Suites a

 

Violoncello Solo

 

senza Basso

 

composées

 

par

 

Sr. J. S. Bach

 

Maitre de Chapelle

 

 

 

LO STRUMENTO E LA SUA TECNICA

 

ENGLISH VERSION

 

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violoncello.jpg (14793 byte)

 

 

 

INDICE

Il violoncello

 

La liuteria

Amati

Da Salò Gasparro

Maggini Giovanni Paolo

Guadagnini Giovanni Battista

 

Glossario

Suoni armonici

Il terzo suono di Tartini

 

Tecnica della mano destra

Impugnatura dell'arco

Condotta dell'arco

 

Colpi d'arco

Colpi d'arco alla corda

Detaché
Staccato (staccato corto)
Piccolo staccato
Portato (staccato lungo)
Martellato
Legato
Picchettato
Picchettato liscio
Picchettato portato (ondulato)
Picchettato martellato
Colpi d'arco gettati e saltati

Spiccato (Colpo d'arco gettato)
Saltellato (Balzato, Sautille)
Ricochet (Rimbalzato), Gettato
Picchettato spiccato (volante)
Picchettato saltellato
L'accento
 

Tecnica della mano sinistra

La mano sulla tastiera

Cambiamento di posizione

Glissando (Portamento)

Capotasto

Le scale

 

Accordi e bicordi

 

Espressioni

Alla corda

Attacco alla corda

Sciolto

Liscio

 

 

Interpretazione arcate diteggiatura

La diteggiatura

Le arcate

Sarabande Suite V interpretazioni a confronto

Esempi di arcate errate dal libro di -William Pleeth –IL VIOLONCELLO- Franco Muzio Editore
Esempi di arcate dal libro di -William Pleeth –IL VIOLONCELLO- Franco Muzio Editore

Analisi Gavotte II VI° suite

 

 

 

IL VIOLONCELLO

 

Il violoncello è uno strumento musicale cordofono appartenente alla sezione degli strumenti ad arco, è dotato di quattro corde accordate ad intervalli di quinta C-G-D-A, un'ottava sotto alla viola.
 

Violoncello - Wikipedia


Il nome di origine italiana è un vezzeggiativo di violone, strumento musicale della famiglia della viola da gamba di cui ne rappresenta il basso usato in epoca barocca il cui ruolo e stato sostituito dal moderno contrabbasso. 

 

Le caratteristiche della viola da gamba sono: manico tastato con legacci (frette) di minugia (budello), come nel liuto, il manico si presenta meno inclinato rispetto alla tavola armonica,  fondo piatto e mancanza di anima e di catena.  Il ponticello è molto basso e la pressione sul piano armonico è limitata con conseguenza limitazione di resa sonora.

 

L'origine del violoncello spesso viene proposta in modo ambiguo, e ricondotta alla viola da gamba, ed in generale dalla  famiglia della viola che a sua volta deriva da vihuela (si distingueva la vihuela da arco e da mano) nome dato in Spagna ad uno strumento della famiglia del liuto. Ricordiamo che il liuto è stato introdotto in Spagna nel secolo XIII con la dominazione araba.

 

 Mentre l'intonazione per quarte con una terza centrale tipica del liuto e della vihuela pur non essendo l'unica adottata, la radice del nome, la forma e l'uso di frette, fanno derivare la viola dalla vihuela, altrettanto non possiamo dire per il violino e il violoncello.

 

Se pure l'etimologia sia per il violino che per il violoncello (che ne rappresenta il basso) sembra derivare da viola,  la diversa accordatura, (la famiglia del violino e del violoncello ha un'accordatura per quinte) la mancanza di frette, la presenza dell'anima ed alcune caratteristiche formali diversificano questi strumenti da quelli della famiglia della viola, anche se con il termine viola da braccio venivano indicati una serie di strumenti con accordature diverse  che possono essere avvicinati sia al violino che alla viola.

