Storia Scout
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L'Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani (AGESCI) è un'associazione che si propone di educare i giovani attraverso lo scautismo, metodo educativo inventato da Robert Baden – Powell attorno al 1907.

L'Agesci è nata il 4 maggio 1974 dall'unione di ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani) e AGI (Associazione Guide Italiane), oggi conta più di 170.000 iscritti, è diffusa sull'intero territorio nazionale, sia nei capoluoghi di provincia che nei piccoli comuni.

Attraverso il servizio di circa 30.000 adulti educatori propone il metodo scout a ragazzi e ragazze dai 7 ai 21 anni in oltre 2000 diverse realtà locali parrocchiali, di quartiere o di paese.

L'Agesci è riconosciuta dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana), dal Dipartimento di Protezione Civile (è intervenuta in quasi tutte le emergenze verificatesi dal terremoto del 1976 in Friuli fino ai giorni nostri), ha stipulato protocolli d'intesa con il Ministero dell'Ambiente e il Ministero della Pubblica Istruzione, è attiva nel volontariato tramite il servizio svolto dagli adulti e dai giovani di età compresa fra i 18 e i 21 anni, collabora con diversi altri enti, realtà associative e del volontariato nazionali e internazionali (Unicef, Fao, Unhcr, Tavola della Pace, Forum del Terzo Settore, Focsiv, ecc.).

Breve storia dello scautismo in Italia

Lo scautismo cominciò a svilupparsi in Italia all'inizio del Novecento. I primi esperimenti avvennero nel 1910 a Bagni di Lucca, in Toscana, e a Genova, con i "Ragazzi esploratori italiani".

Gli esperimenti si ripeterono un po' dappertutto, ma la prima vera organizzazione con riconoscimento internazionale fu il CNGEI (Corpo nazionale dei giovani esploratori italiani e Unione nazionale delle giovinette esploratrici), fondato nell'ottobre del 1912. È un'associazione a cui possono aderire ragazzi e ragazze di qualsiasi religione.

Nel 1916 nacque invece l'ASCI, dal metodo fortemente simile a quello del Cngei, ma di ispirazione cattolica. Le due associazioni si svilupparono progressivamente fmché non incapparono negli ostacoli del fascismo, che non ammetteva esperienze educative non controllate dal proprio partito. Dal 1927, una serie di decreti governativi sempre più duri contro lo scautismo costrinse con la forza le associazioni a sciogliersi.

Ma non tutti gli scout accettarono queste violenze e formarono delle squadriglie, le "Aquile randagie", che continuarono clandestinamente l'attività scout tra mille pericoli. Alcuni di questi scout, durante la guerra di Liberazione, dopo il 1943, entrarono a far parte delle formazioni partigiane, e vi fu chi venne ucciso.

Nel 1943, ancora durante la guerra, venne fondata l'AGI (Associazione guide italiane), la corrispondente femminile dell'Asci, sempre di ispirazione cattolica.

Con gli anni cinquanta, lo scautismo riprese vita: in ogni città si rispolverarono le vecchie uniformi, molti gruppi scout ricominciarono a fare uscite e campi, ma soprattutto nacque una miriade di nuovi gruppi. Tutte le diverse associazioni conobbero una ripresa costante.

L'avvenimento forse più rilevante nella storia dello scautismo italiano avvenne nel 1974, quando 1'Asci e l'Agi decisero di fondersi, creando un'unica associazione composta di ragazzi e ragazze, che si sforzò di conservare le tradizioni migliori di entrambe, e che prese il nome di Agesci. Da allora in poi l’Agesci ha conosciuto una crescita vertiginosa, giungendo a toccare negli anni novanta quasi 200.000 associati.

In Italia vi sono altre associazioni scout di minore sviluppo; la maggiore tra queste è la FSE (Associazione italiana guide e scout d'Europa cattolici), conosciuta più brevemente come Scout d'Europa, fondata nel 1976.

Il Cngei e l’Agesci fanno parte della FIS (Federazione italiana dello scautismo), che mantiene i rapporti con le grandi organizzazioni mondiali maschile Wosm e femminile Wagggs. Ciò che sembra un elenco di sigle in realtà si traduce nel servizio di ragazzi e adulti che dedicano il loro tempo a fare in modo che il metodo di Baden-Powell. sia applicato correttamente, e ad aiutare la nascita e lo sviluppo dello scautismo in quei paesi dove le difficoltà economiche o politiche sono più forti.

