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CORTE DI CASSAZIONE Cass. civile, sez. II, 21-05-2001, n. 6921. Costruzione nuova in un condominio effettuata da un condomino per scopi personali.

Pres. Pontorieri F - Rel. Napoletano G - P.M. Ceniccola R (conf.) - Gualco c. Cond. Salita Murta 1 Genova
Comunione dei diritti reali - Condominio negli edifici - In genere (nozione, distinzioni) - Uso della cosa comune da parte del singolo partecipante - Limiti.

E' violato il disposto dell'art. 1102 cod. civ., quando la costruzione nel sottosuolo del fabbricato condominiale di un vano destinato esclusivamente al soddisfacimento di esigenze personali e familiari di un condomino, impedisce agli altri condomini di fare del sottosuolo e del relativo sedime un pari uso, soprattutto in considerazione della vastità della superficie interessata e della destinazione del vano ad un uso esclusivo incompatibile con la natura condominiale del bene utilizzato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Genova rigettò la domanda, proposta con atto di citazione notificato il 12 marzo 1988, con la quale il Condominio di Salita Murta, n.c. 1, in Genova, aveva chiesto che il condomino Luciano Gualco, proprietario di un appartamento posto al piano-terra dell' edificio condominiale, fosse condannato, previa dichiarazione di illegittimità delle opere di escavazione e trasformazione da lui eseguite nel sottosuolo dell' edificio, sì da ricavare un vano adibito a scantinato, a rimettere in pristino lo stato dei luoghi.

A seguito di appello interposto dal Condominio, la Corte d' Appello di Genova, con sentenza resa in data 27 ottobre 1998, ha riformato la decisione impugnata, dichiarando l' illegittimità della trasformazione eseguita al di sotto del solaio costituente il piano di calpestio dell' alloggio int. 1 di proprietà del Gualco e ricadente nel sedime dell' edificio e condannando il Gualco a rimettere in pristino lo stato dei luoghi.

Premesso che, contrariamente a quanto eccepito in appello dal Gualco, l' amministratore del Condominio era legittimato a proporre la domanda de qua, qualificabile ai sensi dell' art. 1102 cod. civ., che vieta al partecipante alla comunione, di abusare della cosa comune, e che, comunque, la proposizione della domanda risultava autorizzata dalle delibere assembleari del 18 luglio 1987 e dell' 8 aprile 1993, il giudice d' appello ha osservato che dall' espletata consulenza tecnica d' ufficio e dalla relazione tecnica dell' ing. G. Campari in data 18 maggio 1987 risultava fondata la domanda proposta dal Condominio.

Per vero, ha rilevato la corte di merito, mentre prima dell' acquisto dell' appartamento a piano-terra operato dal Gualco in data 10 dicembre 1979 tra il piano di calpestio di quell' appartamento ed il sottostante terreno di sedime dell' edificio si interponeva uno spazio libero di altezza pari a mt. 0,75, costituente la camera d' aria del fabbricato, successivamente a tale data il Gualco aveva ricavato, al di sotto dell' appartamento da lui acquistato, una nuova unità immobiliare, estesa mq. 25 ed alta da mt. 1,70 a mt. 2,15, cui era possibile accedere attraverso un cancelletto in vetro a griglia e scala con gradini in cemento. E, poiché ben 23,13 metri della superficie del vano ricadevano all' interno del sedime dell' edificio, non v' era dubbio che, per tale parte, interessata dallo scavo, si fosse verificata, da parte dell' appellato, la violazione dell' art. 1102 cod. civ., sicché andava accolta la domanda di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, ontologicamente compresa nella finalità della revindica, in quanto quest' ultima azione è diretta non solo al recupero del bene, ma anche all' eliminazione della situazione antigiuridica posta in essere.

Ha ritenuto, peraltro, la Corte d' Appello che, indipendentemente dall' accertamento dell' autore delle modifiche arrecate allo stato dei luoghi, la restitutio in integrum possa essere utilmente richiesta nei confronti del soggetto che abbia la disponibilità del bene condominiale, sicché non rilevava la contestazione del Gualco, il quale assumeva di non avere, egli, operato le trasformazioni denunciate.

Per la cassazione di tale sentenza il Gualco ha proposto ricorso, affidandosi a cinque motivi. Il Condominio resiste con controricorso, illustrato da memoria difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo il ricorrente censura l' impugnata sentenza per omesso esame di un punto decisivo della controversia e/o per insufficiente motivazione, adducendo che erroneamente la Corte d' Appello ha ritenuto infondata l' eccezione di difetto di legittimazione dell' amministratore del Condominio ad esercitare l' azione sul rilievo che, con la delibera assembleare dell' 8 aprile 1993, l' amministratore sarebbe stato autorizzato a proporre la domanda, non essendosi avveduta che con tale delibera l' autorizzazione a proporre appello era stata data, non già all' amministratore pro-tempore, Pirrò, bensì ai condomini Manno ed Olmino.