 

Si deve altresì aggiungere che alcune volte la terminologia è ingannevole ed ha creato confusione tra i termini viola da gamba e da braccio:

 

http://www.baroquecello.org/documenti/Capitolo%20I.doc

 

Se c’è uno strumento per il quale la definizione di “liuto ad arco” calza davvero a pennello, questo è la viola da gamba, a cominciare dal sostantivo: “gamba” è infatti una falsa etimologia, derivante dall’arabo “kambus”, termine con il quale era conosciuto il liuto nella penisola iberica del secolo XV, dove invece “viuhela” era chiamato ogni strumento ad arco. Proprio in Spagna, abbiamo le prime testimonianze dell’uso della viola da gamba in un affresco anonimo presente nella cattedrale di Xàtiva, in cui sono raffigurati due angeli che suonano due piccoli prototipi di viola da gamba. Il passaggio da “viuhela de kambus” a “viola da gamba” deve essere avvenuto con l’introduzione di questi strumenti nel Vicereame di Napoli, che all’epoca dipendeva proprio dalla corona spagnola, come tolentino, ma per antichità napolitano . A parte la falsa etimologia, i legami organologici tra liuto e viola sono estremamente evidenti: entrambi hanno sei corde, accordate per quarte con una terza al centro (vi erano principalmente solo due tipi di accordatura: in Re, e in Sol) ed entrambi hanno il manico munito di frette, che li rende estremamente adatti all’esecuzione di accordi. Più ancora che il liuto la viola sviluppò diverse taglie, dall’ingombrantissima arciviola contrabbassa sino al minuscolo pardessus. Oltre alle diverse taglie, questo strumento poteva presentarsi anche in forme molto differenti tra loro: in Italia e in Spagna, ad esempio, erano molto diffuse le viole con la cassa a 8, priva di spigoli, mentre nell’Europa centrale e settentrionale il modello più blasonato era quello con gli incavi laterali a forma di C, così come i fori armonici. Christopher Simpson, all’inizio del suo celebre trattato Chelys minuritionum artificio exornata illustra i due principali tipi di viola, la prima su modello italiano e la seconda su modello francese/mitteleuropeo, esprimendo una leggera preferenza per la viola italiana: Forma Chelyos utravis Minuritonibus apta, sed Prima resonantior si legge sopra la figura. Non a caso la forma resonantior è molto simile a quella degli strumenti della famiglia del violino.

 

 

La lyra rinascimentale da braccio è  lo strumento che più richiama il violino  come forma ed accordatura, essendo accordata per quinte e non avendo le frette a differenza della lyra da gamba che le aveva. Non penso sia fuori luogo pensare che la formazione del violino e del violoncello non sia univoca ma che vari strumenti vi concorsero.

 

 

 

 

William Pleeth –IL VIOLONCELLO- Franco Muzio Editore

(Nona Pyron)

 

Origine e storia del violoncello

 

Mentre il violino, completo in ogni suo aspetto essenziale, per l aprima volta in configurazioni tra la fine del XII e l'inizio delXII secolo,  il "violino basso" che oggi chiameremmo violoncello comparve solo nel XV secolo. La sua apparizione piuttosto tarda è dovuta all'ideale sonoro occidentale del Medio Evo, che permane sino al XV secolo, e preferisce un tipo di suono acuto e nasale. I cantanti usavano la voce in un modo che oggi diremmo orientale e gli strumenti che accompagnavano il canto  (perché questa era la loro funzione principale) dovevano produrre un suono simile. A quel tempo la voce del basso non faceva parte della nostra concezione musicale.

Alla metà del XV secolo alcuni compositori della scuola fiamminga cominciarono ad ampliare l'estensione vocale verso il basso fino a raggiungere il DO greve, dove è rimasta per ragioni pratiche sino ad oggi.

Quasi contemporaneamente, e forse motivato dagli stessi impulsi innovativi, ci fu un cambiamento nell'ideale sonoro verso il suono a "gola aperta" che conosciamo oggi. Non a caso in questo periodo apparvero i primi violini bassi.

