Sono
tornato a vivere dove sono nato: in Vico Sedil Capuano n° 21, a Napoli, nel
Quartiere San Lorenzo-Vicaria: a sinistra in una stampa della fine dell’800 e a
destra oggi, alla fine del 2000.
Questo vicolo, come tanti altri nell’impianto viario del Centro
storico, unisce due Decumani: quello Maggiore – Via dei Tribunali – e quello
Superiore – la tangente che sale da Via S. Sofia per Via SS. Apostoli fino al
Largo Donnaregina, fino a Via Anticaglia, per sbucare poi su Via S. Maria di Costantinopoli.
Il vicolo dove abito viene chiamato popolarmente il “vico con
l’arco” poiché la sua imboccatura è data da un ampio ma breve supportico che si
affaccia sulla piazzetta omonima. In realtà, Vico Sedil Capuano deve il suo
nome ai famosi “Sedili” o seggi che, a loro volta, erano una diretta emanazione
delle “Fratrie” (Consigli di Famiglie) o “Tocchi”, istituiti si pensa intorno
al 1207 per decentrare alcune attività amministrative e giudiziarie (i Consigli
circoscrizionali di oggi, come si vede, devono la loro origine agli antichi
Sedili).
Col tempo i Sedili furono ridotti da 36 a 6 perché i reggenti dei
seggi avevano acquistato troppo potere, servendosi per la giustizia ordinaria
persino di veri e propri “guappi” che già da allora cominciarono ad entrare
nella vita pubblica della città.
Di strade che si chiamano ancora Sedili, ne sono rimaste a Napoli
solo due: Sedil Capuano e Sedile di Porto, che appartenevano ai potenti Sedili
di Porta Capuana (e quindi della Vicaria) e del Porto. Benché abbia avuto anche
un altro nome (Vico Mannocchi in onore di una famiglia che era ricca di
proprietà immobiliari), Sedil Capuano è stato anche lo spartiacque tra la
Vicaria e la Curia che si estende, infatti, su tutto il lato sinistro del
vicolo. Ancora oggi il lato sinistro è costituito, per la maggior parte, da
proprietà ecclesiastiche (dal Pio Monte della Misericordia, che ha la sua sede
in Piazzetta Riario Sforza, detta comunemente ’a guglia ô Viscuvato,
fino al cosiddetto Palazzo del Cardinale, un casermone squadrato e infinito che
fa da muro di cinta al palazzo vescovile vero e proprio).
Dal ’700 all’800, Vico Sedil Capuano, esautorato di privilegi e
prerogative (giacché furono assorbiti dal Seggio della Vicaria che aveva la sua
sede in quella torre che campeggia su S. Gregorio Armeno tra le basiliche di S.
Lorenzo e S. Paolo in Piazza San Gaetano) diventò una sorta di quartiere
residenziale, di vicolo per così dire “istituzionale”: dai poteri del Seggio si
passò a quelli della Curia e il vicolo cominciò ad ospitare nei suoi palazzi –
alcuni di buona fattura e dal decoro austero – il personale impiegatizio della
Curia, dagli incarichi più modesti a quelli più prestigiosi: palafrenieri,
stallieri, servi, guardiani, bibliotecari, scrivani. Il mio palazzo, per
esempio, era chiamato “palazzo delle carrozze” perché il suo ampio cortile
interno, sul quale si affacciavano le stalle, era il deposito e il ricovero per
i cavalli e le carrozze degli impiegati di più alto grado e, non di rado, di
qualche dignitario curiale, che solitamente occupava il piano nobile
dell’edificio.
Altri palazzi di Vico Sedil Capuano, sia pure più piccoli e dai
cortili ridotti, erano le dimore di quella piccola borghesia che poteva
permettersi il lusso di abitare ai piani alti, allontanandosi così dai “bassi”,
cioè dai terranei che erano le abitazioni dei poveri e del popolo.
Vico Sedil Capuano ha una sua storia più o meno eccelsa, più o meno opaca, come tutti i vicoli del Centro Storico. In
Vico Sedil Capuano hanno abitato, per esempio, e sia pure per breve tempo, la
cantante Maria Paris e la sorella,
l’attrice Luisa Conte. “Poco distante dalla Piazza Sedil Capuano – come ci riferiscono Santa
Mileto e Fabio Speranza – c’è una cappelletta, oggi chiusa, dedicata a San Gennaro, la cui origine risulta incerta. Di
sicuro si sa che nel XVI secolo divenne gentilizia di casa Dentice, poi dei
Caracciolo di Gioisa e da questi restaurata nel 1744, finché fu affidata al
culto popolare. Si mostra ancora con la sua semplice facciata settecentesca e
il portale in piperno”. Questa cappelletta veniva chiamata dal popolo ’a chiesiella ed è purtroppo abbandonata.
Di mattina il vicolo è attraversato da avvocati, procuratori, portaborse di avvocati che lo usano
come scorciatoia per arrivare su Via Tribunali. Come in tutti i vicoli storici
che non hanno avuto fortuna, le sue vestigia sono trascurate, dimenticate: lapidi
e mattoni dell’epoca romana, iscrizioni, portali. Di pomeriggio e di sera è un
viavai assordante e pericoloso di motorini, di macchine che sfrecciano, di una
prevedibile congerie di manovalanza illegale per traffici facilmente intuibili.
Nessuno si lamenta più di tanto: la riservatezza, la preoccupazione della
propria incolumità o il disincanto fanno il resto. Ma una visita, Vico Sedil
Capuano, la merita: in un giorno calmo, di sole, quando per esempio passano,
come una volta, venditrici di rane, rigattieri o sapunari, fruttivendoli
girovaghi con primizie fuori-stagione. Ci sono studenti di architettura che ricopiano
i disegni dei portali e dei cortili, ci abitano o ci hanno abitato attori e
musicisti, ci vive un’umanità che aspirerebbe tanto a viverci meglio, come
dappertutto.