La censura è inammissibile, perché non sottopone a critica la ratio decidendi principale sulla quale il giudice d' appello ha fondato la statuizione di rigetto dell' eccezione in esame.

Per vero, come emerge dalla narrativa, l' impugnata sentenza, aderendo al consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui l' amministratore condominiale è legittimato a proporre, senza la necessità di delibera autorizzativa, le domande giudiziali nei confronti di coloro che pretendano di acquistare diritti spettanti ai condomini o contro il condomino che abusi della cosa comune (cfr. Cass. 6 dicembre 1986, n. 6494; Cass. 30 dicembre 1997, n. 130012, che si occupa di un caso pressoché sovrapponibile a quello in esame), ha correttamente ritenuto, in via principale, che l' amministratore pro-tempore, del Condominio fosse legittimato, ai sensi dell' art. 1130, n. 4, cod. civ., a proporre la domanda pur in assenza di delibera autorizzativa e che, comunque, egli risultava autorizzato con delibere assembleari del 18 luglio 1987 e dell' 8 aprile 1993.

E', dunque, evidente che, non essendo stata censurata la prima ratio decidendi, la censura svolta con riferimento alla ratio posta solo ad abundantiam a fondamento della statuizione impugnata si reggerebbe ugualmente sull' altra ratio, di per sé idonea a sostenerla.

Col quinto motivo, il cui esame, in considerazione della priorità logico-giuridica della questione posta, è opportuno premettere agli altri motivi, il ricorrente denuncia violazione di legge e/o contraddittorietà della sentenza in ordine "alla qualificazione della domanda ed alla pronuncia concretamente adottata", osservando che la domanda proposta dal Condominio, di difficile identificazione a motivo della sua genericità, non si prestava ad essere definita nei termini pretesi da controparte e, soprattutto, in quelli delineati dalla sentenza impugnata. Ciò, perché appare contraddittorio, da un lato, inquadrare l' azione nello schema dell' art. 1102 cod. civ. e, dall' altro, pervenire ad una pronuncia di rimessione in pristino, "senza curarsi di parametrarla con la portata tipica degli istituti in tal modo coinvolti".

Ciò premesso, sostiene il ricorrente che gli istituti confusamente richiamati dalla corte di merito non hanno alcun rapporto di affinità con la revindica, che, invece, ha funzione tipicamente recuperatoria.

La censura è priva di fondamento.

Poiché, come risulterà anche dall' esame del terzo motivo, il ricorrente contestava la natura condominiale della parte di area di sedime sulla quale risulta in gran parte realizzato il vano interrato de quo, correttamente la Corte d' Appello ha ritenuto che, al fine di pervenire all' accertamento della violazione dell' art. 1102 cod. civ., vale a dire di un uso dell' area di sedime non conforme alla sua destinazione ed impeditivo del pari diritto degli altri partecipanti alla comunione, fosse necessario accertare il diritto del Condominio su quella parte dell' area di sedime, ed, una volta accertato tale diritto sulla base della presunzione stabilita dall' art. 1117, n. 1, cod. civ., ha coerentemente ritenuto, non solo di dichiarare l' illegittimità delle trasformazioni operate dal Gualco in violazione dell' art. 1102 cod. civ., bensì anche di ordinare la restitutio in integrum.

Vero è che la rei vindicatio tende a far recuperare il bene all' attore, ma nella specie è evidente che l' azione esercitata dal Condominio, accanto alla finalità di accertare il pari diritto di tutti i condomini sull' area di sedime del fabbricato - accertamento costituente la premessa logica dell' accertamento della violazione dell' art. 1102 cod. civ. - aveva anche la finalità di ottenere la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

In tal modo, l' azione esercitata assumeva una duplice natura: reale, con riferimento all' accertamento della proprietà condominiale e della violazione dell' art. 1102 cod. civ., e personale, con riferimento alla richiesta di condanna alla restitutio in integrum.

Col secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione degli artt. 2697 cod. civ., 61 e sgg., 91 e sgg. cod. proc. civ. nonché carenza di motivazione, rileva che erroneamente la corte di merito ha valorizzato circostanze di fatto che illegittimamente erano state accertate dal C.T.U. e che, invece, ben potevano essere accertate con la prova per testi richiesta da esso ricorrente.

