essendo più esigibile alcuna forma d’interesse (cfr. art. 18152 c.c.), le rate pattuite conterranno solo la sorte capitale e non più gli interessi.

La sanzione, nel caso del mutuo che contenga convenzioni di interessi superiori al tasso soglia, è estremamente grave: la stessa natura del contratto cambia d’imperio da onerosa a gratuita con il risultato che un mutuo, sorto nell’ambito di rapporti commerciali e d’impresa diviene, al pari di un mero rapporto di cortesia, totalmente gratuito.

Tale sanzione legislativa assume rilievo sia nei contratti di mutuo stipulati successivamente all’entrata in vigore della legge 108/96, che nei contratti in corso.

Varie sono le ipotesi verificabili in pratica: 1) contratto di mutuo stipulato ante legge 108/96 contenente convenzione di interessi superiore al primo rilevamento del tasso soglia; 2) contratto di mutuo stipulato ante legge 108/96 contenente convenzione di interessi inferiore al primo rilevamento del tasso soglia, ma, successivamente, per effetto della progressiva diminuzione del costo del denaro, divenuto eccedente; 3) contratto di mutuo stipulato post legge 108/96 contenente convenzione di interessi superiore al primo rilevamento del tasso soglia; 4) contratto di mutuo stipulato post legge 108/96 contenente convenzione di interessi inferiore al rilevamento del tasso soglia al momento della conclusione dell’accordo negoziale, ma, successivamente, per effetto della progressiva diminuzione del costo del denaro, divenuto eccedente.

E’ ovvio che la fattispecie sub 3) è caratterizzata da un patto contrattuale originariamente illecito: conseguenza è quella che l’utente restituirà alle scadenze pattuite nel piano di rimborso la sola quota di capitale.

Nelle fattispecie sub 1), 2) e 4) il patto contrattuale è sorto in modo perfettamente valido e lecito: nelle ipotesi sub 1) e 2) la promessa è sorta in un momento in cui vigeva la libertà contrattuale di determinare il tasso degli interessi, nell’ipotesi sub 4) la promessa è sorta, dopo la legge 108 del 96, rispettando il tasso soglia in vigore in quel momento.

In tutte e tre le ipotesi, la fattispecie è quella della sopravvenienza di un divieto che contrasta con quanto le parti hanno validamente e lecitamente convenuto precedentemente, allorquando, non esistendo ancora un divieto, la loro volontà aveva legittimamente convenuto un certo ammontare degli interessi.

La conseguenza, in dette tre ipotesi, è quella che la banca mutuante tratterrà la quota capitale e quella degli interessi convenzionali fino a quando detto tasso sarà inferiore a quello di soglia, mentre nel momento in cui detto tasso convenzionale eccederà quello di soglia diventando, così, usurario, l’utente restituirà alle scadenze pattuite nel piano di rimborso la sola quota di capitale.

Il comportamento sanzionato è sia quello della promessa di interessi usurari (ipotesi sub 3), sia quello della riscossione dell’interesse usurario (ipotesi sub 1,2 e 4), indipendentemente dal fatto che tale riscossione illegittima sia o meno l’esecuzione di una obbligazione sorta in epoca in cui il divieto non esisteva ancora.

Nell’ipotesi sub 3 il momento consumativo dell’illecito è la promessa (sin dalle trattative in effetti si può cogliere l’elemento psicologico tendente alla violazione della norma), mentre nelle ipotesi sub 1,2 e 4 è la richiesta e/o riscossione della rata gravata da interesse superiore a quello di soglia (il dolo nasce nel momento in cui pur sapendo l’istituto che dalla rilevazione il tasso di soglia è stato superato, non riduce la rata e ne richiede il pagamento).

E’ evidente che pur dovendosi escludere la possibilità di applicare una sanzione per avere pattuito, in epoca in cui era assente un divieto specifico, un tasso di interessi che solo la legge successiva ha poi definito come illecito, non potrà in ogni caso essere consentito al mutuante di esigere la prestazione di interessi in una misura che dalla legge è considerata vietata, nel momento in cui dovrebbe essere effettuato il pagamento di interessi in misura superiore al tasso soglia.

In altre parole l’intera problematica del divieto assoluto, sanzionato penalmente e civilmente, deve essere ascritto ad una sopravvenuta inesigibilità della prestazione (cfr. INZITARI).

Tale divieto, infatti, rende inesigibile la prestazione degli interessi superiori al tasso soglia: l’ottenerne, da parte del mutuante, il pagamento, configura d’altra parte l’illecito penale e civile, che comporta l’applicazione della sanzione penale e civile, la quale consiste, quest’ultima, nella trasformazione, da quel momento, del contratto da oneroso a gratuito.

