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Cass. civile, sez. II, 16-02-1994, n. 1500. Prova liberatoria nel caso di inadempimento.

Pres. Giavedoni D - Rel. Corona R - P.M. Lo Cascio G (Conf) - Zanarotti ed altro c. Pini

Obbligazioni in genere - Inadempimento - Responsabilità - Del debitore - Assenza di colpa - Onere probatorio - Generica prova della diligenza del debitore - Insufficienza.

Poiché l'art. 1218 cod. civ. pone espressamente a carico del debitore la prova che l'inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, la generica prova della sua diligenza non può essere sufficiente a dimostrare l'assenza di colpa del debitore in relazione all'inadempimento, atteso che la prova della mancanza di colpa esige la dimostrazione o dello specifico impedimento, che ha reso impossibile la prestazione o, quanto meno, la prova che, qualunque sia stata la causa, questa non possa essere imputabile al debitore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I

A fondamento del ricorso, i ricorrenti deducono sei mezzi di impugnazione:

1. - Violazione ed illogica applicazione dell'art. 1478 cod. civ.

In quanto contratto obbligatorio di vendita di cose altrui, ex art. 1478 cod. civ., la prevedibilita' del danno causato al compratore dall'inadempimento deve essere riferita al momento della conclusione del contratto. La Corte d'Appello non valuta l'obbligazione primaria di Pini di ottenere l'intestazione del bene e di trasferirlo agli acquirenti entro il termine fissato e non considera le promesse fatte e le correlative inadempienze da parte di Pini.

2. - Violazione ed abuso di potere decisionale in relazione alle norme di cui all'art. 1362 cod. civ. Argomentando dal compromesso Pini-Zanarotti, nel quale si afferma che i compratori "si impegnano a rispettare tutte le pattuizioni contenute nel contratto Pini-La Virginia", la Corte interpreta il contratto nel senso che gli Zanarotti si sottoponevano, per l'acquisto della proprieta', alla soluzione di qualsivoglia problema, che sarebbe insorto tra Pini e La Virginia.

L'interpretazione e' palesemente errata, perche' nel contratto Pini-La Virginia nulla si disponeva in ordine al passaggio della proprieta'.

In ogni caso, firmando il contratto con Pini e richiamando quello tra lui e La Virginia, la volonta' degli Zanarotti era soltanto di prendere atto dell'attuale proprieta' del terzo.

3. - Violazione e falsa applicazione dell'art. 1473 cod. civ., in relazione all'art. 2697 cod. civ. La sentenza liquida con una presunzione del tutto non provata, quindi non giustificata, il problema della responsabilita' contrattuale, in quanto accoglie senza prove e senza esame la dichiarazione unilaterale di Pini, secondo cui la copia di tutto dovesse ricondursi a La Virginia.

4. - Violazione e falsa applicazione degli art. 1218 ss. cod. civ. L'inadempimento da parte di Pini e' dimostrato dallo stesso Pini nell'atto di citazione in appello, dove scrive che il mancato trasferimento della proprieta' non e' a lui addebitabile, sibbene alla societa' La Virginia, alla quale era subentrata la societa' Biella Nuova. Dal che appare chiaro che il Pini non aveva mai trasferito il bene venduto. (Del resto, il compromesso Pini-Zanarotti porta la data 8 luglio 1974, mentre il trasferimento in favore degli Zanarotti e' avvenuto il 25 luglio 1980).

5. - Violazione e falsa applicazione dell'art. 1218 cod. civ. in relazione alla ipotesi di danno. Fermo restando che Pini non ha adempiuto l'obbligazione di trasferire l'immobile venduto, egli non ha dimostrato che l'inadempimento non era stato causato da fatto a lui imputabile.

6. - Violazione e falsa applicazione dell'art. 1218 cod. civ. sotto il profilo del valore del danno. Il pagamento effettuato alla societa' Biella Nuova fu preteso dalla stessa e fu posto come condizione per la intestazione del bene; ma cio' era conseguenza solo ed unicamente all'inadempienza di Pini.

II

I motivi devono esaminarsi secondo il loro ordine logico. I mezzi terzo, quarto e quinto, riguardanti la prova dell'inadempimento da parte di Pini, in ragione del carattere pregiudiziale e della loro evidente connessione, vanno esaminati per primi e congiuntamente. Il nucleo centrale del ricorso, invero, riguarda l'applicazione, da parte della sentenza impugnata, del principio concernente la ripartizione dell'onere della prova in tema di responsabilita' contrattuale.

