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Cass. civile, sez. III, 18-12-1996, n. 11321. Reponsabilitā del locatore e del conduttore in caso di danni a terzi per rovina di edifici.

LOCAZIONE - AFFITTO - LOCATORE - OBBLIGHI - IN GENERE - Danni cagionati a terzi da strutture murarie dell'immobile locato e dagli impianti in esse conglobati - Responsabilitā per custodia del locatore - Sussistenza - Danni a terzi derivanti da altre parti ed accessori del bene locato - Responsabilitā del conduttore - Configurabilitā.

RESPONSABILITA' CIVILE - COSE IN CUSTODIA - IN GENERE - INCENDIO - Danni cagionati a terzi da strutture murarie dell'immobile locato e dagli impianti in esse conglobati - Responsabilitā per custodia del locatore - Sussistenza - Danni a terzi derivanti da altre parti ed accessori del bene locato - Responsabilitā del conduttore - Configurabilitā.

Il proprietario dell'immobile locato, conservando la disponibilitā giuridica del bene e quindi la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, č responsabile ai sensi degli art. 2051 e 2053 cod. civ. dei danni cagionati a terzi da dette strutture ed impianti (salvo rivalsa sul conduttore che abbia omesso di avvertirlo ex art. 1577 cod. civ.), mentre con riguardo ad altre parti e accessori del bene locato, rispetto alle quali il conduttore ha la disponibilitā con facoltā od obbligo di intervenire, onde evitare pregiudizio a terzi (come per i servizi dell'appartamento) la responsabilitā verso i terzi, secondo la previsione del citato art. 2051 cod. civ., grava soltanto sul medesimo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. da 228 a 232 c.p.c., 112 c.p.c. e il vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver attribuito a suo carico valore confessorio o comunque probatorio all'interrogatorio formale della conduttrice, chiamata in giudizio dal convenuto locatore.

Il motivo e' infondato.

E' ben vero che la Corte d'appello ha accertato che le infiltrazioni d'acqua al piano sottostante in conseguenza dello smontaggio dello scaldabagno erano avvenute quando l'inquilina in fase di trasloco aveva ancora il possesso delle chiavi e quindi la disponibilita' dell'appartamento e che il predetto giudice ha a tal fine valorizzato la dichiarazione resa dall'inquilina stessa in sede di interrogatorio formale deferitole dal locatore.

Ma va rilevato al riguardo:

a) che l'espletamento del predetto mezzo istruttorio e' avvenuto sugli stessi capitoli formulati dall'attore per l'interrogatorio formale del convenuto, che a sua volta aveva chiesto e ottenuto, senza opposizioni, di estenderlo alla chiamata in causa;

b) che non risulta che l'attore, attuale ricorrente, abbia mai contestato in precedenza le dichiarazioni dall'inquilina rese nell'interrogatorio formale, dichiarazioni che anzi ha richiamato in comparsa conclusionale di primo grado per motivare a suo favore. Puo', quindi affermarsi che quando la Corte d'appello ha ritenuto - in considerazione di quanto dichiarato dalla conduttrice - "pacifico" il perdurare, sia pure di fatto, del rapporto locatizio, abbia inteso non gia' attribuire una inammissibile valore confessorio alle predette dichiarazioni nei confronti di un soggetto non deferente l'interrogatorio formale, ma semplicemente trarre argomenti di prova dal comportamento processuale delle parti ex art. 116 c.p.c., avvalendosi del suo prudente apprezzamento che, attesa la sua concreta razionalita', non appare censurabile in questa sede di legittimita' nemmeno sotto il profilo dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Di nessun rilievo la ulteriore obiezione formulata dal ricorrente che se la perdita d'acqua fosse stata istantanea cioe' in fase di ultimazione del trasloco, se ne sarebbe accorta la stessa conduttrice, trattandosi di una evidente illazione e comunque di una censura intesa ad ottenere una nuova valutazione, in senso a lui favorevole, delle risultanze processuali che invece il giudice di merito ha mostrato di avere criticamente vagliato, dando ragioni della decisione con motivazione congrua e immune da vizi logico-giuridici e pertanto insindacabile in questa sede.

Con il secondo motivo il ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge (artt. 2051, 2053 e 2055 c.c.) e della contraddittorieta' della motivazione censura la sentenza impugnata, sostenendo che la responsabilita' dell'evento dannoso doveva essere attribuita anche al proprietario, cui incombeva l'onere di vigilare

su eventuali danni all'impianto idrico per effetto di manomissione dello scaldabagno.

Anche tale motivo e' infondato.

Premesso l'accertamento in fatto secondo cui il danno e' stato causato dallo smontaggio dello scaldabagno da parte dell'inquilina, trova nella specie puntuale applicazione il principio secondo cui il proprietario dell'immobile locato, conservando la disponibilita' giuridica del bene e quindi la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, e' responsabile, ai sensi degli artt. 2051 e 2053 c.c., dei danni arrecati a terzi da dette strutture ed impianti (salvo rivalsa sul conduttore che abbia omesso di avvertirlo ex art. 1577 c.c.), mentre con riguardo alle altre parti ed accessori del bene locato, rispetto alle quali il conduttore ha la disponibilita' con facolta' e obbligo di intervenire, onde evitare pregiudizio agli altri (come per i servizi dell'appartamento) la responsabilita' verso i terzi, secondo la previsione del citato art. 2051 c.c., grava soltanto sul medesimo (cfr. Cass. S.U. n. 12091/91). Correttamente, pertanto, la Corte d'appello ha attribuito la responsabilita' alla sola conduttrice, derivando il danno non dalla inefficienza dell'impianto idrico, ma dall'abuso o uso imprudente dell'accessorio (scaldabagno) di cui la predetta aveva la esclusiva disponibilita' e quindi la custodia.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Non si provvede in ordine alle spese di questa fase del giudizio non essendosi gli intimati costituiti.

P.Q.M

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Cosi' deciso in Roma il 17 maggio 1996.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 18 DIC. 1996