Il mutuante che, in base ad un contratto validamente sorto (ipotesi sub 1, 2 e 4), ha astrattamente diritto, di esigere dal mutuatario interessi superiori al tasso soglia, in presenza di una disposizione che costituisca ius superveniens, la quale ritiene illecita penalmente e civilmente una tale dazione, si trova di fronte ad una sopravvenuta inesigibilità della prestazione, alla cui esazione non solo il debitore si può opporre, ma la cui eventuale riscossione comporta addirittura gravi sanzioni per il mutuante.

Il tasso contrattuale, fisso o variabile, pattuito legittimamente all’epoca della conclusione del contratto, sarà divenuto, con il sopravvenire della previsione imperativa di cui alla legge 108/96, certamente inesigibile, e questa situazione può essere verificata tanto con la prima rilevazione del tasso soglia, che con le successive, in quanto com’è noto, il tasso soglia, per effetto della flessione del costo del denaro è gradualmente diminuito.

Nelle ipotesi sub 1, 2 e 4, alla originaria correttezza e liceità della determinazione contrattuale (poco importa se l’accordo lecito sia avvenuto prima o dopo la legge n. 108/96), sopravviene un divieto di richiedere una somma superiore al tasso soglia, che rileva sul piano del rapporto contrattuale ed obbligatorio in essere quale sopravvenuta inesigibilità della prestazione per gli interessi.

Ne consegue che, nel caso in cui proprio considerato l’ampio periodo economico in cui si sviluppa il contratto di mutuo, si verificassero successivi innalzamenti del tasso soglia e, quindi, gli interessi originariamente pattuiti fossero di nuovo al di sotto del tasso soglia, questi tornerebbero di nuovo esigibili in considerazione del fatto che il contratto con tutte le sue pattuizioni compresa anche quella sugli interessi è sempre rimasto valido e che anche venuto meno quel temporaneo divieto ad esigere una somma superiore al tasso soglia con conseguente inesigibilità degli interessi e delle corrispondenti somme da parte del mutuante.

Appare, pertanto, evidente il carattere di durata del contratto di mutuo, considerato che è proprio nell’ampio periodo di esecuzione delle prestazioni restitutorie, che si esprime la più rilevante caratteristica del contratto stesso.

La disciplina del contratto, quando, all’art. 1819 c.c., prende in considerazione la restituzione rateale, manifesta una estrema consapevolezza di quanto rilevante sia per il mutuatario, nell’assetto degli interessi del contratto di mutuo, la dilazione contrattualmente stabilita nella restituzione del denaro.

Non a caso il legislatore stabilisce che la generale regola della decadenza dal beneficio del termine ( la quale comporterebbe l’immediata esigibilità della intera somma mutuata), non può essere in assoluto applicata, bensì specificata secondo le circostanze, suscettibili di essere opportunamente valutate dal giudice.

In particolare deve tenersi conto che la stipulazione del contratto di mutuo costituisce, per il mutuatario, una operazione economica di carattere straordinario, in quanto questi viene a ricevere una somma di denaro di importo rilevante, con la quale può effettuare una operazione economica di investimento, somma che potrà essere in grado di restituire nel tempo sulla base del ciclo economico che gli è proprio.

La decadenza del beneficio del termine come pure il venir meno del vantaggio della dilazione, esclude la esigibilità di qualsiasi forma di interessi corrispettivi, in quanto ingiustificati dal venir meno della dilazione.

Quanto agli interessi moratori, essi decorreranno secondo le consuete regole di diritto comune (cfr. art. 1224 c.c.) secondo il tasso di interessi previsto per legge o per contratto ed esigibile, quest’ultimo, sempre che non venga a superare la misura del tasso usuraio.

La particolare natura degli interessi moratori, che rappresentano una obbligazione risarcitoria per il mancato pagamento del denaro alla scadenza, li distingue dagli interessi corrispettivi e convenzionali ma, detta pacifica diversità, non assume particolar rilievo per quanto concerne i problemi della violazione del divieto dell’usura o del divieto anatocistico.

Gli interessi moratori sono disciplinati dalla legge e l’art. 12241 c.c. stabilisce che nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali.

Ma, solitamente, con una convenzione detti interessi vengono commisurati in misura ultralegale, e tale pattuizione, secondo quanto previsto dall’art. 12242 ultima parte c.c., prevale sulla determinazione legale.

Al riguardo occorre osservare che non riveste alcuna rilevanza il fatto che, sul piano sistematico, tali interessi debbano essere ricondotti ad una categoria risarcitoria, piuttosto che corrispettiva, in quanto la misura di tali interessi moratori pur sempre si discosta da quella per legge determinata in conformità agli interessi legali, ed è piuttosto una misura contrattualmente determinata, al pari di qualsiasi altra convenzione relativa alla pattuizione degli interessi.

La convenzione sugli interessi moratori, pertanto, deve essere riguardata come un qualsiasi patto che violi la disciplina di cui alla legge 108/1996, in specie allorquando contenga la promessa, sotto qualsiasi forma, di una prestazione di interessi superiore al tasso soglia (cfr. INZITARI).

