Associazione Esposti Amianto e ad altri rischi ambientali via Nazionale, 57 -50123 Firenze - tel/fax : 055-494.858 URL http ://www.aea-nazionale.org - E-MAIL aassaea@virgiliot.itCodice fiscale: 97074910155 |
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APPLICAZIONE E
DIFFICOLTA’ DI ATTUAZIONE DEI BENEFICI PREVIDENZIALLI La Direzione Generale
dell’INPS, dopo l’entrata in vigore della legge 271/93, al fine di regolare
l’accesso ai benefici previdenziali ha emesso una serie di circolari applicative,
che sinteticamente si riassumono ( Circ. Dir. Gen. INPS nn. 219/93, 129/94) : applicazione comma 7, art. 13 è sufficiente per il lavoratore che la malattia professionale causata dall’amianto sia riconosciuta dall’INAIL; restano da individuare gli anni di esposizione all’amianto. Applicazione comma 8, art. 13 a)
attestato
del datore di lavoro che certifica che il lavoratore presta o ha prestato
attività lavorativa nell’impresa , dove svolge o ha svolto lavorazioni che
comunque espongono ad inalazioni di fibre d’amianto ; b)
attestato
dell’INAIL che certifica che nell’impresa in questione si svolgano o si siano
svolte attività lavorative soggette all’obbligo del pagamento del premio
supplementare contro l’asbestosi o che
espongano ad inalazioni di polveri d’amianto. Fino all’inizio del 1995 ben pochi lavoratori esposti
all’amianto hanno potuto usufruire dei benefici previsti dall’art.13, poiché
non ne erano a conoscenza; va aggiunto, inoltre, che il pagamento del premio
supplementare contro l’asbestosi è
stato quasi sempre evaso dalle aziende; di conseguenza, per timore che il
rilascio delle dichiarazioni di esposizione all’amianto esponesse i datori di
lavoro a sanzioni amministrative o a contenziosi giudiziari, gli stessi si
rifiutavano di rilasciare tali certificazioni. Per parte sua l'INAIL non avendo mai censito queste aziende mancava degli strumenti necessari a stabilire chi e in che misura aveva subito l'esposizione all'amianto. Così le dichiarazioni sono state rilasciate solo da coloro che avevano pagato il premio supplementare contro l’asbestosi e risultavano in regola con l'INAIL. MODIFICHE DELLE PROCEDURE DI ACCESSO AI
BENEFICI PREVIDENZIALI Alla fine del 1994, grazie
all’opera di informazione dell’Associazione
Esposti all’Amianto (AEA) che si rese conto che l'applicazione della legge
risultava largamente disattesa, anche nella parte relativa ai benefici previdenziali, molti lavoratori vengono
coinvolti. In pochi mesi migliaia sono le richieste di riconoscimento di
esposizioni subite, in particolare dove l'AEA è presente; nel contempo,
numerosissime sono anche le patologie amianto correlate che emergono .L vastità
del fenomeno allarma e spinge le parti sociali (Organizzazioni sindacali e
padronali) a riesaminare presso il
Ministero del Lavoro, con INPS e INAIL, i meccanismi per l'accesso ai benefici
previdenziali. Il 21/11/1995 un accordo viene raggiunto e così la situazione si
modifica (Circolare INPS n. 304 del
15/12/1995) : applicazione comma 7 la procedura resta immutata.
