Suites a

 

Violoncello Solo

 

senza Basso

 

composées

 

par

 

Sr. J. S. Bach

 

Maitre de Chapelle

 

 

 

DISCUSSIONI MUSICALI

 

Home

 

 

violoncello.jpg (14793 byte)

 

INDICE

Regole di vita musicale (R. Schumann)

La quarta

Una curiosità: Ludovico Giustino da Pistoia, primo compositore di musica per fortepiano

La Dodecafonia

Corale BWV 147

Note sugli studi d'Armonia Contrappunto e composizione di Beethoven

A lezione dei grandi armonisti: Walter Grandi

Studi sulla tonalità 1 Il sistema Tonale

Studi sulla tonalità 2 Sospensione della tonalità

Studi sulla tonalità 3 Sospensione della tonalità

Studi sulla tonalità 4 Suoni e accordi estranei

Studi sulla Tonalità 5 La politonalità

Studi sulla tonalità 6 La tonalità moderna

Studi sulla tonalità 7 Suoni e accordi estranei

Studi sulla tonalità 8 L'accordo di undicesima

Scarlatti sonata K 175

Temi ripresi da vari autori

 

 

 

REGOLE DI VITA MUSICALE


di Robert Schumann


La formazione dell'orecchio è la cosa più importante. Esercitati sin dall'inizio a riconoscere note e tonalità. La campana, i vetri delle finestre, il cuculo - tenta di cogliere quali suoni producono.

 

Suona con diligenza le scale e gli studi di meccanismo. Ma ci sono molti che sono convinti di poter giungere ai più alti risultati solo perché, quotidianamente, per anni, passano ore a esercitarsi negli studi per le dita. Questo è un po' come se ci sforzassimo ogni giorno di recitare l'alfabeto il più veloce possibile, e tentando ogni volta di aumentare la velocità. Impiega pure il tuo tempo in modo migliore.

 

Sono state inventate le cosiddette "tastiere mute"; usale pure per un po', quanto basta per accorgerti che non servono a nulla. Dai muti non si può imparare a parlare.

 

Suona a tempo! La maniera di suonare di certi virtuosi è come l'andatura di un ubriaco. Non sono questi i modelli per te.

 

Impara prima che puoi le leggi fondamentali dell'armonia.

 

Non avere paura di certe parole come teoria, basso continuo, contrappunto,ecc...ti verranno incontro amichevolmente se tu fai lo stesso con loro.

 

Non strimpellare mai! Suona sempre con tutta la tua attenzione e non interrompere mai un pezzo a metà.

Andar lenti e correre sono errori di pari gravità.

Sforzati di suonare bene i pezzi facili; è molto meglio che eseguire in modo mediocre i pezzi difficili.

 

Devi preoccuparti che il tuo strumento sia sempre perfettamente accordato.

 

I tuoi pezzi non soltanto devi conoscerli con le dita, ma devi saperli cantare dentro di te, senza tastiera. Devi acuire la tua immaginazione sino al punto di poter fissare nella memoria non solo la melodia di una composizione, ma anche la sua armonia.

 

Sforzati, anche se non hai molta voce, di cantare leggendo a prima vista, senza l'aiuto dello strumento; così la precisione del tuo orecchio diventerà sempre maggiore. Ma se hai una bella voce sonora, non perdere un solo momento e coltivala, considerandola il più bel dono che il cielo ti ha dato.

 

Devi arrivare al punto di poter capire una musica alla sola lettura.

 

Quando suoni, non preoccuparti di chi ti sta a sentire. Suona sempre come se ci fosse un maestro, ad ascoltarti.

 

Se qualcuno ti presenta una composizione che non hai mai visto per fartela suonare, per prima cosa percorrila tutta con lo sguardo.

 

Se hai finito la tua giornata di lavoro musicale e ti senti esausto, non costringerti a lavorare ancora. Meglio riposarsi che lavorare senza piacere e senza freschezza.

 

Quando sarai più maturo, non suonare pezzi alla moda. Il tempo è prezioso. Già si dovrebbe disporre di cento vite, se solo si volesse imparare tutto quel che di buono c'è già.

 

Con dolci, biscotti e leccornie non si fanno crescer uomini sani. Il cibo spirituale, come quello materiale, deve essere semplice e corroborante. I maestri ce ne hanno provvisto in quantità sufficiente: attieniti a ciò che da loro ti viene.
 

I pezzi virtuosistici mutano con il tempo; l'agilità ha valore soltanto quando serve a fini superiori.

 

Non devi in alcun modo diffondere le composizioni brutte, anzi devi contribuire con tutte le tue forze a tenerle fuori dalla circolazione.
 

Le composizioni brutte non devi suonarle affatto, e neppure ascoltarle, a meno che ti costringano a farlo.

 

Non puntare mai sull'agilità, sul cosiddetto virtuosismo. In ogni pezzo tenta di produrre l'effetto che il compositore aveva in mente; di più non si deve fare; tutto ciò che va più in là è una deformazione.

 

Devi giungere a sentire una vera ripugnanza per qualsiasi cambiamento apportato ai pezzi dei buoni musicisti, come anche ogni omissione o qualsiasi abbellimento alla moda. Sono questi il più grande oltraggio che puoi fare all'arte.

 

Se devi scegliere quali pezzi studiare, chiedi il parere di chi ha più anni di te, così risparmierai molto tempo.

 

A poco a poco devi arrivare a conoscere tutte le opere più importanti di tutti i maestri importanti.

 

Non ti far trarre in inganno dagli applausi che i cosiddetti grandi virtuosi spesso riscuotono. Aver l'applauso degli artisti deve avere per te più importanza dell¹applauso del grande pubblico.

Tutto ciò che è di moda passa di moda, e se continui a coltivarlo negli anni diventerai un bellimbusto che nessuno tiene in considerazione.

Suonare molto in società porta più danno che vantaggio. Studiati bene chi ti trovi intorno; ma non suonare mai qualcosa di cui nell'intimo tu abbia a vergognarti.

 

Non perdere mai un'occasione di suonare insieme con altri, in duo, in trio, ecc...Servirà a darti scioltezza e slancio nel tuo modo di suonare. Tenta di accompagnare spesso dei cantanti.

 

Se tutti volessero essere primi violini, non riusciremmo mai a mettere insieme un'orchestra. Giudica perciò ogni musicista in rapporto al posto che occupa.

Ama il tuo strumento, ma non cedere alla vanità nel considerarlo lo strumento supremo e unico. Ricorda che ve ne sono altri, e altrettanto belli. Ricordati anche che vi sono i cantanti e che nel coro e nell'orchestra si manifesta l'aspetto più alto della musica.

Man mano che cresci, frequenta sempre più le partiture e sempre meno i virtuosi.

 

Suona con tutto il tuo impegno le fughe dei vecchi maestri, soprattutto quelle di J.S.Bach. Il Clavicembalo ben temperato dovrebbe essere il tuo pane quotidiano. Allora diventerai senz'altro un bravo musicista.

Fra i tuoi compagni cerca sempre quelli che sanno qualcosa più di te.

 

Riposati dai tuoi studi musicali leggendo con attenzione buona lettura. Vai all'aria aperta appena puoi!

 

Dai cantanti, uomini e donne, si possono imparare parecchie cose, ma non credere a tutto quel che ti dicono.

Anche al di là delle montagne ci sono persone che vivono. Sii modesto! Ancora non hai inventato o pensato nulla che non abbiano già inventato o pensato altri prima di te. E, se così invece fosse, lo dovresti considerare un dono del cielo, che devi condividere con altri.

 

Per guarirti da ogni boria e vanità, non c'è cura più rapida che studiare la storia della musica, aiutandosi con l'ascolto dal vivo dei capolavori delle varie epoche.

 

Un bel libro sulla musica è "Sulla purezza dell'arte musicale" di Thibaut. Leggilo spesso, negli anni che ti aspettano.

 

Se passi davanti a una chiesa e senti suonare un organo, entra e mettiti ad ascoltare. Se poi hai la fortuna di poterti tu stesso sedere a un organo, prova la tastiera con le tue piccole dita e rimarrai stupito dinanzi a quell'immane potenza della musica.

 

Non perdere mai l'occasione di esercitarti sull'organo; non c'è strumento che sappia vendicarsi con tanta prontezza di tutto quel che può esserci di impuro e impreciso sia nella musica stessa sia nel modo di eseguirla.

 

Cerca di cantare in coro, soprattutto le parti interne. Questo ti renderà musicale.

 

Ma che cosa significa essere musicali? Non lo sarai certamente, se tieni gli occhi fisi ansiosamente sulle note e così vai avanti faticosamente sino alla fine del pezzo; non lo sarai certamente, se ti blocchi e non sai andare avanti, magari perché qualcuno ti ha voltato due pagine insieme. Ma sei senz'altro musicale se riesci in qualche modo a intuire che cosa troverai più avanti in un nuovo pezzo che stai leggendo o se sai a memoria che cosa
ti aspetta in un pezzo che già conosci; in due parole, se hai la musica non soltanto nelle dita, ma nella testa e nel cuore.

 

Ma come si diventa musicali? Caro ragazzo, la cosa più importante, come sempre viene dall'alto ­ ed è la precisione dell'orecchio, la prontezza nel percepire. Ma la nostra costituzione può essere sviluppata e rafforzata. E certamente non ci riuscirai se ti rinchiudi per giorni interi, come un eremita, a suonare meccanicamente un po' di studi; mentre ci riuscirai senz'altro, se ti terrai in un continuo, vivo rapporto con le molteplici
realtà della musica, e soprattutto se ti farai una buona pratica di coro e di orchestra.

Fatti prima che puoi un'idea precisa dell'estensione della voce umana nei suoi quattro registri fondamentali; studiali soprattutto quando ascolti dei cori, tenta di scoprire in quali intervalli essi raggiungono la loro massima forza e in quali altri possono essere usati con effetti più morbidi e delicati.

 

Ascolta sempre con attenzione tutte le canzoni popolari; sono una miniera delle melodie più belle e ti permettono di farti un'idea del carattere delle varie nazioni.

Esercitati sin dall'inizio a leggere nelle chiavi antiche. Altrimenti tanti tesori del passato ti rimarrebbero inaccessibili.

*

Osserva sin dall¹inizio il suono e il carattere dei vari strumenti; tenta di imprimerti nell'orecchio le peculiarità del loro timbro.

 

Non perdere mai l'occasione di ascoltare una buona opera.

 

Venera l'antico, ma va incontro al nuovo con tutto il tuo cuore. Non covare pregiudizi verso nomi che non hai mai sentito.

 

Non giudicare una composizione al primo ascolto; ciò che ti piace in un primo momento non è sempre il meglio. I maestri vanno studiati. Molte cose ti diventeranno chiare soltanto quando sarai nella piena maturità.

 

Quando dai giudizi su delle composizioni, distingui bene se appartengono all'arte o hanno soltanto un fine di intrattenimento dilettantistico. Alle prime dà tutto il tuo appoggio; dalle altre non lasciarti neppure irritare.