La circostanza che una promessa o patto di tale tipo sia, sul piano funzionale, diretto a risarcire un danno da ritardo nell’adempimento, piuttosto che a bilanciare un corrispettivo di un rapporto sinallagmatico, non è rilevante ai fini della esclusione della illiceità o meno della convenzione.

La disciplina prevista dalla legge 108/1996 è infatti dettata in via generale onnicomprensiva per ogni ipotesi di pattuizione di interessi superiore al noto tasso soglia, né la circostanza del ritardo e del conseguente debito risarcitorio può essere visto quale valida esimente, in quanto particolarmente il ritardo nell’adempimento del debitore pecuniario costituisce una componente costante della vicenda che dà luogo ai fenomeni usurai.

Inoltre, il bene tutelato dalla richiamata disciplina del 1996 consiste nella attribuzione di vantaggi che non superano una determinata soglia considerata incompatibile con l’ordinamento economico sociale, indipendentemente dal fatto che essi siano destinati ad una corrispettivo o ad un risarcimento.

Infine, la natura risarcitoria del credito, quando la misura del risarcimento è convenzionalmente determinata, vede assolutamente prevalere l’atto di disposizione dell’autonomia privata, appunto quello represso dalla legge 108/1996, quando supera il tasso soglia, rispetto a quella della reintegrazione risarcitoria.

Tribunale di Roma, nella sentenza del 10 luglio 1998, ha affermato che "Gli interessi moratori devono essere computati per la determinazione del tasso rilevante ai fini della disciplina sull’usura".

[" omissis ….va innanzitutto osservato che la ratio legis implica che nel calcolo del tasso applicato siano ricompresi anche gli interessi moratori. E’ infatti evidente che il legislatore, ricomprendendo fra le voci interessate " le commissioni " e le " remunerazioni a qualsiasi titolo e spese ", ha inteso evitare ogni possibilità di facile aggiramento della norma, aggiramento che invece, ove gli interessi moratori venissero esclusi dal conteggio di quelli rilevanti ai fini usurari, verrebbe facilmente realizzato mediante la previsione (attraverso formule che non tarderebbero a divenire di stile) di termini di pagamento di improbabile rispetto, idonei a rendere " normale e legittima " la corresponzione di interessi sostanzialmente usurari sotto forma di interessi moratori. Esattamente perciò la distinzione fra interessi corrispettivi ed interessi moratori è stata definita una foglia di fico per rimuovere la quale non è pensabile che un legislatore accorto abbia fatto affidamento non sul testo da esso formulato ma sull’estremo rimedio del contratto in frode alla legge. Se ne deve dedurre che con la parola remunerazione esso abbia inteso riferirsi ad ogni utilità pecuniaria richiesta al debitore, e, quindi, anche a quelle relative agli interessi moratori, facendo ricorso ad una terminologia giuridica non nuova per la quale il termine remunerazione ha significato generico comprensivo di prestazione a funzione anche risarcitoria (vedi Cass. 5832/1993; Trib. Roma 15/12/94 De Valeris-Palmulli; Pret. Firenze, 31/03/93 Marcellini-Soc. Valdisieve)…"]

In ogni caso dovrà essere escluso l’anatocismo: unica obbligazione ammissibile sarà quella della restituzione dell’intera o della residua somma di capitale mutuato il quale sarà dovuto solo ed unicamente con la maggiorazione degli interessi di mora per i quali non è applicabile alcuna forma di anatocismo.

Riportiamo, per comodità, i tassi soglia nella loro evoluzione temporale dalla prima rilevazione ad oggi:

categorie di

operazioni

Periododi applicazione

Tassi medi

Tassi medi + 50%

MUTUI

1 gen. – 31 mar. 97

10,289

15,42

1 apr. – 30 giu. 97

10,60

15,90

1 lug. – 30 sett. 97

10,28

15,42

 

1 ott. – 31 dic. 97

9,39

14,08

1 gen. – 31 mar.98

9,48

14,22

1 apr. – 30 giu. 98

8,29

12,435

1 lug. – 30 sett. 98

7,84

11,760

1 ott. – 31 dic. 98

7,33

10,995

1 gen. – 31 mar.99

5,80

8,700

 

1 apr. – 30 giu. 99

5,09

7,635

 

1 lug. – 30 sett. 99

4,92

7,38

 

1 ott. – 31 dic. 99

4,90

7,35

 

Con l’avvento di tale legge, gli Istituti di credito non dovrebbero più pretendere, richiedere o riceversi interessi, superiori alla soglia, nella misura ultralegale convenuta, poiché detta richiesta configura in se stessa una condotta antigiuridica indipendentemente dall’originario accordo.

Infatti, con la citata normativa, è la dazione e non la stipula del contratto il momento rilevante ai fini della qualificazione giuridica, o meno, dell’interesse ultralegale pattuito.

