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E' legittima la sospensione dall'esercizio della professione per due mesi a carico di un avvocato che non rispetta la parola data e gli impegni presi nei confronti di un collega in ordine alla conduzione di un'operazione giudiziale, violando le più elementari regole deontologiche.

SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE n. 15713, Sez. Unite civili, del 12 luglio 2001, dep. 12 dicembre 2001 - Pres. Cantillo; rel. Paolini; P.M. Cinque; L.C. contro Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Latina, Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma e Procuratore generale presso la Corte di Cassazione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'Avv. L.C., con provvedimento del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Latina in data 12 maggio 1998, si vide infliggere la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per due mesi nel ravvisato presupposto della sussistenza di una sua responsabilità in ordine ai fatti oggetto di un addebito così, testualmente, articolato: " avere, contrariamente a quanto comunicato con fax del 5-3-1994, azionato esecutivamente nell'ambito della procedura esecutiva n. 50007/05 i decreti ingiuntivi n. 18/94 e 19/94 emessi dal Pretore di Gaeta nei confronti della USL LT/6 ed in favore dei dottori G.R. e G.D. con i quali gli stessi vantavano pretese retributive relativamente ai periodi del 1980 e 1979 sino al 1992, in quanto depositati mentre pendeva, peraltro in grado di appello, fra le stesse parti ed a magistero dello stesso difensore, giudizio relativo ai periodi dal 1980 e 1979 al 1988, e ciò dopo aver formulato, con il predetto fax, rinunzia agli atti relativi ai menzionati decreti ingiuntivi, al fine di evitare la proposizione di una opposizione avverso gli stessi, deliberata dalla USL in data 4-3-1994 e al medesimo comunicata dall'Avv. S.D.M., all'uopo incaricato di promuovere le citate opposizioni ", nonché " avere con tali comportamenti leso il decoro e la dignità professionale ", " in Gaeta, Latina e Roma sino a tutto il 2-2-1996 ".

Sul gravame dell'Avv. L.C., il Consiglio Nazionale Forense, con decisione dell'8 giugno 2000, disattesa l'impugnazione, confermò il provvedimento reclamato.

I1 Consiglio nazionale forense motivò la così resa pronuncia evidenziando, innanzi tutto, risultare comprovato che " con il fax in data 5-3-1994 diretto dall'Avv. L.C. all'Avv. S.D.M. si esprimeva una inequivoca rinuncia agli atti relativi ai decreti ingiuntivi rispettivamente n. 18/94 e 19/94", che " in conseguenza di tale operato l'Avv. S.D.M. non proponeva opposizione e i due decreti ingiuntivi divenivano esecutivi ", e che, però, in seguito, l'Avv. L.C., all'udienza tenutasi il 2 febbraio 1996 nel quadro di un procedimento espropriativo in corso contro la USL di Latina dinanzi al Pretore di Roma, depositava " atti di intervento nell'esecuzione de quo, per il dott. G.R. e per il dott. G.D. ", ponendo " a fondamento degli stessi atti di intervento, proprio i due decreti ingiuntivi ai quali aveva rinunciato "; considerando, di poi, che " l'Avv. L.C., dunque, veniva meno alla parola data all'Avv. S.D.M. e smentiva la rinuncia agli atti relativi ai due decreti ingiuntivi venendo meno ai doveri di lealtà verso il collega e all'impegno assunto con l'ASL LT/6 " con il ridetto " fax diretto all'Avv. S.D.M. presso la USJJ6 "; osservando, da ultimo, rivelarsi la sanzione contestata proporzionata alla gravità dell'illecito commesso ed alla entità del pregiudizio dallo stesso arrecato all'Avv. S.D.M.

L'Avv. L.C. ricorre per la cassazione della decisione surrichiamata, notificatagli il 12 marzo 2001, che denuncia inficiata da " eccesso di potere e (da) violazione del regio decreto legge 22-11-1933 n. 1578, convertito nella legge 22-1-1934 n. 36 ".

Il ricorso è stato notificato al Consiglio dell'ordine degli avvocati di Latina ed al Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte Suprema, rispettivamente, il 5 ed 119 aprile 2001.

Il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Latina non ha svolto attività difensiva nella presente sede.

