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Sent. 16/04/93 n. 4540 DEPOSITO (CONTRATTO DI) Autoveicolo - Impianto di autoradio - Pertinenza - Responsabilità "ex recepto" - Fattispecie. L'impianto di autoradio, anche se stabilmente collegato, costituisce una pertinenza dell'autoveicolo, e, pur conservando la propria individualità, è posto in durevole relazione di subordinazione con la cosa principale e, a differenza delle cose accessorie che non sono suscettibili di dominio separato e, quindi, di rapporti distinti rispetto quelli aventi ad oggetto la cosa principale, può rimaner distinta dall'autoveicolo, cosa principale, solo a seguito di diversa, concorde statuizione delle parti. Ne consegue con riguardo alla responsabilità "ex recepto" l'irrilevanza di una manifestazione unilaterale di volontà del titolare di officina, che a mezzo di cartelli esposti declini ogni responsabilità per la perdita di oggetti, valori e accessori lasciati sull'autovettura in riparazione.

Il depositario del veicolo è obbligato a custodire la cosa ricevuta con la diligenza del buon padre di famiglia.
L'obbligo di custodia si estende anche agli oggetti costituenti, per caratteristiche strutturali nonché funzionali, pertinenze (autoradio) e l'esonero da responsabilità costituiscono clausole vessatorie che devono essere quindi specificatamente approvate.
Con riguardo ai beni estranei al veicolo e lasciati all'interno dello stesso, non costituenti quindi pertinenze (abiti o borse lasciate occasionalmente), ben può, una clausola di esonero da responsabilità, evitare l'obbligo per il gestore di risarcire i danni derivanti da evenutale furto perché è parere della giurisprudenza consolidata affermare che, in questo caso, la clausola ha il solo compito di circoscrivere l'oggetto della prestazione.
In questo caso e a parere di chi scrive l'esonero può ben essere contenuto nel biglietto che viene rilasciato dal gestore al momento del parcheggio. D'altro canto, ciò vale a circoscrivere la responsabilità del gestore che altrimenti si vedrebbe costretto a risarcire danni che in determinate occasioni potrebbero essere ingenti. In ogni caso la giurisprudenza più recente ritiene necessario un patto espresso che riguardi l'assunzione di responsabilità da parte del depositario dei beni contenuti in un'autovettura non costituenti pertinenze.

(Nota di Alessandro Ludovici 10/04/2002).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

SENTENZA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Pistoia del 28.1/28.4.1987, con la quale Giraldi Roberto era stato condannato a pagare a Martinelli Paolo la somma di L. 1.500.000, oltre interessi, per la sottrazione dell'autoradio fissata all'abitacolo del veicolo affidato per riparazioni alla sua officina.

La Corte riteneva, anzitutto, potersi presumere l'esistenza a bordo del veicolo dell'autoradio, argomentandolo dalla prova del suo acquisto e del montaggio sullo stesso, attestati dai testi, nonche' dalla precedente dichiarata disponibilita' del Giraldi a risarcire il danno. La responsabilita' non era esclusa, secondo la Corte, dall'esistenza in officina di cartelli, i quali avvertivano che "la direzione non risponde (va) di oggetti, valori, accessori lasciati sulla vettura in riparazione", dacche' un impianto radio non estraibile, quale quello di specie, non poteva considerarsi semplice accessorio del veicolo, costituendone piuttosto parte integrante, come il contachilometri, il contagiri, il poggiatesta, etc.. Non poteva valere quindi, per esso, la non assunzione di responsabilita' ex recepto.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Giraldi, affidandolo a due motivi, illustrati da successiva memoria. Resiste, con controricorso, il Martinelli.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Col primo motivo il ricorrente denuncia - ex art. 360 n. 5 c.p.c. - l'insufficiente ed erronea motivazione su un punto decisivo della controversia, con conseguente violazione e falsa applicazione dell'art. 2729 c.c.. Premesso che la presunzione dev'essere la conseguenza univoca e logica di determinate premesse, il Giraldi assume che tale non puo' ritenersi la presenza dell'impianto di autoradio sul veicolo al momento della consegna, avvenuta due anni dopo il suo acquisto, tenuto anche conto della facile asportabilita' e del fatto che la macchina consegnata per le riparazioni poteva non essere la stessa sulla quale era stato eseguito il montaggio. Le proprie dichiarazioni in ordine al risarcimento non avrebbero, inoltre, carattere confessorio, concernendo giudizi e non fatti, nonche' per l'incompletezza dei riferimenti dei testi in proposito. Non si sarebbe tenuto conto, inoltre, degli indizi contrari: del fatto che il Martinelli non avesse fatto cenno, al momento della consegna, della presenza dell'impianto; che lo stesso non era stato visto dal teste Buttinoni, che quella consegna aveva ricevuto; del ritardo della denuncia; del mancato accenno ai danni cagionati al veicolo dall'asportazione.

Come afferma esattamente il controricorrente, il motivo, sotto l'apparente profilo della violazione di norme processuali e sostanziali, tende, in realta', ad una sostanziale rivalutazione degli elementi probatori acquisiti. Compete al giudice di merito, del resto, scegliere gli elementi, con le caratteristiche di cui all'art. 2729 c.c., sui quali fondare una presunzione semplice, quale quella cui ha fatto riferimento la Corte toscana, mentre va rilevato che le stesse dichiarazioni del Giraldi non risultano assunte con carattere confessorio, bensi' quali uno degli elementi dai quali derivava la presunzione circa l'esistenza sul veicolo dell'impianto autoradio.