Conferma della rilevanza, non del momento contrattuale, bensì di quello della richiesta degli interessi, è data dall’art.11 della legge 108/96, che fissa la prescrizione non alla stipula del contratto ma alla restituzione dell’ultima rata, sia essa attinente al capitale che agli interessi.

Attualmente nessuno dubita dell’incisività e costituzionalità delle fonti eteronome nella determinazione del regolamento contrattuale: sempre più di frequente, infatti, norme imperative sostituiscono clausole contrattuali difformi (espressione dell’originaria autonomia contrattuale) producendo immediatamente i loro effetti, anche se intervenute successivamente alla formazione della volontà contrattuale.

In tali casi, nella costruzione del regolamento contrattuale si verifica un concorso tra autoregolamentazione pattizia ed eteroregolamentazione normativa prevista dall’art.1339 c.c.-

Detta norma genera un sistema di convivenza tra il contenuto contrattuale, frutto dell’autodeterminazione delle parti, e il contenuto imposto dalla legge che va a correggere e sostituire, in parte, il pacchetto autoregolamentato.

Detta sostituzione opera con l’entrata in vigore della legge e modifica anche l’accordo pattizio precedente, con il solo limite delle prestazioni non ancora eseguite, limite che non ricorre nel caso di specie non essendo stati gli interessi ultralegali già corrisposti.

La Giurisprudenza ha una visione ampia della eteroregolamentazione che può essere rappresentata non solo dalla norma di legge, ma anche da un decreto ministeriale o da un altro atto amministrativo, purché espressione prevista dalla legge, come tale idonea a sostituire la regola privata.

In tema di tassi il legislatore del 1996 ha volutamente introdotto una disposizione elastica capace di abbracciare ogni fluttuazione di tassi e, perciò, il richiamo agli artt. 1339 e 14192 cod. civ. non concerne un unico dato, ma una pluralità di dati variabili per effetto del decorso del tempo.

Sicché il principio del ius superveniens in materia di tassi soglia finisce con il diventare una ineludibile compresenza automatica ad ogni variazione trimestrale dei tassi.

Il ius superveniens si è imposto in occasione della prima entrata in vigore della norma e si ripropone tutte le volte in cui, per l’assoluta mancanza di stabilità economica, la rilevazione dei tassi medi, con i noti ribassi consistenti, fa divenire illegittimi i tassi medi precedenti.

Il legislatore, consapevole del complesso meccanismo messo in atto, non ha inserito delle disposizioni transitorie.

La clausola pattizia di determinazione dell’interesse ultralegale, prevista originariamente dalle parti, è nulla e comporta, ai sensi degli artt.1339 e 14192 cod. civ., la sostituzione di pieno diritto della pattuizione degli interessi stessi, di conseguenza non dovuti, mediante una norma di carattere imperativo, sottratta alla discrezionalità del giudice, norma che l’ordinamento non vorrebbe né elusa, né aggirata.

Il legislatore del 1996 non ha snaturato il contratto di mutuo, ma ha ricondotto detto contratto, nato oneroso, nel modulo del mutuo gratuito.

Il tempo che intercorre tra la stipula del contratto e la dazione degli interessi attua la funzione creditizia, poiché l’obbligazione degli interessi si concretizza in una serie di prestazioni successive, non esaurendosi in una sola prestazione.

Solo la vita del contratto fa maturare gli interessi corrispettivi, quali frutti civili che si acquistano in ragione della durata del contratto (artt.8203 ed 821 cod. civ.), concretizzando un’obbligazione di durata o, meglio, periodica, le cui prestazioni o parti di prestazione già eseguite, nel caso di scioglimento di vincolo contrattuale, non sono soggette a restituzione, poiché si giustificano autonomamente nel momento stesso in cui sono compiute, giustificazione che non viene meno in conseguenza della successiva caducazione del rapporto

E’ per lo stesso motivo che la caducazione delle prestazioni successive non incide sulla struttura intima del contratto da cui gli obblighi promanano.

Le direttive A.B.I., numerose in materia, possono considerarsi i soliti saggi di astroeconomia, redatti dalla nota associazione di categoria della totalità delle banche, alle quali si risponde con i comunicati dell’ADUSBEF, del CODACONS e delle altre associazioni dei consumatori (sicuramente più autorevoli dell’A.B.I. con l’entrata in vigore della legge 30 luglio 1998 n. 281 e con l’istituzione del Consiglio Nazionale dei consumatori e degli utenti).

E’ opportuno rilevare che la questione oggi sollevata è sicuramente rilevabile d’ufficio, dal momento che è pertinente al presupposto fondamentale della procedura esecutiva, ed in particolare al profilo della validità ed efficacia del titolo.

Ciò posto, bisogna poi intendersi sul significato di tasso nominale e di tasso effettivo del mutuo.

Il tasso contrattuale del mutuo ipotecario è in effetti solo un tasso nominale, essendo quello effettivo ben più oneroso.

