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Sequestro di persona e sottrazione di persona Incapace - Possibile concorso

Il reato di sequestro di persona e quello di sottrazione di persona incapace possono concorrere quando vi sia in concreto la limitazione della libertà personale di un minore, giacché le rispettive norme incriminatrici tutelano due distinti diritti soggettivi, vale a dire la libertà di movimento del minore e il diritto dell'affidatario di mantenere sotto la propria custodia il minore affidatogli

SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE n. 38438, Sez. V penale, del 20 settembre 2001, dep. 26 ottobre 2001 - Pres. Foscarini; Rel. Providenti; P.M. Febbraro; Imp. w.w.

Con Sentenza del 4-7-2000, la Corte d'Appello di Reggio Calabria confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Palmi il 13-3-1998, con la quale W.W., a seguito di giudizio con il rito abbreviato, e previo stralcio della sua posizione da quella dei coimputati H.F. e L.V.C., era stato condannato alla pena di anni due e mesi sei di reclusione e lire 600.000 di multa per il reato continuato di sequestro di persona e tentato sequestro nei confronti rispettivamente dei minori G.A. e RA. nonché di sottrazione e tentata sottrazione degli stessi minori alla patria potestà, e di introduzione nello Stato e porto di una pistola fabbricata in Germania.

Proponeva ricorso l'imputato sostenendo che il fatto andava qualificato sul piano giuridico come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, poiché in realtà era stata posta in essere un'azione per la consegna alla madre delle due minori, in forza di un provvedimento emesso da un giudice tedesco. In via subordinata lamentava la violazione della legge sul concorso dei reati, ritenendo che andava considerata prevalente ed assorbente la norma che prevede la sottrazione del minore (art. 574) con conseguente esclusione del reato di cui all'articolo 605 c.p.
censure sono infondate.

Con il primo motivo, il ricorrente ha proposto una lettura in fatto delle risultanze processuali diversa da quella indicata nelle sentenze di merito, sostenendo che i giudici non avevano tenuto conto dei motivi dell'azione incriminata, consistenti nella necessità di provvedere alla esecuzione (sia pur con modalità irregolari) di una sentenza tedesca che aveva affidato i due figli minori alla madre, e che erroneamente non avevano qualificato il reato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

In sentenza è stato chiarito, con sufficiente motivazione, che il presunto provvedimento del giudice tedesco non risulta sia Stato recepito nell'ordinamento italiano, non è stato mai prodotto in forma esecutiva alle persone che tenevano in custodia i minori e neanche è stato mostrato o invocato prima dello svolgimento dell'azione violenta. Non sussiste quindi alcun riferimento in fatto in ordine alla diversa qualificazione giuridica del reato.

In diritto, è pacifico che lo scopo perseguito dall'agente non è sufficiente ad integrare una fattispecie diversa dal sequestro di persona. In particolare (v. Cass. V sez. 15-11-1999 n. 5443), il fine di esercitare un preteso diritto non esclude l'elemento soggettivo del sequestro di persona, tanto che, ove esistano le condizioni di fatto, i due reati (art. 605 e art. 393 c.p.) possono concorrere.

Con il secondo motivo il ricorrente ha sostenuto che l'intera azione andava ricondotta sotto la fattispecie del reato previsto dall'articolo 574 c.p., ritenendola assorbente rispetto al reato di sequestro di persona.

Anche questa censura è infondata.

E' opportuno premettere alla verifica in diritto la successione dei fatti, così come risultano accertati in sentenza e non contestati dalle parti.

L'imputato ricorrente ha aiutato materialmente la F. (madre delle bambine) a strappare la piccola G.A. dalle mani delle maestre, si èmesso quindi in contatto, tramite una ricetrasmittente, col terzo complice che aspettava a bordo dell'auto parcheggiata dinanzi alla scuola ed ha aiutato a caricare la piccola sull'autovettura. L'intera azione si è svolta mentre la bimba urlava che non voleva andare con la madre, che l'aveva abbandonata sin da quando aveva tre anni. Subito dopo, il W. è tornato all'interno dell'istituto scolastico, assieme alla F., alla ricerca della classe dove si trovava la minore R.A., non riuscendo nel suo intento solo perché l'insegnante, che aveva visto tutta la scena, aveva nascosto la bimba nel refettorio.

E' evidente che la condotta del ricorrente ha determinato una grave limitazione della libertà fisica, intesa quale possibilità di movimento nello spazio della minore CA., costringendola con la forza a lasciare l'istituto scolastico ed a rimanere costretta nell'autovettura. Nello stesso tempo, la bimba è stata sottratta con l'uso della forza fisica dalle mani delle maestre cui era stata legittimamente affidata.

Si è quindi verificata la lesione di due diritti soggettivi, quello della libertà di movimento della minore e quello dell'affidatario a mantenere sotto la propria custodia la bambina affidatagli; entrambi i diritti sono tutelati penalmente da due diverse norme giuridiche (l'articolo 605 e l'articolo 574 c.p.). Le due norme non sono fra di loro alternative, né l'una assorbente l'altra, dato che tutelano beni giuridici e diritti soggettivi diversi e solo occasionalmente coesistenti nella stessa condotta antigiuridica. L'esclusione di una delle due incriminazioni lascerebbe senza tutela o il diritto di libertà di movimento ovvero il diritto alla vigilanza ed alla custodia di un minore legittimamente affidato. Seguendo questa interpretazione la giurisprudenza della Suprema Corte (v. Cass. V sez. 19-7-1991 n. 763) ha affermato che il reato di sequestro di persona può concorrere con quello di sottrazione di persona incapace, quando vi sia in concreto la limitazione della libertà personale del minore.

L'indicato principio è stato affermato da questa Corte (v. Cass. V sez. 7-7-1992 n. 9538) anche nel caso opposto. Si è infatti ritenuto che la sottrazione di un neonato alla madre mediante rapimento non comporti limitazione alla libertà di locomozione e di movimento del minore nello spazio fisico, e che quindi il fatto integri soltanto il reato di cui all'articolo 574 c.p. E' un'ipotesi diversa da quella oggetto del presente giudizio, che però conferma la possibilità di concorso fra i due reati ove sussistano i presupposti di fatto.

Correttamente pertanto la sentenza impugnata ha applicato il regime del concorso formale dei reati mitigato dall'applicazione dell'articolo 81 cpv. c.p.

Il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, V sezione penale, rigetta il ricorso proposto avverso l'impugnata sentenza e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.