 

Il 4 maggio 1974, alle 23;50, i Consigli Generali dell'Agi e dell'Asci deliberavano la nascita dell'Agesci.

Un momento storico per lo scautismo italiano, punto d'arrivo di un dibattito intenso e

non privo di difficoltà.

A partire dagli anni sessanta l'Agi (Associazione Guide Italiane) e l'Asci (Associazione Scout Cattolici Italiani) si erano trovate a fare i conti con i grandi sconvolgimenti sociali che stavano cambiando l'Italia: la contestazione giovanile, il '68, il Concilio Vaticano II.

Soprattutto nei capi si manifestava l'esigenza di un profondo rinnovamento.

Le basi associative erano in fermento: nelle parrocchie in cui già erano presenti reparti maschili e femminili poteva succedere che i capi delle due associazioni dessero vita a piccole "fusioni" locali, coordinandosi secondo principi simili a quelli delle future unità parallele. Dal 1960, poi, gruppi Asci della Lombardia e del Piemonte ospitavano branchi di lupetti animati da capo donne – le cosiddette cheftaines dell'esperienza francese – al di fuori di ogni previsione regolamentare. Si sperimentavano, specie nell'Agi, nuove forme di educazione in cui la netta proposta di valori cedeva il passo alla loro ricerca induttiva ed alla discussione critica. Sulla bocca di tutti, favorevoli o contrari, risuonava una sola parola: coeducazione.

Simmetricamente cresceva la partecipazione degli scout alla convulsa vita politica dell'epoca, tra audaci forme di protesta, aggressioni da parte di gruppi neofascisti ed altri drammatici episodi, come la morte del diciannovenne ex scout Paolo Rossi durante i tumulti universitari di Roma nel '66. Occorreva rispondere alle questioni poste dal mutato contesto sociale: un cambiamento nel segno di un più maturo impegno civile, di una diversa relazione tra i sessi, di un nuovo modo di vivere la Fede e di dialogare con la Chiesa.

Per questo l'Agesci che nacque nel '74 era molto di più che la somma aritmetica delle due precedenti associazioni.

Con la fusione si intraprendeva un cammino verso la definizione di un un'unica e più moderna proposta educativa, incentrata sul principio di uguaglianza nella diversità (e saranno poi necessari dieci anni di confronto associativo per arrivare, nel 1983, ad una metodologia completa).

Si attribuiva centralità alla Comunità Capi, uomini e donne che insieme definiscono un progetto educativo e poi lo realizzano nelle unità, condividendo la responsabilità di educare tutti i ragazzi del gruppo, quale ne sia il sesso o la branca.

Si "demitizzava" la figura del capo, non solo testimone e leader carismatico, ma anche persona sinceramente aperta al confronto coi ragazzi.

Si aggiornava una fondamentale intuizione di B.-P.. In un mondo in cui diventavano sempre più evidenti le ingiustizie sociali e i tentativi di omologazione, quell' essere buoni cittadini, educa a prendere posizione testimoniando con convinzione le proprie scelte.

Si apriva la strada, sull'onda del Concilio, della riforma liturgica e del documento sull'apostolato dei laici, ad una diversa e più sentita partecipazione dei gruppi alla vita ecclesiale, ad un cammino di Fede allo stesso tempo comunitario e fortemente personale, che trovava nella spiritualità scout il proprio ideale complemento.

Non si trattò sempre di scelte indolori. L'Agi poco prima della fusione perdette l'ala più movimentista, poco incline all'inquadramento in un'organizzazione ben definita. Sorte non molto diversa toccò alla neonata Agesci, in cui una componente di Capi di provenienza Asci, insoddisfatti dalla nuova associazione, diede vita nel 1976 agli Scouts d'Europa, promotori di una lettura più tradizionale del pensiero di B.-P. e nettamente contrari al concetto di coeducazione.

A trent' anni I'Agesci è ancora qui, sempre pronta a fronteggiare le sfide poste dalla realtà contemporanea. Magari, con un pizzico dello spirito di trent'anni fa.