Aggiungi Guidaldiritto.it ai preferiti

Fai di Guida al Diritto la tua pagina predefinita cliccando qui.

Cass. civile, sez. III, 22-02-1995, n. 1955. Danno biologico e soggetto privo di reddito. Rasrcibilità del danno ex art. 2043.

Pres. Scala P - Rel. Giuliano A - P.M. Lugaro M (Conf.) - Duerillo c. S.p.a. Assicurazioni Generali

RISARCIMENTO DEL DANNO - VALUTAZIONE E LIQUIDAZIONE - IN GENERE - Danno alla vita di relazione - Inclusione nel concetto di danno alla salute.

Il danno costituito dalla compromissione della capacità psico-fisica di un soggetto che incida negativamente non sulla capacità di produrre reddito ma sulla esplicazione di attività diversa da quella lavorativa normale come le attività ricreative e quelle sociali (già qualificato come "danno alla vita di relazione") rientra nel concetto di danno alla salute, e pertanto, va liquidato soltanto a tale titolo.

RISARCIMENTO DEL DANNO - VALUTAZIONE E LIQUIDAZIONE - INVALIDITA' PERSONALE - TEMPORANEA - Soggetto non occupato e dedito agli studi - Danno risarcibile - Configurabilità - Oggetto.

Con riguardo ad invalidità temporanea per fatto illecito, verificatasi a carico di un soggetto non occupato e dedito a studi per l'acquisizione di titolo professionale, la mancanza di redditi lavorativi non è di per sé sufficiente all'esclusione di un danno risarcibile, dovendosi considerare, quali effetti pregiudizievoli ricollegabili all'evento (secondo criteri di normalità con sale), capacità per invalidità permanente, gli esborsi necessari al recupero degli studi, nonché le perdite patrimoniali correlate al ritardato ingresso nel mondo del lavoro.

RISARCIMENTO DEL DANNO - VALUTAZIONE E LIQUIDAZIONE - IN GENERE - Domanda di risarcimento di "tutti i danni" - Danno biologico - Inclusione nella domanda.

La domanda di risarcimento di "tutti i danni nessuno escluso", proposta dalla vittima di lesioni personali nei confronti del responsabile, comprende anche quella del danno biologico.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano il difetto di motivazione della sentenza impugnata per avere questa liquidato il danno con riferimento "all'attualita'" anziche' al tempo dell'incidente.

La censura e' infondata.

La sentenza impugnata ha liquidato il danno con riferimento ai valori monetari al tempo della sentenza perche' ha ritenuto di procedere ad una valutazione equitativa comprensiva di tutti gli elementi emergenti, dato che trattavasi di una persona minorenne al tempo dell'incidente ed altresi' non produttiva di reddito. Tale valutazione equitativa rappresentando l'esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito ed essendo correttamente motivata, non e' sindacabile in questa sede.

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la mancata liquidazione del danno da invalidita' temporanea motivata col fatto che la minore non era produttiva di reddito al tempo dell'infortunio. La censura va respinta.

Come questa Corte Suprema ha gia' avuto modo di affermare, con riguardo ad invalidita' temporanea per fatto illecito, verificatosi a carico di un soggetto non occupato e dedito a studi per l'acquisizione di un titolo professionale, la mancanza di redditi lavorativi non e' di per se' sufficiente all'esclusione di un danno risarcibile, dovendosi considerare, quali effetti pregiudizievoli ricollegabili all'evento (secondo criteri di normalita' causale) nonche' concorrenti con il distinto danno discendente da menomate capacita' per invalidita' permanente, gli esborsi necessari al recupero degli studi, nonche' le perdite patrimoniali correlate al ritardato ingresso nel mondo del lavoro (sent. 11.5.1989 n. 2150). Orbene, la Corte di Appello ha negato il risarcimento del danno per invalidita' temporanea non per il fatto puro e semplice che l'infortunata era minorenne ma perche' la medesima non aveva provato di avere subito alcun danno patrimoniale durante tale periodo. Dunque, non ricorrono le condizioni di risarcibilita' menzionate nella citata sentenza di questa Corte.

Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciano il difetto di motivazione della sentenza impugnata sul punto della valutazione del danno subito come micro - permanente.

La censura e' infondata.

La sentenza impugnata contiene una sufficiente motivazione su tale punto basata, tra l'altro, anche sulla consulenza tecnica la quale aveva evidenziato che una operazione chirurgica avrebbe potuto ridurre a valori minimi la percentuale di invalidita' permanente. Orbene, in coerenza con tale rilievo la stessa sentenza ha provveduto a liquidare anche il costo di tale operazione e ha qualificato, poi, come micropermanente, valutabile in via equitativa, il danno derivato all'infortunata.

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano il difetto di motivazione della sentenza impugnata per avere compreso il danno alla vita di relazione nella piu' ampia liquidazione del danno al patrimonio e per mancata liquidazione del danno biologico. Il motivo va accolto nel senso che viene qui appresso precisato. Premesso che la parte ricorrente aveva chiesto "il risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso", ha errato la Corte di Appello nel non decidere anche sul danno biologico. Infatti, tale danno e' compreso nella generale richiesta di risarcimento di tutti i danni. Quanto, poi, alla relazione tra il danno biologico e il danno alla vita di relazione, si osserva che quest'ultimo, nel significato ad esso attribuito in passato dalla giurisprudenza, comprendeva due profili, quello di carattere strettamente patrimoniale che incideva cioe' sulla capacita' di produrre un reddito e quello di natura puramente psicofisica.

Successivamente, configurato il danno alla salute (c.d. danno biologico) come autonoma figura di danno inteso come menomazione della integrita' psico - fisica della persona in se' e per se' considerata, questa Corte ha affermato il principio - che qui si ribadisce - che il danno costituito dalla compromissione della capacita' psicofisica di un soggetto che incida negativamente non sulla capacita' di produrre reddito ma sulla esplicazione di attivita' diverse da quella lavorativa normale come le attivita' ricreative e quelle sociali (gia' qualificato come "danno alla vita di relazione") rientra nel concetto di danno alla salute e, pertanto, va liquidato soltanto a tale titolo (sent. 9.2.1991 n. 1341). Orbene, la sentenza impugnata mentre ha correttamente liquidato il danno che incide sulla capacita' a produrre un reddito, non ha deciso sul danno biologico.

Su tale punto dovra' provvedere il giudice di rinvio. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano l'insufficiente motivazione circa la valutazione del danno morale e di quello estetico che sarebbe stata compiuta con criteri insoddisfacenti e contenuta in un ammontare modesto. Il motivo va respinto perche' concerne una valutazione di merito non proponibile in sede di legittimita'.

In particolare, va qui richiamato il principio, piu' volte enunciato da questa Corte Suprema, secondo cui in tema di risarcimento del danno per fatto illecito, la liquidazione del danno non patrimoniale, consistente nell'ingiusto turbamento dello stato d'animo del danneggiato in conseguenza dell'illecito, sfugge necessariamente ad una precisa valutazione analitica e resta affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice del merito, come tali non sindacabili in sede di legittimita' (sent. 3.3.1981 n. 1228 ed altre).

Con il sesto motivo i ricorrenti lamentano il difetto di motivazione della sentenza impugnata sul punto della determinazione della data di decorrenza degli interessi legali sulle varie voci di danno liquidate.

La censura e' infondata.

La sentenza impugnata ha fatto decorrere gli interessi legali dalla data della sentenza perche' ha effettuato la liquidazione in via equitativa e "in valori monetari attuali" comprensivi, quindi, anche degli interessi maturati medio tempore. Pertanto, il motivo va rigettato.

In conclusione accolto il quarto motivo del ricorso e rigettati gli altri, la sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta e la causa va rinviata per il nuovo esame "in parte qua" al diverso giudice indicato in dispositivo il quale dovra' uniformarsi al principio di diritto sopra enunciato. Al medesimo giudice si ritiene opportuno demandare anche il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il quarto motivo del ricorso e rigetta gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa per il nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli che provvedera' anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

Cosi' deciso in Roma il 18 aprile 1994 nella camera di consiglio della III sezione civile della Corte di cassazione.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 22 FEB. 1995