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SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE n. 12789, Sez. IV Pen., del 18 ottobre 2000, dep. 7 dicembre 2000 - Pres. Pioletti; Rel. Colarusso; P.M. Galgano; Imp. Cerato.

Lesioni personali colpose - Investimento di un pedone da parte di un automobilista con diritto di precedenza
Risponde per colpa delle lesioni provocate l'automobilista che, nell'accingersi ad attraversare un incrocio molto ampio, subito dopo che il semaforo verde gli ha consentito la ripresa della marcia, abusi del suo diritto di precedenza omettendo qualunque cautela e investendo un pedone che, anche colpevolmente, non sia riuscito a completare l'attraversamento della strada, giacché è obbligo dell'automobilista di consentire comunque al pedone attardatosi di terminare l'attraversamento

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Cerato Guido era tratto al giudizio del Pretore di Torino per rispondere del reato di lesioni colpose gravi in danno di Sammarco Giuseppe che egli, alla guida della sua Volvo, aveva investito mentre costui attraversava la strada a piedi avendo il semaforo col verde per la sua direzione.

Il Cerato era condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni ritenuto il concorso di colpa della persona offesa.

Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello la P. Civile, il P.G. in relazione al riconosciuto concorso di colpa e la P.C. anche per la misura della provvisionale.

Nell'appello dell'imputato si contestava in toto la responsabilità sostenendosi che l'auto procedeva col verde al semaforo ed a velocità moderata e che non aveva potuto evitare l'investimento del pedone, che attraversava col rosso, anche perché coperto sulla sinistra da altra auto che era riuscita ad arrestare la marcia.

La Corte di Appello di Torino ha confermato la condanna escludendo, peraltro, il concorso di colpa della P. Offesa. La Corte nel ricostruire l'incidente ha ritenuto probabile che il Sammarco avesse iniziato l'attraversamento col semaforo verde e che non avesse fatto in tempo a terminarlo anche a causa dell'età avanzata (la P.O. contava all'epoca del fatto 92 anni) e che il Cerato avesse comunque l'obbligo, approssimandosi all'incrocio, di assicurarsi che non vi fossero pedoni ritardatari ed in ogni caso consentire a costoro di completare l'attraversamento.

L'esclusione del concorso di colpa ha indotto altresì la Corte di Appello ad aumentare l'importo della provvisionale.

L'imputato ricorre per cassazione con cinque motivi.
Nel primo lamenta che la Corte di Appello non abbia dichiarato inammissibile l'appello del Procuratore Generale che era stato proposto per finalità esclusivamente privatistiche. L'eccezione proposta dalla difesa non aveva trovato puntale motivazione. Nel secondo motivo lamenta come la Corte non avesse recepito i dati peritali nella ricostruzione della dinamica del sinistro in ordine al quale aveva formulato mere - e, peraltro, contraddittorie - ipotesi, senza indicare quale fosse stata la condotta colposa dell'automobilista e quale quella resa obbligatoria dalle regole di prudenza.
Nel terzo motivo si lamenta difetto di motivazione quanto alla esclusione del concorso di colpa e nel quarto che, nonostante le valutazioni critiche circa la condotta del pedone, non fosse stato adeguatamente mitigato il trattamento sanzionatorio.
Del tutto immotivata viene ritenuta nel quinto motivo l'aumento della provvisionale nonostante le censure rivolte al comportamento della P.O. ed in mancanza di una quantificazione del danno che, dal Pretore, era stata rimessa al giudice civile.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve il Collegio preliminarmente dichiarare l'inammissibilità dell'appello proposto dal P.G. avverso la sentenza di primo grado.
Dall'attenta lettura del motivo di gravame emerge con evidenza che la doglianza del P.G. riguardava il concorso di colpa unicamente sotto il solo profilo civilistico e senza il benché minimo riferimento alla sua influenza sul trattamento sanzionatorio, per cui deve ritenersi che la Parte Pubblica appellante non fosse legittimata alla relativa doglianza. E' bene sottolineare che l'inammissibilità viene dichiarata da questa Corte d'ufficio, in base al disposto dell'art. 591 c.p.p., essendo stata comunque rilevata nonostante che l'imputato sia carente di interesse rispetto al primo motivo nel quale viene segnalato il difetto originario dell'impugnazione del P.G.

Ed, invero, quanto al primo motivo di ricorso l'imputato è carente di interesse a dedurre l'inammissibilità dell'impugnazione del P.G. avverso la sentenza di primo grado, posto che dalla sentenza impugnata risulta con ogni evidenza che il concorso di colpa della persona offesa è stato dalla Corte di Appello ritenuto insussistente a seguito dello specifico motivo di appello della Parte Civile.