"Melodia" è il grido di battaglia dei dilettanti ­ ed è vero che una musica senza melodia non è musica affatto. Ma devi capire bene che cosa intendono quelli per "melodia": per loro le uniche melodie sono quelle facili da ricordare, con un andamento ritmico piacevole. Ma ci sono anche melodie di ben altro genere, e ti basterà aprire Bach, Mozart, Beethoven perché ti vengano incontro nelle loro mille varietà: sicché si può sperare che presto ti verrà a noia la misera uniformità delle altre melodie, in particolare di quelle dei recenti melodrammi italiani.

Se ti metti al pianoforte cercando di costruire delle piccole melodie, è già una bella cosa; ma se un giorno quelle melodie ti verranno da sole, senza bisogno del pianoforte, rallegrati ancora di più, perché vuol dire che è vivo in te il senso interno della musica. Le dita devono fare quel che la testa vuole, non il contrario.

 

Se cominci a comporre, sviluppa tutto nella tua testa. Solo quando avrai in mente un pezzo compiuto, provalo sullo strumento. Se la tua musica è venuta dall'intimo e così l'hai sentita, anche sugli altri farà lo stesso effetto.

 

Se il cielo ti ha donato una fantasia viva, ti capiterà spesso di sedere per ore al pianoforte come incantato, e di voler esprimere il tuo mondo interno in armonie. Allora ti sentirai attratto in un cerchio magico da una forza tanto più misteriosa quanto meno chiaro magari è ancora per te il regno delle armonie. Sono ore felici della gioventù queste. Ma intanto guardati bene dall'abbandonarti troppo spesso a un talento che ti induce a
dissipare forze e tempo seguendo una sorta di gioco di ombre cinesi. Il dominio della forma, la capacità di articolarla con nettezza si possono raggiungere soltanto grazie al preciso segno delle note. Preoccupati perciò più di scrivere che di improvvisare.

 

Tenta di procurarti non appena puoi le prime nozioni dell'arte del dirigere e osserva spesso i buoni direttori d'orchestra; permettiti pure di dirigere in silenzio insieme a loro. Ti darà chiarezza.

 

Abbi pratica della vita, come anche delle altre arti e scienze.

 

Le leggi della morale sono anche le leggi dell'arte.

 

La diligenza e la perseveranza ti faranno ascendere sempre più in alto.

Con una libbra di ferro, che costa pochi centesimi, si possono fare migliaia di molle da orologio, che valgono centomila volte di più. Quella libbra che hai avuto da Dio devi saperla utilizzare fedelmente.

Senza entusiasmo nulla riesce bene nell'arte.

 

L'arte non è fatta per conquistare ricchezze. Cerca soltanto di diventare un artista sempre più grande; tutto il resto verrà da sé.

 

Soltanto quando la forma di una composizione ti sarà veramente chiara, anche il suo spirito diventerà chiaro.

 

Forse è vero che soltanto il genio può capire totalmente il genio.

 

Qualcuno disse che il musicista perfetto dovrebbe essere in grado di vedersi davanti agli occhi, come sulla partitura, un pezzo per orchestra ascoltato per la prima volta, fosse anche molto complesso. Questo è il punto supremo che possiamo pensare.

 

Non si finisce mai di imparare. 

 

 

 

 

^

 

 

 

 

  LA QUARTA

Riporto questa “divertente” disquisizione sull’intervallo di quarta (giusta), presa dal trattato d’armonia di A. de Ninno ed. Curci.

INTERVALLI CONSONANTI

La 3 (M e m) e il suo rivolto 6  -  La 5 (giusta) (e il suo rivolto 4?) -   L’ 8 (giusta) e il suo rivolto 1 (unisono)

La 3 e la 6 venivano considerate consonanze imperfette, mentre la 5 e l’8 consonanze perfette (perché giuste e non maggiori e minori).

-G. B. Martini(1) dice che “siccome dai pratici vien considerata e praticata per dissonanza, la quarta, abbenché per sé stessa sia consonanza,  come evidentemente ho dimostrato in vari luoghi di questo esemplare e specialmente  nel tomo primo della Storia della Musica (pag.276), ciò non ostante ho considerata dissonanza la suddetta quarta per conformarmi alla pratica di tutti i maestri di quell’arte”.

Il Fux(2) dice che “è questione celebre e piena di difficoltà se la quarta sia consonanza. L’affermano i pitagorici e altri autori per dottrina e per autorità chiarissimi. Non so come possano annoverarla tra le consonanze: e l’uso di essa al giorno d’oggi non è  dissimile dalle altre dissonanze. Veramente è certo che la quarta meno discorda dalle altre dissonanze ed è più tollerabile all’orecchio”.

Il Galeazzi(3) sostiene che la quarta è consonanza perfetta.

L. v. Beethoven(4) dice che la quarta è leggermente dissonanze e “tiene il mezzo tra le consonanze perfette e imperfette. I fautori dello stile antico la pongono tra le dissonanze”: infatti G. Pierluigi da Palestrina e tutti i compositori della scuola Romana considerano la quarta come dissonanza.

Anche il Cherubini(5) considera la quarta come dissonanza, mentre il Fetis sostiene che la quarta, essendo il rivolto della quinta è consonante, ma una consonanza che non ha la qualità del riposo e quindi debole.

Secondo il De Sanctis la quarta unita alla sesta è sempre consonante, ma “presa isolatamente è un intervallo snervato, non produce la sensazione di riposo completo e dell’assoluta indipendenza e fa presentire una leggera tendenza a scendere sull’intervallo di terza”, ragion per cui alcuni teorici la chiamono consonanza media.

(1)   G. B. Martini - Saggio fondamentale di contrappunto. Bologna 1774-1775.

(2)   G. G. Fux - Gradus ad Parnassum. Vienna 1725.

(3)   Galeazzi – Elementi teorici pratici di musica. Roma 1796.

(4)   L. V. Beethoven – Studien im Generalbasse, Contrapuncte und in der Compositinslehre. Wien 1832 Hamburg 1853.

(5)   Cherubini – Cours de contrepoint et de fugue. Paris Schlesinger.

 Mi sembrerebbe fuori luogo commentare !

 ^

 

UNA CURIOSITA’:  Ludovico Giustino da Pistoia, primo compositore di musica per fortepiano.

 Leggendo il libro di Louis Kentner -IL pianoforte- Franco Muzio Editore al capitolo “UN PO’ DI STORIA” improvvisamente una notizia inaspettata e curiosa, soprattutto per un pistoiese come me, che vede per un attimo una piccola provincia assurgere a ruolo internazionale per un compositore di cui non conoscevo l’esistenza. Scrive Kentner: (musicista inglese di origine ungherese allievo di Kodàly per la composizione)

”Secondo W.L.Sumner, nel 1726 Cristoferi aveva perfezionato il funzionamento del pianoforte tanto da essere in possesso di tutti gli elementi “vitali” dello strumento moderno (doppia leva, scappamento, freno e anche il meccanismo “una corda”). Sempre Sumner riferisce che un compositore di nome Giustino da Pistoia compose la prima musica -12 sonate- per il nuovo strumento, intorno all’epoca della morte di Cristoferi.

 

^

LA DODECAFONIA

” Metodo di composizione con dodici suoni riferiti uno all’altro”. Così definito e fondato da Arnold Schoenberg (Vienna 1874 – Los Angeles 1951) e chiamato correntemente, ma contro la sua volontà dello stesso Schoenberg, Sistema dodecafonico. Il percorso verso la dodecafonia si muove, almeno nella generalità della critica, in tre fasi: 1) cromatismo, 2) atonalità, e 3) dodecafonia.

1)      L’Armonia classica diatonica, letteralmente, attraverso il suono, si muove per sovrapposizione di 3° prendendo come punto di riferimento la scala maggiore e minore. Si muove, appunto, attraverso i suoni della scala. Le alterazioni cromatiche ascendenti (diesis) e discendenti (bemolle) vengono interpretate in tutta una serie di note ornamentali non strutturali, quali le varie note di passaggio di volta ed altre, e quando non assumono un aspetto ornamentale o aspetto di sensibile, producono una modulazione. Il progressivo impiego del cromatismo porta secondo Schoenberg e la maggior parte della critica, a considerare la tonalità non più strumento della sintassi musicale, ma sovrastruttura ormai saturata dalle novità estetiche compositive individuate nel linguaggio musicale da Wagner in poi ma, rintracciabili già in Bach e Beethoven.

In questo contesto si pone la questione della “naturalità” della tonalità. Il ritorno alla soggettività del movimento espressionista più che implicare un concetto-base di “naturalità” della tonalità la rilega nell’oggettività. E’ pur vero che una piccola schiera di critica dà alla tonalità valori naturali e totalizzanti, individuando in essa e nella politonalità un sistema da cui non si può prescindere, ed a cui tutte le aggregazioni di suoni fanno riferimento. E’ il caso di  La Verità su Schönberg teorico ed. Zanibon di Walter e Cesare Augusto Grandi. In esso gli autori analizzando vari scritti teorici dell’autore ne individuano (se condivisi) gli errori analitici interpretativi in relazione alle musiche che secondo Schönberg presiedono alla disgregazione tonale, ridicolizzando (non esagero) il teorico Schönberg. Il loro giudizio poi travalica l’aspetto tecnico, esso è ben sintetizzato nell’espressione da loro usata per la tecnica compositiva schönberghiana, dodecacofonia! Qualunque sia il nostro giudizio estetico su Schoenberg consiglio questo libro per le analisi armoniche che contiene, ormai è introvabile e se qualcuno riuscisse a rintracciarlo mi farebbe un gran piacere se me ne facesse avere una copia. Io lo imprestai, e non è tornato…

2)      Questa riflessione tecnica la troviamo nell‘Harmonielehre (Manuale d’Armonia) pubblicato a Vienna nel 1921, che cerca di trovare le ragioni dell’esaurimento delle possibilità della tonalità per approdare a quello che Schoenberg definisce pantonalità e non atonalità come comunemente viene definita la disgregazione tonale.

In una nota aggiunta nel 1921, alla terza edizione della Harmonielehre Schoenberg precisa:

 

”atonale potrebbe significare soltanto: qualcosa che non corrisponde affatto all’essenza del suono. Già la parola tonale viene usata in modo non giusto, se la s’intende in un senso esclusivo e non inclusivo. Solo questo può essere valido: tutto ciò che risulta da una serie di suoni, sia attraverso il mezzo di riferimento diretto ad un solo suono fondamentale oppure mediante connessioni più complicate, forma la tonalità. Dovrebbe essere chiaro che da questa definizione, la sola giusta, non si può dedurre nessun sensato concetto opposto che corrisponda al termine atonalità…Un pezzo di musica sarà sempre tonale almeno nella misura in cui tra suono e suono deve sussistere una relazione in virtù della quale i suoni, giustapposti e sovrapposti, danno una successione riconoscibile come tale. La tonalità può essere allora forse non avvertibile o non dimostrabile, questi nessi possono risultare oscuri, difficilmente comprensibili o persino incomprensibili. Ma chiamare talune specie di rapporti atonali, è altrettanto inammissibile quanto lo sarebbe chiamare a-spettrali o a-complementari dei rapporti tra colori. Una simile antinomia non esiste. Per di più non abbiamo ancora esaminato la questione se il modo in cui le nuove sonorità si connettono non costituisca precisamente la tonalità di una serie di dodici suoni. Anzi, probabilmente è così e noi ci troviamo in una situazione simile a quella determinatasi al tempo in cui si usavano le tonalità ecclesiastiche. A questo proposito osservo che si sentiva, allora, l’effetto di una nota fondamentale, ma non si sapeva quale fosse e si provava con tutte. Qui non la si sente, ma ciò non di meno è probabile che esista. Se proprio si cercano appellativi, si potrebbe ricorrere politonale o pantonale. Ma ad ogni modo bisognerebbe stabilire se non si tratti ancora semplicemente di tonalità”.