Il tasso nominale, ossia quello contrattuale, è il tasso indicato all’inizio del rapporto, mentre il tasso effettivo è quello realmente accertato alla fine del rapporto.

Il tasso effettivo nei mutui si riferisce al capitale mediamente ricevuto in prestito dall’utente durante il rapporto e comprende tutti i costi con esclusione di imposte e tasse.

Si è fatto riferimento al concetto di capitale mediamente ricevuto in prestito, poiché trattasi di mutuo con rimborso frazionato, in cui alla banca viene ratealmente restituito, durante il rapporto, il capitale, originariamente prestato, prima della scadenza finale del mutuo stesso (al contrario, nel mutuo con scadenza fissa ove la banca si priva per tutto il tempo contrattualmente convenuto del capitale inizialmente erogato).

In altre parole, nel contratto di mutuo tipicamente predisposto, la banca, per via dei rimborsi ottenuti con il versamento periodico delle singole rate, non si priva per tutto il tempo di durata del contratto dell’originario capitale mutuato, ma si priva, bensì, di una somma progressivamente inferiore (pari, come noto, per ogni singola frazione temporale di rimborso del capitale mutuato, alla differenza tra il capitale originariamente corrisposto e le singole rate già rimborsate) che all’inizio, ovviamente, coincide con il capitale erogato in favore dell’utente, mentre alla fine del rapporto corrisponde all’importo dell’ultima rata di rimborso del capitale erogato.

La sofferenza della banca è dunque, in tale ipotesi, progressivamente inferiore nel corso dello svolgimento del rapporto di mutuo (e a misura dei progressivi rientri dall’esposizione debitoria effettuati dal mutuatario), ed essa è espressa dalla c.d. scopertura media in linea capitale.

Quanto detto vale ad evidenziare che è tuttavia maggiore l’onere economico dell’utente bancario che paghi interessi per un capitale che rimborsi frazionatamente nel corso del rapporto di mutuo , rispetto a quella sopportata da colui che versi il capitale medesimo, in unica soluzione, alla scadenza del contratto.

Il mutuo normalmente adoperato dagli istituti di credito appartiene alla tipologia del mutuo con rimborso frazionato che, a differenza di quello con rimborso in unica soluzione alla scadenza (dalla funzione economica assolutamente trasparente, se è vero, come testé rilevato, che in esso l’utente si obbliga a rimborsare alla banca il capitale oltre all’interesse semplice convenuto, solo alla scadenza e in unica soluzione) , viene estinto con una serie di pagamenti (rate) effettuati dall’utente.

Ogni rata è composta come noto da due parti: la quota capitale (imputata ad estinzione del capitale inizialmente mutuato, che gradualmente rimborsato) e la quota interessi (imputata al sostenimento del c.d. costo del finanziamento, sopportato originariamente dal mutuante sub specie di privazione della disponibilità di una data somma di denaro concessa in godimento al mutuatario, costo che aumenta progressivamente ad ogni rata di rimborso a misura del decorso del tempo di durata della mancanza di disponibilità, da parte del mutuante, della somma mutuata).

Il calcolo della rata del mutuo con rimborso frazionato avviene facendo notoriamente riferimento alla formula del c.d. interesse composto (crescita progressiva del costo), comprensivo degli interessi anatocistici, e tiene conto della data di pagamento solo per la quota capitale e non anche per la quota degli interessi (i quali a torto si intendono pagati in unica soluzione alla scadenza), che vengono così pagati anticipatamente.

Ciò comporta, come è facile intendere, un formidabile aumento del costo effettivo del rapporto: la divaricazione fra il tasso nominale e quello effettivo cresce infatti con il crescere del frazionamento del pagamento (quante più sono le rate, tanto più è caro il mutuo), e cresce inoltre in funzione della durata del rapporto (l’anatocismo cresce in progressione più che geometrica).

Detto contratto bancario non ha altro scopo che moltiplicare in forma macroscopica i lucri della banca, dato l’elevato costo effettivo del rapporto: costo non immediatamente rilevabile, per quanto sopra esposto, dalla semplice lettura del contratto e dell’interesse nominale ivi dedotto.

Le gravi conseguenze economiche a carico dell’utente non sono assolutamente rilevabili dalla lettura del contratto, ma occorre una consulenza per smascherare l’insidia.

Il costo complessivo dell’operazione è infatti costituito dall’importo di tutte le rate previste nel contratto e dall’ammontare netto dell’operazione bancaria, da accertarsi mediante il procedimento c.d. a rata costante o alla francese, in cui si prescinde dalle condizioni - base del prestito e, ricorrendo alla formula dello sconto composto (computato, peraltro, su una rata già comprendente gli interessi, rallentando la riduzione del debito residuo), determina un saldo debitorio, la cui differenza rispetto al costo effettivo medio annuo, già di per sé superiore rispetto a quello nominale, è data dalla presenza degli elementi anatocistici.