Il ricorrente ha prodotto anche istanza di sospensione dell'esecuzione della decisione impugnata, in relazione alla quale il Procuratore generale ha concluso, per iscritto, chiedendone la reiezione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'Avv. L.C., per suffragare il ricorso come sopra prodotto avverso la decisione nei sensi illustrati resa nei suoi confronti dal Consiglio nazionale forense, deduce, innanzi tutto, che, dopo aver notificato alla USL LT/6 i decreti ingiuntivi di cui in narrativa, recanti intimazione a detta P.A. di pagare ai dottori G.R. e G.D. retribuzioni dai medesimi rivendicate, " alcuni giorni prima della scadenza del termine di cui all'art. 641 c.p.c., riceveva una telefonata dall'Avv. S.D.M., legale interno dell'Azienda suddetta, il quale in previsione di una bonaria transazione della vertenza, chiedeva di soprassedere per un congruo periodo agli ulteriori atti esecutivi ", assumendo che, " al fine di non proporre opposizione " e di esimersi da qualsiasi eventuale correlativa responsabilità per il mancato espletamento del mandato al riguardo conferitogli, " gli necessitava una comunicazione di rinunzia ai decreti, anche se sottoscritta dal solo procuratore "; che, aderendo a siffatta richiesta, aveva inviato al collega sunnominato il fax di cui al capo di incolpazione, ricevuto senza obiezioni dal destinatario, il quale, secondo quanto preannunciatogli, si era nel fatto astenuto dal proporre opposizione avverso le ingiunzioni cennate; che in ragione soltanto della " gentilezza " nella illustrata guisa usata all'Avv. S.D.M. si era trovato coinvolto nel presente processo disciplinare, scaturito da esposto della ridetta USL che " aveva da sempre il dente avvelenato nei suoi confronti " per essere egli stato il patrono " di numerosi medici e cliniche in giudizi definiti tutti con la sua condanna al pagamento di decine di miliardi ". Il ricorrente prospetta, quindi, essere la pronuncia adottata dal giudice disciplinare, da un lato, ingiusta, perché recante irrogazione di sanzione troppo severa, avuto riguardo al dato che egli " in tanti anni di professione non era mai stato ritenuto responsabile di alcun addebito e mai sottoposto alla minima sanzione" e, dall'altro, erronea, perché basata su un'acritica "reiterazione" delle "illogiche e contraddittorie motivazioni" del provvedimento del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Latina, altrove ricordato: adduce, in proposito, che irragionevolmente ed incongruamente la decisione impugnata avrebbe dato per scontato che l'eventuale opposizione proposta avverso le ripetute ingiunzioni sarebbe stata ritenuta, e dichiarata, fondata e avrebbe conseguito il risultato di impedire l'esecutività dei decreti opposti, e avrebbe, altresì, ravvisato disdicevole e disciplinarmente rilevante il fatto dell'utilizzazione da parte sua dei ripetuti decreti per intervenire, allo scopo di perseguire il soddisfacimento delle ragioni di credito da essi risultanti, in una procedura espropriativa in corso contro la P.A. intimata, omettendo di tener conto del dato che " non vi è alcuna norma giuridica, né di comportamento professionale che vieta all'Avvocato di esperire le diverse forme processuali a tutela dei propri patrocinati ".

L'Avv. L.C. accampa, ancora, essere destituito di fondamento l'avviso del Consiglio nazionale forense secondo cui il suo comportamento " avrebbe messo in difficoltà il collega S.D.M., che, fidando nel fax, non aveva provveduto a formalizzare le opposizioni ai due decreti ingiuntivi ": sul tema, puntualizza che " il termine per la proposizione delle opposizioni scadeva ben cinque giorni dopo la ricezione del fax ", sicché l'Avv. S.D.M., " ove avesse ritenuto che il contenuto del fax fosse stato inidoneo alla rinuncia agli atti esecutivi ed ai diritti in esso contenuti, ben poteva, alternativa-mente, chiedere la rettifica del fax con la sottoscrizione delle parti, oppure proporre le opposizioni, essendo ormai elementare che la rinuncia ad un decreto ingiuntivo non può essere che sottoscritta dai titolari del diritto "; soggiunge che, pertanto, " l'inerzia del collega non può tradursi in un addebito da attribuirsi " ad esso reclamante " che ha atteso ben due anni prima di iniziare i dovuti atti esecutivi ".

Il summenzionato ricorrente denuncia, infine, che il giudice disciplinare " ha illogicamente ritenuto che il fax di rinuncia agli atti relativi ai due decreti ingiuntivi, sottoscritto dal solo procuratore legale, avrebbe potuto sortire l'effetto della rinuncia ai diritti delle parti contenuti nei provvedimenti "; ed ha ingiustificatamente " affermato " che egli, utilizzando i ridetti decreti come titoli esecutivi e come provvedimenti definitivi ed irretrattabili, " veniva meno ai doveri di lealtà verso il collega S.D.M. ed all'impegno assunto " con la P.A. dal medesimo assistita quando " al di là del fax nessuna parola fu data all'Avv. S.D.M., né alcun impegno fu assunto con la USL LT/6 ", ed invece " la promessa da parte del collega S.D.M. ad una trattativa per la definizione bonaria della vertenza fu disattesa per ben due anni ".

Le doglianze in tal modo disorganicamente, per non dire scoordinatamente, articolate non meritano di essere attese.

In proposito, soccorrono le seguenti osservazioni.

