PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
MINISTERO DELLA SANITA'
Conferenza Permanente Stato Regioni
Commissione Nazionale Amianto
1 -
5 marzo 1999
Documento programmatico conclusivo
Questo documento è stato elaborato a cura del Sottosegretario di Stato al Ministero della Sanità Senatrice Monica Bettoni Brandani, Presidente della Commissione Nazionale Amianto e delegata a presiedere la I° Conferenza Nazionale sull'Amianto per la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Premessa
La Conferenza Nazionale sull’Amianto e suoi
sostituti, svoltasi a Roma dal 1 al 5 marzo 1999 su iniziativa della Presidenza
del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Sanità, in collaborazione con
la Conferenza Permanente Stato Regioni e con la Commissione Nazionale Amianto,
ha rappresentato un atteso adempimento della norma di cui all’art. 7 della
legge 257/92, il cui ritardo è stato colmato dall’attuale Governo.
Il grande interesse sollevato dai lavori
della Conferenza, l’elevato numero di adesioni (oltre 1.300 iscritti), gli
interventi qualificati registratisi costituiscono elementi di soddisfazione,
stimolo e contributo costruttivo alle iniziative governative che dovranno
seguire.
Il presente documento intende riproporre i
nodi critici e le indicazioni emerse dai cinque giorni di dibattito,
sintetizzare le proposte scaturite dalle sessioni tematiche, illustrare le
conclusioni tratte dai referenti politici della Conferenza, al fine di una loro
rappresentazione in Consiglio dei Ministri, quali impegni da tradurre in
decisioni operative e iniziative politiche a breve e lunga scadenza.
Conclusioni
L’applicazione della legge sull’amianto,
discussa nell’ambito della Conferenza nazionale, costituisce il paradigma di
una politica di tutela sanitaria ed ambientale che assume oggi valore
strategico per il rilancio dello sviluppo in senso competitivo ed
ecosostenibile. La verifica dell’attuazione nel nostro Paese della Legge
sull’amianto assume inoltre una particolare importanza nel momento che a
livello europeo si definisce una tendenza che dovrà essere portata a compimento
attraverso il bando di tale sostanza entro il 2005.
Gli elementi di critica più accentuati,
riscontrati nell’ambito della Conferenza, e afferenti in larga parte al
reperimento e alla canalizzazione delle risorse per un’efficace implementazione
della legge, vanno inquadrati in uno scenario più ampio che tenga conto
dell’importanza e dei relativi costi di un modello economico ecosostenibile.
Scegliere di corrispondere a tali attese,
attingendo alla costruzione di un patto sociale per la salute contenuto nel
nuovo Piano Sanitario Nazionale, è stata la scommessa politica dell’esecutivo
attualmente in carica che ha, per primo, realizzato la Conferenza nazionale,
già prevista dalla legge 257/92, ma finora mai svolta. Questo patto si propone
appunto l’obiettivo prioritario del miglioramento delle condizioni ambientali
che, soprattutto nel caso dell’amianto non riguardano solo l’ambito lavorativo
ma, più in genere, le condizioni di vita delle popolazioni coinvolte
pesantemente dagli effetti nocivi provocati dall’uso massiccio e indiscriminato
di questa sostanza, negli anni precedenti al varo della legge.
E’ proprio lo spostamento del problema verso
l’ambiente di vita, testimoniato dalle proiezioni epidemiologiche uno dei nodi
critici che si pongono nell’immediato futuro.
Un primo bilancio sulle ricadute della legge
mostra inoltre un ritardo notevole nell’esecuzione dei censimenti e dei piani
di bonifica, connesso certamente alla limitatezza dei finanziamenti,
soprattutto se considerata a fronte del rilevante aumento delle patologie
amianto correlate; limitatezza che potrebbe risultare esiziale per la
realizzazione degli obiettivi già citati.
Occorre perciò individuare adeguati
meccanismi di finanziamento da destinare alle priorità di intervento fissate
dalle regioni e all’attuazione dei piani, come già richiesto in Commissione
Nazionale Amianto dal Coordinamento interregionale delle regioni.
Le risorse vanno pianificate su base
pluriennale, in un’ottica di cofinanziamento europeo, anche attraverso la
programmazione sia delle risorse nazionali che dei Fondi strutturali europei in
ambito Cipe.
Occorre operare per il recupero dei
finanziamenti (16 Miliardi) previsti dalla Legge 257/92, andati in perenzione,
ripartendoli tra le regioni secondo i criteri già utilizzati per la erogazione
degli otto precedenti. Tali finanziamenti finalizzati alla realizzazione dei
piani sull’amianto possono essere utilizzati, oltre che a sostenere le azioni
di censimento, di formazione, di informazione e di comunicazione del rischio a
livello regionale, anche per promuovere una azione di sensibilizzazione
nazionale sull’argomento e, nello specifico, sui piani. Occorre prevedere finanziamenti
finalizzati ai piani di bonifica ed in particolare quelli per il sostegno alle
Pubbliche Amministrazioni che sono interessate a consistenti e onerosi
interventi, destinando a ciò quote specifiche. La ripartizione dovrà tenere
conto delle singole situazioni regionali secondo i dati emersi dai
censimenti condotti e, quindi, anche dell’incidenza delle situazioni a rischio
nelle singole regioni.