– applicazione comma 8 a)
Lavoratori per i quali le
aziende hanno pagato il premio supplementare contro l’asbestosi (una piccola minoranza): la procedura resta immutata; b)
lavoratori per i quali le
aziende non hanno pagato il premio supplementare contro l’asbestosi ma sono
stati comunque esposti all’amianto (la
stragrande maggioranza): 1)
il
lavoratore esposto deve presentare richiesta di dichiarazione all’INAIL,
allegando documentazione di sostegno a provare l’esposizione ed il curriculum professionale, precedentemente
rilasciato dall’azienda, con l’indicazione, per ogni periodo, delle mansioni
svolte alle dipendenza dell’azienda stessa; 2)
l’INAIL
istruisce la pratica, sottoponendola all’esame della Consulenza Tecnica Rischi
professionali Regionale, la quale sulla base anche di una scheda tecnica di
valutazione esprime un parere di merito sull’esposizione del lavoratore; 3)
l’INAIL,
conclusa l’istruttoria, rilascia al lavoratore la dichiarazione, la quale, se
positiva, verrà consegnata all’INPS per l’ottenimento dei benefici
previdenziali. Con il nuovo sistema di accesso ai benefici previdenziali previsti dal
comma a 8, art. 13 solo i lavoratori,
per i quali sono stati pagati i premi supplementari contro l’asbestosi (una
minoranza, 5-10% degli esposti) avranno la sicurezza di vedersi riconosciuti i
benefici previdenziali, mentre per tutti gli altri che hanno subito ugualmente
l’esposizione ma che per essi non è stato pagato alcun premio contro
l’asbestosi avranno minori probabilità di vedere riconosciuti i benefici
previdenziali, anzi si presentano nuovi ostacoli che si vanno
aggiungere ai precedenti, per i seguenti motivi: CURRICULUM E DATORI DI LAVORO -
la
difficoltà ad ottenere la dichiarazione di esposizione dall'azienda non viene superata
dall'amnistia sui contributi evasi che l'INAIL garantisce al datore di lavoro
poiché il rilascio di curriculum
positivi di esposizione all’amianto sarebbe una ammissione esplicita che nello
stabilimento, in qualche misura, si è manipolato amianto, attività
probabilmente sconosciuta allo stesso INAIL , quindi, qualora emergessero
responsabilità per l'esposizione subita dalle maestranze nello stabilimento ed,
in particolare, in presenza di malattie e/o decessi causati dall'amianto, il
datore di lavoro, oltre a correre il rischio di essere chiamato a rispondere in
giudizio, si porrebbe l’eventualità di dover versare all’Istituto Assicurativo
gli arretrati del premio supplementare contro l’asbestosi, inoltre, sicuramente
si vedrebbe aumentato il premio contro le malattie professionali causate
dall’amianto, in relazione agli eventi lesivi che l’INAIL dovrebbe risarcire.
Il datore di lavoro ha tutto l’interesse a negare o a limitare drasticamente
sia il numero di "curriculum" rilasciati che i periodi di esposizione
dichiarati. -
Il
versamento del premio contro l’asbestosi e la maggiorazione del premio contro i
rischi di malattie professionali causate dall’amianto sono eventualità
puramente teoriche in quanto con l’applicazione della circolare INAIL n. 252 del 23/11/95, frutto dell’accordo
sopra citato, alle Imprese verrebbe
garantita una sorta di impunità nel non aver pagato sia il premio contro
l’asbestosi che la maggiorazione del premio assicurativo contro le malattie
causate dall’amianto, quali il mesotelioma ed il tumore polmonare. INAIL - se dipendenti di quelle società o imprese che
hanno evaso i contributi supplementari per l'amianto, oppure non pagati perché
non dovuti, risultassero affetti da malattia professionale o peggio ancora
fossero deceduti per cause ricollegabili all'esposizione all'amianto, di fronte
a curriculum lavorativi attestanti l’esposizione all’amianto, l'INAIL come istituto assicuratore avrebbe
maggiori difficoltà a negare il risarcimento alle vittime o ai loro familiari.
Anche per l'INAIL, quindi l'interesse resta quello di rilasciare il minor
numero di certificazioni possibile. E’ prassi consolidata che l’INAIL, per
evitare il risarcimento, tenta sempre di negare il riconoscimento delle
malattie professionali amianto correlate, per cui si registra, attualmente, un
elevato numero di ricorsi alla magistratura; nel contempo il medesimo Istituto
assicurativo non si attiva, come sarebbe suo diritto ed obbligo, ad esigere, in
