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SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE n. 120 del 10 aprile 2002, dep. 16 aprile 2002 (Pres. Ruperto; Rei. Neppr Modona), nei giudizi di legittimità promossi dai Tribunali di Busto Arsizio, Latina, Savona e Bergamo. Dichiarazione d'incostituzionalità, in riferimento all'art. 24 Cost., dell'art. 458, comma 1, cod. proc. pen.

L'art. 458 1° Co. cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione, all'imputato stesso, del decreto di giudizio immediato, anziché dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato, viola l'art. 24 Cost. per lesione del diritto di difesa perché se il difensore riceve l'avviso della data fissata per il giudizio immediato quando il termine per presentare la richiesta di giudizio abbreviato è già scaduto o sta per scadere, viene preclusa al difensore stesso la possibilità di illustrare al proprio assistito, al fine di una scelta tra i due riti, le opzioni difensive rispettivamente collegate al giudizio abbreviato e alla celebrazione del dibattimento, le quali implicano cognizioni e valutazioni squisitamente tecnico-giuridiche, estranee al patrimonio di conoscenze dell'imputato.
(Dichiarazione d'incostituzionalità, in riferimento all'art. 24 Cost., dell'art. 458, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anziché dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato.)

SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE n. 120 del 10 aprile 2002, dep. 16 aprile 2002 (Pres. Ruperto; Rei. Neppr Modona), nei giudizi di legittimità promossi dai Tribunali di Busto Arsizio, Latina, Savona e Bergamo.

In diritto - 1 - Con quattro ordinanze emesse dai Tribunali di Latina, Busto Arsizio, Savona e Bergamo è stata sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il termine per proporre richiesta di giudizio abbreviato decorra, anziché dalla notificazione del decreto di giudizio immediato all'imputato, dall'ultima delle notificazioni, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio

Poiché le ordinanze hanno per oggetto la medesima disposizione ed hanno contenuti analoghi, va disposta la riunione dei relativi giudizi.

2. - La questione è sostanzialmente nuova, in quanto si inserisce su di un contesto normativo segnato dalle profonde modifiche apportate alla disciplina del giudizio abbreviato dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (v., al riguardo, sentenza n. 115 del 2001). Non soccorrono pertanto le precedenti pronunce di questa Corte sul medesimo comma i dell'art. 458 cod. proc. pen. (sentenza n. 122 del 1997, ordinanze n. 36 del 1994, n. 335 e n. 225 del 1991 e n. 588 del 1990), che si collocavano in un quadro normativo affatto diverso, nel quale le scelte dell'imputato non erano connotate dalla attuale rilevante complessità delle valutazioni connesse alla richiesta del giudizio abbreviato.

3.- L'art. 458, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato, a pena di decadenza, entro quindici giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato (tale termine è stato così modificato dall'art. 14, comma 2, della legge 10 marzo 2001, n. 63, che ha sostituito l'originario termine di sette giorni:

tre delle quattro ordinanze si riferiscono a situazioni in cui era ancora operante il termine di sette giorni).

Dal canto suo, il comma 3 dell'art. 456 cod. proc. pen. prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato venga notificato all'imputato almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio e il comma 2 precisa che il decreto contiene anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena. Il comma 5 dispone, infine, che al difensore è notificato 1'avviso della data fissata per il giudizio entro il medesimo termine previsto per l'imputato.

Da tale disciplina emerge che all'imputato e al difensore vengono notificati due atti distinti e che la scansione temporale delle relative notifiche è lasciata all'iniziativa dell'ufficio giudiziario che procede. Può quindi avvenire - come è accaduto nei giudizi a quibus - che il difensore riceva l'avviso della data fissata per il giudizio immediato in un momento in cui il termine per presentare la richiesta di giudizio abbreviato sia già scaduto o sia prossimo alla scadenza.