 

(Roma Vlad, Dodecafonia, enciclopedia La Musica ed. Utet)     

3) La cosiddetta “emancipazione” (termine usato da S.) dalla tonalità e dalla dissonanza porta S. alla teorizzazione della dodecafonia. Essa ha come base una “serie” di dodici suoni su cui si baserà la composizione, sia per lo sviluppo dei motivi delle armonie e delle variazioni contrappuntistiche come l’inversione, il retrogrado e l’inversione retrograda. Nella composizione della serie è vietata la ripetizione dei suoni, questo (secondo S.) per evitare un accentramento tonale su di un tono.

Dalla lezione tenuta all’Università di California di Los Angeles, il 26-3-1941, col titolo Method of composing with twelve tons:

 

“Questo metodo consiste innanzi tutto nell’uso costante ed esclusivo di una serie di dodici suoni diversi. Ciò vuol dire, naturalmente, che nessun tono viene ripetuto nella serie e che questa usa tutte le dodici note della scala cromatica disponendole però in ordine differente. Essa non deve essere in nessun modo identica alla scala cromatica…una serie fondamentale (…) consiste di vari intervalli. Essa però non deve essere non deve mai essere considerata una scala, pur essendo essendo stata inventata per sostituire alcuni dei vantaggi unificatori e formativi della scala e della tonalità. La scala è la sorgente di molte figure, di parti di melodie e delle stesse  melodie complete, di passaggi ascendenti e discendenti e persino di accordi spezzati. In maniera approssimativamente uguale, i toni della serie fondamentale producono elementi  analoghi. Naturalmente, le cadenze prodotte mediante la distinzione tra armonie principali e secondarie saranno derivate raramente dalla serie fondamentale. Dalla serie viene però derivato qualcosa di diverso e di più importante, con una regolarità paragonabile alla regolarità e alla logica della vecchia armonia; l’associazione dei suoni in armonie e la loro successione, sono regolati (…) dall’ordine dall’ordine di questi suoni (nella serie). La serie fondamentale funziona come se fosse un motivo. Questo spiega perché deve essere inventata ex novo per ogni pezzo. Essa deve essere la prima idea creatrice”… (Roma Vlad, Dodecafonia, enciclopedia La Musica ed. Utet)     

Concluderei citando Schoenberg:

…questi nessi possono risultare oscuri, difficilmente comprensibili o persino incomprensibili… …ma non si sapeva quale fosse e si provava con tutte…  ...Qui non la si sente, ma ciò non di meno è probabile che esista…

 

 

 

 

^

 

 

 

 

CORALE BWV 147

 

Una musica veramente bella e semplice, quasi un colloquio, come spesso avviene in Bach, si coniuga con il testo. Il titolo del corale dovrebbe significare Gesù  se rimanete mio amico. Vorrei inoltre far notare come questa musica riproponga la questione di come si debbano eseguire i ritmi in contrasto nel Barocco. L'andamento dei I° e II° violini si muovono: i primi in tempo ternario semplice, mentre i secondi in tempo ternario composto. La differenza sta nel fatto che il tempo semplice ha una suddivisione binaria, 1-2, di ciascuno dei tre tempi, mentre il tempo composto ha una suddivisione ternaria, 1-2-3, sempre di ciascuno dei tre tempi. Secondo alcuni critici la prassi barocca prevedeva che l'ultima croma della terza suddivisione ternaria coincidesse con la semicroma dopo la nota puntata della suddivisione binaria. L'interpretazione scelta da Roberto sembra seguire questo andamento. Vorrei inoltre osservare far notare come la parte della tromba abbia la funzione di raddoppio, per tutto il Corale della parte del soprano.

 

 

 

 

^

 

 

 

 

  NOTE SUGLI STUDII  D'ARMONIA,

 CONTRAPPUNTO E COMPOSIZIONE  DI BEETHOVEN

(Arnaldo Forni Editore)

Gli scritti teorici di Beethoven ci offrono l'eccezionale possibilità di indagare le basi di quei processi compositivi che guidarono uno dei più grandi compositori. Il  volume può essere acquistato sul sito  http://www.musigramma.com/it/home.asp ,  a me è arrivato stasera e l'emozione nello scorrerlo è stata forte. 

Mentre la seconda parte che riguarda il Contrappunto e la Fuga è più organica, la prima si presenta sotto la forma di appunti. Il testo è corredato da note di F.J. Fetis (musicologo e compositore) ed alcune volte anche del traduttore italiano L.F. Rossi. Le note del Fetis in particolare risentono di un dogmatismo scolastico mi sembra fuori luogo per un'opera che nasce dalla viva esperienza musicale, nonostante questo possono introdurre un ulteriore strumento di comprensione e può accadere che Fetis indichi un passo dove Beethoven non è stato chiaro ed a sua volta Rossi definisca la nota del Fetis poco chiara! Inoltre sia la traduzione che le note sono scritte in un italiano arcaico, penso della prima edizione.   

 

Riporto qui alcune note del Fetis e del Rossi (anche divertenti).

 

  - Beethoven non aveva idee chiare quanto al pedale: non sapeva ch'esso non è il vero basso dell'armonia, e che questo risiede in una delle parti d'accompagnamento. Tuttavia ne aveva qualche vaga nozione, come lo si vedrà in seguito. (Fetis) 

 

- Altro errore di Beethoven; la quarta prodotta da una prolungazione non può ritardar che la terza, e debb'essere alla parte superiore. (Fetis) Non gli credete. (Rossi)

 

^

 

 

A LEZIONE DAI GRANDI ARMONISTI

STUDI SULLA TONALITA' 1

IL SISTEMA TONALE ED IL CONTRAPPUNTO DODECACOFONICO di ERNST KRENEK, 

di GRANDI W. EDIZIONI MUSICALI "ORTIPE"

 

Con l'affermarsi del sistema tonale si è accesa nel mondo una fiaccola i cui raggi, quasi emanazione divina, splendono e splenderanno sul volto della musica, anche se taluni, accecati dalla abbagliante potenza di questa luce, e perciò ignari di quanto ampiamente spazi il suo raggio, hanno perduto l'orientamento e brancolano affannosamente alla ricerca... di altre luci. Il sistema tonale si impernia sul grande fenomeno delle attrazioni tonali. E' stato scritto ripetutamente che non si ebbe una ferma base del sistema stesso, finché non entrò in uso la teorizzazione da parte di Rameau, dell'accordo di 7° di dominante, già assai prima di lui praticato, in cui figurano le due sensibili tonale e modale, oltre alla sensibilità insita nella fondamentale tendente a fare il movimento di 4° giusta verso la tonica sulla quale trova il suo spontaneo riposo.

 

E' però notorio  che, prima che si giungesse a questa importantissima meta, l'orientamento fosse già individuato a percorsa anche molta strada. Difatti è bene ricordare:

1) che la sensibile tonale cominciò a presentarsi come tale nelle ultime composizioni profane dei Trovatori munite di fresche energie innovatrici ed in quelle dei Minnesinger;

2) che in composizioni dello stesso secolo si riscontra già tra le voci discantanti l'impiego del rapporto di 5° diminuita ed anche quello autentico di 9° di dominante senza fondamentale;

3) che già agli albori del secolo XV venne praticato l'accordo di 7° di diminuita, senza la terza, il quale presenta una forte attrazione, in quanto è formato di tre sensibili: tonale, modale e della dominante;

4) che nel suo Dodekachordon (1547) il Glareano potò i modi  da 8 a 12, inserendo nel loro ciclo uno autentico e uno plagale sulla nota la, chiamandoli eolio ed ipeolio, ed uno autentico ed uno plagale sulla nota do, chiamandoli jonico e ipojonico. Il modo eolio corrispondente alla nostra scala minore naturale di la ed il modo jonico alla scala di do Magg.;

5) che lo Zarlino presentò nelle sue "Istituzioni armoniche" e nelle successive opere "Dimostrazioni e Supplementi armonici" la formazione dell'accordo Magg. e min. spiegandone la genesi acustico-matematica; 

 

Il sistema tonale prese il nome di classico perché si affermò e si diffuse nell'epoca in cui lo spirito dell'arte si intonava alla vita di una umanità razionale, il cui primo nobile scopo era quello di raffinare e stilizzare con logica intelligenza l'opera d'arte.

(...)

La musica anch'essa nei suoi complessi aspetti, con qualche ritardo rispetto alle altre arti, come di solito avviene, si rivestì di estetica classica (vedi sonata, sinfonia, concerto, fuga ecc.)

 

L'armonia seguiva, con i suoi procedimenti cadenzali, l'espressione e lo spirito della linea melodica nelle sue varie parti; piede o inciso, Kolon o mezza frase, frase e periodo. Al termine del periodo si formava la cadenza finale, o meglio giro armonico tonale, (IV g. - V g. - I g.; più razionale II g. - V g. - I g.) che determina la tonalità attraverso la successione cadenzale di tre accordi.

 

Agli albori del 1900, alcuni compositori, credendo che il sistema tonale avesse esperite tutte le sue risorse ed esaurito il suo ciclo, mirarono ad effetti di "atonalismo".

 

Per arrivare a tanto pensarono di abolire i modi cadenzali e gli accordi di posa, convinti di essersi in tal modo liberati definitivamente di ogni attrazione tonale, pretesero di equiparare i rapporti acustici di dissonanza e di consonanza, e le derivanti sensazioni tensione e di allentamento, di moto e di riposo, essenziali e insopprimibili dello spirito umano.

(...)

Ora, solo conoscendo con fondatezza il sistema tonale si è in grado di affermare se la atonalità sia una meta raggiungibile o meno, sia una forza esteticamente utile e valida.

 

Ho già detto che la tonalità viene stabilita dall'attrazione delle sensibili; perciò escludere il giro armonico dei tre accordi stabiliti dalla regola dell'ottava e gli accordi consonanti non significa evitare il senso tonale; né giova allo scopo sbizzarrirsi in continue cadenze cosiddette evitate, ingannate eccezionali, ecc. (specialmente se di buon gusto).

 

Qualunque procedimento armonico e melodico viene giustificato per mezzo dell'attrazione dei suoni e dei movimenti modali. Bisogna tener presente che ogni nota di un accordo ha due sensibili, una ascendente e una discendente. Per esempio una triade di do porta sei sensibili: si e reb sensibili della tonica; re# e fa sensibili della modale e fa# e lab sensibili della 5°. L'accordo di 7° avrà otto sensibili e quello di 9° dieci.

 

Ecco alcuni esempi pratici ad appoggio di quanto sopra.