presenza di conclamate patologie amianto correlate, la maggiorazione del premio
assicurativo contro le malattie professionali amianto correlate, il quale può
variare dal –35% al + 35% del valore
base. CON.T.A.R.P. - gli viene affidato il
controllo della documentazione presentata dal lavoratore e delle informazioni
contenute nel "curriculum" rilasciato dall'azienda, in particolare
quando i dati non coincidono. Il CON.T.A.R.P. è un'organismo
"esterno" all'INAIL, tecnico per definizione e quindi dovrebbe
risultare di garanzia anche per il lavoratore, ma le valutazioni sul rischio
subito sono formulate sulla base di una scheda tecnica i cui parametri vengono
forniti proprio dall'INAIL., il cui criterio fondamentale si basa su una
esposizione di 100 fibre litro per otto ore al giorno. Per le esposizione
pregresse, in mancanza di rilievi ambientali, tale parametro è impossibile da
accertare; in tal caso la CON.T.A.R.P. adotta procedure e calcoli matematici
inaccettabili sia sul piano scientifico e sanitario che del buon senso, cioè
l’esposizione all’amianto viene valutata con un calcolo che si basa su una
emissione di fibre aprioristicamente definita al tipo di manipolazione
dell’amianto, sia manuale che tramite macchine opertrici; inoltre l’organico
della CON,T.A.R.P. è totalmente insufficiente per far fronte, con una indagine
competa ed approfondita, alle migliaia di richieste dei lavoratori esposti
(due, al massimo tre funzionari per regione), per cui, per loro stessa
ammissione, sono costretti ad eseguire indagini per campione o limitarsi ad
esaminare la documentazione prodotta. In ogni caso tali procedure non rispettano lo spirito della
legge 257/92: il comma 8 art. 13 parla di esposizione all’amianto senza
riferimento a concentrazioni limite, giustamente, poiché in presenza di
sostanze cancerogene come l’amianto, non esiste limite scientificamente
accertato al di sotto del quale non vi è rischio; difatti molti lavoratori
esposti, non ritenendosi sufficientemente garantiti dall’operato dell’INAIL e
della CON.T.A.R.P., si sono rivolti alla magistratura; difatti, numerose
sentenze pretorile hanno dato loro ragione, smentendo totalmente l’operato
della CON.T.A.R.P.: i Pretori hanno condiviso il senso della legge, accertando
che le uniche condizioni poste fossero vere: a) l’esposizione superiore ai
dieci anni; b) l’esposizione subita è causata da eventi lavorativi. -
CONTRADDIZIONI
DELLA LEGGE 257/92
La l. 257/92, però, pone alcuni limiti che non
tutela completamente tutti gli ex esposti all’amianto e pone in essere
trattamenti di ineguaglianza, che oggettivamente pongono in essere delle vere e
proprie ingiustizie: a)
I benefici previdenziali
sono riconosciuti solo ai lavoratori che hanno subito una esposizione superiore
ai 10 anni, negandola a chi ha subito
un’ esposizione per periodi inferiore; b)
L’articolo 13, così come è
letteralmente formulato, riconosce i benefici previdenziali solo ai lavoratori
esposti, soggetti all’assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionale gestita dall’INAIL ed a carico al fondo pensione dell’INPS,
ignorando che esistono anche altre categorie di lavoratori iscritti a fondi
pensioni diversi e gestiti da enti
assicurativi contro le malattie professionali differenti dall’INAIL, come
previsto dall’ art. 127, DPR 1124 del
30 giugno 1965, come ad esempio, i ferrovieri, i marittimi; tale formulazione, difatti, ha originato numerosi contenziosi
giudiziari sul significato ermeneutico del testo. c)
Non sono previsti per gli ex
lavoratori esposti monitoraggi periodici sanitari che preavvisi da possibili insorgenze patologiche amianto
correlate; d)
La copertura finanziaria
delle legge, limitata solo per il periodo 1992-1995, si è dimostrata totalmente
insufficiente a garantire i benefici previdenziali a tutti i lavoratori esposti
ed in regola con requisiti richiesti (che indubbiamente sono molti di più di
quelli previsti); in ogni caso, la legge non prevede un meccanismo automatico
di copertura finanziaria per l’applicazione della stessa ma una copertura ad
hoc, sempre a carico delle casse dello Stato. COPERTURA
FINANZIARIA INSUFFICIENTE E RINVIO ALLA CORTE COSTITUZIONALE Sulla
insufficiente copertura finanziaria e sulla base dei dati forniti dall’INPS e