Occorre in primo luogo, dove necessario,
completare i piani regionali di bonifica; indi, passare alla fase gestionale
delle bonifiche, attraverso dei piani di intervento che prevedano al loro
interno scale di priorità, valutazioni costi-benefici e tempi di attuazione. In
merito a ciò si ritiene che utili indicazioni e direttive possano emergere a
livello nazionale da un’azione concordata tra Governo e Regioni che dovrà
riguardare soprattutto i criteri da utilizzarsi per definire le azioni concrete
da realizzare a livello regionale/locale. A questo scopo potrebbero essere
creati centri specializzati con funzioni di riferimento per le fasi operative
delle indagini preliminari, dei campionamenti, delle operazioni analitiche,
oltre che per la valutazione di efficacia delle attività di bonifica. A questo
proposito non è rinviabile la costituzione di un Albo nazionale degli
smaltitori e bonificatori autorizzati.
Occorre favorire la predisposizione di
meccanismi di incentivazione fiscale (con procedure semplificate di
attivazione) e strumenti di agevolazione che favoriscano le bonifiche
necessarie per aziende o privati che vogliano agire per la messa in sicurezza
dei cicli di lavorazione degli impianti e delle strutture industriali e/o
civili dal rischio amianto. In particolare, tali incentivi unitamente a
procedure tecniche ed adempimenti amministrativi semplificati, ma non meno
tutelanti i lavoratori ed i cittadini, risultano necessari per agevolare le
bonifiche e lo smaltimento di piccoli manufatti contenenti amianto.
Occorre definire a livello parlamentare una
revisione dei benefici previsti dall’attuale normativa e superare la
configurazione dell’attuale meccanismo sul divieto di cumulo e l’insufficienza
di quello assicurativo alla base della verificata sottostima dei
riconoscimenti, tenendo conto della impraticabilità spesso verificata, di
addivenire ad un accertamento della passata responsabilità civile delle aziende
(va infatti ricordata la generale tendenza delle aziende nel passato a dare una
copertura assicurativa figurativa e non nominativa) e, quindi, nel complesso,
della presente difficoltà di dare conto di quelle situazioni di esposizione che
hanno generato e genereranno nel prossimo futuro gravi patologie ad esito
cronico ed altamente invalidante.
La fissazione di giusti criteri per
circoscrivere l’insieme degli ex esposti o esposti potrà giovarsi di quegli
strumenti conoscitivi e di controllo già indicati a livello di proposte
tematiche (modello di identificazione delle attività di esposizione e di
individuazione degli esposti in base ad uno studio di impatto ancora mai
realizzato; eventuale costituzione presso l’INAIL di un archivio dei cicli
produttivi pericolosi; eventuale affidamento dei riconoscimenti di patologie
professionali ai Servizi per la Prevenzione e Sicurezza del lavoro delle
A.S.L., già istituzionalmente preposti alle competenze preventive in materia,
per evitare l’attuale discussa incompatibilità di funzioni dell’Ente INAIL che
realizza attualmente allo stesso tempo riconoscimenti e risarcimenti); una
volta stabiliti questi criteri si potrà attivare eventualmente per il
pregresso, un fondo globale di solidarietà cui potrebbero afferire risorse
degli istituti assicurativi, fin qui immobilizzate, e quote di partecipazione
imprenditoriale.
La propensione maggioritaria, manifestatasi
durante la Conferenza nazionale, volta ad evitare e non privilegiare risposte
puramente riparatorie o risarcitorie, non può far dimenticare quanti hanno già
pagato un prezzo altissimo e quindi la necessità di riassorbire l’elevato
contenzioso esistente. Tuttavia, la risposta dello Stato non può essere solo
monetaria ma va espressa soprattutto in termini di prevenzione, erogazione di
servizi e di prestazioni sanitarie per il miglioramento della qualità della
vita.
Per ciò che riguarda la responsabilità
aziendale, questa può essere correttamente riferita all’adozione o meno delle
migliori tecnologie di prevenzione conosciute e alla fattibilità tecnologica
(articolo 2087 codice civile), con definizioni in grado di restringere ogni
discriminazione interpretativa.
Sarà necessario infine estendere la tutela
prevista dalla normativa per i lavoratori esposti ad amianto anche a quelli che
ne sono esclusi (ad es. servizi marittimi aerei, delle forze armate, della
pubblica sicurezza e della protezione civile).
Occorre arrivare alla ricomposizione delle
competenze e all’armonizzazione degli interventi tramite la stretta
collaborazione e il coordinamento tra i diversi livelli istituzionali,
affidandone il ruolo di riferimento centrale al Ministero della Sanità,
trattandosi di attività di prevenzione primaria che ha al centro la tutela
della salute pubblica.