4. - Il nucleo centrale della questione di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, cod. proc. pen. attiene appunto alla violazione del diritto alla difesa tecnica, in quanto la disciplina censurata è congegnata in maniera tale che il termine stabilito a pena di decadenza per presentare richiesta di giudizio abbreviato può scadere senza che il difensore abbia potuto illustrare al proprio assistito le opzioni difensive rispettivamente collegate al giudizio abbreviato e alla celebrazione del dibattimento. In effetti, l'essenziale funzione della difesa tecnica (sentenze n. 80 del 1984 e n. 125 del 1979), che postula il diritto dell'imputato di conferire con il difensore per predisporre le più opportune strategie difensive (cfr. sentenze n. 212 del 1997 e n. 216 del 1996), assume particolare incidenza in relazione ad una scelta - quale quella di percorrere la via del giudizio abbreviato - che implica, specie dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 479 del 1999, cognizioni e valutazioni squisitamente tecnico-giuridiche, estranee al patrimonio di conoscenze dell'imputato.

In primo luogo, la decisione se accedere o meno al rito abbreviato presuppone la conoscenza del fascicolo delle indagini preliminari, di cui, a norma dell'art. 139 disp. att. cod. proc. pen., le parti e i difensori hanno facoltà di prendere visione, ed eventualmente estrarre copia, durante il breve termine previsto per presentare la relativa richiesta.

Tali attività richiedono necessariamente l'intervento della difesa tecnica, perché solo il difensore può valutare, dopo avere esaminato il fascicolo, se sia conveniente per l'imputato prestare il consenso, mediante la richiesta di giudizio abbreviato, a che gli atti delle indagini vengano utilizzati come prova. Tanto più che, rispetto alla disciplina vigente prima della legge n. 479 del 1999, l'imputato è ora posto di fronte all'alternativa tra una richiesta di definizione del processo allo stato degli atti ex art. 438, comma 1, cod. proc. pen. e una richiesta subordinata ad una integrazione probatoria a norma del comma 5, destinata ad essere accolta solo ove il giudice ritenga che l'integrazione probatoria sia necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili.

Inoltre, nel decidere se optare per il rito abbreviato, l'imputato dovrà in ogni caso valutare l'eventualità che il giudice assuma anche d'ufficio, a norma dell'art. 441, comma 5, cod. proc. pen., gli elementi necessari ai fini della decisione, e tenere presente, ove la richiesta sia subordinata ad una integrazione probatoria, che il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria ex art. 438, comma 5, cod. proc. pen.

L'imputato viene cioè chiamato a compiere valutazioni che, coinvolgendo i poteri dispositivi sulla prova e implicando una peculiare esperienza professionale e processuale, esigono l'apporto della difesa tecnica (cfr., di recente, ordinanza n. 182 del 2001), in quanto solo il difensore, sulla base della conoscenza degli atti del fascicolo del pubblico ministero, può a ragion veduta valutare la completezza delle indagini e gli effetti dell'utilizzazione in giudizio degli atti già acquisiti.

5. - Il diritto di difesa, inteso come effettiva possibilità di ricorrere all'assistenza tecnica del difensore, risulta violato, come questa Corte ha avuto ripetutamente occasione di affermare, in ogni caso in cui, ai fini dell'esercizio di facoltà processuali che comportano "la cognizione di elementi tecnici rientranti nelle specifiche competenze professionali del difensore", venga posto a pena di decadenza un termine decorrente dalla notificazione all'imputato, anziché al difensore, dell'atto da cui tali facoltà conseguono (v., con riferimento al termine per dedurre eccezioni di nullità, sentenza n. 162 del 1975, nonché, in relazione al termine per proporre richiesta di riesame, decorrente dalla conoscenza del provvedimento da parte dell'imputato, anziché dalla notifica dell'atto al difensore, la già menzionata sentenza n. 80 del 1984).

Va pertanto dichiarata, in riferimento all'art. 24 Cost., l'illegittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anziché dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato.

Rimangono così assorbite le censure riferite agli altri parametri costituzionali evocati dai rimettenti.

6. - Nell'ordinanza r.o. n. 310 del 2001 il rimettente solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, cod. proc. pen. anche nella parte in cui non prevede un termine maggiore per l'imputato in stato di detenzione. La censura risulta superata dall'accoglimento della questione principale di legittimità costituzionale nei termini sopra precisati, in quanto il difensore è comunque posto in condizione di conferire tempestivamente con il proprio assistito, anche se detenuto, al fine di fornirgli l'assistenza tecnico-giuridica necessaria per adottare la strategia difensiva più consona alla sua posizione processuale.

Pubblicata su "Il Mondo Giudiziario" dell'8 aprile 2002.