 

 

 

 

Violino basso e viola da gamba

 

E importante, prima di continuare con la storia del violoncello, vedere la relazione tra il violino basso (o violoncello) e il basso di viola da gamba. La storia di questi strumenti e stata spesso confusa, perciò è importante chiarire le differenze di base tra due famiglie di strumenti distinte: le viole e i violini.1
Benché negli ultimi secoli si sia diffusa la convinzione che il violoncello discenda dalla viola da gamba, i due strumenti apparvero quasi contemporaneamente ed ebbero origini molto diverse. Il violoncello è a tutti gli effetti un violino, soltanto le sue dimensioni sono maggiori, mentre la viola da gamba e un discendente diretto del liuto arabo. Questa derivazione e suggerita in parte dall'accordatura e dal numero delle corde, in parte dalla forma della cassa armonica.
Mentre il violino primitivo aveva tre o quattro corde accordate per quinte, la viola (come il liuto) ne aveva cinque o sei accordate per quarte con una terza in mezzo. E mentre la forma dei violino si stabilizzo nei XII o XIII secolo nella forma di "otto", o di due cerchi congiunti, la viola da gamba, nelle sue prime forme, sembra derivare direttamente dal liuto (con incavature nei lati per facilitare l'azione dell'arco, e il fondo piatto per agevolare la presa, anche se le prime raffigurazioni mostrano viole con il fondo bombato come i liuti). La relazione tra viola da gamba e liuto sembrava cosi stretta all'inizio del XVI secolo, che quando Hans Gerie, nei 1532, descrive questi strumenti ad arco, li chiama"liuti".
Oltre all'accordatura, al numero delle corde e alla forma della cassa armonica, ci sono altre differenze strutturali che influenzano il suono degli strumenti e che legano ulteriormente le viole al liuti e le differenziano dai violini.

1. Volte: i violini hanno li fondo e il coperchio bombati, le viole fondo piatto e coperchio appena curvato.

2. Sporgenza: nei violini c'e un bordo sporgente che estende le volte del fondo e del coperchio poco oltre le fasce, nelle viole il fondo e il coperchio arrivano al livello delle fasce.

3. Spigoli: la curva delle spalle dei violini si rovescia e forma degli spigoli, mentre le spalle delle viole arrivano direttamente alle incavature a forma di "C", senza sporgenza esterna (o al massimo una sporgenza minima). (Gli spigoli dei violini sono un'aggiunta decorativa dei manierismo, e per la loro piacevolezza sono rimasti fino a noi, anche se non hanno alcuna funzione, essendo riempiti di legno per mantenere l'originale forma a "otto" della cassa.)
 

4. Fasce: le fasce dei violini sono più strette di quelle delle viole (in tutti gli strumenti dal basso al soprano).

5. Fori: in generale, i violini avevano fori a forma di F. e le viole a forma di C, anche se nel XV secolo non era completamente stabilito. Molte viole e alcuni violoncelli avevano anche un terzo foro circolare intarsiato (rosetta) al centro della tavola armonica al di sotto della tastiera.

6. Frette: i violini erano di solito senza tasti (ci sono alcune eccezioni), le viole avevano le frette. Questo punto di distinzione non era affatto superficiale, come vedremo più avanti.

Le differenze tra le due famiglie di strumenti sono spesso chiaramente visibili in dipinti e disegni del periodo. Perciò le raffigurazioni artistiche dei primi periodi dell'esistenza del violoncello, come le due mostrate sotto, cl offrono delle informazioni preziose.
Le linee di demarcazione tra le prime viole e i primi violini possono essersi confuse nel corso dei secoli, ma all'inizio del XVI secolo le differenze erano chiare e venivano evidenziate con una certa insistenza. Per quanto ovvia possa sembrare la relazione tra le due famiglie di strumenti da un'osservazione a posteriori (particolarmente fra i bassi delle due famiglie) la viola da gamba, per costruzione, accordatura, e terminologia, è uno strumento di origine molto diversa dal violoncello. Il nome "violino" ha radici nel latino "fidicula", mentre "viola da gamba" ha [figura] connessioni con la lingua araba e il iiuto arabo (anche se per via indiretta). Intorno al 1500 il liuto arabo era conosciuto in Spagna con li nome di "kabus", che veniva pronunciato "ganbus". In Spagna il nome comune per indicare uno strumento ad arco era "vihuela", quindi la versione ad arco dei liuto quasi certamente sarebbe stata chiamata "vihuela de kabus". Visto che il modo arabo di suonare gli strumenti ad arco era di tenere lo strumento in posizione verticale sulle gambe,è semplice prevedere che quando il liuto ad arco raggiunse le corti italiane (attraverso gli stretti legami di Napoli e Miliano con la Spagna), gli italiani avrebbero interpretato "vihueia de kabus" (pronunciato "vihueia de ganbus") come "vihueia de gamba" o, per completare l'italianizzazione, "viola da gamba". Quindi li termine arabo per liuto venne ad assimilarsi alla parola gamba, che specifica la posizione dello strumento, per un gioco di somiglianze linguistiche