 

Un accordo perfetto maggiore o minore, ascoltato senza una precedente combinazione armonica di moto, le cui sensibili siano in rapporto con quello, desta un senso di instabilità.

 

Su quali accordi troverà esso il suo riposo? Su quelli i cui suoni troveranno nell'accordo perfetto le loro sensibili: Difatti, se noi prendiamo un accordo di do Magg., vi riscontriamo  dei suoni sensibili appartenenti agli accordi di labm e labM, di siM e sim, di rebM e rebm, di miM e mim, di fam e faM, di mibm e di mibM, di sibm e M, di fa#M e m, di laM, di reM e di solM. (...)   

 

Mettendo in rapporto, mediante naturalmente anche l'enarmonia del sistema temperato, l'accordo di do Maggiore con le altre combinazioni armoniche presentate, si riscontreranno naturali affinità tra queste e l'accordo perfetto in trattazione, il quale assumerà in prevalenza una funzione di dominante, con una forza attrattiva direttamente proporzionale al numero delle sensibili nello stesso contenute.

 

L'accordo perfetto Maggiore, in rapporto alle tonalità suddette, si presenta con le seguenti attrazioni o sensibili:

1) in rapporto con la tonalità di labm con tre attrazioni: sol, sensibile ascendente; rebbm, (do) 7° abbassata, sensibile modale discendente; fab, (mi) 9°m, sensibile discendente della dominante.  

 

 

2) in rapporto alla tonalità di labM con due attrazioni: sol, sensibile tonale ascendente; fab, (mi) 9°m, sensibile discendente alla dominante; il do è anticipazione diretta della modale 

 

 

3) in rapporto al tono di siM con tre attrazioni: do, (5° abbassata) sensibile tonale discendente; mi, 7°m, sensibile modale discendente; sol, 9°m, sensibile discendente della dominante. 

 

 

4) in rapporto alla tonalità di sim con due attrazioni: do, 5° abbassata, sensibile discendente tonale; sol, 9°m, sensibile discendente della dominante. Quanto al mi, in questo caso, non si presenta in forma di suono attrativo. Esso si muove con spirito modale.

 

5) in rapporto alla tonalità di rebM con tre attrazioni: do, sensibile ascendente tonale; mi, 5° alterata in aumento, sensibile ascendente modale; sol, 7°M, sensibile ascendente della 5°.

 

6) in relazione alla tonalità di rebm con due attrazioni: do, sensibile ascendente tonale; sol, sensibile ascendente della 5°, il mi (fab) prende la fisionomia di anticipazione diretta della modale.

 

7) in relazione alla tonalità di miM con due attrazioni: do, 9°m, sensibile discendente della 5°; sol, (fa##) 5° aumentata, sensibile ascendente della modale; il mi prende l'aspetto di anticipazione diretta.

 

8) in relazione alla tonalità di mim con una attrazione: do, sensibile discendente della 5°, mi e sol anticipazioni dirette provenienti da una delle loro sensibili.

 

Però in questo caso, la razionalità, che è un portato della sensazione, ci guida anche ad un'altra interpretazione, e cioè a considerare il do come appoggiatura discendente della 5° dell'accordo di mim, mantenendo sempre la caratteristica di sensibile.

 

9) in relazione alla tonalità di fam con due attrazioni e una tendenza: (Prende il nome di tendenza quando un suono procede naturalmente per 4° superiore o per 5° inferiore così da trovarvi il suo riposo) do, dominante, va a posarsi sulla tonica; mi, sensibile ascendente tonale; sol, sensibile ascendente modale. 

 

10) in relazione alla tonalità di faM con una attrazione e una tendenza: do, va a posarsi sulla tonica; mi sensibile ascendente tonale.

 

11) in relazione alla tonalità di mibm con due attrazioni: mi (fab), 5° abbassata, sensibile tonale discendente; sol (labb), 7° diminuita, sensibile discendente modale; il do, 9°M, procede modalmente verso la 5°. 

 

12) in relazionne alla tonalità di mibM con una attrazione: mi (fab), 5° abbassata, sensibile discendente tonale; il do, 9°M, cammina con spirito modale verso la 5°; sol, anticipazione diretta.

 

13) in relazione alla tonalità di sibm con due attrazioni: do, sensibile ascendente modale; mi, sensibile ascendente della 5°; do-sib, e sol-fa moti modali

 

14) in relazione alla tonalità di fa#M con due attrazioni: do (si#), 4°g. eccedente, sensibile ascendente della 5°; sol, 5° abbassata, sensibile discendente tonale: mi-fa#, e do-sib (la#), moti modali

 

15) in relazione alla tonalità di fa#m con le stesse attrazioni.

 

16) in relazione alla tonalità di laM con una attrazione, e una tendenza: do (si#), 5°eccedente, sensibile ascendente modale; mi, fondamentale, che con procedimento naturale si porta sulla tonica la; sol-ls, moto modale. 

 

17) in relazione alla tonalità di reM con una attrazione; sol sensibile discendente modale; do-re, sol-la, mi-re, sol-re,moti modali. 

 

18) in relazione alla tonalità di solM con una attrazione: do, sensibile discendente modale; mi, 9°M, che procede modalmente verso la 5°; sol anticipazione diretta; do-sol, do-re, moti modali. 

 

19) in relazione alla tonalità di sibM conuna attrazione: mi, sensibile ascendente della 5°; do-sib, do-re, sol-fa, moti modali.

 

Non ho presentato le risoluzioni sulle tonalità di rem e lam, perché l'accordo di movimento (doM) non comporta attrazioni nei confronti dei toni succitati:

[Nei confronti della tonalità di rem l'accordo di doM ha una attrazione. ndr]

Grande importanza hanno le disposizioni degli accordi ed il raddoppio di certe note, le quali, potendosi muovere in più direzioni, danno alla risoluzione più efficacia.

Se noi prestiamo attenzione alle risoluzioni esposte, notiamo che nelle ultime si fa notare il senso modale, ragion per cui riscontriamo risoluzioni di carattere un po' vago.

Viste le molte interpretazioni che si possono dare ad un accordo consonante di triade (che apparentemente sembrerebbe statico), è facile intuire quanto più numerose possono permetterne gli accordi dissonanti di 7° e di 9° e quelli alterati, i quali avendo un suono e due in più di quello di triade, dispongono di un numero maggiore di attrazioni o sensibili.

Non credo opportuno presentare un'analisi specifica delle diverse trasformazioni che possono assumere tutti gli accordi citati, in quanto, dall'analisi presentata riguardo alla triade maggiore nei suoi vari aspetti, riuscirà facile, a chiunque possegga una buona base armonica, trarre le applicazioni pratiche.

Mi limito a trattare in parte l'accordo di 7° di dominante. Esso, grazie al maggior numero di attrazioni di cui dispone rispetto a quello di doM, offre un maggior senso di stabilità alle formazioni armoniche risolutive. Naturalmente anche in queste concatenazioni, come in qualunque altra, la disposizione degli accordi ha più o meno la sua importanza: così pure il raddoppio di certe note.  

 

*

 

Dopo le tante esaminazioni, credo senz'altro superfluo presentare l'aspetto che prende ogni suono nelle diverse concatenazioni.

 

^

 

A LEZIONE DEI GRANDI ARMONISTI

STUDI SULLA TONALITA' 2 

SCHOENBERG MANUALE DI ARMONIA

SOSPENSIONE DELLA TONALITA'

LA VERITA' SU SCHOENBERG TEORICO, 

di GRANDI W. e C.A. ed. ZANIBON

 

-Per mostrare tuttavia la sostanza del problema, cercherò di dirne qualcosa. Se la tonalità dev'essere sospesa, oscillante, dovrà, anche essere assicurata in qualche punto, ma non tanto solidamente da non potersi muovere con elasticità.Sono adatte a tale scopo due tonalità che hanno in comune alcuni accordi come la sesta napoletana o l'accordo di quinta e sesta aumentata. Questo rapporto intercorre tra le tonalità di do e re bem. maggiore, o tra la minore e si bem. maggiore. Aggiungendovi anche le tonalità parallele minori -facendo oscillare, a sua volta, il do maggiore col la minore e il re bem. maggiore col si bem. minore- si ottengono nuove relazioni: la minore-re bem. maggiore e do maggiore-si bem. minore. La dominante di si bem. minore viene ad essere l'accordo di quinta e sesta aumentata di la minore e così via. In quest'operazione gli accordi vaganti svolgeranno naturalmente una importante funzione (accordi di settima diminuita, sesta napoletana e triade eccedente). Ho provato a più riprese, a fare qualche esempio di questo tipo, ma così "a freddo" non ci riesco e credo che sarà certo più facile all'allevo: Poco male del resto anche se non dovesse riuscirvi, ché egli non dovrà almeno darli per modello ad altri!-

 

  Pur rimanendo nell'ambito descrittivistico, e non analitico, ed astraendo, se possibile, l'aspetto speculativo da quello estetico, la problematica di fondo, di questo contesto, sta nel concetto di tonalità. Infatti, come vedremo, al dil là di comporre musica tonale o atonale, fare riferimento ad un sistema od a un altro, sono le interpretazioni armonico tonali che divergono, e le relative conseguenze. In altre parole se gia da Bach il sistema tonale conteneva i presupposti del suo declino.  La domanda è questa: la musica tonale è “dodecafonica” nel senso schoenberghiano (sospensione della tonalità, tonalità allargata, accordi vaganti, note estranee) o in modo diverso?

 Esiste nella critica musicale un dualismo che riassumo nei due scritti seguenti. Personalmente io propendo per il secondo, che è senz'altro in minoranza se non addirittura ignorato e non preso in considerazione. Mi sembra giusto quindi dargli una certa rilevanza.

 Dalla prefazione di Giacomo Manzoni agli -Elementi di composizione musicale- di   Schoenberg.

 -Ecco che nelle Structural Functioms egli giunge a dimostrare organicamente come nell’interno stesso dell’armonia tradizionale sia celato il germe del suo superamento. I concetti di regione, di accordo vagante, di tonalità allargata, che Schoenberg introduce operando con somma maestria analitica sulle opere dei classici, mirano a lumeggiare come sin da tempi assai lontani, almeno da Bach in avanti, il concetto di tonalità fosse ben lungi dal costituire quella roccia monolitica che i trattatisti reazionari vorrebbero; e d’altra parte dimostrava in quel libro come fosse possibile ricondurre nell’ambito della tonalità anche le deviazioni da essa apparentemente più radicali.

Era così riuscito a dimostrare la possibilità di analizzare in maniera “tonale” le opere dei musicisti anche più avanzati (in effetti il metodo impiegato potrebbe essere applicato con successo anche alle opere attuali più lontane dalla tradizione) e di analizzare in senso strutturale, meta-tonale, quelle dei classici. Si direbbe insomma che di là dagli schemi scolastici l’interesse di Schoenberg fosse sempre stato quello di cogliere il pensiero musicale dei grandi compositori presenti e passati nel suo continuo strutturarsi. (…) Se è vero quindi che l’insegnamento accademico di composizione è paragonabile oggi a un docente di lingue morte, dato che il suo insegnamento verte sostanzialmente sulla tonalità, morta e sepolta da decenni, è vero che questa “lingua morta” costituisce una palestra adatta a quella esercitazione dell’intelletto e dell’”ispirazione”, per usare ancora la parola prediletta da Schoenberg, che è necessaria per formare una mentalità compositiva.