dall’INAIL, secondo i quali i beneficiari sarebbero circa ventimila, per una
spesa complessiva di diecimila miliardi, il
Tribunale di Ravenna, nella causa di lavoro n. 86/98, nella sessione di
Appello del 30 aprile 1998 ha dichiarato “rilevante
e non manifestamente infondata, per contrasto con gli art. 3 e 81, 4° comma
della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, 8°
comma, della legge 27/3/92, n. 257, come modificato del decreto legge 5 giugno
1993, n.169, convertito, con modificazione, con legge 4/8/1993, n. 271;”
sospendendo il giudizio in corso, disponendo l’immediata trasmissione degli atti
alla Corte Costituzionale ed ordinando che “la
presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al presidente del
Consiglio dei Ministri e comunicata ai presidenti delle due Camere del
Parlamento” LAVORATORI ESPOSTI E PATOLOGIE AMIANTO CORRELATE NUMERO DEI LAVORATORI CHE HANNO SUBITO ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO In Italia, fino al divieto definitivo si sono manipolate e lavorate oltre 5 milioni di tonnellate di amianto, utilizzate per la produzione di oltre 3.000 manufatti. Dai dati forniti dalla Camera di Commercio Industria
Artigianato Agricoltura (C.C.I.A.A.) risulta che nel 1995 le imprese che hanno
manipolato o lavorato materiali amiantiferi erano oltre 9700, a queste bisogna
aggiungere quelle imprese che non sono censite per l’attività primaria di
manipolazione dell’amianto ma che in
ogni caso, come emerse successivamente, hanno utilizzato prodotti a base
d’amianto per la costruzione e la manutenzione di altri manufatti ( officine
ferroviarie delle FS e private, autobus, Cantieri navali, vetrerie, centrali
elettriche, siderurgia e metallurgia, chimica, ecc. ecc.) ; centinaia e
centinaia di imprese, con alle dipendenze decine di migliaia di lavoratori, sicuramente esposti a
concentrazioni notevoli di fibre d’amianto. Da studi recenti condotti negli Stati Uniti
d’America è emerso che circa
5.800.000 persone hanno subito esposizione all’amianto, di cui oltre la metà sono lavoratori;
cioè oltre il 2
% dell’intera popolazione
statunitense ha subito esposizione, con
quasi 2.500 mesotelioma alla pleura
all’anno (un caso ogni 110.000 residenti)
(2). In Italia il numero di mesotelioma è di circa 1.000
l’anno, cioè 1 caso ogni 50.000-60.000 residenti; un valore quasi 2 volte maggiore di quello relativo
alla popolazione degli USA; un dato che non stupisce, considerata la grande
quantità di amianto utilizzata e che fino a pochi anni addietro non vi era
alcuna norma che ne limitasse l’impiego. Se si utilizzasse lo stesso criterio adottato dagli
americani, per individuare il numero dei soggetti che hanno subito
l’esposizione (il 2 % della
popolazione), ovviamente un dato da considerare molto sotto stimato, dato che il tasso di mesotelioma alla pleura
è 2 volte maggiore, si otterrebbe per l’Italia che oltre 1.000.000 di
soggetti hanno subito esposizione alle
fibre d’amianto, di questi almeno il 60 % sono lavoratori; cioè, si arriverebbe
mediamente, 59-60 addetti per ogni impresa recensita dalla C.C.I.A.A.. Tali dati concordano con quelli forniti dallo studio dell’INAIL (3), relativo a 60.000 richieste di lavoratori
esposti all’amianto, relativi a 1000 imprese, cioè il 10 % di quelle inserite nei tabulati
della C.C.I.A.A.; inoltre le 60.000 domande corrispondono
proprio al 10 % degli ipotizzati 600.000 lavoratori che hanno subito esposizione all’amianto. MALATTIE
PROFESSIONALI AMIANTO CORRELATE E PROLIFERAZIONE DEI CONTENZIOSI CON L’INAIL Di pari passo alle richieste di certificazione di esposizione all’amianto emergevano anche le numerose patologie correlate a tale sostanza cancerogena, con conseguenti richieste di risarcimento all’INAIL. Tale Istituto nel doppio ruolo istituzionale di verifica della casualità tra l’evento lesivo e l’attività lavorativa e del risarcimento del danno, ed impreparato nel fronteggiare una situazione che non conosce, ripiega su una prassi consolidata, adottata anche per le altre malattie professionali, di negare la malattia per cause professionali e conseguentemente di non effettuare il risarcimento del danno, se non nei casi di dimostrato pagamento del premio supplementare contro l’asbestosi. Tale comportamento