A tale proposito, occorre richiamare la
necessità di una azione di coordinamento permanente tra lo Stato e le Regioni
per la promozione e la realizzazione delle azioni di completamento dei
censimenti e delle bonifiche: è stato proposto l’insediamento di un gruppo di
lavoro permanente che si riunisca periodicamente e abbia compiti di promozione
e verifica delle azioni intraprese.
La normativa sull’amianto è parte di quella
complessiva relativa alle questioni sanitarie/ambientali. La legislazione
sull’amianto può d’altronde rappresentare un modello d’intervento preventivo a
strategia integrale per grandi rischi industriali, se si decide di unificarne e
renderne coesi presupposti e conseguenze. Tale raccordo può essere meglio
evidenziato, nell’ambito del percorso legislativo, dal Decreto di attuazione
della delega per la razionalizzazione del SSN, nella parte che specificatamente
riguarda il riordino de Dipartimenti di Prevenzione e quindi dei Servizi al
loro interno, da raccordarsi con i Dipartimenti delle ARPA, previsti dalla
Legge 61/94.
Occorre rilanciare e finalizzare la ricerca
scientifica nella direzione di una ricerca biologico-clinica per la prevenzione
ed il trattamento delle patologie amianto correlate e di una ricerca sui materiali
sostitutivi, sviluppando adeguate forme di incentivazione per tali ricerche
anche a livello industriale, dirette contemporaneamente anche all’abbattimento
dei costi di smaltimento dei rifiuti di amianto e dei materiali che lo
contengono.
Occorre dare impulso al completamento dei
censimenti di cui sopra e di altri censimenti specifici, come strumento
indispensabile per la misurazione del rischio ambientale e del rischio
sanitario. Ad esempio, è stata sottolineata nell’ambito della Conferenza
nazionale l’assenza di un monitoraggio sul quantitativo di materiali contenenti
amianto finora rimosso a livello nazionale; l’assenza del censimento delle
aziende o dei siti a rischio "amianto" cui è possibile una
riconversione; la mancata realizzazione del registro dei mesoteliomi e del
registro degli esposti ad amianto.
I suddetti adempimenti potranno essere utili
alla realizzazione della sorveglianza sanitaria e/o epidemiologica sui
lavoratori e sulla popolazione esposta, oltreché alla individuazione di centri
specializzati e clinico-scientifici di riferimento per le patologie amianto
correlate, attenti sia allo sviluppo di nuovi protocolli diagnostici e
terapeutici che alla umanizzazione e alla efficacia dell’assistenza, anche
domiciliare.
Va infine previsto il coinvolgimento degli
organi tecnico-scientifici del SSN, ISS e ISPESL e della Commissione Consultiva
Tossicologica Nazionale per valutare l’eventuale tossicità e cancerogenicità
dei materiali sostitutivi; va inoltre realizzato il superamento dell’insufficiente
metodo della autocertificazione, attualmente unica garanzia ai fini
dell’omologazione e dell’immissione sul mercato di nuovi materiali sostitutivi,
ma comunque non applicabile a materie in cui la responsabilità sociale
travalica gli ambiti e le risorse dei soggetti produttori. L’Italia deve
inoltre sollecitare la discussione sui materiali sostitutivi dell’amianto in
sede europea.
Particolare attenzione va inoltre posta agli
aspetti relativi allo smaltimento e al trattamento dei rifiuti dell’amianto,
considerando i vantaggi e gli svantaggi delle due possibili opzioni: quella
relativa al trattamento, messa in sicurezza e inertizzazione di tali rifiuti,
che soffre tuttora dei limiti di impianti sostanzialmente sperimentali, non
adeguatamente valutati sotto il profilo dei costi di gestione; e quella
relativa alla rimozione e al relativo smaltimento in discarica, che sconta sia
l’inadeguatezza quali–quantitativa dei siti che la necessità di un adeguamento
a quanto previsto dal d.leg.vo Ronchi.
Occorre poi dare conto della discussione che
nella Conferenza nazionale ha portato ad affermare come la repressione
giudiziaria in questo campo, e in generale nei campi legati alla prevenzione,
non determini automaticamente il ripristino del diritto violato o il superamento
degli illeciti contro la salute.
Tuttavia, come avvenuto in esperienze
positive consolidate, quali quella rappresentata dalla vicenda della
decoibentazione delle carrozze ferroviarie, la collaborazione dei giudici con i
tecnici dei servizi di prevenzione ha avviato in molti casi percorsi positivi e
nuove condizioni di sicurezza. L’intervento sul piano giudiziario e penale deve
essere visto come atto estremo di tutela da perseguire soltanto dopo il
fallimento di azioni di prevenzione e controllo, previsti peraltro dalla
normativa vigente; in questo senso risulta essenziale il ruolo del sindacato
per iniziative volte alla tutela dei lavoratori.
