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Condominio negli edifici. Cosa comune. Cass. civile, sez. II, 16-05-2000, n. 6341.

Pres. Spadone M - Rel. Corona R - P.M. Marinelli V (conf.) - Zampieri c. Meneguzzo ed altra

Comunione dei diritti reali - Condominio negli edifici - Parti comuni dell'edificio - Uso - Estensione e limiti - Muro perimetrale comune - Appoggio di una canna fumaria da parte del singolo condomino - Ammissibilità - Limiti.

L'appoggio di una canna fumaria (come, del resto, anche l'apertura di piccoli fori nella parete) al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino - pertanto - può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l'altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio, e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno - quest'ultimo - che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- A fondamento del ricorso, il condominio deduce:

1.1 Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360 cod. proc. civ.

La Corte d'Appello ha condannato la ricorrente, oltre che a rimuovere la canna fumaria, ad eliminare i fori praticati nella facciata, senza tener conto del fatto che i fori sono autonomi e non sono collegati con la canna fumaria. I fori, infatti, servono esclusivamente una caldaia a tiraggio forzato sita nell'immobile di proprieta' della Zampieri. Nonostante cio' risultasse chiaramente dagli atti, sul punto non esiste alcuna motivazione.

1.2 Violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 - 1137 cod. civ. e 4 del regolamento condominiale, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.

La canna fumaria, essendo stata apposta sul retro dell'edificio, non viola alcun decoro architettonico; dello stesso tempo, non modifica la destinazione della parete, che e' anche quella di reggere condutture, fili etc. Pertanto, non costituisce una innovazione contemplata dall'art. 1120 cod.. civ. - ancorche' sia stata approvata dall'assemblea per consentire a tutti i condomini di utilizzarla - ma semplicemente una modifica prevista dall'art. 1102 cod. civ. Anche su questo punto la motivazione e' dei tutto insufficiente.

2. - Esaminando congiuntamente i motivi di ricorso, in ragione della loro connessione, la controversia deve essere decisa alla luce dei principi ripetutamente enunciati in tema di funzione dei muri perimetrali comuni; di modifiche cose comuni (quindi, all'uso dei muri comuni); che i singoli condomini autonomamente possono apportare,* infine, di decoro architettonico dell'edificio. Principi che la Corte richiama in sintesi.

2.1 Il muro perimetrale, che appartiene in comune a tutti i condomini per l'intera estensione dalle fondamenta alla copertura, anche nella parti in corrispondenza dei piani delle porzioni di proprieta' esclusiva, adempie a talune funzioni principali indispensabili per l'esistenza stessa dell'edificio, quali quelle di sorreggere il fabbricato, di consentire l'apertura delle porte e delle finestre, di proteggere le unita' abitative dagli agenti atmosferici (la pioggia, il vento, il freddo, il caldo, l'umidita' etc.). Ma il muro perimetrale esplica altre, importanti funzioni accessorie, inerenti al suo ruolo quale parte essenziale della struttura del fabbricato: vale a dire, consentire l'appoggio di vetrine, targhe, insegne, tubazioni, camini, travi etc.

L'utilizzazione da parte del singolo condomino del muro perimetrale dell'edificio per la sua particolari esigenza e' legittima, sempre che non immuti la destinazione e non impedisca l'altrui pari uso nonche', ad un tempo, non rechi pregiudizio alla stabilita' ed alla sicurezza dell'edificio e non ne alteri il decoro architettonico (Cass., sez. II, 18 febbraio 1998, n. 1708).

La nozione di pari uso della cosa comune che ogni partecipante, utilizzando la cosa, deve consentire agli altri non va intesa nel senso di uso identico, perche' l'identita' nello spazio e nel tempo potrebbe IMPUTARE un ingiustificato divieto per ogni condomino di fare un uso particolare o un uso a proprio esclusivo vantaggio.

Pertanto, per stabilire se l'uso piu' intenso da parte di un condominio alteri il rapporto di equilibrio tra i partecipanti e, percio', sia da ritenere non consentito a norma dell'art. 1102 cod. civ., non deva aversi riguardo all'uso fatto in concreto dagli altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno (Cass., Sez. II, 9 novembre 1998, n. 11268).