 


1 In questo capitolo il termine "violino" è usato in senso generico, come fino alla metà del Settecento, per designare tutti i membri della famiglia, dal basso al soprano.
 

 

 

 

La terminologia antica spiega differenze importanti

 

Secondo la tradizione occidentale, durante tutto il Medioevo e il primo Rinascimento, gli strumenti ad arco erano tenuti sul braccio o sulla spalla e suonati con la mano sopra l'arco (col palmo rivolto verso il basso). La viola da gamba, importata dalla Spagna dove prevalevano le influenze arabe, portò con se l'usanza di tenere lo strumento verticale e la presa dell'arco col palmo della mano rivolto verso l'alto.

Nel XVI e XVII secolo la terminologia destinata a distinguere i due gruppi di strumenti si appoggiò soprattutto a queste differenze di posizione. Cosi, i violini furono chiamati "viole da braccio" e le viole "viole da gamba". A questi nomi erano spesso aggiunte ulteriori specificazioni, come "con trastes" (cioe con frette), e "sin trastes" (senza frette) a indicare che le viole avevano i tasti, mentre i violini ne erano sprovvisti. L'insistenza su questi due punti, posizione e presenza o meno di frette, era fondamentale nel XVI secolo, perché diceva molto sull'origine e sulla natura del suono delle due famiglie di strumenti.
All'interno delle due famiglie gli strumenti erano classificati secondo la loro tessitura: discanto (o soprano), alto, tenore e basso. Cosi, un "violoncello" nel XVI secolo sarebbe stato chiamato "basso di viola da braccio" (con la specificazione "sin trastes"), o più semplicemente "basso da braccio". Quasi tutte le fonti del XVI secolo classificano gli strumenti in questo modo, e alcune precisano che spesso esistono diverse dimensioni per strumenti della stessa voce.
Nel 1607 Monteverdi, nella sua opera Orfeo, orchestra la parte strumentale per dieci "viole da braccio" a cinque voci dal basso al soprano. Marin Mersenne2 nel 1636 afferma che i famosi 24 violini del Re consistevano in sei soprani, sei bassi, quattro alti, quattro tenori, e quattro "quinton".3
 

 

2 Marin Mersenne, Harmonic Universelle, Parigi 1636-37; parziale traduzione in inglese di Roger E. Chapman in Harmonic Universelle, the Books on Instruments, L'Aia, 1957. [N.d.A.] Edizione in facsimile a cura di Francois Lesure, Parigi, 1963. [N.d.T.]

3 "Quinton" e un termine incerto. Forse il nome si riferisce al violino basso a cinque corde accordato come il violoncello, con una corda in più intonata una quinta sotto alla corda bassa. Praetorius, nel 1619, pare confermarlo annoverando fra le viole da braccio uno strumento accordato che chiamava "Gross Quint-Bass
 

 

 

 

Il significato delle frette

 