Infine, la Conferenza Nazionale ha posto
l’accento sul ruolo di stretta collaborazione tra vari soggetti istituzionali e
sociali, quali gli Enti Locali, le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, le
organizzazioni di interesse, i movimenti e le associazioni dei cittadini; tali
presenze dovranno quindi trovare spazio adeguato all’interno degli organismi
previsti ai vari livelli istituzionali.
Allegati:
Sintesi delle Sessioni tematiche
Schema sinottico proposte
Sessioni
Sintesi delle Sessioni tematiche
Un ambito prioritario di discussione ha
riguardato "Il rischio sanitario correlato all’amianto".
In relazione alle patologie amianto
correlate (A.C.), i dati indicano la gravità per tipo e incidenza di tali
patologie nelle categorie a rischio tradizionali (ad es. addetti attività
estrattive ed edili, addetti impianti petrolchimici, lavoratori cemento amianto,
operai cantieri navali, ferrovieri, addetti alle manutenzioni delle strutture
contenenti amianto, etc.), per le quali il rapporto tra esposizione ad amianto
e patologie A.C. risulta inequivocabile.
Molte osservazioni stanno ad indicare che le
categorie professionali esposte ad amianto e con rischio di patologie A.C. non
si limitano a quelle tradizionalmente note o a situazioni specifiche e atipiche
(quali i cernitori di stracci di Prato) ma sono molto più numerose.
Sempre nuove e molteplici acquisizioni
scientifiche indicano che anche l’esposizione ambientale non professionale ad
amianto può comportare rischi di patologie A.C.. Si tratta di esposizione
domestica (abitazioni inquinate), familiare (familiari di lavoratori esposti) e
residenziale (case vicine ad opifici in cui è presente amianto).
Per nessun tipo di amianto è determinabile
una concentrazione soglia al di sotto della quale non vi è rischio di cancro.
Studi epidemiologici aggiornati, presentati
nel corso della Conferenza, hanno mostrato che in Italia, come in molti altri
paesi industrializzati, vi è stato negli ultimi decenni un progressivo aumento
dei tassi di mortalità per tumore maligno della pleura che sono un accettabile
sostituto di stime di incidenza; tale aumento viene considerato solo in piccola
parte attribuibile ai perfezionamenti diagnostici e alla qualità della
certificazione delle cause di morte. I dati, peraltro, mostrano che la
frequenza attuale e le proiezioni per il futuro di questa patologia collocano
l’Italia tra i Paesi a più elevata mortalità ed incidenza tra quelli europei e
nel mondo.
Piemonte, Liguria, Friuli-Venezia Giulia e
Lombardia sono risultate le regioni a maggiore frequenza di tumori pleurici,
(vedi la presenza in esse dei maggiori poli estrattivi ed industriali relativi
all’amianto); tuttavia analisi a livello comunale hanno evidenziato anche in
altre regioni "clusters" di casi di mesotelioma, precedentemente non
individuati.
E’ stata riscontrata una sottodenuncia
agli istituti assicurativi ed un sottoriconoscimento operato dagli istituti
assicurativi stessi di persone affette da patologie, causate con alta
probabilità da esposizioni occupazionali o paraoccupazionali ad amianto.
Infatti, mentre i carcinomi del polmone attribuibili all’amianto, in quanto
incontrovertibilmente associati all’asbestosi istologicamente accertata, sono
circa 1.000-1.500/annui, i tumori professionali accertati sono circa 50 l’anno.
Il fenomeno si ritiene causato:
- dalla scarsa attenzione alla raccolta
delle anamnesi lavorative da parte delle strutture sanitarie su cui occorre
intervenire tempestivamente a livello regionale e ministeriale
- dall'insufficiente segnalazione
all’istituto assicurativo, da parte dei medici, di casi di sospetta origine
professionale e dal ritardo con cui l’Italia ha proceduto all’inserimento dei
tumori da amianto nella lista delle malattie professionali (1994).
- da una insufficiente conoscenza delle
occupazioni che comportano esposizione ad amianto da parte degli Istituti
assicurativi.
E’ da lamentare che la registrazione dei
mesoteliomi asbesto-correlati e dei casi di asbestosi previsti dal DL 277/91
sia stata finora posta in essere solo in un limitato numero di regioni.
Va potenziata la ricerca epidemiologica
relativa all’incidenza dei mesoteliomi (quali tumori-sentinella
dell’esposizione) sia per identificare possibili, persistenti sorgenti di
rischio che per valutare nel tempo l’efficacia di misure di prevenzione.
Va potenziata la ricerca biologico-clinica
ai fini della messa a punto di strategie di controllo per gruppi a rischio
(tramite possibili indicatori di rischio preclinici e preradiologici), di
strategie di prevenzione e di nuovi, più efficaci approcci terapeutici.
