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Cass. civile, sez. III, 27-07-1998, n. 7337. Soddisfacimento del diritto del terzo ex art. 2043 c.c.. Legittimazione ad agire.

Pres. Giuliano A - Rel. Boffa Tarlatta F - P.M. Iannelli D (Conf.) - Pardo c. Franceschelli

PROCEDIMENTO CIVILE - LEGITTIMAZIONE - AD CAUSAM - Nozione - Rilevabilità in ogni stato e grado del giudizio - Limiti.

Alla stregua della regola dettata dall'art. 81 cod. proc. civ., fuori dai casi espressamente previsti dalla legge di sostituzione processuale o di rappresentanza, nessuno può far valere in giudizio un diritto altrui in nome proprio. Ciò comporta, trattandosi di materia di ordine pubblico attinente alla legittima instaurazione del contraddittorio, la verifica, che può avvenire anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, della titolarità, in capo all'attore e al convenuto, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, dei relativi diritti ed obblighi, salvo che sulla questione sia intervenuto giudicato interno. (Nella specie, la ricorrente, titolare, secondo la stessa prospettazione dei fatti contenuta nella citazione introduttiva del giudizio, di azienda commerciale, ma non proprietaria, bensì conduttrice dell'immobile nel quale si svolgeva la relativa attività, aveva richiesto, ed ottenuto in prime cure, la condanna dei proprietari delle terrazze sovrastanti il negozio al risarcimento dei danni sofferti a seguito di infiltrazioni d'acqua; il giudice d'appello, con sentenza confermata in parte qua dalla S.C., pur in assenza di specifico gravame sul punto, la aveva dichiarata carente di legittimazione ad agire in ordine al risarcimento del danno all'immobile, riducendo, conseguentemente, la condanna al risarcimento in suo favore del solo lucro cessante).

RISARCIMENTO DEL DANNO - IN GENERE - Risarcimento per fatto illecito - Ammissibilità con riferimento ai diritti di credito (diritti personali di godimento) - Limiti.

La tutela risarcitoria ex art. 2043 cod. civ. deve ammettersi anche con riguardo al pregiudizio patrimoniale sofferto dal titolare di diritti di credito, non trovando ostacolo nel carattere relativo di questi ultimi in considerazione della nozione ampia ormai generalmente accolta di danno ingiusto come comprensivo di qualsiasi lesione dell'interesse che sta alla base di un diritto, in tutta la sua estensione. Trova, in tal modo, protezione non solo l'interesse rivolto a soddisfare il diritto (che, nel caso di diritti di credito, è attivabile direttamente nei confronti del debitore della prestazione oggetto del diritto), ma altresì l'interesse alla realizzazione di tutte le condizioni necessarie perché il soddisfacimento del diritto sia possibile, interesse tutelabile nei confronti di chiunque illecitamente impedisca tale realizzazione. In siffatta prospettiva trova fondamento la tutela aquiliana del diritto di credito. L'area di applicazione della responsabilità extracontrattuale per la lesione del diritto di credito va, peraltro, circoscritta ai danni che hanno direttamente inciso sull'interesse oggetto del diritto. (In applicazione di tali principi, la S.C., nella specie, ha riconosciuto in capo alla ricorrente, titolare di un'azienda commerciale, e conduttrice dell'immobile in cui si svolgeva la relativa attività, che aveva richiesto la condanna dei proprietari delle terrazze sovrastanti il negozio al risarcimento dei danni subiti a seguito di infiltrazioni di acqua, l'interesse al ripristino del godimento dell'immobile, con il limite della risarcibilità del solo danno per il mancato uso per il quale la locazione era stata stipulata, con esclusione dei danni derivanti da un eventuale deprezzamento dell'immobile, che riguardavano direttamente il proprietario).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 324, 329, 346 c.p.c., e 2909 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..

Assume la ricorrente che il Tribunale di Roma, accogliendo la domanda attrice, aveva delibato in senso positivo e comunque implicitamente statuito sulla non dedotta, ne' rilevata pregiudiziale della legittimazione ad agire della Pardo. Poiche' il soccombente Franceschelli, nell'appello proposto aveva censurato soltanto il merito della decisione, non sollevando questione sulla legittimazione, la questione non poteva piu' formare oggetto di rilievo d'ufficio, da parte del giudice di appello, dovendosi ritenere formato un giudicato interno. Il motivo deve ritenersi infondato.

Discende dal disposto degli artt 81 e 90 c.p.c. che - fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, di sostituzione processuale o di rappresentanza, puo' agire in giudizio solo chi fa valere in nome proprio, un diritto proprio.

Questo implica che per acquistare la qualita' di parte occorre prospettare di avere una propria posizione giuridica sostanziale rispetto al giudizio ed all'oggetto del giudizio. L'interesse ad agire viene infatti determinato solo dalla titolarita' della posizione giuridica garantita dall'ordinamento.

La coincidenza dell'attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio sono titolari dei relativi diritti ed obblighi, e' accertabile d'ufficio, trattandosi di materia attinente alla legittima instaurazione del contraddittorio (Cass. 27 ottobre 1995 n. 11190).