II significato musicale delle frette si manifesta in due modi: l'effetto che hanno sulla qualità del suono; il loro rapporto con l'intonazione e la possibilità dello strumento di modulare a tonalità lontane.
Cominciamo col primo punto: in uno strumento con i tasti come la viola, le dita, premono la corda dietro al tasto e la tendono su di esso; non è il dito, ma e il tasto stesso a fermare la corda e produrre il suono. Il suono che deriva da questo sistema è freddo, chiaro, pulito e un po' impersonale. I violini, al contrario, essendo suonati col contatto diretto delle dita, producono un suono che generalmente giudichiamo più caldo, personale, sensibile alle sfumature e vicino alla voce umana.. Così, in termini di suono, la distinzione fra strumenti con e senza tasti è veramente reale, e doveva avere implicazioni maggiori col passare del tempo e la trasformazione del gusto musicale (come sappiamo, a scapito delle viole).
Il rapporto fra i tasti e l'intonazione è ugualmente importante per ragioni diverse. Uno strumento con i tasti è inevitabilmente uno strumento a intonazione fissa nel senso che il suonatore non può alterare l'intonazione determinata dalla posizione delle frette.
I primi clavicembalisti, che dovevano affrontare i problemi di uno strumento a intonazione fissa, cercavano continuamente il modo per "temperare" il proprio strumento per evitare i difetti di intonazione provocati dal "Comma Pitagorico".4 Senza il temperamento uno strumento ben accordato per una tonalità poteva essere completamente fuori tono in una tonalità lontana, ma "imbrogliando" un po' il clavicembalista poteva distribuire la discrepanza del Comma Pitagorico lungo le varie ottave. Il temperamento era una specie di "frazionamento della differenza", un compromesso che faceva addolcire i cambiamenti tonali senza danneggiare troppo l'intonazione generale. (Il Clavicembalo ben temperato di Bach era un tentativo per dimostrare che uno strumento "ben temperato" poteva suonare nelle ventiquattro tonalità senza grandi problemi di intonazione.)
I clavicembalisti risolsero i problemi dell'intonazione fissa col temperamento, mentre una simile soluzione non fu possibile per la viola da gamba, perché le frette non potevano essere sistemate secondo complicati sistemi di temperamento. Così, quando i compositori cominciarono a modulare a tonalità lontane, i gambisti si trovarono di fronte a problemi di intonazione sempre più grandi, mentre i violinisti, liberi dai limiti delle frette, potevano aggiustare l'intonazione secondo le necessità tonali di ogni accordo.
Mersenne è piuttosto preciso a questo riguardo nel suo Harmonie Unliverselle (1636):

Il violino è uno degli strumenti più semplici, nel senso che ha solo quattro corde e non ha frette sul manico. Per questo motivo tutte le consonanze perfette possono essere suonate su di esso, come con la voce, perché le dita possono premere la corda nel punto voluto. Questo lo rende più completo degli strumenti con le frette, dove si è obbligati ad usare un temperamento e a calare o crescere la maggior parte delle consonanze, e alterare tutti gli intervalli, come mostrerò più avanti...
Bisogna notare che il violino è adatto a tutti i generi e specie di musica, e che su di esso si può suonare l'enarmonico, e tutte le specie del (genere) diatonico e cromatico, perché non ha frette, e contiene tutti gli intervalli immaginabili, che sono potenzialmente sulla sua tastiera, ed è comparabile alla materia primigenia capace di aggregarsi in ogni forma, non essendoci frette sul violino che producano un suono particolare. Cosi bisogna concludere che esso contiene un'infinità di toni diversi, e che la corda come la retta contiene un'infinità di punti....5

Più avanti dice della viola:

Le parti della viola sono simili a quelle del violino... differisce... solo nelle frette che limitano le sue possibilità e, invece dell'infinità che potrebbe avere, stabiliscono sette o otto semitoni uguali segnati sul manico da otto frette...6

Un secolo e mezzo dopo, in The Practice of Fingering the Violoncello, John Gunn scrive:

(...) Il violino era molto più adatto a produrre il giusto effetto in ogni luogo, per la forza maggiore e la brillantezza di suono; ma si trovò che, se messo nelle mani di abili artisti, poteva produrre un'armonia più perfetta di quella possibile alle viole. Ciò derivava da una causa, della quale probabilmente non si era sospettato prima, cioè che le dita, per lo studio, e la guida di un buon orecchio, ottenevano un'intonazione più accurata, di quanto si poté mai avere dall'indicazione delle frette, fissate sulla tastiera con la massima precisione matematica. Queste possono essere poste in modo che gli intervalli siano perfettamente intonati, ma solo in una tonalità; nelle altre gli intervalli sono molto falsi; e se la differenza fosse suddivisa e mascherata da ciò che chiamiamo temperamento, la variazione dall'intonazione esatta sarebbe facilmente distinguibile e offensiva per un orecchio fine.
 