Le conoscenze attuali in merito all’origine
dei focolai di tumori A.C. richiamano la necessità di un’adeguata interazione
(che è stata produttiva a Broni, Biancavilla e Casale Monferrato) tra esperti,
autorità politiche locali, organizzazioni sindacali e movimenti di famigliari
di esposti e cittadini).
Constatato che le malattie da asbesto si
manifestano anche a distanza di molti anni dall’inizio della fase di
esposizione, vi è consenso sulla necessità di garantire il controllo degli
esposti mediante sorveglianza epidemiologica e/o sanitaria in forma programmata
e gratuita a cura dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza degli ambienti di
lavoro delle ASL.
. Sulle modalità con cui tale obiettivo deve
essere realizzato esistono al momento diversi orientamenti regionali, anche in
mancanza di linee guida razionali ed efficaci.
E’ necessario quindi, che anche su tale
tematica emerga una posizione unica, decisa a livello centrale con il
contributo e la condivisione delle Regioni.
Si ritiene opportuno, inoltre, promuovere
iniziative informative e/o campagne di sensibilizzazione contro il fumo, quale
cofattore di rischio, negli esposti ed ex-esposti.
Ai fini dei benefici previdenziali in
rapporto alle malattie professionali da amianto e all’esposizione al rischio è
stata auspicata la revisione delle normative (riferite all’art. 13 della legge
257/91, come modificato dal DL 169/93 e convertito con legge 271/93).
E’ stato criticato il divieto di cumulo
pensionistico per invalidità e rendite infortunistiche INAIL (art. 45 L.
335/95). E’ stata infine messa in luce la mancanza di criteri concordi per la
definizione dei lavoratori esposti in virtù della loro attività,
precedentemente all’entrata in vigore della legge 257/92. Nel provvedimento in
discussione al Senato è dunque auspicabile che sia chiarito definitivamente il
contenzioso circa i potenziali destinatari dei benefici previdenziali previsti
dalle leggi inerenti l’amianto.
Riconoscendo l’attuale carenza di strumenti
di diagnosi precoce e la inadeguatezza dei presidi terapeutici disponibili per
il trattamento del mesotelioma maligno si sottolinea la necessità di promuovere
studi cooperativi, sia a livello nazionale che internazionale, per la messa a
punto di nuovi, più efficaci protocolli diagnostico-terapeutici e l’attivazione
di centri di riferimento ai quali i pazienti possono ricorrere non solo per il
prolungamento ma soprattutto per il miglioramento della qualità della vita.
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L’importanza dei flussi informativi è
evidenziata dalla constatazione che quando il sistema di registrazione dei
mesoteliomi è operativo il fenomeno emerge in tutta la sua consistenza
quali-quantitativa, conducendo a delineare uno scenario, più volte definito
"inquietante", di una patologia tumorale in netta crescita, e che
tale dovrebbe rimanere almeno fino al 2010-15, tendente all’aumento anche in caso
di esposizioni extraprofessionali e, in tal caso anche insorgente in età più
giovanili (intorno ai 40 anni).
E’ stata quindi sottolineata la necessità di
fornire adeguato supporto ai sistemi di rilevazione già esistenti nelle varie
regioni (alcuni strutturati nei Centri operativi regionali del Registro
Nazionale dei Mesoteliomi – RENAM - istituito presso l’ISPESL, le cui
metodologie di rete risultano da quest’ultimo standardizzate) e stimolare
l’attività di quelle realtà nelle quali non sono ancora attivi i registri.
Ancora più urgente è inoltre l’emanazione da parte delle Autorità competenti
dei decreti istitutivi dei Registri degli esposti ad amianto (artt. 4 e 35 del
D.l.vo 277/91) e di quelli degli esposti a cancerogeni (art. 70 D.l.vo 626/94).
E’ poi necessario realizzare la mappatura
delle aziende che hanno utilizzato l’amianto nei cicli lavorativi, con
conseguente stima degli esposti. A tal fine, l’ISPESL ha realizzato una
anagrafe nazionale delle Unità Operative Regionali e dei relativi addetti,
riversandola su supporto magnetico e finalizzandola al completamento della rete
per i censimenti regionali delle attività a rischio di amianto; questo
strumento sta per essere messo a disposizione degli Assessorati alla Sanità
delle Regioni mancanti, per la realizzazione del censimento delle attività a
rischio di amianto, come previsto dal DPR 8/8/94, e lo svolgimento di attività
di prevenzione sul territorio.
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Riguardo ai censimenti regionali, la
cui realizzazione va accelerata insieme agli interventi di bonifica, pur
stabilendo criteri di priorità, è emersa dalla discussione l’esigenza di un
collegamento su base nazionale delle iniziative regionali (e di
un’armonizzazione della modellistica); infatti, dalla presentazione dei
programmi di censimento delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e
Sardegna è possibile notare una certa disparità nelle modalità di conduzione e
nei risultati. A tal proposito si ribadisce la necessità di una collaborazione
Ministeri-Regioni indirizzata alla condivisione anche di tali modalità.