ADUSBEF invita i consumatori a contestare alle banche il loro illegittimo comportamento, non esitando ad agire giudizialmente per la rivendicazione dei loro diritti.

Lecce, 21 novembre 1999 Avv. Antonio TANZA

 

 


 

LA CASSAZIONE SEGNA UNA SVOLTA DEFINITIVA A FAVORE DELL'UTENZA:

LA BANCA COMMETTE IL DELITTO DI USURA ANCHE QUANDO INCASSA UNA RATA DI MUTUO CON UN INTERESSE ULTRALEGALE SUPERIORE AL TASSO DI SOGLIA.

 

Com'è tristemente noto, nonostante l'introduzione della nuova normativa contro l'usura (Legge n. 108 del 07 marzo 1996), le Banche continuano ad applicare, nei confronti dell'utenza, tassi di interesse ultralegale (fissi o variabili), superiori a quelli trimestralmente indicati dal Ministero del Tesoro.

Infatti, le banche non dovrebbero più chiedere interessi ultralegali superiori al tasso di soglia periodicamente rilevato, anche se detto tasso è stato contrattualmente convenuto anteriormente all'entrata in vigore della legge, poiché detta richiesta configura in se stessa una condotta antigiuridica indipendentemente dall'originario accordo.

Con l'avvento della citata normativa il momento rilevante ai fini della commissione del reato di usura è la promessa, il pagamento o la richiesta, anche della singola rata di mutuo, a nulla rilevando la data di stipula del contratto.

La conferma della rilevanza, non del momento della stipula del mutuo, ma di quello della richiesta degli interessi, è data dall'art.11 della legge n. 108/96 (cfr. art. 644 ter c.p.), che stabilisce la nuova disciplina della prescrizione del reato di usura facendola decorrere non dalla stipula del contratto ma dalla restituzione dell'ultima rata, sia essa attinente al capitale che agli interessi.

Infatti, ai sensi della disposizione in commento, la prescrizione del reato di usura "decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale".

Il legislatore, operando in tal senso, nell'intento di attuare quella severità punitiva che caratterizza tutta la legge, ha voluto senz'altro intervenire nella struttura giuridica del reato, sì da trasformarlo da tipico reato istantaneo ad effetti permanenti in un vero e proprio reato permanente.

Cassazione Civile, Sezione I, con sentenza del 19-22 ottobre 1998 ha definitivamente confermato quell'indirizzo giurisprudenziale (Tribunale di Milano, Sentenza del 13 novembre 1997; Tribunale di Velletri, Sentenza del 03 dicembre 1997; Tribunale di Firenze, Sentenza del 10 giugno 1998) che ha applicato la normativa antiusura anche a contratti di mutuo stipulati prima dell'entrata in vigore della legge.

Detta autorevole sentenza ha statuito che il reato di usura, a seguito dell'introduzione nel codice penale dell'art. 644 ter, può configurarsi, quando gli interessi siano incassati ratealmente, come delitto a condotta frazionata o a consumazione prolungata.

La Suprema Corte evidenzia con detta pronuncia come il legislatore abbia voluto configurare esplicitamente il reato di usura come permanente, con tutte le conseguenze in ordine alla validità delle clausole sugli interessi nei rapporti creditizi.

Il reato è permanente quando il fatto che lo costituisce dà luogo ad una situazione dannosa o pericolosa che si protrae nel tempo a causa del perdurare della condotta dell'autore, ed è consumato quando il fatto risponde esattamente e compiutamente al tipo astratto delineato dalla legge in una norma incriminatrice.

Sempre più di frequente norme imperative (eteronome) sostituiscono clausole contrattuali (espressione dell'autonomia contrattuale) difformi, producendo immediatamente i loro effetti, anche se intervenute successivamente alla formazione della volontà contrattuale.

In tali casi, nella vita del rapporto contrattuale tra i privati, si verifica un concorso tra autoregolamentazione (contratto di diritto privato) ed eteroregolamentazione normativa (nel caso in esame, la Legge 108/96), che modifica gli accordi contrattuali tra le parti.

Ciò è consentito anche in virtù della disposizione di cui all'art. 1339 c.c. che espressamente prevede l'inserzione automatica di clausole imperative (eteronome) nel contratto predisposto dalle parti private, in sostituzione di quelle difformi.

Detta norma genera un sistema di convivenza tra il contenuto contrattuale, frutto dell'autodeterminazione delle parti, e il contenuto imposto dalla legge che va a correggere e sostituire, in parte, il pacchetto autoregolamentato.

Detta sostituzione opera con l'entrata in vigore della legge e modifica anche l'accordo pattizio precedente, con il solo limite delle prestazioni non ancora eseguite.

La Giurisprudenza ha una visione ampia della eteroregolamentazione che può essere rappresentata non solo dalla norma di legge, ma anche da un decreto ministeriale o da un altro atto amministrativo, purché espressione prevista dalla legge, come tale idonea a sostituire la regola privata.