contribuisce ad una proliferazione di ricorsi giudiziari contro l’INAIL che, inevitabilmente perde, nella stragrande maggioranza dei casi, con gli unici risultati di appesantire di lavoro la già oberata magistratura e di sprecare inutilmente denaro dell’erario. Si rende necessario, pertanto, come già avviene per le pensioni di invalidità civile, per evitare conflitti di interessi, di separare l’Ente pubblico che valuta e riconosce l’eziologia professionale dall’Ente che risarcisce il danno; in questo caso l’INAIL, addirittura potenziandolo nel suo ruolo pubblico di assicuratore e di controllore delle attività lavorative delle imprese. EVENTI LESIVI NEI LAVORATORI ESPOSTI
E RELATIVA MAGGIORAZIONE DEL PREMIO ASSICURATIVO CONTRO LE MALATTIE
PROFESSIONALI CHE L’INAIL DOVREBBE
ESIGERE Le malattie professionali causate dall’amianto sono
l’asbestosi, il mesotelioma (alla pleura, al peritoneo, al pericardio), le
neoplasie polmonari; inoltre l’amianto è concausa nei tumori degli apparati
respiratori, gastro-intestinali, ecc.; ci sono poi altre forme di patologie
minori, quali le placche pleuriche, ecc. Dati epidemiologici dimostrano che in
relazione all’esposizione all’amianto alcune forme tumorali, prima accennate
hanno una frequenza di 4 o 5 volte superiore rispetto a quelli attesi; inoltre
il mesotelioma alla pleura che come si è accennato presenta un caso ogni 50-60 mila
residenti; presenta, invece, una incidenza di un caso ogni 10-15 mila residenti
se l’indagine è circoscritta a territori nei quali erano stanziati fabbriche,
cantieri, impianti nei quali (2) Il
mesotelioma è il tumore specifico dell’amianto, denominato anche “marcatore”,
la cui frequenza è direttamente proporzionale alla presenza del minerale
cancerogeno 3) “Mappa storica della esposizione all’amianto
nell’industria italiana” di U. Verdel, A. Iotti, G. Castellet y Vallarà –
Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, 1997 si è lavorato o manipolato amianto; tale rapporto si attesta a livelli drammatici, un caso ogni 250-300 persone, se la ricerca viene circoscritta all’interno degli impianti che hanno lavorato o manipolato amianto. Le neoplasie polmonari, ma soprattutto i mesoteliomi hanno periodi di incubazione molto alti (15-40 anni); poiché l’uso e la manipolazione maggiore si è verificata negli anni 60-70 il maggior numero di eventi lesivi mortali si deve aspettare tra il 2010 ed il 2015. Il DPR 1124 /65 e successive
modificazioni obbliga le imprese di assicurare i propri dipendenti contro i
rischi professionali, il quale viene stabilito dall’INAIL in base a diversi
parametri, quali, ad esempio, il livello
retributivo, il numero degli addetti dell’impresa, ecc.. Fatto cento questo
valore esso può variare da – 35% a + 35 %, secondo gli eventi lesivi che si
sono verificati nel periodo precedente. Fino a poco tempo fa la quasi totalità
delle patologie professionali causate dall’amianto erano sommerse poiché le
imprese non le denunciavano all’INAIL, il quale, non avendone conoscenza
non procedeva al risarcimento del danno, e conseguentemente non applicava ovviamente la maggiorazione del premio. Successivamente al 1994, grazie anche alla maggiore consapevolezza dei lavoratori, le denunce di casi di patologie causate dall’amianto si sono moltiplicate; di pari passo sono emerse anche le imprese, sconosciute all’INAIL, che hanno manipolato l’amianto; pertanto l’Istituto assicurativo oltre da esigere, nei casi previsti, il premio supplementare contro l’asbestosi (art.153, DPR 1124/65) avrebbe dovuto applicare a tali imprese la maggiorazione del premio contro le malattie professionali. La legge 257/92, considerato le proroghe, ha definitivamente vietato ogni lavorazione o manipolazione dell’amianto dal marzo 94, quindi, per definizione, da quella data, salvo alcune eccezioni, non dovrebbe esistere più l’obbligo di pagare all’INAIL il premio supplementare contro l’asbestosi, ma le imprese sopra citate dovrebbero pagare i precedenti premi evasi, la cui prescrizione è prevista per il marzo 1999. Alla data odierna, non risulta
che l’INAIL si sia attivata per
recuperare sia gli arretrati dei premi supplementari contro l’asbestosi che
quelli relativi alla maggiorazione dell’assicurazione generale contro i rischi