In merito agli aspetti etico-sociali si è
accennato alla necessità di dare priorità ai sistemi di intervento indirizzati
alle popolazioni meno protette e alla possibile utilizzazione delle risorse
umane individuate dalla legge sui lavori socialmente utili per la conduzione
dei censimenti; si è inoltre chiesto che questi ultimi registrino adeguatamente
gli impropri riutilizzi avvenuti in passato dei materiali amiantiferi di
risulta, le fonti naturali delle fibre asbestiformi e la valutazione del
rischio sanitario per le popolazioni esposte.
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I temi della formazione e della
comunicazione del rischio occupano anch’essi posti di rilievo nel quadro
generale degli interventi previsti dalla legge.
Si è evidenziato come un’attività di
formazione adeguata e ben indirizzata riguardo ai destinatari possa ridurre la
quantità e la complessità degli interventi (decoibentazioni incongrue e rischi
connessi, fra i quali l’inquinamento secondario) e come una informazione
corretta possa eliminare inutili allarmismi e rendere gli interventi più
efficaci.
In tal senso la comunicazione del rischio
deve intendersi come un vero e proprio processo educativo che affronta i
problemi connessi alla complessità del rischio ed alla trasmissione di
informazioni attraverso cui poter modificare, ove necessario, i comportamenti e
promuovere gli atteggiamenti corretti necessari alla rimozione e/o riduzione
del rischio ed anche alla reale percezione dello stesso da parte dell’utenza.
In particolare, per quanto riguarda i cosiddetti "utilizzatori", cioè
lavoratori addetti alle bonifiche da amianto, occorre che il processo formativo
specifico inerente i suddetti rischi, sia adeguatamente certificato.
E’ emersa tra l’altro, in questo contesto,
l’esigenza di effettuare una idonea formazione ed informazione sui rischi di
esposizione a tale sostanza nei confronti anche dei lavoratori immigrati
impiegati nelle operazioni di bonifica.
Alla qualificazione del processo educativo
deve affiancarsi un vero e proprio accreditamento della struttura formativa in
base a standard definiti su scala nazionale, per evitare sia fenomeni di
disomogeneità e/o insufficienza formativa, che di concorrenza impropria e per
realizzare un sistema di controllo e verifica della qualità della formazione.
Occorre, accanto a ciò, adottare strumenti
formativi ed informativi unificati e creare un osservatorio permanente ove
poter depositare e reperire informazioni relative a tutto il Paese. Un
organismo di indirizzo e coordinamento delle procedure di accreditamento e
degli strumenti formativi ed informativi unificati potrebbe trovare idonea
collocazione presso il Ministero della Sanità.
Attenzione maggiore, a livello della
formazione di base e specialistica (facoltà di Medicina, di Ingegneria, Scuole
di Specializzazione in Igiene e Medicina del lavoro, etc.) dovrebbe essere
posta al problema della sicurezza e della tutela della salute nei luoghi di
lavoro, accelerando tra l’altro il processo di attuazione del Diploma
universitario per "Tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di
lavoro" (DM 17/1/97 n. 58) secondo un progetto organico di formazione per
la prevenzione e la sicurezza.
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Le esperienze di bonifica e di
riconversione industriale sono state trattate nella Conferenza, dando conto
delle tecniche più efficaci e delle procedure standardizzate attualmente
disponibili.
Sono risultate in fase di messa a punto
conclusiva tecniche di bonifica efficaci per l’abbattimento di particolati
residui e nuove metodiche per la misura dell’entità della dispersione di fibre
nell’aria da parte di coperture in cemento/amianto degradate.
E’ stato posto l’accento sull’importanza di
una corretta informazione e di una appropriata preparazione professionale sui
procedimenti di bonifica e sulle relative misure di tutela dei lavoratori che,
spesso operanti in condizioni di rischio elevato, vanno innanzitutto istruiti
all’impiego dei dispositivi ambientali e personali di protezione.
Va diffusa la conoscenza circa le
particolari modalità da seguire per la bonifica di stabilimenti in attività,
nei quali ai rischi noti elencati nel DM 6/9/94, si sommano quelli da agenti
chimici, da sostanze deflagranti e da alte temperature.
E’ necessario operare per l’immediata messa
in sicurezza degli edifici industriali abbandonati e delle carrozze ferroviarie
dismesse in cui sia presente amianto.
E’ urgente definire, di concerto tra i
Ministeri della Difesa e della Sanità, un provvedimento che preveda adeguate
forme di vigilanza sanitaria per i lavoratori civili impiegati nelle Forze
Armate, in attività di bonifica da amianto; tale provvedimento dovrebbe altresì
prevedere l’obbligatorietà di censimento di edifici e mezzi militari e di
recepire i contenuti dei disciplinari tecnici, elaborati dalla Commissione
Nazionale Amianto, in materia di edifici, mezzi rotabili, unità navali e
arsenali.