In tema di condominio negli edifici, non qualsiasi modificazione della cosa comune costituisce innovazione ex art. 1120 cod. civ., ma solamente quella che alteri l'entita' materiale della cosa operandone la trasformazione, ovvero determini il mutamento della sua destinazione: nel senso che la parte comune, a seguito delle opere eseguite, presenti una diversa consistenza materiale, ovvero venga utilizzata per, fini diversi da quelli precedenti l'esecuzione - delle opere (Cass. Sez. Il, 11 gennaio 1997, n. 240). A differenza dalle innovazioni configurate dalle nuove opere, le quali immutano la sostanza o alterano la destinazione delle parti comuni, e che debbono essere deliberate dall'assemblea nell'interesse di tutti i partecipanti (art. 1120 comma i cod. civ.) - le modifiche alle parti comuni dell'edificio, contemplate dall'art. 1102 cod. civ., sempre che non alterino la destinazione e non impediscano l'altrui pari uso, possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso piu' intenso (cass., Sez. II, 20 febbraio 1997, n. 1554).

Per decoro architettonico dell'edificio, al fine della tutela prevista dall'art. 1120 cod. civ., deve intendersi l'estetica data dall'insieme della linee e delle strutture architettoniche, che connotano il fabbricato e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia. L'alterazione di tale decoro puo' ben correlarsi' alla realizzazione di' opere, che immutino l'originario aspetto anche soltanto di singoli elementi o punti dell'edificio, tutte le volte che la immutazione sia suscettibile di riflettersi sull'insieme dell'aspetto del fabbricato (Cass., Sez. II, 3 settembre 1998, n. 8731).

2.2 Alla luce del principi esposti, la sentenza impugnata non si sottrae alla critiche.

Non appare motivata in modo giuridicamente corretto, sufficiente, l'affermazione, secondo cui l'apposizione della canna fumarla mutata destinazione della parete: per la verita', sia modifica della destinazione del muro perimetrale deva essere valutata avuto riguardo alla funzione complessiva del muro perimetrale considerato in astratto, vale a dire avuto riguardo tanto alle sue funzioni principali quanto a quella accessorie, e non con riferimento alle funzioni assolte di fatto dalla parete in concreto, perche' siffatta valutazione, impedirebbe a ciascun condomino di apportare qualsivoglia modifica, che invece l'art. 1102 cod. civ. a certe condizioni permetto. Appoggiare al muro perimetrale comune una canna fumaria raffigura una modifica conforme alla destinazione del muro, che ciascun condomino puo' legittimamente apportare a suo cure e spese, se non impedisce l'altrui pari uso, non reca pregiudizio alla stabilita' ed alla sicurezza dell'edificio e non ne altera il decoro architettonico.

Allo stesso tempo, non appare motivata in modo giuridicamente corretto, ne' sufficiente, la asserita lesione del decoro architettonico dell'edificio: sebbene nella facciata posteriore del fabbricato non fosse appoggiata nessuna tubazione, l'appoggio della canna fumaria comporta di corto un mutamento della originarie linee architettoniche: ma cio' non significa che determini la lesione del decoro architettonico, specie se l'appoggio viene effettuato nel retro dell'edificio e non si riflette negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile.

Lo stesso discorso vale per l'apertura dei piccoli fori nella parete, salvo che vi osti il regolamento di condominio (ma sul punto non v'e' stato dibattito e non vi e' pronuncia).

3. - Accogliendo il ricorso, la Suprema Corte deve cassare la sentenza impugnata e rimettere la causa ad altra sezione della Corte d'Appello di Venezia, la quale decidera' anche sulle spese del giudizio di legittimita' sulla base dei seguenti principi di diritto: l'appoggio al muro comune una canna fumaria (come del resto l'apertura di piccoli fori nella parete) raffigura una modifica della cosa comune conforme alla destinazione del muro perimetrale, che ciascun condomino puo' legittimamente apportare a sue cure e spese, se non impedisce l'altrui pari uso, non reca pregiudizio alla stabilita' ad alla sicurezza dell'edificio e non ne altera il, decoro architettonico: alterazione che si verifica non quando si mutano la originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si riflette negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile.

P.Q.M

La Corte:

accoglie il ricorso, passa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte d'Appello di Venezia. ROMA, 21 gennaio 2000.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 16 MAG. 2000.