4 Comma Pitagorico è un termine che indica la differenza di intonazione che troviamo dopo un giro completo delle quinte. Dopo aver suonato dodici intervalli di quinta giusta dovremmo, in teoria, ritornare alla nota di inizio (qualche ottava più in alto), con il Si diesis equivalente a Do; ma in pratica troviamo che il Si diesis così ottenuto è crescente rispetto al Do: questa differenza si chiama Comma Pitagorico.

5 Marin Mersenne, op. Cit., Proposition 1.

6 Marin Mersenne, op. cit.
 

 

 

 

Le tre misure del violoncello

Come abbiamo visto i primi "violoncelli" (più correttamente, "violini bassi") apparvero alla metà del XV secolo. I dipinti dimostrano che dall'inizio del XVI secolo i violini bassi (insieme a molte forme sperimentali) erano comuni
 

 

 

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Il violoncello iniziò la sua ascesa in Italia nel XVII sec. e per le doti di risalto della sonorità ed incisività espressiva sostituì progressivamente la viola da gamba.

 

Fa parte come componente essenziale dell'orchestra  del quartetto d'archi.

 

Già costruito dagli Amati (1) e da Gasparo da Salò (2) era impiegato solo nel basso continuo, il violoncello comparve come strumento solista verso la fine del Seicento. Questo affrancamento dal ruolo di sostegno del basso  avvenne a Bologna nella seconda metà del Seicento con composizioni di  Giovanni Battista Degli Antonii (1636-1698), Domenico Gabrielli (1659-1690), G. B. Bononcini (figlio), A. Ariosti. Il primo esempio di composizione dedicata al violoncello solo è rappresentata dai Ricercari di Domenico Gabrielli (1659-1690).

 

 Bach (1625-1750) per adeguare il contrappunto ad uno strumento monodico piegò a sé la tecnica del violoncello che, escludendo l'introduzione della tecnica del capotasto ad opera di autori del primo classicismo come Boccherini, rimase sostanzialmente invariata per circa un secolo.

 

 

 

(1)

famiglia di liutai, operanti a Cremona nei secc. XVI e XVII.

· Andrea (Cremona ca 1505/1510 - ca 1577/1580), il capostipite, fu costruttore di liuti e viole , iniziatore della scuola cremonese di liuteria e ideatore del primo violino, già attribuito a Gaspare da Salò. I suoi strumenti, di fattura assai curata e oggi rarissimi, hanno vernice giallo-dorata o bruno-chiara e suono dolce ma chiaro e forte.

· Antonio (Cremona ca 1538-1595) e Gerolamo (Cremona 1561-1630), figli di Andrea, firmarono sempre assieme i loro strumenti, in massima parte violini con vernice giallo-ambrata o rosso-dorata.

· Nicola (Cremona 1596-1684), figlio di Gerolamo e maggiore esponente della famiglia, maestro di A. Stradivari e A. Guarneri , fu il grande riformatore della liuteria italiana, autore dei cosiddetti 'grandi Amati', qualificati da una vernice di eccezionale trasparenza. Dopo di lui la qualità della produzione decadde, non riuscendo il figlio Gerolamo (1649-1740) a mantenere il grado di perfezione fin allora raggiunto.

http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/4/203_1&macro=4/c_1&macroname=BIOGRAFIE&refname=Amati%0A

 

 

 

(2)

propriamente Gasparo Bertolotti, liutaio (Salò 1540 - Brescia 1609). Membro di una famiglia di liutai, lavorò dapprima in Salò e dal 1562 a Brescia, per ca 2 anni, nel laboratorio di G. Virchi. È considerato, con il cremonese A. Amati (cui la priorità spetterebbe per ragioni anagrafiche), il creatore del violino moderno, dalle sonorità piene e robuste. La sua produzione (viole, violini, lire, contrabbassi ecc.) fu apprezzata in vari Paesi d'Europa: D. Dragonetti suonò su un suo contrabbasso; O. B. Bull possedette due suoi violini; altri suoi strumenti furono in possesso di celebri virtuosi. Il suo allievo più noto fu G. P. Maggini.

http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/4/3006_1&macro=4/c_1&macroname=BIOGRAFIE&refname=Gasparo%20da%20Sal%C3%B2%0A

 

 

 

 

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LA LIUTERIA

 

 

 

 

AMATI

 

Famiglia di liutai, operanti a Cremona nei secc. XVI e XVII.