Occorre prevedere strumenti di diffusione e
socializzazione delle più avanzate soluzioni tecnologiche e dei risanamenti da
effettuare, secondo una scala di priorità anche finanziaria, che si colleghi
agli obiettivi di prevenzione previsti dal PSN.
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In tema di smaltimento,
trattamento e recupero dei rifiuti sono stati illustrati numerosi impianti
di trattamento, alcuni dei quali "mobili", basati su diversi tipi di
processi e tecnologie; tuttavia, tali impianti, brevettati per iniziativa del
CNR,CSM, ENEA ed ENEL, hanno tutti un carattere sperimentale-dimostrativo e si
trovano in differenti fasi di realizzazione.
E’ stato auspicato che i
costi per la messa in opera su scala industriale e per la gestione ordinaria di
tali impianti siano al più presto analizzati e resi disponibili, in
considerazione di un loro potenziale utilizzo alternativo alle attuali
discariche, che rappresentano sistemi di smaltimento destinati peraltro a
scomparire entro il 2000, secondo quanto previsto dal Decreto L.vo 22/97.
Un vivace dibattito si è
poi aperto sulla prevista classificazione dei Rifiuti Contenenti Amianto – RCA
- e sul metodo di determinazione della loro pericolosità, detto Indice di
Rilascio (I.R.).Tale indice è stato utilizzato per la classificazione dei
suddetti rifiuti in "pericolosi" e "non pericolosi". Gli
stessi studi utilizzati per la formulazione dei disciplinari tecnici prevedono
il ricorso a tale indice solo nel caso in cui alcune tipologie di rifiuti non
siano compresi nella predetta classificazione. Inoltre alcuni relatori hanno
proposto di redigere opportune tabelle da allegare nel prossimo decreto sui
rifiuti da amianto, recanti i valori medi del contenuto e la densità assoluta
dello stesso.
E’ stato infine rilevato
come la normativa italiana in via di approvazione, pur essendo stata elaborata
dalla Commissione Nazionale Amianto attraverso studi scientifici approfonditi,
possa risultare invalidata dalle recenti proposte di modifica della lista
europea dei Rifiuti Pericolosi. A tale proposito è stato chiesto che il governo
italiano promuova in tempi brevi un’iniziativa politica a livello europeo, a
sostegno dei criteri più avanzati contenuti nel disciplinare tecnico elaborato
dalla Commissione Nazionale Amianto.
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Il problema dei materiali sostitutivi
dell’amianto va approfondito sia sul piano della ricerca che su quello
della valutazione sanitaria, adeguando la normativa italiana e quella comunitaria.
Per quanto riguarda la deroga prevista
dalla legge 426 si è richiamata l’attenzione sul fatto che per l’industria del
cloro l’utilizzo delle guarnizioni contenenti amianto è finalizzata a
imprescindibili esigenze di sicurezza. Tale deroga nel nostro Paese è stata
comunque limitata ad un periodo massimo di 2 anni e ad un quantitativo annuo di
200 Kg, mentre in altri paesi della Comunità Europea le deroghe hanno
riguardato quantitativi maggiori, fino ad alcune tonnellate annue; la deroga
italiana è inoltre sottoposta a misure di sorveglianza e al puntuale rispetto
delle norme di sicurezza da parte dell’azienda.
Si è proposto di dare maggiore impulso in
tempi rapidi, a livello della Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale,
all’implementazione degli studi delle eventuali caratteristiche di tossicità e
cancerogenicità dei materiali proposti come sostitutivi dell’amianto, con il
coinvolgimento dell’ISS e dell’ISPESL, nonché delle Università e degli Enti di
ricerca disponibili. A tale proposito appare utile che questa rete sia resa
visibile e funzionale per il collegamento con le Regioni e la trasmissione
periodica delle informazioni a quest’ultime. Il vigente sistema
dell’autocertificazio-
ne da parte delle industrie produttrici
non offre infatti sufficienti garanzie per la salute dei cittadini e dei
lavoratori in un quadro normativo e di ricerca, nazionale ed europeo, ancora
non sufficientemente sviluppato; andranno quindi ricercate soluzioni più
adeguate rispetto all’attuale sistema di omologazione che individua nel
Ministero dell’Industria l’unico responsabile dell’autorizzazione
all’immissione sul mercato di tali materiali.
SCHEMA
SINOTTICO PROPOSTE SESSIONI
A) Rischio sanitario.