Peraltro, rimarca il ricorrente, nessuna motivazione è stata resa dalla Corte d' Appello per giustificare la preferenza accordata alla consulenza tecnica d' ufficio rispetto alla prova per testi.

La censura non può essere condivisa, in primo luogo perché, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, il convincimento del giudice d' appello in ordine allo stato originario dei luoghi, a quello successivo all' acquisto operato dal ricorrente ed all' autore delle trasformazioni è fondato, non solo sulle risultanze della consulenza tecnica d' ufficio, ma anche sulla relazione datata 18 maggio 1987 dell' ing. Campari ed, in secondo luogo e soprattutto, perché anche quando si tratti di circostanze di fatto il cui accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche è consentito al giudice di avvalersi dell' opera di tecnici.

Per quanto, poi, concerne in modo particolare l' individuazione dell' autore della realizzazione del nuovo vano interrato, si osserva che la censura è irrilevante, dal momento che il ricorrente non impugna specificamente la parte della motivazione che ritiene giustificato l' ordine di rimessione in pristino rivolto al Gualco sulla base del solo rilievo della disponibilità del vano illegittimamente realizzato, indipendentemente dall' individuazione dell' autore del nuovo vano.

Col terzo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 1102 e 1117 cod. civ. nonché carenza di motivazione, adducendo che: a) l' accertamento della natura condominiale dell' area di sedime del fabbricato è stato solo induttivamente e presuntivamente operato dal giudice d' appello; b) la destinazione d' uso dell' area di sedime e l' utilizzazione di essa da parte degli altri condomini non risultavano di fatto compromessi e, soprattutto, non risultavano accertati fatti che inducano a ritenere tale supposta compromissione, poiché la corte territoriale afferma apoditticamente la lesione dell' art. 1102 cod. civ., senza esaminare i presupposti di tale lesione.

Le censure sono destituite di fondamento.

La presunzione di condominialità dell' area di sedime del fabbricato e dello spazio che s' interpone tra tale area ed il pavimento di calpestio dell' appartamento a piano-terra di proprietà del Gualco è stata correttamente ritenuta dal giudice d' appello in base all' art. 1117, n. 1, cod. civ. e, pertanto, spettava al ricorrente provare, sulla base di un titolo che disponesse diversamente, che egli era l' esclusivo proprietario della parte di area interessata dal nuovo vano interrato.

Quanto, poi, all' esistenza delle condizioni per ritenere violata la disposizione dell' art. 1102 cod. civ., altrettanto correttamente la corte di merito l' ha ritenuta, essendo evidente che la costruzione nel sottosuolo del fabbricato condominiale di un vano destinato esclusivamente al soddisfacimento di esigenze personali e familiari di un condomino impedisce agli altri condomini di fare del sottosuolo e del relativo sedime un pari uso e, soprattutto, in considerazione della vastità della superficie interessata e della destinazione del vano ad un uso esclusivo (ripostiglio) del tutto incompatibile con la natura condominiale del bene utilizzato, attesa la destinazione del sedime del fabbricato e della colonna d' aria compresa tra il sedime e l' appartamento a piano-terra del ricorrente, impedisce, al di là dell' attualità di tale compromissione, ogni ulteriore, eventuale utilizzazione di detti beni, nell' interesse comune della collettività dei condomini.

Col quarto motivo il ricorrente sostiene che l' impugnata sentenza sarebbe contraddittoria, perché, mentre la dichiarazione di accertamento dell' illegittimità della trasformazione riguarda solo la parte di sottosuolo posta in proiezione ideale del sedime dell' edificio, l' ordine di reintegrazione dello stato dei luoghi non ha alcun limite topografico; il che, peraltro, potrebbe costituire un ostacolo in sede di esecuzione.

La censura va disattesa, perché il dictum della Corte d' Appello, che fa obbligo al ricorrente di ripristinare lo stato dei luoghi, essendo strettamente conseguenziale all' accertamento dell' illegittimità della "trasformazione eseguita al di sotto del solaio costituente il piano di calpestio dell' alloggio int. 1 di proprietà del Gualco e ricadente nel sedime dell' edificio", non può essere interpretato se non nel senso che anch' esso è oggettivamente limitato alla stessa parte di sottosuolo compresa tra l' area di sedime dell' edificio ed il solaio del piano di calpestio di detto alloggio.

Conclusivamente, il ricorso va respinto e, secondo l' ordinario criterio della soccombenza, il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessive L. 3.507.700, di cui L. 3.000.000 per onorari.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in complessive L. 3.507.700, di cui L. 3.000.000 per onorari.