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Sent. 02/04/97 n.2868

Se il conduttore muta l'uso pattuito dell'immobile e il locatore non chiede la risoluzione del contratto entro tre mesi da quando ne è venuto a conoscenza, al rapporto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo (art. 80 primo e secondo comma legge 27 luglio 1978 n. 392) con decorrenza dalla scadenza di detto termine perché il consenso del locatore - presunto "iuris et de iure" - al mutamento dell'uso, in conseguenza della rinunzia a chiedere la risoluzione, non può essere più ampio di questa che, per la natura del contratto di locazione, non ha effetti retroattivi (art. 1458 cod. CIV.).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

SENTENZA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 6.5.1991 al Pretore di Torino Viziale Giuseppe, premesso di aver condotto in locazione dal 15.II.1984 un appartamento arredato di proprieta' di Vienna Luciana e di averlo riconsegnato alla locatrice il 28.2.1991, lamento' di aver pagato canoni di importo superiore a quello massimo di legge e, quindi, chiese che, previa determinazione del canone "equo", la locatrice fosse condannata alla restituzione delle somme percepite in eccedenza. Costituitasi, la Vienna oppose di aver locato l'appartamento al Viziale (obbligato a risiedere in Orbassano in quanto medico di base in quella citta' ed ivi anagraficamente residente) per sopperire ad esigenze abitative transitorie del conduttore. Chiese, pertanto, il rigetto della domanda. Assunte una consulenza tecnica ed una prova testimoniale, il Pretore, con sentenza del 3.12.1993, determino' il canone legale ed, in accoglimento della domanda, condanno' la Vienna al pagamento della somma di L. 16.636.640 in favore del Viziale. Su appello della Vienna il Tribunale di Torino, con sentenza del 7.6.1994, ha confermato la sentenza del Pretore, osservando: 1) che la clausola contrattuale concernente il carattere transitorio della locazione era nulla perche' genericamente formulata; 2) che la stessa clausola era, comunque, nulla, ai sensi dell'art. 79 della legge 27.7.1978, n. 392, perche' il conduttore aveva di fatto utilizzato l'immobile come propria abitazione stabile; 3) che, in ogni caso, il rapporto non poteva ritenersi soggetto al regime giuridico delle locazioni transitorie, perche' la locatrice non ne aveva chiesto la risoluzione, quantunque il conduttore lo avesse formalmente resa edotta dell'uso stabilmente abitativo da lui fatto dell'immobile. Ricorre la Vienna con cinque motivi, illustrati da memoria. Resiste il Viziale con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente, ai sensi dell'art. 360 n. 3 Cod. Proc. Civ., lamenta che, in violazione degli artt. 1418, 1419 co. II, 1362 Cod. Civ. e 112 Cod. Proc. Civ., la Corte di merito non soltanto abbia erroneamente ritenuto nulla, perche' genericamente formulata (e cioe' priva di qualsiasi riferimento alle specifiche esigenze abitative del conduttore), la clausola contrattuale concernente il carattere transitorio della locazione, ma sia, inoltre, incorsa in extrapetizione, dal momento che la nullita' di detta clausola era Stata denunziata dal conduttore con esclusivo riguardo all'ipotesi prevista dall'art. 79 della legge n. 392 e, quindi, non per la ragione assunta dal Tribunale torinese a sostegno della sua decisione. La doglianza, infondata sotto quest'ultimo profilo, attesa la rilevabilita' di ufficio, ai sensi dell'art. 1421 Cod. Civ., delle nullita' che, per qualsiasi causa, inficino clausole contrattuali di cui venga chiesta l'applicazione, e', invece, fondata sotto il primo profilo, giacche' la formale e puntuale indicazione delle specifiche esigenze transitorie del conduttore non e' imposta, a pena di nullita', da alcuna norma della speciale disciplina contenuta nella legge n. 392, ne' la sua mancanza integra alcuna delle cause di nullita' del contratto, previste in via generale dagli artt. 1418 e 1419 Cod. Civ.