 Da: La verità su Schoenberg teorico di W: e C.A. Grandi 

Schoenberg, per dare una risposta a tutto quanto era avvenuto nel campo armonico ha trovato e proposto motivazioni estrinseche, casuali, non derivate da un’acuta osservazione dei collegamenti, della sensibilità dei suoni, non investitrici di tutto lo sviluppo musicale. L’ipotesi del trasferimento in una scala di elementi di altre scale è destituita di ogni logica, di ogni validità. E’ in quella caratteristica che il modo ionico conteneva e che in seguito impose a tutte le scale, che noi troviamo il germe di ogni ramificazione posteriore; in quell’elemento nuovo che essa proponeva, consistente nella sensibilità che il settimo grado aveva di salire all’ottavo, in quel suo tendere verso l’alto, in quel suo dinamismo che lo spingeva verso la tonica e creava su di essa un senso di stasi, (…). Quella che fiorisce nelle composizioni dei musicisti è infatti una ricchezza nuova, è l’espressione di un desiderio di conquista nel campo tonale, non una reminiscenza di un periodo di transizione. (…) Il compositore intuisce la vitalità  del semitono, delle sensibili, scopre che alterando in una formazione armonica uno o più suoni in maniera ascendente o discendente così da portarli in distanza di 2° minore da una o più note dell’accordo successivo, questo viene attratto più fortemente e il collegamento acquisisce maggior vigore e dinamismo. Questo principio motorio, dapprima usato con parsimonia, fu  utilizzato dai grandi musicisti con frequenza sempre maggiore, e ogni applicazione nuova metteva in luce prospettive inaspettate, Esso servì non solo a ravvivare i rapporti armonici nell’ambito della tonalità, ma anche a mettere in relazione diretta fra loro spazi tonali prima considerati lontanissimi, od accordi trai quali in precedenza si era negata una qualsiasi possibilità di collegamento diretto; e sempre più insistenti si fecero le relazioni armoniche basate unicamente sulla reciproca forza attrattiva dei blocchi accordali, relazione di cui gia avevamo fatto uso alcuni musicisti del 500-600, fra i quali Gesualdo da Venosa, le cui opere sono illuminate da splendidi, folgoranti monumenti di profonda intuizione dell’essenza tonale. Nel corso dei secoli il gusto estetico delle varie generazioni è andato mutando, ma lo sviluppo armonico si è costantemente rivolto ad una più cospicua presenza di elementi sensibili e ad una loro più vasta applicazione. Ciò ha messo in crisi la maggior parte dei teorici che, fedeli all’idea di un potere dittatoriale delle scale, hanno cercato di ridurre ad esse ciò che la sensibilità dei musicisti era andata scoprendo ed imponendo. Ma oggi possiamo indicare con sicurezza nelle sensibili, nel potere attrattivo di esse –veri fattori del tonalismo- (…) Desideriamo qui ribadire quanto in altre occasioni abbiamo già fatto notare, e cioè che il Fenomeno Tonale, anche nell’ambito di un unico tono, non impiega solo sette suoni, ma dodici (...). Sulla base di questa realistica e naturale constatazione si può affermare che la tonalità non è stabilita solo dal procedimento cadenzale delle tradi poste sui gradi IV-V-I (es. A) -più razionale II-V-I (es. B), (...)- e dall'accordo di 7° di dominante in cui figurano la sensibile tonale ascendente e quella modale discendente (es. C), ma anche da nuove combinazioni sonore ove sonno compresi altri suoni sensibili (es. D 1-2-3-4).      

Nell'esempio D 5 la successione degli accordi del II, del V e del I utilizza tutti i dodici suoni, un totale impiego degli elementi sonori della scala cromatica è pienamente realizzabile anche in un solo collegamento: dal II al V (es. D 6); in quest'ultimo esempio l'accordo di dominante di do maggiore, pur avendo caratteristiche prettamente dissonanti, per la forte carica tensiva dell'accordo che lo precede, che vivamente lo attrae, acquista un marcato senso di posa. Si può affermare che le qualità dinamiche ed espressive di un agglomerato accordale dipendono dalla formazione armonica alla quale è succeduto; scaturiscono cioè  dal numero dei suoni-sensibile che quest'ultima contiene e dalla differenza del grado di tensione esistente fra le due unità armoniche: quanto maggiori saranno nel 1° accordo il numero delle sensibili ed il grado di tensione attrattiva, e quanto maggiore sarà, a favore di questo accordo, la la differenza fra i gradi di tensione che animano le due entità armoniche collegantisi, tanto maggiore sarà, nel 2° agglomerato sonoro, la sensazione di stabilità, di posa. 

 

^

 

 

 

A LEZIONE DEI GRANDI ARMONISTI

STUDI SULLA TONALITA' 3 

SOSPENSIONE DELLA TONALITA' da:

 LA VERITA' SU SCHOENBERG TEORICO, 

di GRANDI W. e C.A. ed. ZANIBON

 

Nel panorama della musica del novecento Arnold Schoenberg rappresenta uno delle figure più controverse. Fondatore del metodo compositivo della dodecafonia, a cui approdò dopo aver teorizzato, in varie sue pubblicazioni, i processi che hanno presieduto alla dissoluzione della tonalità.

 

In questo scritto riporto, dal libro citato, la critica degli autori sul tema affrontato da Schoenberg nel Manuale di Armonia della sospensione della tonalità.

 

 Manuale di Armonia ed. il Saggiatore paragrafo 7 del capitolo XIX (pag. 480 - 2° volume)

Ecco la tesi schoenberghiana che riportiamo integralmente:

 

"7. SOSPENSIONE ED ELIMINAZIONE DELLA TONALITA'

 

Prima di chiudere questo capitolo voglio soffermarmi ancora su un argomento che avevo promesso a suo tempo di trattare. E' giunto il momento di parlare della sospensione e dell'eliminazione della tonalità. E' una questione che sarà impossibile dimostrare in forma di breve esempio, perché è necessaria una certa articolazione formale: chi vi è interessato, troverà molti esempi relativi in Mahler e in altri musicisti. D'altra parte lo stesso finale del Quartetto per archi in mi minore di Beethoven (op. 59 n. 2) è già un esempio di tonalità sospesa; (...) Il suddetto quartetto beethoveniano incomincia in una specie di do maggiore che tende continuamente al mi minore; e anzi poiché il do maggiore non è tanto vicino, arriva spesso ancora più in là fino a una dominante della dominante che acquista quasi valore di dominante vera e propria  (fa#-la#-do#). Poiché dunque vi sono buoni esempi anche nei classici, non mi vergogno di indicare qualcosa del genere nella mia opera. (...)."

 

Non prenderemo in considerazione logicamente in esame, perché non offre riferimenti precisi, la frase "chi vi è interessato troverà molti esempi relativi in Mahler e in altri musicisti". Ci soffermeremo, invece, sul finale del Quartetto per archi di Beethoven, op.59 n.2 (di cui presentiamo il brano in questione), per il quale l'autore dodecacofonico ha affrontato il terreno scottante ed insidioso dell'analisi.

E' un esame quello di Schoenberg decisamente nebuloso e sconnesso. Il suo contenuto è indice di limitate possibilità didattiche e di una cognizione confusa dei collegamenti.

Beethoven in realtà, ha inteso dare al tema del Finale la tonalità di do magg., la quale si afferma decisamente nel 2° movimento della 2° battuta con la presenza della sensibile tonale e di quella modale, che risolvono naturalmente nel 1° movimento della successiva misura. Le numerose entrate del tema, che si riscontrano durante lo svolgimento del brano in esame, portano sempre la caratteristica tonale di do magg. per la presenza sistematica dell'accordo di 7° di dominante, che precede ovunque quello di tonica.

Per queste evidentissime ragioni di completa affermazione tonale, l'accordo di do magg. non può assolutamente offrire la pur minima sensazione di voler tendere verso quello di mi min.. Lo conferma inequivocabilmente anche il fatto che Beethoven, quando intende passare al tono di mi min., impiega la scolastica cadenza doppia, che chiaramente inizia nella 7° battuta. Infatti nel primo movimento della medesima misura, il do, che prima era I grado, diventa VI del tono di mi min. (modulazione mediante la sostituzione di grado), il quale do, portandosi verso il V grado, assume la fisionomia di 1° rivolto del IV grado, iniziando così la "cadenza composta" nel tono di mi min.. Nella medesima battuta (la 9°) in cui avviene la risoluzione nella tonalità di mi min., Beethoven prepara, con il solito accordo di 7° di dominante, la ripresa del tema.

L'esame, come si vede, è estremamente facile. Andiamo avanti. Alla fine del secondo periodo, e precisamente a battuta 18, si nota una piccola variante nella ripresa del tema. L'autore, grazie ad un indovinato procedimento si porta con eleganza verso un accordo di fa#-la#-do#, che, mediante i due accordi seguenti, cui è legato da stretta parentela, raggiunge la nuova entrata tematica, che ancora si presenta nella originaria tonalità di do magg..

 

*

 Prima di attendere all'esame dell'accordo su menzionato (fa#-la#-do#), nel quale Schoenberg avverte una sospensione tonale, desideriamo portare a conoscenza del lettore che questi compilò il volume del quale ci stiamo occupando nel periodo in cui, immerso nelle angoscie e nei tormenti acustici dell'espressionismo, cercava di distruggere le incrollabili sensazioni tonali. Questo può far pensare che, accingendosi ad analizzare il brano del quartetto beethoveniano in esame, egli venne colpito da una forte stanchezza o amnesia. Ha saputo solo parlare di tonalità sospesa, non riuscendo più a rammentare che da secoli si impiegano anche le modulazioni (non atonali, perché non esistono, ma tonali) per la costruzione di temi, di sviluppi, di riprese, di chiuse, ecc., dimenticando le innumerevoli testimonianze di tali procedimenti armonici contenute nelle opere del passato. Ed è possibile dedurre che l'autore austriaco non abbia più sentito gli arguti e solenni richiami delle forze intellettuali; né abbia saputo trovare l'incentivo, prerogativa dei grandi cultori, per rivolgere a se stesso la seguente domanda: quale sono le ragioni fondamentali /di natura armonica, logicamente) che giustificano la spontaneità di collegamento esistente tra l'accordo di fa#-la#-do# e quello successivo di re-fa#-la-do? E quali le relazioni tonali che vincolano strettamente le due formazioni armoniche?

Affinché il lettore abbia un immediato contatto con la materia in esame, riportiamo il collegamento armonico beethoveniano chiamato in causa, affiancandolo con altri della stessa natura, scelti tra i tantissimi che si trovano nelle opere di diversi autori, vissuti nell'arco di vari secoli.

Anche solo attraverso una prima, veloce scorsa del panorama storico che esponiamo, il lettore attento e preparato potrà constatare come la successione armonica in oggetto abbia recato ormai da lunghissimo tempo il proprio contributo alla creazione musicale e sia stata sperimentata e adottata da grandi musicisti delle più diverse epoche. Ciò testimonia di una vitalità e di una validità che si collocano al di sopra di contingenti prospettive culturali e di singoli momenti storici e sociali, e rende chiaro che la presente concatenazione possiede i requisiti della naturalezza e della razionalità discorsiva e costruttiva, sanzionati dalla forza e dalla bellezza che in essa hanno percepito molti sommi compositori.