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso dell'imputato possono, per la loro stretta connessione, essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

Nonostante le difficoltà di lettura della sentenza impugnata, derivanti non solo dalla grafia ma anche dal periodare e da una tecnica espositiva contorta e di difficile intelligibilità.
la sentenza stessa - se attentamente vagliata nel suo complesso e con l'ausilio di quella di primo grado, espressamente condivisa dalla Corte di Appello - riesce a fornire con sufficiente chiarezza la propria ricostruzione dinamica dei fatti ed una adeguata e condivisibile ratio decidendi.

I giudici di appello, infatti, hanno ritenuto che il pedone (ultranovantenne) abbia iniziato l'attraversamento dell'incrocio col semaforo che segnava, per lui, il verde e che, poi, vuoi per la lunghezza del percorso (53 metri) vuoi anche per la lentezza del passo dovuta all'età, non sia riuscito a guadagnare in tempo il marciapiedi opposto ed, anzi, si sia trovato, all'accendersi della luce verde per i veicoli (dopo 29 secondi), quasi nel mezzo dell'incrocio avendo percorso solo trenta metri.

Si tratta di una ricostruzione del tutto adeguata della dinamica delle condotte dei soggetti coinvolti nell'incidente, che, come tale, non essendo affetta da illogicità manifesta, non può essere censurata in questa sede.

Sulla base delle accertate premesse di fatto i giudici di merito hanno, ad avviso del Collegio, individuato la colpa del conducente il quale, sebbene avesse a quel punto il diritto di precedenza, era obbligato, anche per la conformazione e l'ampiezza dell'incrocio, ad accertarsi che non vi fossero pedoni ancora in fase di attraversamento e a procedere con cautela consentendo a questi eventualmente di raggiungere il marciapiedi, tanto più che l'imputato aveva la visuale coperta alla sua sinistra da altra auto.

Ebbene, il Collegio osserva che correttamente viene affermata la sussistenza della colpa nel caso in cui un automobilista, nell'accingersi ad attraversare un incrocio molto ampio subito dopo che la luce semaforica verde gli abbia consentito la ripresa della marcia, abusi del diritto di precedenza omettendo, per ciò stesso, qualsiasi cautela, tanto più quando non abbia la visuale completamente libera da entrambi i lati e dovendosi comunque accertare se qualche pedone, anche colpevolmente, non sia riuscito a completare l'attraversamento ed essendo suo obbligo, in tal caso, di consentire al pedone attardatosi di guadagnare la sicurezza del marciapiedi opposto.

Il diritto di precedenza, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non è mai assoluto e non autorizza una condotta di guida negligente ed oggettivamente pericolosa per la sicurezza degli altri utenti della strada che, anche eventualmente per colpa, possano inteferire nella direttrice di marcia del veicolo privilegiato.

Da queste premesse discende, altresì, anche la corretta graduazione della colpa (attribuita, in riforma della sentenza di primo grado, dai giudici di appello al solo automobilista, con esclusione, quindi, di ogni profilo di colpa nella condotta del pedone investito) che - allo stesso modo della ricostruzione del fatto generatore del danno e della valutazione della condotta sotto il profilo della colpa e del nesso causale - integra un ulteriore giudizio di fatto censurabile in sede di legittimità non per gli apprezzamenti di merito di cui si sostanzia ma solo per la inadeguatezza logica del procedimento razionale posto a base della conclusione sul punto.

Non è ammissibile neppure la censura relativa all'adeguatezza del giudizio di comparazione e del trattamento sanzionatorio, che si basa su una presunta (ma non presente nella sentenza) valutazione critica da parte della Corte del comportamento del pedone.

Quanto all'ultimo motivo il Collegio osserva che, potendo il giudice d'appello concedere d'ufficio la provvisionale anche senza specifico gravame della parte civile (cfr. ex multis: Cass. Sez. IV 20-3-1975 n. 3115; Cass. Sez. VI n. 150092/81; Sez. IV 7-12-1979 n. 5070, RV 142141; Sez. IV 4-8-1981 n. 7867, RV 150092; Sez. I 20-4-1979 n. 3848, RV 141815), può altrettanto modificare in aumento l'importo della stessa (Cass. Sez. III, 29-7-1983 n. 7108, RV 160052).

Nella specie, peraltro, la doglianza del ricorrente non si incentra sulla legittimità dell'esercizio di tale potere officioso ma denuncia il difetto di motivazione sul punto, difetto che, al contrario, non sussiste essendo la relativa statuizione di merito adeguatamente fondata sull'esclusione del concorso di colpa della vittima e sull'età molto avanzata della stessa.

Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali ed al rimborso delle spese sopportate dalla Parte Civile, liquidate come nel dispositivo.

P.O.M.

La Corte di Cassazione - Sezione quarta penale - dichiara inammissibile l'appello del P.G. avverso la sentenza di primo grado. Rigetta il ricorso dell'imputato e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al rimborso delle spese in favore della Parte Civile che liquida in complessive L. 3.480.000 di cui L.3.000.000 per onorario.