professionali, dovuta all’aumento degli eventi lesivi causati dall’amianto. BENEFICI PREVIDENZIALI, ONERI E REPERIMENTO DEI FONDI NUMERO DEGLI ATTUALI BENEFICIARI L’utilizzo maggiore dell’amianto, a livello industriale, si verificò, soprattutto tra gli anni 60 e 70; per ipotesi, si considerano i lavoratori esposti all’amianto che attualmente sono ancora in attività lavorativa e che proprio negli anni 60 e 70 hanno cominciato a lavorare; ne discende che essi hanno un’anzianità contributiva variante da 28 a 38 anni, con data di nascita compresa tra il 1940 ed il 1950-60, con una età anagrafica che oscilla da 40 a 58 anni. Considerando che: 1) l’esposizione all’amianto, salvo alcune eccezione riguardanti alcune categorie di lavoratori, dovrebbe essere cessata nei primi anni 90; 2) i lavoratori esposti, nati prima degli anni 40 sono già in pensione o deceduti; 3) i lavoratori esposti che hanno cominciato a lavorare negli anni 80 hanno una età media di 40 anni e circa 20 anni di contribuzioni, e quindi non hanno maturato il diritto alla pensione. Si deve necessariamente concludere che solo una parte degli oltre 600.000 lavoratori esposti potrebbe, attualmente, usufruire dei benefici della legge 257/92; ed andare in pensione anticipata, e riguarderebbe il lavoratore che ha subito almeno 10 anni di esposizione all’amianto e dovrebbe avere almeno 50 anni di età ed una contribuzione di circa 32 anni. Poiché, con le vigenti norme pensionistiche, per acquisire il diritto alla pensione, bisogna possedere almeno 37 anni di contribuzione, conseguentemente, essi beneficerebbero di circa 5 anni di anticipo di pensione. E’ verosimilmente presumibile che il numero di tali lavoratori esposti,
aventi diritto ai benefici previdenziali sia di circa 90.000-100.000 unità. ONERI AGGIUNTIVI L’INPS ha calcolato
che il costo di ogni pensionato esposto
all’amianto verrebbe a costare circa 500 milioni di lire che moltiplicato per circa 20.000 lavoratori, si arriverebbe
ad un costo complessivo di circa 10.000.000 miliardi di lire. Si ha ragione di ritenere che tali dati siano errati e volutamente gonfiati per le seguenti ragioni: 1)
il
costo medio delle pensione di un
lavoratore è di circa 15-20 milioni di lire l’anno: 2)
il
lavoratore esposto, al momento di richiedere il beneficio, avrebbe mediamente
32 anni di contribuzione; 3)
gli
anni di contribuzione supplementari, relativi agli anni di esposizione sono
dell’ordine di 5-6 anni; per cui si calcola: a) oneri per anticipo pensione = £ ~20 milioni x 6= £ ~120 milioni b) oneri per mancata contribuzione = ~27 % del salario annuo x 6 = ~30 milioni c) maggiorazione dell’importo di pensione relativi agli aumenti contributivi medi di 6 anni, pari al ~10% circa del salario medio x 6 = ~2,5 milioni x 6 = £ ~12 milioni. ONERI TOTALI (per
lavoratore) =
120 mil. + 30 mil. + 12 mil. = 162 milioni di lire ONERI COMPLESSIVI
(PER 100.000 lavoratori) = 162 mil. x 100.000 = ~ 16.200 miliardi REPERIMENTO DEI FONDI PER LA COPERTURA FINANZIARIA Il DPR 1124/65 , come si è citato in precedenza, obbliga le imprese ad assicurarsi contro i rischi professionali; il premio assicurativo, calcolato dall’INAIL,, in base a calcoli complessi, per un’impresa di media entità (circa 300 dipendenti), è di circa £. 3 milioni annui per dipendenti. Tale valore del premio medio è soggetto ad una decurtazione o ad una maggiorazione del 35%, a seconda che nel periodo precedente considerato, si siano verificati infortuni o malattie professionali tra i dipendenti. Poiché la quasi totalità delle imprese, i cui dipendenti hanno manipolato o hanno subito esposizione all’amianto non hanno quasi mai denunciato gli eventi lesivi causati dal minerale cancerogeno è verosimile presumere che (come il caso della Firema di Padova ha dimostrato), hanno goduto della decurtazione del 35% del premio da versare all’INAIL, cioè di oltre un milione di lire per dipendente. In realtà le patologie causate dall’amianto sono numerose ed anche ampiamente documentate, ma la maggiorazione del premio assicurativo, usualmente, si calcola sulle malattie professionali contratte dai dipendenti e raramente prende in considerazione le malattie professionali di ex dipendenti che hanno cambiato attività lavorativa ed impresa, oppure sono in