 

 

Presentiamo a parte il seguente passo di Giacomo Carissimi per chiaramente dimostrare che musicisti molto anteriori al Genio di Bonn avevano già fatto uso si concatenamenti armonici perfettamente identici a quello beethoveniano.

 

 

Esposti gli esempi, ciascuno dei quali è dotato di caratteristiche fondamentali identiche a quelle del modello tratto dal Quartetto di Beethoven, passiamo all'analisi armonica per illustrare il vincolo naturale esistente fra i due accordi interessanti il nostro esame: fa#-la#-do# e re- fa#-la-do.

La legittima didattica ci suggerisce, come costruttiva premessa ad un chiari ed approfondito esame della materia chiamata in causa, di analizzare in un primo tempo un esempio di altro autore, ed esattamente quello tratto dalla "Traviata" di G: Verdi, esempio che risulta peraltro perfettamente identico al primo di Gesualdo da Venosa, al secondo ("Combattimento di Tancredi e Clorinda") di Monteverdi ed a quello riportato dal "Capriccio ut-re-mi-fa-sol-la" di G. Frescobaldi.Questo procedimento ci permetterà di dimostrare con maggiore efficacia e d esemplare obiettività l'intimo legame armonico esistente tra i due accordi del Genio di Bonn.

Non crediamo sia proprio necessaria la perizia di un illustre maestro per individuare con franca sollecitudine la stretta familiarità che intercorre tra le due formazioni e di conseguenza intuire che: 

 

1) i due blocchi armonici possono avere una stessa origine, rappresentata dal basso fondamentale (es.A)

 

2) tanto il primo accordo nei confronti del secondo, quanto quest'ultimo nei rapporti col precedente, hanno i requisiti attrattivi necessari per figurare sia come  formazione sonora di dominante, sia accordo di tonica (es. B-C)

 

 

Difatti l'es. A evidenzia che l'accordo di mi magg., autonomo nel 1° aspetto, si inserisce, come blocco integrante, in una formazione avente per fondamentale il do, che la Scuola classifica di 7° di 4° specie con quinta aumentata sul I grado di do magg., tendente a portarsi verso l'accordo del IV grado. Gli es. B e C offrono la dimostrazione pratica della concatenazione illustrata al punto 2. Il sol diesis, in rapporto alla tonalità di do magg., viene trasformato enarmonicamente in la bem., originando così una formazione armonica di 9° di dominante, con fondamentale sottintesa e 3° anticipata. Nell'esempio seguente (C) abbiamo l'altra versione. Il cambiamento di veste per trasformazione enarmonica del sol in fa doppio diesis nell'accordo di do magg., avente 5° accedente (sensibile ascendente modale), fondamentale sottintesa e tonica anticipata.

 

 Esaurito questo basilare compito analitico, ci portiamo nella sfera beethoveniana per prendere contatto con le generalità fondamentali dei due accordi del Quartetto, e presentarle ai lettori, sempre attraverso la chiara luce della scienza tonale. Negli es. A2°, B2°, C2° si notano classificazioni accordali identiche a quelle dei tre esempi precedenti. Infatti l'accordo perfetto maggiore di fa diesis fa parte, oltre che della formazione di 7° magg. posta sul I grado di re magg. ed avente la quinta aumentata (es. A2°),  anche del blocco sonoro di 9° di dominante di re magg. o min. (magg. in questo caso), con 3° anticipata e fondamentale sottintesa (es. B2°). In base, poi, alla legge della reciproca attrattività, l'accordo di re magg., a sua volta, si inserisce in una formazione di 9° di dominante di fa diesis magg., avente la fondamentale sottintesa, la tonica anticipata e la 5° aumentata (sensibile ascendente modale), es. C2°. Nell'esempio D abbiamo riportato il collegamento autentico dei due accordi che Beethoven ha praticato nel Quartetto preso in esame. Essi hanno, come già detto, la medesima genesi di quelli precedentemente presentati, ma dispongono di un senso attrattivo maggiore, in quanto il do diesis, in questa circostanza, assume, mediante trasformazione enarmonica, anche il compito rappresentativo di re bemolle; quindi la risoluzione del do diesis avverrà sul re, mentre quello del re bemolle sul do naturale.

 

 

 

^

 

 

 

A LEZIONE DEI GRANDI ARMONISTI

STUDI SULLA TONALITA' 4 

SUONI ED ACCORDI ESTRANEI da: 

LA VERITA’ SU SCHOENBERG TEORICO 

di W e C.A. GRANDI  ed ZANIBON

 

 (...) Rispondendo alle parole di Luigi Rognoni (...) non si può storicamente parlare di nascita del tonalismo, ma di affiorare sempre più evidente di quelle caratteristiche che più tardi furono raggruppate sotto il nome di tonalità e che la musica d'arte acquisì anche sotto l'influsso della contagiante vitalità della spontanea musica popolare. (...)

Essa, poi, non va intesa nel senso ristretto di affermazione di una scala, di una tonica, ma nel senso più profondo del succedersi delle fasi di tensione e di risoluzione, che, come i tempi forti e deboli nel ritmo, costituiscono le basi di ogni tessuto armonico e melodico. (...)

Per le ragioni sopra esposte di continuo sviluppo storico, la tonalità non poteva cristallizzarsi, "stabilizzarsi" nelle sue formule primitive. Ogni autore di genio vi apportava qualcosa di nuovo, un arricchimento dettato dalla sua interiorità e sensibilità superiori; arricchimenti che i miopi teorici dell'epoca, e cosa inaudita gli ancora più miopi teorici e critici di oggi, consideravano e considerano deviazioni dalla tonalità, mentre essi non costituiscono altro che il suo naturale sviluppo.

Quanto a Schoenberg (...) Ci soffermiamo innanzi tutto sul contenuto del capitolo III ("Suoni e accordi estranei) (...) la teoria schoenberghiana non si basa su una constatazione di fondo, su di un dato inoppugnabile, catalizzatore, che logicamente vincoli a se ogni deduzione, ma cerca di giustificare di volta in volta i fenomeni, di cui evidentemente l'autore non ha conosciuto l'origine ed il significato (...)

Nel capitolo X del -Manuale d'armonia- si legge infatti quanto segue:

"i modi gregoriani avevano la caratteristica di introdurre varietà nell'armonia per mezzo di accidenti, cioè alterazioni che modificavano transitoriamente e casualmente i suoni propri della scala": "Nel Dorico -cioè nel modo che incomincia dal secondo suono di una scala maggiore: per esempio in Do maggiore da Re- avremo dunque salendo la,si,do#,re; e scendendo re,do,sib,la. Nel frigio -che comincia dal terzo suono, quindi dal Mi- avremo rispettivamente si,do#,re#, (forma allora però insolita) e mi,re,do,si. Nel Lidio -che comincia dal fa- vi poteva essere sia la quarta aumentata (si) sia quella perfetta (sib); nel misolidio -dal sol- si alterava il settimo suono (da fa a fa#); nell'eolico, che è l'odierno minore, si aveva mi,fa#,sol#,la,sol,fa".

In nota, a pag 217, troviamo la meta di tutto questo discorso:

"basta sommare le proprietà dei modi gregoriani, e si ottengono i modi maggiori e minori più un certo numero di accordi estranei alla scala. Supponendo che gli accordi estranei alla scala di un determinato modo gregoriano abbiano invaso anche gli altri modi, immaginando che anche i nostri due modi moderni si siano cristallizzati in maniera analoga: in tal modo il maggiore ed il minore conterrebbero già in se tutti quegli elementi che si sono venuti a determinare in loro storicamente".

L'autore viennese falsa la sostanza e lo spirito della modalità gregoriana, attribuendole, quali elementi caratteristici, proprio quei fattori estranei che che ne procurano il declino. Egli travisa chiaramente il momento storico che vide il progressivo affermarsi nella musica del senso della tonalità, il quale, dapprima latente, non identificato dal musicista, andò affiorando sempre più sensibilmente e chiaramente nella sua coscienza, e si manifestò con la necessità che egli avvertì di un senso di posa, di un punto di respiro, che lo indusse ad alterare i suoni della scala e ad usare moduli compositivi sempre più dissimili da quelli che caratterizzavano il canto gregoriano. Fu un periodo di trasformazione, di indagine, di ricerca teorica di un inquadramento disciplinare di ciò che il musicista percepiva finalmente vivo, palpitante nella sua sensibilità.

Le scale modali, per diverso tempo, assunsero aspetti vari, provvisori, vennero usate secondo stilemi diversi. La pratica musicale, annullando attraverso le alterazioni le diversità che le distinguevano, rese i modi sempre più somiglianti l'uno all'altro, finché le scale partenti dalle varie note si manifestarono, non più come parte di uno stesso sistema modale articolato a guisa di quello gregoriano, ma come riproduzioni costanti di due matrici ben definite: il modo maggiore e quello minore: La scala di Sol, per esempio, non rappresentò più l'authentus tetrardus con il 7 grado alterato, ma la trasposizione ad un'altra frequenza del modo ionico; e questo non per definizione teorica preconcetta, ma per uso e sperimentazione dei musicisti, la cui sensibilità portò a queste conclusioni.

Le deformazioni che un periodo di tentativi,di ricerche inevitabilmente comporta -deformazioni che nel nostro caso sono rappresentate dall'alterazione dei modi gregoriani- non possono certo costituire la base informativa di procedimenti metodologici.

Fondare una prassi, una concezione tecnica sulla confusione teorica di una fase chiaramente evolutiva della storia dell'arte dei suoni, quindi ricca di aspetti, tentativi, definizioni contrastanti, significa una incomprensione di fondo del fenomeno musicale.

Il voler poi giustificare il movimento cromatico e l'uso di note alterate opinando e "immaginando" l'assunzione da parte di una scala di elementi di altre scale, è evidentemente un ingenuità.

Lo stesso S.: deve averne avuto sentore, se si esprime in termini di "supponendo", "immaginando" e "conterrebbero", ma, non trovando evidentemente spiegazioni migliori ai suoi dilemmi, ha continuato imperterrito per questa strada sformando primizie come quella che si trova a pag. 68 (cap. V) delle "Funzioni strutturali dell'armonia", in cui si legge:

"Le trasformazioni del II grado risultano dall'influenza della dominante, della sottodominante maggiore e dalla sottodominante minore. Sotto l'influenza della dominante la terza minore dell'accordo sul II grado viene sostituita da una terza maggiore. Sostituendo la quinta dell'accordo sul II grado con una nota tratta dalla sottodominante minore o dalla tonica minore, si ottiene una triade diminuita".

Da questa enunciazione possiamo dedurre il seguente trattamento clinico della formazione armonica del II grado: porre a letto detto accordo dopo averlo contagiato con un virus influenzale che, all'occasione e alla bisogna, potrà essere prelevato dalle culture delle "regioni" della dominante o della sottodominante minore. Dopo le opportune cure per il fissaggio dell'"influenza" si potrà fare alzare il paziente, il quale nel caso abbia subito il virus della dominante,
presenterà un rigonfiamento semitonale alla terza, mentre se ha dovuto sottostare all'"influenza" della sottodominante minore o della tonica minore, avrà la quinta emaciata di un semitono.