· Andrea (Cremona ca 1505/1510 - ca 1577/1580), il capostipite, fu costruttore di liuti e viole , iniziatore della scuola cremonese di liuteria e ideatore del primo violino, già attribuito a Gaspare da Salò. I suoi strumenti, di fattura assai curata e oggi rarissimi, hanno vernice giallo-dorata o bruno-chiara e suono dolce ma chiaro e forte.

· Antonio (Cremona ca 1538-1595) e Gerolamo (Cremona 1561-1630), figli di Andrea, firmarono sempre assieme i loro strumenti, in massima parte violini con vernice giallo-ambrata o rosso-dorata.

· Nicola (Cremona 1596-1684), figlio di Gerolamo e maggiore esponente della famiglia, maestro di A. Stradivari e A. Guarneri , fu il grande riformatore della liuteria italiana, autore dei cosiddetti 'grandi Amati', qualificati da una vernice di eccezionale trasparenza. Dopo di lui la qualità della produzione decadde, non riuscendo il figlio Gerolamo (1649-1740) a mantenere il grado di perfezione fin allora raggiunto.

http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/4/203_1&macro=4/c_1&macroname=BIOGRAFIE&refname=Amati%0A

 

 

 

 

DA SALO' GASPARRO

(1540-1609)

 

Propriamente Gasparo Bertolotti, liutaio (Salò 1540 - Brescia 1609). Membro di una famiglia di liutai, lavorò dapprima in Salò e dal 1562 a Brescia, per ca 2 anni, nel laboratorio di G. Virchi. È considerato, con il cremonese A. Amati (cui la priorità spetterebbe per ragioni anagrafiche), il creatore del violino moderno, dalle sonorità piene e robuste. La sua produzione (viole, violini, lire, contrabbassi ecc.) fu apprezzata in vari Paesi d'Europa: D. Dragonetti suonò su un suo contrabbasso; O. B. Bull possedette due suoi violini; altri suoi strumenti furono in possesso di celebri virtuosi. Il suo allievo più noto fu G. P. Maggini.

http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/4/3006_1&macro=4/c_1&macroname=BIOGRAFIE&refname=Gasparo%20da%20Sal%C3%B2%0A

 

 

 

 

MAGGINI Giovanni Paolo

(1581-1630)

 

 

 

 

GUADAGNINI Giovanni Battista

(1711-1786)

 

Giovanni Battista Guadagnini (Bilegno in Val Tidone (PC), 23 giugno 1711 - Torino, 18 settembre 1786) fu uno dei più grandi liutai (costruttori di violini e di altri strumenti a corde) nella storia.