1 – completamento dei registri dei
mesoteliomi a.c. e dei casi di asbestosi in tutte le regioni e collegamento con
il Registro nazionale (v. art. 36 D. L.vo 277/91)
2 – potenziamento della ricerca
epidemiologica sull’incidenza del mesotelioma maligno della pleura quale tumore
sentinella dell’esposizione
3 – potenziamento della ricerca
biologico-clinica finalizzata a nuove strategie terapeutiche, preventive e di
controllo sui gruppi a rischio
4 –valorizzazione di forme di interazione
tra esperti, amministratori locali e movimenti di cittadini attivi sul problema
5 – predisposizione di linee guida per la
sorveglianza sanitaria e/o epidemiologica degli ex esposti
6 –gratuità della sorveglianza sanitaria
degli ex esposti attraverso le strutture del S.S.N. e a cura dei servizi di
prevenzione e di sicurezza degli ambienti di lavoro nelle ASL
7 – revisione delle normative sul
riconoscimento malattie professionali a.c. e all’esposizione:
- ridefinizione dei criteri per
l’individuazione dei lavoratori esposti ante legem 257/92
- eliminazione dell’attuale
configurazione dei meccanismi di divieto di cumulo tra pensione e rendita INAIL
8 – individuazione di centri di
riferimento per la diagnosi e la terapia dei mesoteliomi
B) Flussi informativi.
1 – completamento dei sistemi di
rilevazione informativa:
- emanazione dei decreti relativi all’istituzione
del Registro nazionale mesoteliomi (art. 36 e 277/91), del Registro degli
esposti all’amianto (artt. 4 e 35 L. 277/91) e del Registro esposti ai
cancerogeni (art. 70 D.L.vo 626/94)
2 – realizzazione della mappatura delle
aziende che hanno utilizzato amianto nei cicli di lavorazione prima della
257/92 e che intervengono nelle bonifiche.
C) Censimenti
1 – completamento dei censimenti
regionali secondo specifiche direttive nazionali scaturite da momenti di lavoro
comune con le Regioni
- verifiche dei censimenti effettuati ed
eventuale adozione di poteri sostitutivi da parte dello Stato
- utilizzazione per i censimenti di unità
lavorative individuabili in base alla legge sui lavori socialmente utili
secondo criteri e modalità da stabilirsi di concerto tra Governo e Regioni
D) Comunicazione del rischio,
formazione.
1 – idonea formazione dei lavoratori
immigrati impiegati nelle operazioni di bonifica
2 – definizione di standard nazionali per
le strutture formative e loro accreditamento
3 – creazione di un osservatorio
nazionale sui sistemi formativi e informativi presso il Ministero della Sanità,
con compiti di indirizzo e coordinamento
4 – finalizzazione all’amianto di
attività di formazione alla sicurezza del lavoro operanti presso scuole di specializzazione
e facoltà universitarie attinenti
attuazione del Diploma universitario
tecnici della prevenzione ambientale
5 – comunicazione del rischio agli
ex-esposti, ai lavoratori-bonificatori e alla popolazione.
E) Bonifiche.
1 – formazione dei lavoratori incaricati
delle bonifiche e loro istruzione all’uso di dispositivi di protezione
personale e ambientale
2 – diffusione delle conoscenze circa le
esperienze di bonifica, (costruzione banca dati e manuali buona pratica);
diffusione delle conoscenze delle bonifiche in stabilimenti in attività con
rischi aggiuntivi
3 –bonifica e/o messa in sicurezza di
aree contaminate, siti industriali dismessi e manufatti contenenti amianto
4 – provvedimento di concerto tra Sanità
e Difesa su obblighi censimento edifici e mezzi militari e vigilanza sanitaria
su lavoratori civili operanti nelle Forze Armate.
5 – modalità per la definizione delle
priorità ed il reperimento di risorse ad hoc, anche per organizzare e favorire
lo smaltimento di piccoli manufatti contenenti amianto.
F) Smaltimento, trattamento e recupero
dei rifiuti.
1 – realizzazione su scala industriale e
a costi competitivi di impianti di smaltimento, trattamento e recupero dei
rifiuti dell’amianto, oggi solo sperimentali
2 – eventuale predisposizione di tabelle
dei valori medi del contenuto di amianto e della densità assoluta per quelle
tipologie di materiali di rifiuto.
3– elaborazione e presentazione a livello
comunitario di un documento proponente i criteri del disciplinare tecnico
italiano in materia di rifiuti di amianto.
4- incentivazione dell’innovazione
tecnologica nel campo dei sistemi di trasformazione e innocuizzazione
dell’amianto.
G) Materiali sostitutivi.
1 – avvio di studi sulle caratteristiche
dei materiali sostitutivi e sulla loro eventuale tossicità e cancerogenicità
nell’ambito della Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale, con il
coinvolgimento di ISS, ISPESL, Istituti Universitari ed Enti di ricerca.
2 – revisione dell’attuale sistema di
autocertificazione per materiali sostitutivi, quale unica garanzia sanitaria ai
fini dell’omologazione e dell’immissione in commercio.
H) Interventi legislativi
1 - riordino e coordinamento delle
normative sanitarie e ambientali che interagiscono sia a livello nazionale che
europeo.
2 – integrazioni legislative alla 257/92
in materia di rappresentanza regionale sia a livello della sanità che
dell’ambiente nell’ambito della Commissione Nazionale Amianto.