Questa cura è, naturalmente, applicabile a qualsiasi accordo; è necessario però fare molta attenzione nella scelta del virus, perché se lo importiamo da "regioni" troppo lontane c'è il rischio che la formazione armonica sottoposta al trattamento "influenzale" subisca, sotto la sua azione, delle deformazioni biologiche tali da farla sembrare un marziano in mezzo agli altri accordi fratelli. Di questo pericolo siamo avvertiti a pag. 77, dove troviamo scritto:


"La trasformazione dell'accordo non muta il grado della scala, ma ne possono risultare accordi talmente lontani da sembrare inconciliabili. La ragione più precisa che si oppone al loro impiego è di solito che essi non sono "presi in prestito" da "regioni" di affinità diretta".

E con questo Schoenberg stabilisce anche una interscambiabilità economica fra le scale, una specie di Mercato Comune Tonale basato su prestiti il cui tasso d'interesse non è stato ben definito, ma che sicuramente è elevatissimo, perché vediamo l'economia delle scale dibattersi negli esempi schoenberghiani in una confusione inverosimile, intravediamo i gradi gonfiarsi e sgonfiarsi velocissimi sotto l'azione dei "presiti", notiamo successioni armoniche emigrate peregrinare da esempio ad esempio in preda a confusione mentale e i suoni cardine della tonalità guardare attoniti le classificazioni poste sotto di essi, che contraddicono pienamente la loro natura. Sotto gli effetti della fallimentare amministrazione armonica di Schoenberg.

Per quale ragione una scala avrebbe incorporato note di altri ambiti tonali? Come può una tonalità affermarsi con dei suoni che la smentiscono? A questi interrogativi l'autore viennese non ha dato risposta e nemmeno poteva formularla, tanto la sua trovata relativa ai modi gragoriani è avulsa dalla realtà tecnico-musicale. Ma probabilmente egli, in omaggio alla sua superficialità, non si è mai posto questi quesiti; ha saputo solo rimpinzare il libro di sterili
classificasioni; classificazioni che, unitamente ai relativi esempi, diventano delle vere e proprie barzellette, allegri excursus nel campo del grottesco.

In tal senso una delle prime amenità che compaiono in questo libro è l'esempio 32b, in cui la successione degli agglomerati accordali sol-sib-re, la-do#-mi, e re-fa-la è classificata con i gradi V,VI e I di Do maggiore. (...) Da notare, in proposito, che a pag. 40 l'autore ha giustamente indicato nel IV e VII grado della scala i suoni fondamentali della tonalità:

"Gli accordi che esprimono inequivocabilmente una tonalità", egli scrive, "sono le triadi principali: quelle costituite sul I, IV e V grado: Quella sul IV grado contraddice il fa# ed esclude quindi la dominante di Sol maggiore, mentre il si naturale della triade sul V esclude il Si bemolle appartenente alla tonalità della sottodominante. In cadenza l'ordine tradizionale è: IV-V-I"

Schoenberg non ha aggiunto che la tonalità si può determinare anche con il solo accordo di 7 di dominante, in quanto in esso si trovano i due suoni si-fa (suoni attrattivi), che in questo caso prendono il nome come tutti sanno, di sensibile tonale il 1 e di sensibile modale il 2: è palese che l'alterazione di uno di essi, soprattutto nell'accordo in cui svolge interamente la sua funzione, porta inevitabilmente l'armonia ad esprimersi in una mutata sfera tonale.

L'incongruenza dell'autore viennese è molto evidente: A proposito di questa "trasformazione" dell'accordo di dominante, a pag 45 si legge:

"E' preferibile che l'accordo minore artificiale sul V grado segua il modello IV-V nel modo minore"

Se è buona cosa che la formazione armonica di dominante a cui è stata alterata in diminuzione la terza segua il cammino che è proprio all'accordo di sottodominante, è evidente che il blocco armonico sul V grado ne ha assunto le caratteristiche; se ne può facilmente dedurre che, se il "modello" contenuto nell'esempio 32a è in La minore, il b, rappresentando la sua trasformazione ad una 4 giusta sopra, non potrà che esprimere la tonalità di Re minore. Riportiamo l'esempio affinché il lettore possa constatare con chiarezza cristallina questa contraddizione.

 

 

 

 

 

^

 

 

 

 

A LEZIONE DEI GRANDI ARMONISTI

STUDI SULLA TONALITA' 5

LA POLITONALITA' da:

IL SISTEMA TONALE ED IL CONTRAPPUNTO DODECACOFONICO di ERNST KRENEK, 

di GRANDI W. EDIZIONI MUSICALI "ORTIPE"

 

 

POLITONALITA'

I1 solo fatto che un accordo faccia parte, come dominante, di due o più tonalità, costituisce il criterio base su cui formulare un insieme armonico composto di due o più tonalità, le quali vengono naturalmente guidate e coordinate dall'accordo stesso sopra menzionato. che porta le attrazioni necessarie alle tonalità messe in pratica.

Nell'applicare la politonalità è assolutamente indispen6abile una acuta avvedutezza nella di6posizione degli accordi e soprattutto nella strumentazione, poiché indubbiamente essa dà i suoi maggiori frutti se applicata per orchestra, ove 1'impiego razionale dei timbri adeguati offre alla composizione politonale chiarezza armonica e snellezza istrumentale.

Ogni accordo ha una fisionomia e un colore suoi propri, assolutamente da rispettarsi anche quando lo si trasferisce in orchestra: si rende perciò indi6pensabile che un accordo di colore chiaro e trasparente venga affidato ad istrumenti che posseggono suoni coloristicamente analoghi; ovviamente un accordo scuro e cupo verrà affidato a suoni strumentali affini.


Si otterrà cosi, ricca, nitida e spiccata varietà di colori a tutto vantaggio della chiarezza espres6iva dei discorsi musicali.. A cio bisogna aggiungere una disposizione orchestrale adeguata per ottenere un buon effetto fonico. Si abbia quindi cura di collocare ad opportuna distanza fra loro quelle due o piu famiglie di strumenti a cui vengono affidate le parti reali comprendenti le due o più tonalità corrispettive.

Citerò ora qualche esempio, in cui la tonalità di re bemolle fa coppia con quella di la bemolle, la tonalità di si bemolle min. con quella di do min., la tonalità di fa min. con quella di do min., la tonalità di si Magg. con quella di fa diesis Magg. e la tonalità di ml bemolle mtn. con quella di do min.; altri, ove la tonalità di re bemolle Magg. Si unisce a quelle di la bemolle Magg. e do min., la tonalità di si Magg. a quelle di fa diesis Magg. e do diesis Magg., e la tonalità di fa min. a quelle di do min. e sol Magg.
 

 

A LEZIONE DEI GRANDI ARMONISTI

STUDI SULLA TONALITA' 6 

LA TONALITA' MODERNA

LA VERITA' SU SCHOENBERG TEORICO, 

di GRANDI W. e C.A. ed. ZANIBON

 

Riporto qui, in forma schematica,  i concetti basilari su cui si basa la tonalità moderna ripresi dalle teorizzazioni di W. GRANDI. I passi in parentesi quadra sono trascritti.

1- La tonalità si muove nell’ambito dei 12 suoni del sistema temperato, il termine dodecafonia spetta al sistema tonale.  

2- Le sensazioni di modo maggiore e minore non si possono evitare perché esse si avvertono sulle triadi consonanti e sugli accordi dissonanti.

3- I suoni su cui si basano gli accordi (bassi fondamentali) hanno la tendenza a muoversi e posarsi su altri suoni tramite il movimento di 4° ascendente o 5° discendente, questo movimento viene definito “tendenza”e salto principale.

4- Un suono a distanza di semitono da un altro acquista valore di sensibile, tende cioè a muoversi ascendendo o discendendo ai suoni attigui.

5- La tonalità viene individuata in modo inequivocabile dall’accordo di dominante V° grado, in quanto oltre al salto principale del basso verso la tonica I° grado, contiene in sé la sensibile tonale VII° grado che risolve ascendendo di semitono alla tonica I° grado.  L’accordo di settima di dominante contiene anche la sensibile modale IV° grado che risolve discendendo di semitono al III° grado chiamato modale perché individua il modo maggiore o minore.

6- Il concetto di dominante deve essere esteso a tutte quelle formazioni che hanno un carattere di sensibile, di tendenza e di riposo sull’accordo di tonica.

7- Per la complessa carica di attrazione verso l’accordo di tonica ogni nota dell’accordo di dominante, oltre ai due movimenti descritti di salto principale e di sensibile, trova il suo riposo totale o parziale su qualunque altro suono dell’accordo di risoluzione. [Per esempio la 9°min. dell’accordo di dominante di do min. (la bemolle) trova la sua posa tanto sul sol quanto sul mi bemolle e sul do; come pure la settima (fa) può anch’essa riposare più o meno sulle tre note dell’accordo di tonica. Così dicasi anche per le altre due note (re e si) dello stesso accordo di dominante.]

7- Una nota che si muove con moto modale di tono pur sprovvista di carattere di sensibile verso l’accordo di risoluzione, se accompagnata armonicamente da suoni attrattivi, trova ugualmente la sua posa.

8- Pure l’anticipazione accompagnata dai suoni attrattivi conferisce all’accordo di risoluzione senso di posa, in quanto fa presentire l’accordo di risoluzione. Così pure le appoggiature.

9- Un particolare tipo di appoggiatura, che spero di aver capito, consiste nella seguente successione: la risoluzione dei suoni al punto (7) può essere usata anche con appoggiatura usata per salto.

 

 

A LEZIONE DEI GRANDI ARMONISTI

STUDI SULLA TONALITA' 7

SUONI ESTRANEI ALL'ARMONIA

LA VERITA' SU SCHOENBERG TEORICO, 

di GRANDI W. e C.A. ed. ZANIBON

 

Arnold Schoenberg -Manuale d'armonia-

(Dalla prefazione di Luigi Rognoni)

L'attività didattica di Arnold Schoenberg, occupa un posto preminente nella cultura musicale degli inizi del secolo, non solo perché dal suo in insegnamento uscirono due tra i maggiori musicisti della nostra epoca, Alban Berg e Anton Webern, ma perché nella riflessione teorica e critica del grande compositore viene sottoposto ad una serrata requisitoria quel processo di crisi del linguaggio musicale che aveva raggiunto la saturazione nell'estremo post-romanticismo tedesco. (...)

 

Ora proprio lo studio dell'armonia, cioè della dimensione più complessa della percezione sensibile auditiva, deve essere liberato dagli schemi feticistici per rilevarsi nei suoi più profondi significati originari e quindi nelle sue strutture mobili e aperte alla coscienza soggettiva del compositore. Fondamentali appaiono a questo proposito le premesse metodologiche di Schoenberg: se egli afferma che la tonalità non è "una legge eterna, una legge di natura della musica, come hanno fatto tutti i teorici che mi hanno preceduto, anche se questa legge corrisponde alle condizioni più semplici del modello naturale, cioè del suono e dell'accordo fondamentale", tuttavia "è indispensabile per l'allievo conoscere a fondo tutto ciò su cui si basa questa constatazione e studiare come essa si produce"; giacché "egli deve sapere che le condizioni della dissoluzione del sistema sono contenute in quelle stesse condizioni che lo determinano (...)

