LA PRIMA SERATA CCD

Le prime sessioni (si chiamano così, nel gergo, le serate con il CCD) saranno caratterizzate da una gran voglia di fare, ma i risultati potranno essere spesso frustranti: un po' per la troppa foga, un po' per l'imprecisione del metodo utilizzato, un po' perché le cose da fare sono si ripetitive ma tante, ecc. ecc.. Per evitare il "butto tutto e cambio mestiere", sarebbe il caso di prendere, sin dall'inizio, la buona abitudine di fare le cose con calma ed in modo sistematico. Forse la cosa può apparire un tantino noiosa ma, alla fine, a parte gli oggetti da riprendere, i gesti "tecnici" saranno sempre gli stessi.

Vediamo un po' come organizzarci:

Prima di tutto stampiamoci una cartina del cielo per la serata, individuiamo l'oggetto del nostro desiderio (all'inizio limitiamoci ad uno/due Messier, magari luminosi) e segniamoci anche qualche SAO (stella) di riferimento; le SAO potranno tornare utili in fase di puntamento per una maggiore precisione dei sistemi automatici del nostro telescopio.

A questo punto, accendiamo la nostra bella camera CCD: dando per scontato che ci siamo letti e riletti il manuale di istruzioni fornito a corredo, sapremo già che i CCD hanno bisogno di un po' di tempo per "andare a regime"; l'accensione della camera fa partire il sistema di raffreddamento, uno dei supporti fondamentali del chip di ripresa. Per abbattere ulteriormente i tanti e svariati rumori, sempre presenti anche nei moderni sensori, bisogna raffreddare la nostra piastrina di silicio. Il sistema di raffreddamento, "celle Peltier", necessita di un po' di tempo per arrivare alla temperatura d'esercizio (la più bassa possibile, compatibilmente con la temperatura esterna) e, quindi, diamole un po' di tempo in più prima di utilizzarla.

Passiamo al telescopio: anche se si tratterà di perdere un po' di tempo in più, eseguiamo uno stazionamento il più preciso possibile (in equatoriale) con un occhio particolare alla messa in bolla; nel caso dell'altazimutale, occhio sempre alla bolla e, se possibile, scegliere sempre il metodo delle due stelle di riferimento. Un consiglio, valido per entrambe i sistemi, in queste fasi utilizziamo sempre la barlow e l'oculare con reticolo illuminato: la precisione di puntamento ne risulterà enormemente accresciuta a tutto vantaggio dei risultati della sessione.

Veniamo al CCD: questo è il momento di contro bilanciare il telescopio, se la camera è del tipo pesante; un chilo o due aggiuntivi sulla povera culatta del nostro strumento, sforzeranno inutilmente e dannosamente i motori e ne potrebbero inficiare la precisione di puntamento. Esistono in commercio molti sistemi di contrappesi e sono tutti simili, variando solo per modello e costo: in questo caso si possono comodamente evitare le marche blasonate a tutto beneficio del nostro portafoglio, già così tanto tartassato. Fatto? OK! Scegliamoci una stella non troppo luminosa e, con l'aiuto del cercatore, mettiamola più o meno al centro del nostro sensore. Impostiamo un tempo di ripresa non superiore al secondo e vediamo cosa succede: normalmente non si riesce a vedere quasi nulla, in quanto la stella è completamente fuori fuoco! Ma come, con l'oculare la messa a fuoco era perfetta?! Il problema è che l'oculare (un 20mm ad esempio) ed il chip hanno due piani focali, dove si forma l'immagine, completamente diversi; prendiamo la buona abitudine, prima di sfilare l'oculare (e chiaramente stiamo parlando già senza prisma!!), di estrarlo dalla sua sede fin quasi all'orlo del barilotto di metallo e rifocheggiamo. Questo perché la distanza dei chip dall'orlo di battuta della cella va dai 17 a 25mm in generale, e l'arretramento dell'oculare con nuova messa a fuoco lo rende quasi compatibile con queste misure. Naturalmente l'immagine di prova non sarà a fuoco: in genere, il monitor del PC ci restituirà la visione di una più o meno grossa ciambella (stiamo parlando di riflettori, ovviamente),o di una grossa palla bianca (nel caso dei rifrattori), ma a questo punto sarà sufficiente anteporre all'obiettivo il nostro bel tappo a tre fori (magari auto costruito con un cartone, ma in questo caso fate attenzione alle dita: "qualcuno, uno a caso" ci si è quasi segato un dito), e seguire il sistema già spiegato nell'apposito capitolo.

Abbiamo la stella a fuoco e, dato il tempo intercorso, il nostro chip sarà già freddo a puntino. Mandiamo, viva l'automazione, il nostro telescopio a puntare un bell'oggetto di Messier (sconsigliamo, come prima ripresa, la Luna se presente in cielo...non è un soggetto così semplice come sembra!). Un bel Globulare, tanto per farci le ossa, non sarebbe male ed anche in prima battuta ci darà maggiori soddisfazioni, oltre che un campo ricco di stelle ci permetterà di dare un'ultima controllata alla messa a fuoco. Impostiamo un tempo di esposizione di 15secondi, tanto per iniziare; se l'ammasso globulare, o l'oggetto in genere, è sufficientemente luminoso vedremo già qualche cosa...ma, ovviamente, a noi non basta! Se abbiamo una camera supplementare di guida, se siamo dotati di camera che si autoguida, se abbiamo deciso di guidare personalmente (ma, ripeto, per un esercizio del genere dobbiamo essere veramente giovani) o se siamo per le pose multiple, qui le nostre strade si dividono. Nei primi tre casi si farà comunque partire l'autoguida o la guida manuale, dopo aver scelto la stella adatta alla bisogna; nell'ultima ipotesi, una delle più comuni all'inizio, faremo immagini di prova con tempi via via crescenti allo scopo di sperimentare il tempo massimo di inseguimento della nostra montatura. L'esposizione massima ottimale sarà quella in cui vedremo ancora immagini stellari puntiformi. A questo punto, e tutte le camere sono oramai dotate di questa possibilità, imposteremo il numero di riprese da eseguire e da salvare automaticamente sul disco fisso del nostro PC.

Una volta terminata la ripresa, non ci resta che eseguire i Dark e Flat relativi e memorizzarli per le successive elaborazioni digitali. Forse non è superfluo dire che se il Flat può essere valido per tutta la serata, sempre che non si muova più la camera CCD, i Dark sarebbe meglio riprenderli più spesso: il Dark è influenzato dalla temperatura del sensore e durante la serata non sono rare le variazioni in tal senso, anche molto accentuate. Magari non per colpa dell'elettronica interna, ma perché sono le condizioni climatiche a subire forti variazioni.

Se stiamo calmi e non ci facciamo prendere la mano dalla foga, possiamo già da subito tentare qualche elaborazione, giusto per goderci, o meno, il risultato ottenuto. Crediamo di poter affermare che è senz'altro meglio una singola buona ripresa che non tante brutte immagini; sopratutto all'inizio cerchiamo di non strafare, anche perché una sola immagine fatta come si deve (non necessariamente un capolavoro) vale più di tanti "sgorbi", che però possono sempre rimanere lì a ricordo degli errori fatti.

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