L'art. 1218 cod. civ. stabilisce espressamente a carico del debitore la prova che l'inadempimento e' stato determinato da impossibilita' della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Non sono possibili dubbi interpretativi, perche' la disposizione testualmente afferma che sul debitore inadempiente grava l'onere di dimostrare che l'inadempimento o il ritardo siano stati determinati "da impossibilita' della prestazione derivante da causa a lui non imputabile". In sostanza, la norma pone a carico del debitore l'onere della prova liberatoria della non imputabilita'. In prima approssimazione, il giudizio di imputazione dell'inadempimento si fonda sulla valutazione della condotta del debitore secondo il criterio della colpa: sulla valutazione, cioe', che apprezza lo sforzo diligente tenuto dal debitore per evitare l'inadempimento.

Piu' analiticamente, si discute se la prova della mancanza di colpa debba procedere attraverso la dimostrazione dello specifico impedimento, che ha reso impossibile la prestazione: cioe', attraverso la dimostrazione della specifica causa non imputabile. Nondimeno, anche se la dimostrazione della non imputabilita' della causa non esige la prova di quale particolare causa si tratti, certo si e' che occorre dimostrare che, qualunque sia stata la causa, questa non puo' essere imputabile al debitore. In altre parole, occorre dimostrare che l'inadempimento deriva da una causa non imputabile, ancorche' non esattamente identificata, in quanto una generica prova di diligenza non viene considerata sufficiente a concludere per l'assenza di colpa del debitore. Orbene, in atti certamente non esiste la prova liberatoria. Non esiste la dimostrazione della specifica causa di inadempimento non imputabile a Pini, neppure la prova di una causa non imputabile, ancorche' non esattamente identificata e nemmeno la prova dell'emissione dello sforzo diligente in relazione al comportamento dovuto. In definitiva, non esiste neppure la prova generica della diligenza del debitore. Pini non ha fornito prova alcuna della impossibilita' liberatoria, consistente in un impedimento non evitabile con la doverosa diligenza.

Per la verita', in grado di appello furono proposti due motivi di gravame: a) la insussistenza dell'inadempimento da parte di Pini; b) il difetto del nesso di causalita' tra l'asserito inadempimento ed il danno.

Sul primo punto, che forma sostanzialmente oggetto dei motivi di ricorso, dei quali si discute, la sentenza impugnata non contiene alcuna valutazione circa il comportamento tenuto dal debitore Pini per adempiere nei confronti dagli Zanarotti. Premesso che, con il contratto intercorso tra Pini e Zanarotti, costoro si impegnarono a rispettare tutte le pattuizioni contenute nel contratto stipulato tra Pini e la societa' La Virginia, la sentenza impugnata osserva che, non essendo stato provato un qualche comportamento colposamente inadempiente a carico di Pini per quanto riguarda le obbligazioni assunte nei confronti della societa' venditrice, si doveva ritenere che il ritardo di tutta la complessa operazione facesse capo alla societa' suddetta. L'errore di diritto, consistente nella inversione dell'onere probatorio statuito dall'art. 1218 cod. civ. in tema di responsabilita' contrattuale, e' evidente. Essendo irrilevante l'impegno assunto dagli Zanarotti di rispettare le pattuizioni contenute nel contratto stipulato tra Pini e la Societa' La Virginia, poiche' da questa clausola non risulta l'esonero di Pini dalla responsabilita' per il ritardo, incombeva al suddetto Pini dare la prova liberatoria della sussistenza della causa a lui non imputabile.

III

La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano, la quale giudichera' in conformita' al seguente principio di diritto. L'art. 1218 cod. civ. pone espressamente a carico del debitore la prova che l'inadempimento e' stato determinato da impossibilita' della prestazione derivante da causa a lui non imputabile; che la generica prova di diligenza non puo' essere sufficiente a dimostrare l'assenza di colpa del debitore in relazione all'inadempimento; che la prova della mancanza di colpa esige da dimostrazione o dello specifico impedimento, che ha reso impossibile la prestazione o, quanto meno, la prova che, qualunque sia stata la causa, questa non possa essere imputabile al debitore.

L'accoglimento dei motivi terzo, quarto e quinto comporta

l'assorbimento degli altri mezzi di gravame.

Il giudice del rinvio giudichera' anche sulle spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M

La Corte:

accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano, la quale giudichera' anche sulle spese del giudizio di legittimita'.

Roma, 12 ottobre 1993.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 16 FEB. 1994

Per quanto riguarda l'ipotesi relativa a inadempimento a seguito di rapina ovvero di furto, la giurisprudenza è concorde a ritenere idonea la prima a liberare il debitore dal pagamento del risarcimento del danno ovvero a non ritenere idoneo il furto come prova liberatoria dell'impossibilità della prestazione. Questo perché mentre il furto può essere evitato utilizzando le opportune cautele non lo stesso dicasi per la rapina in quanto quest'ultima, avvenendo con violenza, è difficilmente resistibile.

Alessandro Ludovici