In tema di tassi il legislatore del 1996 ha volutamente introdotto una disposizione elastica capace di abbracciare ogni fluttuazione di tassi e, perciò, il richiamo agli artt.1339 (Inserzione automatica di clausole) c.c. e 14192 (Nullità Parziale) c.c. non concerne un unico dato, ma una pluralità di dati variabili per effetto del decorso del tempo.

Sicché il principio del ius superveniens in materia di tassi soglia finisce con il diventare una ineludibile compresenza automatica ad ogni variazione trimestrale dei tassi.

Lo ius superveniens si è imposto in occasione della prima entrata in vigore della norma e si ripropone tutte le volte in cui, per l'assoluta mancanza di stabilità economica, la rilevazione dei tassi medi, con i noti ribassi consistenti, fa divenire illegittimi i tassi medi precedenti.

La clausola, contenuta nei contratti di mutuo, di determinazione dell'interesse ultralegale, se superiore alla rilevazione periodica del tasso di soglia, è nulla (cfr. 14192 c.c.) e comporta, ai sensi dell'art. 1815 c.c., la perdita dell'interesse usurario.

Il legislatore del 1996 non ha snaturato il contratto di mutuo, ma ha ricondotto detto contratto, nato oneroso, nel modulo del mutuo gratuito (l'usuraio perde, infatti, l'interesse).

Le direttive A.B.I., numerose in materia, possono considerarsi i soliti saggi di astroeconomia, redatti dalla nota associazione di categoria della totalità delle banche, alle quali si risponde con i comunicati dell'ADUSBEF e delle altre associazioni dei consumatori (sicuramente più autorevoli dell'A.B.I. con l'entrata in vigore della legge 30 luglio 1998 n. 281 e con l'istituzione del Consiglio Nazionale dei consumatori e degli utenti).

Infine, è opportuno rilevare che la questione dell'illegittimità del tasso ultralegale usurario dovrebbe essere rilevata d'Ufficio dal Magistrato che istruisce il processo di esecuzione immobiliare, dal momento che è pertinente al presupposto fondamentale della stessa procedura, ed in particolare al profilo della validità ed efficacia del titolo.

L'utenza deve, pertanto, rifiutarsi di rinegoziare mutui pagando penali ingiustificate (non è colpa dell'utente se la banca viola la legge sull'usura), accollandosi nuove spese notarili ed altri oneri: deve solo pretendere l'applicazione della legge e la spontanea riduzione dei tassi da parte della banca, che, in caso contrario, potrà essere citata dinanzi alle Autorità competenti.

Marzo '99


 

 IL REATO DI USURA, A SEGUITO DELLA NUOVA LEGGE 108/1996, SI CONFIGURA QUANDO GLI INTERESSI SIANO INCASSATI RATEALMENTE, COME DELITTO A CONDOTTA FRAZIONATA O A CONSUMAZIONE PROLUNGATA: LO HA STABILITO LA CASSAZIONE (SENTENZA N.1077 DEL 19-22.10.98). NON E' PIU' LECITO CHE LE BANCHE,CONTINUINO AD INCASSARE RATE DI MUTUO, CON TASSI DI INTERESSI SUPERIORI AI TASSI SOGLIA.

La sentenza n.1077, prima sezione di Cassazione, emessa il 19-22 ottobre 1998, pres. Sacchetti, est. Canzio, apre grandi speranze per  tutti i cittadini (oltre 500 mila)  che  avevano stipulato mutui per acquistare casa, ad altissimi tassi di interesse.

La Suprema Corte ha affermato che deve essere  accolto  il Prevalente orientamento dottrinale, recepito già da alcuni Tribunali, secondo il quale il reato di usura si realizza con  la dazione effettiva  degli interessi, in quanto questa fa  parte a pieno  titolo  del fatto lesivo penalmente rilevante e  segna  il momento consumativo del reato.

Tale affermazione è giustificata con il rilievo che, rispetto al consueto atteggiarsi nella realtà  sociale ed  economica del fenomeno usurario, sarebbe distonico sostenere  l'estraneità  alla struttura  della  fattispecie criminosa di questa modalità di realizzazione  dell'illecito, la dazione degli interessi e nella quale si identifica la completa esecuzione del delitto e il massimo approfondimento  della concreta e progressiva  lesione dell'interesse protetto. La sentenza è ancor più importante perché chiarisce,  una volta  per tutte, che con  la  nuova  disciplina introdotta con la legge 108/1996, il reato di usura non può configurarsi come reato istantaneo ad "effetti permanenti", bensì come reato a "condotta frazionata" o a "consumazione prolungata".

La  nuova  qualificazione del reato fatta  dalla Cassazione trova  il suo fondamento normativo nella nuova  disciplina  della prescrizione, prevista  dall'art. 644 codice penale, secondo cui  il reato si prescrive a partire dall'ultima riscossione, e trova conforto  nell'insegnamento  tradizionale ed unanime sia della Cassazione che della dottrina: quando una disciplina viene abrogata  e sostituita da nuove  norme, com'è accaduto  per  la fattispecie  criminosa dell'usura, la giurisprudenza che si era formata sul vecchio testo normativo diventa inutilizzabile.