 

E' sorprendente  come Schoenberg si accosti, già in quest'epoca (1909-11), a quei postulati storici e critici dalla fenomenologia che Edmund Husserl chiarirà più tardi nella Krisis: per poter "giungere, prima di qualsiasi decisione, a un'autocomprensione radicale" come intenzionalità del passato verso il futuro, è necessario operare "attraverso una considerazione critica di ciò che nella propria finalità e nel proprio metodo rivela quell'aderenza ultima e autentica alla propria origine (Ursprungsecgtheit) che, una volta penetrata, lega a sé apoditticamente la volontà" Il concetto di "veridicità" (Wahrbaftigheir), cui deve costantemente tendere l'artista e sul quale tanto insiste Schoenberg nel corso della Harmonielehre, va proprio inteso come autocomprensione radicale nell'inveramento del passato verso il futuro; ed in questo senso egli precisa: "Uno dei compiti più nobili della teoria è di risvegliare l'amore per il passato e di aprire, nello stesso tempo, lo sguardo verso il futuro: in tal senso essa può essere storica, stabilendo legami tra ciò che è stato fatto, ciò che è e ciò che presumibilmente sarà. Lo storico può svolgere un compito fecondo quando presenta non delle date, ma una concezione della storia, e quando non si limita ad enumerare, ma si adopera a leggere nel passato il futuro."

 

  Come non essere d'accordo con una simile impostazione, solo che le conseguenze di tali presupposti penso che non siano sostanziate nelle analisi armoniche schoenberghiane. A tale proposito prendo in esame un passo di Schoenberg tratto dal -Manuale d'Armonia- al capitolo -Suoni "estranei all'armonia"-  pag. 428 es. 260.

A tal proposito l'autore scrive:

 

Come si vede, con le note di passaggio nascono, qui e in molti altri casi, accordi già in forme autonome: si nota, ancora una volta, quanto sia ingiustificata la concezione delle armonie accidentali, concezione che fa di necessità virtù non ammettendo come accordi le armonie che non può far rientrare nel sistema. Esaminando gli accordi ammessi, che a loro volta non derivano da esigenze melodiche diverse da queste, è possibile osservare la giustezza di tale affermazione.

 

 

Dunque Schoenberg nell'esempio precedente intravede armonie accidentali che non rientrano nel sistema. Ora esaminando tali accordi personalmente non osservo "la giustezza di tale affermazione", anzi in esso non esistono accordi accidentali, ma armonie reali! 

 

 

Inizierei dall'ultimo esempio (ultime due battute) che mi pare il più emblematico per la chiarezza armonica in cui si muove. Bisogna premettere che Schoenberg presenta tali accordi in una falsa semiografia che non tiene conto delle regole di sintassi armonica delle relazioni tonali.

Apportando i necessari cambiamenti, trasformando il Re in Mibb, il Fa# in Solb e il La in Sibb, appare evidente che tutta la prima battuta si muove sull'accordo di dominante che risolve normalmente su quello di tonica di RebM.   

Sui primi due movimenti abbiamo un accordo di 7°Dim., 9° di dominante con fondamentale sottintesa e sui successivi un accordo di 7° di dominante con 5° alterata in diminuzione, sensibile discendente della fondamentale. Questi accordi risolvono (nel modo più ortodosso) naturalmente sulla tonica di RebM.

 Anche nei primi due esempi, apportando i necessari cambiamenti grafici vivono solo armonie che partecipano al movimento armonico complessivo.

Nel primo esempio il Fa deve essere sostituito dal Mi#, tale formazione appartiene a quella di 7° sul II° grado eliso con quinta alterata in aumento e in diminuzione, saranno proprio queste note che Schoenberg considera "accidentali" a dare il maggior impulso risolutivo proprio sull'accordo verso cui tale formazione si muove naturalmente, la formazione di settima di dominante di SolM della successiva battuta.

 Il secondo esempio si muove sostanzialmente sulle solite armonie del precedente, Anche in questo caso tutta la prima battuta si muove sull'accordo sul II grado di SolM, nei primi due movimenti con la settima alterata in aumento e fondamentale sottintesa, sui secondi due con l'accordo completo di settima che risolve normalmente su quella di dominante di SolM, in questo caso 7°Dim. con fondamentale sottintesa.




^

 

 

 

 

A LEZIONE DEI GRANDI ARMONISTI

STUDI SULLA TONALITA' 8

SUONI ESTRANEI ALL'ARMONIA

LA VERITA' SU SCHOENBERG TEORICO, 

di GRANDI W. e C.A. ed. ZANIBON

 

 

(Gli esempi riportati si riferiscono al contesto dell'analisi dell'inizio dell'Ouverture Leonora 3 di L.v. Beethoven di W Grandi)

 

Per accordo dobbiamo intendere un agglomerato sonoro i cui componenti si muovono in comunanza di intenti verso un'altra formazione armonica. Un agglomerato sonoro in cui non tutti i componenti adempiono a questa legge non può essere definito accordo.

Alcuni teorici dell'armonia sia passati che recenti definiscono accordi di 11° e 13° alcuni agglomerati sonori in cui compaiono tali intervalli.

 Tale definizione è impropria in quanto tali formazioni scaturiscono dal movimento delle parti su pedale o da ritardi o anticipazioni che formano un intervallo di 11° o 13°. In essi non è l'accordo, in comunanza di intenti, che si rivolge verso un'altra formazione armonica risolvendo le proprie tensioni, ma solo una sua componente.

Presento qui, penso in anteprima sul web, tali accodi.

 

 

 

L'es D1 mostra come il primo accordo che si porta "in comunanza di volontà dinamica"sulla dominante di Sim. In esso l'11° si inserisce nell'accordo come sensibile descendente della 7° dell'accordo di dominante Fa#-La#-Do#, tutto l'accordo si porta verso la dominante.

La fondamentale dell'accordo è Do, II grado aumentato di Sim, Mi# 3° sensibile ascendente della fondamentale, Sol 5° sensibile discendente della fondamentale, Si 7° sensibile discendente dell 3°, Re 9° sensibile discendente della 5°, Fa 11° sensibile discendente della 7°.

Come fa notare W Grandi "La formazione in oggetto obbedisce inoltre alla legge secondo cui un accordo dissonante risolve su di una unità armonica consonante. Infatti, come abbiamo altre volte sottolineato, una quadriade, e così pure una quintiade, diviene espressione di un senso di posa quando è stata preceduta e attratta, come nel presente caso, da un accordo chhe la sovrasta in fatto di potenza dinamica.

 

 

 

 

^

 

 

 

 

SCARLATTI SONATA K175

La tecnica del Contrappunto strumentale nell’epoca di Bach di Bruno Zanolini - Edizioni Suvini Zerbini, rappresenta un testo interessante per lo studio della tecnica armonica Barocca. A differenza dei normali testi di Armonia ne affronta lo studio in senso storicistico, fatto relativamemte recente nella letteratura musicale italiana.

Al capitolo IV, par. Appoggiature, troviamo il seguente esempio tratto dalla sonata K175 di Domenico Scarlatti di cui riportiamo il testo musicale ed il commento dell’autore, es 1:

-Gli autori di questo periodo non finiscono a volte di stupire per alcune intuizioni che anticipano di molto conquiste future. Nell’esempio, dove ogni accordo è "sporcato" da appoggiature non risolte o, comunque, dal pedale interno di tonica, appare evidente la ricerca della dissonanza come puro fatto timbrico, come macchia di colore, addirittura come anticipazione del novecentesco "cluster".-

 

 

Cluster, letteralmente grappolo, rappresenta aggregati armonici di note attigue in seconda minore o maggiore che non vengono interpretati nel senso dell’armonia classica, svincolati dal concetto di dissonanza e risoluzione, moto e riposo.

Questa più o meno è la definizione che si ritrova nei testi di Armonia moderni e girando su internet. Ammettendo la mia ignoranza, in particolare su queste concezioni armoniche moderne, mi sembra che in questo caso non siano adeguate al contesto armonico.

Per comprendere il significato armonico scomponiamo gli accordi al basso nelle diverse componenti secondo le seguenti fasi:

L’esempio 1 mostra il passo di Scarlatti.

L’esempio 2 chiarisce in numero di parti degli accordi, infatti notiamo che il secondo accordo della seconda e quarta battuta si muovono a cinque parti, cosa non possibile agli altri accordi, dato che gli strumenti a tastiera non permettono l’unisono (se non con un clavicembalo a due manuali).

L’esempio 3 individua le parti che rappresentano il pedale contemporaneo di tonica sopratonica e dominante.

L’esempio 4 rappresenta le rimanenti parti che rappresentano il bicordo di quinta diminuita di sensibile (settima di dominante con la voce superiore), seconda metà della seconda e quarta battuta, che risolve naturalmente: la sensibile tonale SOL# ascendendo sulla tonica LA e la sensibile modale RE discendendo sulla modale DO. Alla prima battuta il RE rappresenta un’appoggiatura che risolve sul DO all’ottava superiore.

L’esempio 5 indica i bassi fondamentali del passo preso in esame, una serie di cadenze perfette, tonica dominate, ed una cadenza sospesa finale.

Pur nell’andamento dissonante derivato dal triplo pedale il senso tonale mi sembra chiarissimo con le sue tensioni e relative risoluzioni. Pur nell’andamento armonico ardito, non credo che in Bach si trovino passi simili, mi sembra fuori luogo parlare nei termini dell’autore: - ogni accordo è "sporcato" da appoggiature non risolte o, comunque, dal pedale interno di tonica -, secondo me ci troviamo di fronte non ad appoggiature non risolte, ma ad una successione di settime di dominante risolventi naturalmente sulla tonica, su triplice pedale di tonica sopratonica e dominante.

Una possibile spiegazione dell’arditezza di questo pedale può essere rintracciata nel periodo trascorso da Scarlatti, nella seconda parte della sua vita, in Portogallo e poi in Spagna. In questi paesi la letteratura chitarristica ha influito su composizioni di diversi autori penetrati dalla cultura iberica. Infatti l’accordatura della chitarra procede per quarte ascendenti (ad eccezione della terza e seconda corda) proprio come il pedale scarlattiano, che può rappresentare un richiamo alla sonorità delle corde a vuoto dello strumento.

 

 

 

 

^

 

 

 

 

TEMI RIPRESI DA VARI AUTORI

 

 

BACH VIVALDI

 

Il Tema del violino solista del terzo concerto brandeburghese (allegro finale) è ripreso
dal concerto RV 558 di Vivaldi (primo movimento).

 

 

 

MOZART HANDEL

 

Il tema della fuga del Kyrie eleison del Requiem di Mozart e' ripreso dell'oratorio il  Messia di Händel , Alla Breve - Moderato n. 23

 

 

 

 

^

 

 

 

horizontal rule