Col secondo motivo la Vienna, ai sensi dell'art. 360 n. 3 Cod. Proc. Civ., lamenta che, in violazione degli artt. 1418, 1419, 2697 Cod. Civ. e 26 legge n. 392 del 1978, la Corte di merito abbia affermato la nullita' della stessa clausola anche ai sensi dell'art. art. 79 della legge n. 392 per il solo fatto di aver ritenuto che il conduttore avesse effettivamente utilizzato l'immobile come unica sua stabile abitazione, senza considerare che al momento della stipulazione del contratto la esigenza di abitare in Torino del conduttore (medico di base in Orbassano e, in quanto tale, obbligato per legge a risiedere permanentemente in quella citta' ed ivi anagraficamente residente) si prospettava inequivocamente in termini di saltuarieta'. Anche questa doglianza e' fondata, perche' la nullita', sancita dall'art. 79 della legge n. 392, della clausola contrattuale che, in relazione a dichiarate ma insussistenti esigenze transitorie del conduttore, preveda una durata della locazione abitativa inferiore a quella minima stabilita dall'art. 1 della legge, non puo' ritenersi ricorrente per il solo fatto oggettivo che il conduttore abbia destinato concretamente l'immobile a propria stabile abitazione, essendo al riguardo indispensabile, in applicazione dei principio dell'affidamento e della buona fede contrattuale, a ulteriore prova che della natura non transitoria delle esigenze abitative del conduttore il locatore fosse consapevole (o tale potesse rendersi con l'uso dell'ordinaria diligenza) nel momento della conclusione del contratto (Cass., 29.12.1993, n. 12947, Cass. 19.8.1995, n. 8942). Soltanto se l' indagine che e' del tutto mancata in ordine a tale aspetto soggettivo della controversia si fosse conclusa in senso positivo la Corte distrettuale avrebbe potuto ritenere nulla, per il predetto titolo, la clausola contrattuale dedotta in contestazione.

Col terzo e col quarto motivo, che in quanto connessi vanno congiuntamente esaminati, la ricorrente, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5 Cod. Proc. Civ., lamenta che la Corte di merito sia incorsa in violazione degli artt. 112 Cod. Proc. Civ., 79 e 80 legge n. 392, nonche' in contraddittorieta' della motivazione, avendo dapprima ritenuto, ai sensi dell'art. 79, la nullita' della clausola di durata, in relazione al fatto che gia' al momento della instaurazione del rapporto le esigenze abitative del conduttore non rivestivano carattere transitorio, ed avendo poi affermato che al rapporto era applicabile, ai sensi dell'art. 80, il regime delle locazioni ordinarie, perche' solo nel corso della locazione il conduttore aveva adibito l'appartamento a propria abitazione stabile e la locatrice non aveva chiesto tempestivamente la risoluzione del contratto. La doglianza e' priva di fondamento sotto entrambi i profili, giacche' la Corte torinese non ha affatto ritenuto che la forma di utilizzazione dell'immobile fosse mutata durante lo svolgimento del rapporto, ma ha soltanto considerato, in via alternativa e subordinata, l'ipotesi che solo nel corso del rapporto la locatrice fosse venuta a conoscenza della effettiva utilizzazione dell'appartamento come residenza permanente e non transitoria del conduttore e, con esclusivo riguardo a tale ulteriore ipotesi, ha, quindi, fatto corretta applicazione dell'art. 80 della legge. La Vienna obietta che in questo caso la Corte distrettuale avrebbe, invece, male applicato l'art 80, che ad avviso della ricorrente regolerebbe soltanto l'ipotesi di mutamento, in pendenza del rapporto, dell'uso cui inizialmente il conduttore avrebbe adibito l'immobile, ma l'obbiezione non puo' condividersi, perche' e' contraddetta dal tenore letterale della norma in esame, che, prevedendo la difformita' dell'uso effettivo dalle previsioni contrattuali, senza ulteriori precisazioni, deve ritenersi intesa a regolare anche il caso in cui il conduttore, fin dal momento della instaurazione del rapporto locatizio, utilizzi l'immobile diversamente da quanto pattuito. La ricorrente replica, lamentando che la Corte di merito abbia erroneamente fatto decorrere il mutamento del regime giuridico del rapporto dalla stipulazione della locazione, anziche' dal momento in cui la conduttrice, venuta a conoscenza del mutamento d'uso, era decaduta dalla facolta', attribuitale dall'art. 80, di chiedere la risoluzione del contratto. La doglianza e' fondata. Poiche', infatti, la previsione dell'art. 80 co. II si fonda sulla presunzione assoluta che, rinunciando a chiedere la risoluzione del contratto, il locatore esprima implicitamente il suo consenso al mutamento dell'uso, l'oggetto di tale consenso non puo' ritenersi piu' ampio di quello della facolta' rinunziata, la quale, vertendosi in tema di locazione (che e' contratto ad esecuzione continuata), non e' utilmente esercitabile, ai sensi dell'art. 1458 Cod Civ., con riguardo alle prestazioni gia' eseguite e, pertanto, il mutamento del regime giuridico del rapporto, previsto dall'art. 80 co. II della legge n. 392, puo' farsi decorrere solo dalla inutile scadenza del termine trimestrale, di cui il locatore, venuto a conoscenza del mutamento d'uso, avrebbe potuto fruire per chiedere la risoluzione del contratto.

La impugnata sentenza va, dunque, cassata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione del Tribunale di Torino, che si uniformera' ai principi di diritto innanzi enunciati e provvedera' anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione del Tribunale di Torino. Roma, 10.7.1996

DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 2 APR. 1997