2. - Ugualmente infondato il secondo motivo, col quale il Giraldi denuncia - ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. - la falsa applicazione degli artt. 1766 e 1768 c.c. e la violazione dell'art. 1341 c. 1^ dello stesso codice, nonche' omessa od insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia. Il motivo contiene, in realta', due distinte censure.

Con una prima censura si afferma che la Corte di merito non avrebbe speso parola sulla validita' della clausola da lui predisposta, limitante l'assunzione di responsabilita', sottolineandosi che una tale clausola non doveva essere approvata per iscritto, dacche' non ne derivava una limitazione della responsabilita', bensi' dell'oggetto stesso della custodia. Con una seconda censura si sostiene, poi, che l'impianto di autoradio non poteva essere considerato parte integrante del veicolo, non essendo ad esso materialmente incorporato, si' da perdere la propria autonomia fisica e giuridica. Sarebbe stato necessario, a tal fine, una condizione di parita' e di necessaria unione, nel senso che ambedue le cose fossero reciprocamente necessarie. Diversamente, allorche' una delle due cose sia indispensabile all'altra, ma puo' svolgere la sua funzione autonomamente ed indipendentemente, non puo' essere considerata parte, bensi', eventualmente, pertinenza. L'impianto di autoradio e', in realta', estraneo ai fini della circolazione, separabile dal veicolo con l'uso di elementari strumenti in una frazione di tempo ben limitata, ed il suo distacco non altera minimamente l'essenza e la funzione dell'insieme; non potrebbe considerarsi, a rigore, nemmeno pertinenza, in quanto non destinato al servizio od all'ornamento dell'autovettura, ma ad una esigenza di natura voluttuaria del proprietario.

Concludendo il ricorrente rileva, infine, che le pertinenze seguono la sorte della cosa principale, salvo diversa disposizione ad opera delle parti, sicche' il Martinelli, di fronte alla precisa clausola contenuta nei cartelli esposti, avrebbe dovuto separare l'impianto. La tesi esposta nell'atto di appello, sarebbe stata sostanzialmente disattesa senza discussione alcuna. Entrambe le censure sono destituite di fondamento, anche se deve escludersi che propongano questioni di merito, come afferma il controricorrente.

Puo' convenirsi, anzitutto, sulla natura dei cartelli, pacificamente esposti nell'autofficina del ricorrente, e dei quali si e' riportato il contenuto. Gli stessi non integrano una condizione generale di contratto, ma tendono a delimitare, piuttosto, l'ambito entro il quale il contraente accetta la custodia della cosa affidatagli. Appare indubbio, quindi, che non si tratta di clausole limitatrici della responsabilita', da approvarsi espressamente per iscritto, a norma dell'art. 1341 c. 2^ c.c..

La conclusione e' idonea, tuttavia, a risolvere il problema, che sfocia piuttosto nell'altro, relativo alla rilevanza di una tale manifestazione di volonta', esclusa dalla Corte di merito sotto il profilo della unitarieta' della cosa affidata al Giraldi.

Perche' si pervenga ad un bene unitario, per effetto dell'incorporazione di una cosa nell'altra non e' sufficiente, tuttavia, che le due cose siano tra loro materialmente collegate, essendo necessario non solo che il collegamento abbia carattere di stabilita' e definitivita', ma altresi' che sussista un rapporto di necessaria accessorieta' tra l'una e l'altra, nel senso che la cosa accessoria non possano esserne separata senza alterare l'essenza e la funzione del tutto.

Tali caratteristiche non si riscontrano nell'impianto dell'autoradio, anche se stabilmente collegato all'autoveicolo, di cui costituisce, piuttosto, semplice pertinenza. La pertinenza, come e' noto, pur conservando la propria individualita', e' posta in una durevole relazione di subordinazione con la cosa principale, essendo destinata al suo migliore uso, all'ornamento od al compimento di essa (art. 817 c.c.).

La distinzione assume una notevole rilevanza in ordine al regime: le cose accessorie in senso stretto, infatti, non sono suscettibili di un dominio separato e, quindi, di rappporti distinti rispetto a quelli che abbiano ad oggetto la cosa principale, laddove le pertinenze, normalmente comprese nell'ambito di quest'ultimi, ne possono rimanere distinte a seguito di una diversa disposizione delle parti (art. 818 c. 1^ c.c.).

A tal fine, peraltro, non e' sufficiente una manifestazione unilaterale di volonta', in qualunque modo espressa, essendo viceversa necessario l'incontro delle volonta' di entrambi i contraenti, che entrambe le parti, cioe', convengano nell'escludere la pertinenza del rapporto giuridico avente ad oggetto la cosa principale.

Sotto questo profilo deve escludersi, pertanto, la rilevanza dell'unilaterale volonta' manifestata dal ricorrente attraverso i cartelli in esame.

L'errore in cui e' incorsa la Corte di merito non ha inciso, tuttavia, sul dispositivo, sicche' in tal senso puo' e dev'essere corretta la motivazione della sentenza impugnata, a norma dell'art. 384 c. 2^ c.p.c..

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al rimborso delle spese, nonche' degli onorari, che si liquidano in complessive L. 1.000.000.