La questione della legittimazione, essendo pertanto di ordine pubblico, e' deducibile in ogni stato e grado del processo, con la sola preclusione del giudicato quando la questione stessa abbia formato oggetto di contestazione e la relativa decisione non impugnata sia passata in giudicato.

Nel caso mancava nella sentenza del Tribunale un giudicato esplicito da cui potesse desumersi un giudicato, anche solo implicito riferibile alla questione della legittimazione. In astratto, legittimamente quindi il giudice di appello aveva il potere di rilevare un supposto difetto di legittimazione attiva dell'attrice, evidenziata dalla stessa prospettazione dei fatti contenuta in citazione, in cui la Pardo si qualificava non come proprietaria dell'immobile danneggiato, ma solo come titolare della azienda commerciale nell'immobile stesso ubicato, e assumendo la Corte territoriale essere titolare del diritto al risarcimento dei danni arrecati all'immobile, solo il proprietario dell'immobile stesso. L'eccezione dei giudicato e' pertanto infondata, e conseguentemente il primo motivo di ricorso va rigettato. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 100 c.p.c. e 2043 c.c., in relazione all'art. 360, 1 comma, n. 3 e 5 c.p.c..

Assume la ricorrente che illegittimamente la Corte territoriale ha affermato la sola legittimazione ad esercitare l'azione risarcitoria per i danni arrecati ad un immobile del proprietario dell'immobile stesso, dovendo invece ritenersi, per giurisprudenza ormai consolidata, che la tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., spetta anche a chi, avendo la disponibilita' materiale del bene, abbia dal danneggiamento di questa risentito un danno ingiusto al suo patrimonio.

Il motivo deve ritenersi fondato.

Questa Corte, a sezione unite, gia' con la sentenza 1008/1972 ebbe ad affermare che l'art. 2043 c.c. va inteso come una clausola generale, in cui la protezione viene ancorata all'interesse che sta a base di un diritto, in tutta la sua estensione, che e' costituita non solo dalla posizione diretta del suo titolare verso la prestazione rivolta a soddisfarlo, ma anche da quella nei riguardi di tutte le condizioni necessarie perche' la soddisfazione sia possibile; in questa prospettiva l'applicabilita' della norma alla lesione del diritto relativo si appalesa proprio come garanzia di condizioni di questo tipo dell'interesse del titolare del diritto. Tutela esterna dei diritti di godimento che si istituiscono in seguito alla stipulazione del contratto in capo al locatario appare dunque trovare fondamento nella nozione ampia ormai generalmente accolta di danno ingiusto comprensiva di qualsiasi lesione di interesse, senza preclusione alla tutela aquiliana dei diritti di credito, in quanto diritti relativi. Deve ancora rilevarsi che l'affinita' dei diritti personali di godimento che importano la disponibilita' materiale del bene, con i diritti reali minori, ha portato parte della dottrina in relazione alla struttura della situazione a ritenere tali tutelabili di per se' nei confronti dei terzi nei limiti del danno diretto arrecato al fruitore del bene.

L'interesse al ripristino del godimento dell'immobile, ove e' sita la propria azienda commerciale e' pertanto riferibile, quanto il ripristino sia possibile, direttamente al conduttore che incontrera' ovviamente il limite di poter ottenere solo le spese di ripristino, e non il danno derivante da un eventuale deprezzamento dell'immobile, che riguarda direttamente il proprietario. Affermata pertanto la legittimazione processuale della Pardo a far valere anche i diritti risarcitori nascenti dal danno arrecato all'immobile, di cui aveva il godimento, e che su tale godimento hanno inciso non consentendo l'uso per cui la locazione era stata stipulata, resta quindi valutazione di merito l'accertare, in relazione ai motivi di appello devoluti, la sussistenza delle condizioni rilevanti agli effetti della concreta garanzia dell'interesse protetto violato.

Con il terzo motivo, la ricorrente censura omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; a sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c..

Lamenta la ricorrente che in ogni caso la Corte territoriale avrebbe illegittimamente escluso dei danni direttamente riferibili all'azienda, cosi' come la sostituzione di un pannello d'armadio, che "evidentemente" costituisce arredo dell'esercizio commerciale, e non delle mura, con evidente illogicita' nella applicazione del principio enunciato.

Il motivo deve in se' ritenersi fondato perche' collegato all'accoglimento del secondo motivo.

Affermata la legittimazione della Pardo, quale titolare dell'azienda ubicata nell'immobile danneggiato e avente titolo al godimento del bene stesso, al risarcimento dei danni nascenti dalla lesione a tali diritto, rientra nel giudizio di merito la valutazione dei danni emergenti che hanno direttamente inciso sul patrimonio aziendale e sull'interesse a poter fluire di un bene integro e utilizzabile ai fini voluti, e da restituirsi, a sensi dell'art. 1590 c.c., al locatore nello stato medesimo in cui ha ricevuto la casa. Conclusivamente, mentre il primo motivo deve essere rigettato, meritano accoglimento il secondo ed il terzo motivo.

La sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti deve essere annullata, con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, che si atterra' al principio di diritto sopra indicato in punto legittimazione ad esperire azione risarcitoria ex art. 2043 cod. civile.

P.Q.M

La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso accoglie il secondo e terzo motivo.

Cassa l'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

Roma, 12 febbraio 1998.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 27 LUG. 1998