pensione; per quanto riguarda quindi i lavoratori esposti all’amianto, l’impostazione del calcolo di maggiorazione del premio assicurativo, qualora non vengono prese in considerazione le malattie professionali degli ex dipendenti (pensionati, ecc. ecc.) è profondamente errato poiché gli eventi lesivi più gravi (mesotelioma e neoplasie dell’apparato respiratorio) si verificheranno a distanza di molti anni dalle prime esposizioni, cioè quando il lavoratore che ha subito esposizioni all’amianto, nella maggior parte dei casi è già in pensione; in ogni caso, dimostrata l’esposizione alle fibre d’amianto, per causa lavorativa, l’INAIL è obbligata a risarcire ugualmente il danno, senza aver avuto in cambio alcuna maggiorazione del premio assicurativo. Le imprese invece di godere della decurtazione avrebbero dovuto pagare all’INAIL il premio assicurativo con la maggiorazione, che in ogni caso sarebbe stato inferiore a quello reale, poiché dal calcolo difficilmente vengono inclusi gli eventi lesivi degli ex dipendenti e pensionati. Invece, se in tale calcolo fossero inseriti, giustamente, anche i pensionati, le imprese che hanno avuto dipendenti esposti all’amianto, avrebbero dovuto versare nelle casse dell’INAIL un premio assicurativo annuo, per dipendente di oltre 4 milioni invece di 2; tale maggiorazione dovrebbe essere continuata a pagare dalle imprese, anche per il futuro, poiché, a differenza del premio supplementare contro l’asbestosi, essa è legata agli eventi lesivi causati dall’amianto, i quali come si è illustrato in precedenza, si verificheranno negli anni a venire, con una punta massima verso il 2015; inoltre, proprio perché gli eventi lesivi causati dall’amianto si verificano soprattutto a distanza di molti anni, una possibile insorgenza patologica si può verificare frequentemente proprio tra soggetti in pensione. Poiché L’INAIL, nella quasi totalità dei casi, calcola la maggiorazione del premio da applicare solo sugli eventi lesivi insorti in lavoratori ancora in attività di lavoro, è evidenti che i datori di lavoro responsabili delle esposizioni pregresse goderebbero di un indubbio vantaggio economico . Si rende necessario, quindi che la
maggiorazione del premio contro i rischi professionali causati dall’amianto
deve sempre tenere conto degli eventi
lesivi contratti anche dai pensionati. Ci sono da
considerare, inoltre, anche migliaia di lavoratori appartenenti a categorie
speciali, quali ad esempio, i ferrovieri, i marittimi, ecc. che in base al DPR 1124/65, art. 127, i
datori di lavoro erano esentati nel pagare il premio assicurativo contro le
malattie professionali all’INAIL poiché autorizzati a gestire autonomamente
proprie casse per far fronte ai rischi di malattie professionali, comprese
quelle derivanti dalla lavorazione dell’amianto, (Asbestosi) per le quali è
previsto un premio supplementare (DPR 1124/65, allegato 8). Su tali Casse speciali, almeno per quanto riguarda le Ferrovie dello Stato, non risultano siano mai stati effettuati controlli; difatti, a seguito di un contenzioso presso la Pretura di Vicenza, relativo all’accertamento del diritto dei ferrovieri della manutenzione di accedere ai benefici previdenziali art. 13 legge 257/92, il CTU, nominato dal pretore del lavoro, ha accertato che le FS non hanno mai versato nella cassa speciale il premio supplementare contro l’asbestosi.
Tenuto conto delle migliaia di imprese coinvolte (oltre 10.000) e considerato che: a) i lavoratori esposti all’amianto, dipendenti di queste imprese sono oltre 600.000; b) il premio supplementare contro l’asbestosi, quando dovuto, è stato pagato da pochissime imprese, e per un numero di dipendenti molto ridotto; c)
il
valore della frazione di premio assicurativo annuo per lavoratore non pagato è di oltre 2.000.000 di lire; d) gli eventi lesivi causati da esposizione all’amianto si verificheranno fino al 2020, con una punta massima verso il 2010-2015; e)
L’INAIL,
finora, difficilmente ha preteso il pagamento delle maggiorazioni dei premi
assicurativi. Si può verosimilmente presumere che L’INAIL dal 1994 (gli anni precedenti sono ormai prescritti), fino al dicembre 1997 non ha incassato una somma pari a lire 600.000 x 2.000.000 x 4 = 4.800 miliardi.;mentre dal gennaio 98 al dicembre 2015, (se nel calcolo della maggiorazione venissero inseriti anche gli eventi lesivi dei pensionati) dovrebbe incassare lire 600.000 x 2.000.000 x 18 = 21.600 miliardi; complessivamente l’INAIL,