A) Gli assunti del ricorrente intesi a prospettare la ricostruibilità dei profili fattuali della situazione controversa, e del comportamento da lui tenuto nel quadro della stessa, in termini diversi da quelli ritenuti, con apprezzamento di fatto non sindacabile in Cassazione e, del resto, neppure specificamente censurato dal giudice disciplinare impingono nel merito e, perciò, vanno ravvisati dedotti inutiliter nella presente sede di legittimità.

B) La decisione impugnata, dunque, ha accertato che l'Avv. L.C., con il fax di cui in narrativa, esternò all'Avv. S.D.M. e, per il suo tramite, alla P.A. da lui assistita il proposito di non utilizzare nei confronti di questa i più volte menzionati decreti ingiuntivi ottenuti dal Pretore di Gaeta, e di non azionare, sulla base degli stessi, pretese esecutive nei confronti di detta P.A.; che, peraltro, il medesimo Avv. L.C., dopo che l'Avv. S.D.M., confidando nelle assicurazioni nell'esposta guisa da lui dategli al considerato riguardo, si era astenuto dal proporre opposizione avverso i cennati decreti, si avvalse di tali provvedimenti, e della definitività da questi conseguita, azionando contro la parte intimata le ragioni da essi documentate nel quadro di una procedura espropriativa.

La declaratoria di cui trattasi, che integra risultante di un accertamento di fatto, non viene specificamente censurata nel ricorso e, perciò, va tenuta per insindacabile e per irretrattabile: alla stregua di essa, pertanto, deve aversi per incontestabile che l'odierno ricorrente non onorò la promessa fatta, per il termine del ridetto fax, al collega S.D.M. e, indirettamente, all'ente da costui assistito.

C) Sulla scorta del, come detto, indiscutibile accertamento di cui alla lettera precedente, va ravvisata assolutamente ortodossa la pronuncia del Consiglio nazionale forense circa la riscontrabilità nella condotta tenuta dall'Avv. L.C. nella fattispecie di una patente violazione del dovere di comportarsi con lealtà e probità nell'esercizio della attività professionale, in particolare nei rapporti con i colleghi, e, quindi, circa il disvalore di detta condotta sotto il profilo disciplinare, essendo da ritenere contrastante con le più elementari regole deontologiche il non rispettare la parola data e gli impegni presi in ordine alla conduzione di operazioni in relazione alle quali l'avvocato presti il proprio ministero.

D) Sono del tutto incoerenti le deduzioni dell'Avv. L.C. circa l'inettitudine della sua dichiarazione tradotta nel ripetuto fax ad integrare valido ed efficace atto di disposizione abdicativo alle ragioni di credito di cui alle ingiunzioni in argomento ed ai diritti, comunque, da tali ingiunzioni scaturenti.

Nella presente sede, di vero, non si discute dell'intervenuta, o non intervenuta, estinzione, per rinuncia, delle ragioni e dei diritti cennati, e neppure dell'esistenza, o dell'inesistenza, della legittimazione dell'attuale ricorrente a disporne, ma della conformità, o non, ai canoni della deontologia professionale del mancato adempimento di un impegno circa la conduzione di una determinata operazione giudiziale incontestabilmente assunto dall'Avv. L.C. nei confronti di un collega: e la dedotta circostanza che tale impegno non avrebbe dovuto, e potuto, essere preso non rileva ai fini dell'indagine in ordine alla riscontrabilità dell'illecito disciplinare in discorso, dovendo, in ogni caso, ritenersi deontologicamente scorretta la condotta di un avvocato che dispensa promesse che non è in grado, e non ha il diritto, di onorare.

E) Sono inammissibili le lagnanze del ricorrente circa, accampati, errori di giudizio riscontrabili nel più volte ricordato provvedimento del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Latina in data 12 maggio 1998: oggetto del delibato ricorso, difatti, è, non già tale provvedimento, ma soltanto la decisione del Consiglio nazionale forense (nella cui ratio decidendi, in particolare, non risultano rintracciabili le asserzioni, contestate con il ricorso, circa la virtuale accoglibilità delle opposizioni che avrebbero potuto, e dovuto, essere prodotte avverso le ingiunzioni in controversia).

F) Non è censurabile nella presente sede la statuizione della decisione impugnata, fra l'altro motivata, recante la determinazione della sanzione (cfr., in merito, Cass. SS.UU. civ., sent. n. 229 del 9-4-1999).

G) Corollario di tutto quanto precede è che il ricorso, siccome sorretto da doglianze rivela-tesi tutte inaccoglibili, deve essere rigettato.

H) La sancita reiezione del ricorso travolge, ovviamente, l'istanza di sospensione dell'esecuzione della decisione impugnata.

1)11 Consiglio dell'ordine degli avvocati di Latina non ha svolto attività difensiva nella presente sede e, perciò, non si deve provvedere su sue spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.