Adusbef, che ha promosso centinaia di cause in sede  civile, denunciando alcune  banche (San Paolo di  Torino, ecc.)  in  sede penale per le richieste usurarie anche superiori al 40 per  cento del capitale residuo, per la risoluzione anticipata del contratto, continuerà la sua battaglia contro usi ed abusi delle banche.

Adusbef ricorda che i tassi soglia vigenti per tipologie  di prestiti, oltre i quali si consuma il reato di usura ed ai  quali le  banche sono obbligate a ricondurre i conteggi, sono:  8,7  per cento  per  i mutui; 17,52 per i prestiti personali, 14,94  per  le aperture di credito in conto corrente superiori a 10 milioni.

Spiace rilevare un atteggiamento protervo ed arrogante dell'Abi che, invece di applicare la legge con una autentica interpretazione, come autorevolmente proposto dalla Cassazione, continua a difendere rendite oramai anacronistiche, come la capitalizzazione trimestrale sui prestiti e la commissione di massimo scoperto, anch'essi dichiarati illegali da precedenti pronunce di Cassazione.

Roma, 25.2.1999


 

RICONTRATTAZIONE DEI MUTUI

Facciamo il punto, ricordando che Adusbef non ha sottoscritto alcun accordo (in sede ABI) con le banche, perché non ha considerato le modifiche offerte di vantaggio per gli utenti.

1) Chi ha firmato un contratto (anche di mutuo) non ha il dovere di rivederlo se all'altra parte non sta più bene (ad esempio, perché il tasso pattuito è divenuto troppo alto rispetto a quelli correnti). Le banche, cioè non sono obbligate a ricontrattare i mutui a tasso fisso. A meno che, a seguito di un giudizio, non lo imponga una sentenza della magistratura. (Si veda il comunicato del 25.2.99 su riportato).

2) Qualora un contratto di mutuo contenga clausole vessatorie (ad. es. la formula del minimo garantito, o preveda penali aleatorie, come nel caso del San Paolo di Torino: più si abbassano i tassi più la penale diventa alta, fino al 40-50 per cento del capitale residuo), occorre impugnare il contratto in Tribunale per ottenere la cancellazione delle clausole capestro.

3) L'art. 40 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria (entrato in vigore il 1° gennaio 1994) dà diritto al mutuatario di rescindere anticipatamente il contratto pagando una penale "correlata al capitale restituito anticipatamente". L'utente può quindi sostituire il vecchio mutuo con uno acceso presso altra banca. Pertanto, i contratti stipulati dopo il 1° gennaio 1994 devono prevedere una penale per la rescissione anticipata correlata al capitale residuo.

4) Alcune banche hanno deciso di rivedere i tassi dei mutui. I termini della proposta di revisione non sono uniformi (ogni banca propone i suoi) e non sono, di norma, contrattabili. Il mutuatario accetta o non accetta.

5) La legge permette il mantenimento del vantaggio fiscale anche se si cambia banca, purché il nuovo mutuo sia di importo non superiore al capitale residuo del precedente maggiorato delle spese accessorie (penale, nuove spese notarili).

6) Se la banca non intende ricontrattare un mutuo a tasso fisso troppo elevato, chiedere i conteggi per l'estinzione anticipata del mutuo dopo aver contattato un'altra banca disposta a concedere il prestito. Sarà conveniente estinguere un vecchio mutuo se la differenza di tasso supera il 3,5 per cento (quindi tutti i mutui a tasso fisso pari o superiori al 9 per cento), se la vita residua non è inferiore ad un terzo, se la penale non supera il 3 per cento.

I conti possono essere richiesti ad un ragioniere e/o un commercialista.

7) Adusbef, in virtù della legge 281/98, promuoverà azioni inibitorie per far rimuovere tali clausole vessatorie ed abbattere le penali troppo elevate: penali ragionevoli si aggirano attorno all' 1 - 3 per cento del capitale residuo.

8) Adusbef, dopo aver promosso azioni penali contro le banche con 13 esposti-denuncia inviate nell'estate scorsa ad altrettante Procure della Repubblica, sta raccogliendo le deleghe per promuovere azioni civili. Sono già state depositati alcuni ricorsi pilota contro alcune banche (Istituto Bancario San Paolo di Torino, ecc.).

 

Pertanto:

1) se lascia le cose così come stanno;

2) se accoglie l'eventuale proposta della banca;

3) se decide di sostituire il vecchio mutuo con altro della stessa banca o di altre banche, ai tassi correnti.

 Per ogni ulteriore problema contattare le nostre sedi (voce "Adusbef in Italia e in Europa" all'indice, in fondo alla prima pagina).

Febbraio '99

 

 

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