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Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n.1582/2002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO

SENTENZA

Il supermercato può licenziare chi ritira premi non suoi

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 17/2/1999 il Tribunale di Verona, decidendo sull'appello proposto dall'Esselunga s.p.a. nei confronti di Tattini Andrea e su quello incidentale da questi proposto, avverso sentenza del Pretore della medesima città, rigettava gli appelli, confermando l'accoglimento dell'impugnazione del licenziamento disciplinare irrogato al Tattini e la conseguente reintegrazione nel posto di lavoro con condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno, confermando altresì la detrazione dall'ammontare di esso del reddito di un'impresa gestita dal Tattini dopo il licenziamento.
Premetteva che il licenziamento era stato intimato per avere, quale addetto alla cassa, utilizzato la fidaty card di un cliente, in assenza di costei e per le spese di clienti non muniti di carta, e per aver poi ritirato i premi corrispondenti al punteggio acquisito. Osservava, quindi, che il comportamento complessivo del Tattini, per quanto censurabile ed assoggettabile a sanzioni disciplinari, non rivestiva gravità tale da giustificare l'irrogazione del licenziamento. In primo luogo evidenziava che il codice disciplinare affisso in azienda prevedeva solo genericamente sanzioni disciplinari, e non anche il licenziamento, che non è una vera e propria sanzione ma comporta cessazione del rapporto, mentre le sanzioni hanno valenza giuridica solo se il rapporto è mantenuto in vita.
In secondo luogo escludeva la sussistenza di un danno patrimoniale sul rilievo che, se gli acquisti fossero stati fatti dalla titolare della carta fedeltà, il punteggio, che da diritto ai premi, sarebbe stato ugualmente acquisito.
Escludeva anche che vi fosse stato danno all'immagine dell'Esselunga per l'uso abusivo della carta, essendo il fatto rilevabile solo da controlli interni.
Rilevava, infine, che non vi era stato un utile del Tattini il quale, come aveva deposto la titolare della carta, aveva ritirato per lei i premi.
Concludeva per l'esuberanza della sanzione rispetto al fatto accertato. Propone ricorso per cassazione affidato ad un unico complesso motivo l'Esselunga, illustrato poi con memoria, resiste con controricorso e propone ricorso incidentale con un motivo il Tattini.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi contro la medesima sentenza vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c..Con l'unico motivo del ricorso principale, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106, 2119 c.c., dell'art. 7 della legge n. 300 del 1970, 1 e 3 della legge n. 604 del 1966 [1] ed il vizio di illogicità ed omissione di motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), la Esselunga propone una serie di censure alla correttezza giuridica e logica della motivazione.
Evidenzia l'erroneità giuridica dell'affermazione che il licenziamento non costituisca una sanzione disciplinare ed il contrasto di essa anche con il contratto collettivo del terziario che annovera tra le sezioni il licenziamento. Rileva, quindi, l'illogicità della motivazione ove essa afferma che la registrazione degli acquisti, fatti da clienti non titolari di carta, come fatti da titolare comportava l'attribuzione al portatore della carta di punti e quindi di premi non dovuti, non comportava danno della società. Assume, quindi, come erronea l'affermazione che non vi sia stato danno o pericolo di danno all'immagine della società in quanto, come era avvenuto in una precedente vicenda documentata da sentenza, i clienti si potevano avvedere del passaggio nello scanner della carta di altri. Denuncia, poi, come illogica l'affermazione che la titolare della carta usata dal Tattini avrebbe deposto che questi aveva ritirato per lei i premi, quando non è stata assunta prova testimoniale. Illogica è conseguentemente anche l'affermazione che non vi sarebbe stato profitto del dipendente. Censura, infine l'omessa valutazione della incidenza del comportamento accertato sul rapporto fiduciario, particolarmente intenso in relazione alle mansioni di cassiere e sulla possibile conversione del licenziamento in tronco in licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Le censure sub. 3 e 5 non appaiono fondate. Invero la motivazione, sul punto che il passaggio di una carta sullo scanner, al momento dell'incasso da parte di un cliente non titolare di carta, e quindi probabilmente non a conoscenza del meccanismo di essa, non fosse avvertibile da cliente come comportamento corretto del cassiere, ma potesse essere accertata solo da controlli interni, non appare illogica e censurabile in questa sede. Il fatto che un singolo cliente, particolarmente attento, si sia potuto avvedere di analogo comportamento, come attestato da sentenza in altra controversia, non contrasta con questa valutazione perché il danno all'immagine deriva da comportamenti percepibili da una generalità di persone. Non sussiste, poi, l'omessa valutazione della incidenza del comportamento complessivo sul rapporto fiduciario in quanto tale giudizio è implicito nell'affermazione dell'esuberanza della sanzione espulsiva rispetto al comportamento, valutazione che vale sia per il licenziamento in tronco che per quello per giustificato motivo oggettivo. Sono invece fondate le censure sub. 1, 2, e 4. La natura di sanzione disciplinare del licenziamento per inadempimenti delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro subordinato è ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di legittimità, cfr. per tutte SS.UU. n. 3965 del 1994, della Corte costituzionale, cfr. n. 204 del 1982 e 427 del 1989, della contrattazione collettiva che regola il rapporto. Appare, quindi, erronea in diritto l'affermazione che la espressa previsione di sanzioni disciplinari per la violazione delle norme interne, che regolano l'uso delle carte in questione, escluda le sanzioni disciplinari espulsive. Illogici poi sono i rilievi della mancanza di danno patrimoniale della datrice di lavoro e di profitto del dipendente. Infatti il rilievo che il punteggio acquisito dal possessore della carta corrispondesse ad acquisti reali, non esclude che l'attribuzione di punteggio e quindi di premi per acquisti di non titolari di carta comportava il danno patrimoniale corrispondente al valore dei premi che la società non avrebbe dato ai non titolari della carta. Il contestato ritiro dei premi da parte del Tattini è stato, poi, illogicamente escluso sulla base di una inesistente deposizione della cliente titolare della carta. Questi vizi della motivazione incidono su punti decisivi della motivazione, relativamente alla previsione del licenziamento come sanzione del codice disciplinare, alla gravità del fatto per la sussistenza o meno di danno per la datrice di lavoro e di profitto per il lavoratore, e si riverberano sul punto centrale della controversia della valutazione dell'adeguatezza della sanzione espulsiva al fatto contestato e comportano la cassazione della sentenza impugnata ex art. 360 n. 5 c.p.c.. Il ricorso incidentale avente ad oggetto la misura del danno conseguente all'illegittimo licenziamento è assorbito dall'accoglimento del ricorso principale. La causa va rinviata per nuovo esame ad altro giudice, che si designa nel dispositivo; allo stesso giudice si demanda anche, ex art. 385, 3° comma, c.p.c. di provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia.
Roma, 27/11/2001.
Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2002.
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