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Lo stupro è possibile anche se la donna è in jeans.

Il fatto che una donna indossi i jeans non costituisce di per sé una circostanza tale da escludere la possibilità di una violenza carnale, soprattutto se la donna aveva paura di subire ulteriori conseguenze.

Sentenza della Corte di Cassazione n. 42289, Sez. III penale, del 6 novembre 2001, dep. 26 novembre 2001 - Pres. Avitabile; Rel. Novarese; P.M. Passacantando: Imp. A. K.

Svolgimento del processo

A.K. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova, emessa in data 22.12.1999, con la quale veniva condannato per delitti di violenza carnale nei confronti della moglie, separata di fatto, di atti osceni in luogo pubblico e di violenza privata, deducendo quali motivi l'illogicità manifesta e la carenza di motivazione in ordine alla responsabilità perché fondata sulla deposizione della parte offesa senza alcun riscontro ed in contrasto con alcune logiche considerazioni quali la mancanza di ogni intervento dei vicini, nonostante il preteso trambusto, l'effettuazione di un viaggio in Marocco dopo la pretesa violenza, il pernottamento nella stessa stanza di albergo ed il fatto che la vittima al momento della presunta violenza indossasse i jeans.

Motivi della decisione

Le censure sono in fatto e propongono una differente lettura delle risultanze processuali, sicché il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di un milione di lire in favore della cassa delle ammende, determinata in base alla sentenza n. 186 del 2000.

Ed invero occorre ribadire che l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativi sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sottolineare il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza (Cass. sez. un. 16 dicembre 1999 n. 24, Spina rv. 214794 e Cass. sez. III 11 gennaio 1999 n. 215, Forlani).

Peraltro la Corte Ligure ha valutato l'attendibilità e la credibilità della parte offesa con i riscontri forniti dalla deposizione di altra teste ed ha risposto a tutte le deduzioni difensive in maniera logica ed esente da vizi giuridici.

Ed invero non esiste alcun risentimento della parte offesa nei confronti dell'ex marito "perché al momento della deposizione …… la donna (era) ormai divorziata e risposata", mentre il viaggio in Marocco, il pernottamento nella stessa stanza d'albergo ed il tentativo di contattare il marito sul luogo di lavoro dopo la patita violenza sono spiegati "nell'ambito di un rapporto coniugale in crisi con le conseguenti situazioni di conflitto anche personale che giustificano, a volte, condotte apparentemente contraddittorie nella gestione dei rapporti".

A tale esatta notazione possono aggiungersi il timore della parte offesa per il carattere violento dell'imputato, la situazione economica e di sudditanza della donna, le quali potevano spingerla a contattare il marito e ad accettare un viaggio nella loro di origine, nonché l'immediata denuncia della violenza subita il giorno dopo il fatto.

Del resto il carattere violento, attestato anche dall'altra teste, e le modalità con cui si è svolto lo specifico episodio di violenza carnale, quale risulta dalla concorde ricostruzione effettuata dai giudici di merito (l'uomo ubriaco ha bussato alla porta della casa in cui alloggiava la donna insieme ad un'amica, le due donne si sono determinate ad aprire dietro sue insistenze per non creare clamore e richiamare l'attenzione dei vicini, il prevenuto ha trascinato per i capelli la moglie e con violenza l'ha costretta a seguirlo in automobile) spiegano l'assenza di lesioni di vestiti strappati e di vicini pronti a testimoniare sull'episodio di poco precedente alla violenza.

Peraltro "l'assenza di persone disposte alla conferma (di poco rilievo probatorio n.d.r.) … può essere addebitata a vari ragionevoli motivi quali, ad esempio, la possibile assenza di percezione del rumoroso agire di K. Ubriaco o la indisponibilità ad intromettersi nel litigio tra extracomunitari o, più semplicemente, la non ritenuta necessità della presenza di ulteriori testimoni".

Inoltre la paura di ulteriori conseguente otre i "ceffoni" ha determinato la possibilità di sfilare più facilmente i jeans, sicché detta deduzione del ricorrente è del tutto incongrua.

La veridicità del fatto non può essere inficiata dalla mancanza di qualsiasi ausilio materiale o vocale per impedire al K. Di portare via la vittima nel modo su descritto da parte dell'amica, giacché, a parte il terrore della stessa, che può averla paralizzata, la reazione delle persone dinanzi ad episodi di notevole violenza è differente, tanto più che si trattava di una cittadina straniera, la vicenda si è svolta in piena notte e si è dipanata in breve tempo dopo l'apertura della porta, sicché non è stato neppure possibile avvertire la polizia, ammettendo anche un simile comportamento possa essere preso da due cittadine extracomunitarie in un paese non sempre benevolo nei loro confronti.

Pertanto vi erano molteplici ragioni, quasi tutte esplicitate dalla Corte Ligure, per ritenere non rilevanti le varie allegazioni difensive e per valutare credibile ed attendibile la deposizione della parte offesa.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di £ 1.000.000 alla cassa delle ammende.