per il periodo 1994 – 2015, per effetto della maggiorazione, dovrebbe percepire
circa 26.400 miliardi di lire. Poiché l’INAIL non ha mai preteso dalle imprese tali maggiorazioni, esse, senza appesantire l’attuale bilancio dell’ente assicuratore, se incassati, potrebbero costituire un fondo speciale, da costituire presso l’INPS per finanziare non solo il pensionamento dei lavoratori esposti all’amianto, ma anche il monitoraggio medico dei lavoratori e dei cittadini esposti all’amianto, nonché anticipare il risarcimento dei cittadini colpiti da patologie causate dall’amianto. MONITORAGGIO SANITARIO DEI LAVORATORI E DEI RESIDENTI ESPOSTI
ALL’AMIANTO Come si è ampiamente illustrato nei punti precedenti, l’amianto è un potente cancerogeno, i cui effetti patologici, anche quando l’esposizione subita è cessata, possono manifestarsi anche a distanza di molti anni, con esiti spesso mortali. E’ di estrema importanza quindi, che tutti gli ex esposti all’amianto vengano sottoposti a sorveglianza sanitaria periodica. Difatti l’art. 4, comma 1, punto p, l’art. 29 comma 4 del D.Lgs. 277/91 e l’art. 17 comma 1, punto 1, l’art. 69, comma 6 del D. Lgs. 626/94 prevedono, per i lavoratori che sono stati esposti ad agenti cancerogeni, che la sorveglianza sanitaria continui anche dopo la cessazione del rischio. Il medico competente deve specificamente informare i lavoratori che hanno cessato di subire l’esposizione ad agenti cancerogeni di continuare a sottoporsi agli accertamenti sanitari da parte dello stesso medico competente. Se appare chiaro che per gli ex esposti, ancora in attività lavorativa, gli oneri relativi alla sorveglianza sanitaria sono a carico del datore di lavoro, le leggi sopra citate non specificano chi deve farsi carico della sorveglianza sanitaria degli ex esposti che hanno cambiato attività e datore di lavoro, oppure hanno cessato l’attività lavorativa, mentre per quanto riguarda i cittadini, residenti nelle vicinanze di siti particolarmente a rischio di rilascio di fibre d’amianto (cave, cantieri navali, ecc.), in quanto non oggetto di alcuna copertura assicurativa per attività lavorativa sono completamente ignorati da qualunque forma di sorveglianza sanitaria, peggio ancora, non sono previste nei loro confronti neanche azioni di risarcimento qualora subissero malattie causate da esposizione all’amianto. Si allegano: 1)
Documento della
Camera del Commercio italiana attestante il numero delle imprese che hanno
lavorato o manipolato amianto, datato 21/03/1995; 2)
Documento statistico
dell’INAIL sul numero delle imprese che hanno manipolato amianto e sulla
quantità dei relativi dipendenti che hanno subito esposizione all’amianto,
aggiornato al 1997; 3)
Mappa storica della
esposizione all’amianto nell’industria italiana –Rivista degli infortuni e
delle malattie professionali, 1997; 4)
Sentenza di appello
del tribunale di Ravenna n. 86/98 del 30/04/1998; 5)
Lettera dei legali
dell’AEA, inviata nel giugno 98,
all’INAIL provinciale di Padova , alla Direzione Generale di Roma , al
Ministero del Lavoro ed alla Procura della Repubblica di Roma; 6)
Lettera di risposta
dell’INAIL di Padova inviata ai legali dell’AEA, datata 26/06/1998. Padova 22/07/1998 per l’AEA Carmelo Mandosio P.S. UNA DOMANDA SI IMPONE: MONOSTANTE SI SAPESSEDA MOLTI ANNI LA PERICOLOSITA DELL’AMIANTO PERCHE’ SI E’ COSI’ DIFFUSO SUL TERRITORIO, TANTO DA DEFINIRLO UBIQUITARIO? 250 MILA TONN. IN ITALIA 3000 PRODOTTI 100 MILA KM DI CONDOTTE PER ACQUA COPERTURE PARI A COPRIRE UNA REGIONE COME LA SICILIA FINO AL 1992 E’ STATA ATTIVA IN ITALIA L’AUA CONSOCIATA ALLA AIA CON SEDE IN CANADA L’AUA PROMUOVEVA UNA RIVISTA CHIAMATA CEDAF (Centro di docum. Amianto e materiali fibrosi) che propagandava l’uso dell’amianto sicuro). Il CEDAF si articolava in un Comitato promotore in cui erano coinvolte vasti settori della comunità civile e sociale Non ci si meraviglia che intere generazioni di costruttori, ingegneri, architetti, ecc. furono educate ad usare a piene mani l’amianto ed i suoi prodotti..
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