Dei suoi violini si parlò spesso come degli «Stradivari dei poveri», alludendo al lavoro di Antonio Stradivari, considerato generalmente come il più grande maestro liutaio di tutti i tempi. Guadagnini ha fatto violini (così come viole, violoncelli e probabilmente altri strumenti ad arco) dal 1729 circa, fino alla morte, anche se i suoi primi strumenti databili risalgono al 1742-43. La sua attività si suddivide in quattro periodi principali che corrispondono alle quattro città italiane in cui ha vissuto e lavorato: Piacenza (1716-1749), Milano (1749-58), Parma (1758-71), e Torino. Se a Piacenza il suo apprendistato e i suoi primi strumenti dovettero accontentare una piccola clientela, il trasferimento a Milano lo mise a contatto con altri liutai senza che la competizione nuocesse al lavoro, e trovando sollievo dopo periodi difficili seguiti alle conseguenze delle guerre di successione austro-spagnole (assedio di Piacenza, morte delle prime due mogli). Grazie all'amicizia con i fratelli Paolo e Carlo Ferrari, rispettivamente violinista e violoncellista di prestigio (specie il Carlo), sfruttò la possibilità di trasferirsi a Parma, dove il nuovo regime illuminato instaurato dal duca Filippo di Borbone e dal suo ministro Guillaume Du Tillot creò uno spazio di mercato appetibilissimo per Giovanni Battista e protezione commerciale sul suo lavoro. Inoltre, la presenza di un'orchestra di corte e di una buona attività musicale creava condizioni di lavoro ottimali per il liutaio, nonostante l'ampliarsi continuo della sua famiglia. Solo dopo il lento declino di Du Tillot seguito alla morte del duca Don Filippo e all'episodio della cacciata dei Gesuiti da Parma, Guadagnini vaglia la possibilità di trasferirsi altrove, individuando in Torino una piazza interessante. Qui entra alle dipendenze del conte Ignazio di Salabue, appassionato di strumenti e grande mecenate e commerciante, che sfrutterà il lavoro di Guadagnini sia come produttore di strumenti originali, sia come mediatore per l'acquisto di strumenti storici importanti (specie dalla dismessa bottega del defunto Antonio Stradivari a Cremona), sia come esperto e restauratore. La collaborazione con Cozio si scioglierà intorno al 1777, quando rescinderà il contratto di collaborazione con il conte continuando a lavorare per lui solo occasionalmente. Caratteristica di Guadagnini fu quella di vantare da un certo punto in poi (intorno a metà secolo) la propria nascita come cremonese: questo gli permise a lungo di imporsi come ultimo erede della mitica scuola della città di Stradivari e forse di vantare un discepolato stradivariano che non è mai esistito, ma indubbiamente proficuo per la propria immagine e per i propri affari. I suoi strumenti sono comunque una delle vette più alte della liuteria italiana post-stradivariana, di ottima fattura in tutte le componenti ed eccellente qualità sonora e di proporzione formale. Gli strumenti dell'ultimo periodo sono generalmente considerati i migliori. Nella realtà, sembra oggi difficile continuare a dare il soprannome di «Stradivari dei poveri» a strumenti che hanno raggiunto quotazioni di vendita di un milione di dollari. Tuttavia, considerando che le vendite dei violini Stradivari arrivano occasionalmente a cinque milione dollari, il paragone è ancora valido. Il figlio Giuseppe e altri membri della famiglia di Guadagnini continuarono a costruire violini per parecchie generazioni. Di questi, Lorenzo è considerato il migliore dopo Giovanni Battista, seguito da Giuseppe.

http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Battista_Guadagnini

 

 

 

 

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 GLOSSARIO

 

Tavola armonica

Fondo

Fasce

Manico

Ricciolo

Piroli

Anima

Tastiera

Corde

Puntale

Arco

Tallone

Veretta

Punta

Crini

 

Sordina

 

 La sordina è un oggetto di legno o di metallo che si applica al ponticello per ridurre il volume del suono
Indicazione: con sord., German: mit Dämpfer English: mute
Oltre alla normale sordina ci suono anche quelle che sono collocate sulle corde, il compositore quando indica
con sordina deve dare il tempo materiale per collocarle e rimuoverle.
 

 

 

 

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SUONI ARMONICI

 

 

Armonici naturali

 

Sfiorando con un dito della mano sinistra un punto nodale della corda questo produce un suono armonico, dall'effetto rarefatto da cui il nome improprio di flautato in inglese  flageolet letteralmente zufolo.

English: natural harmonics

 

 

Viene notato con un cerchio sopra la nota.

 

La nota indica esclusivamente il punto in cui il dito deve sfiorare la corda e non indica il suono reale.

In relazione al fenomeno fisico acustico di una corda eccitata che produce una serie di suoni chiamati armonici, il cui rapporto col suono fondamentale sta alla serie dei numeri 2,3,4 etc. in rapporto al numero 1, così sfiorando la corda in uno dei punti che corrispondono alla metà, ad un terzo. ad un quarto etc. della sua lunghezza, essa produrrà i rispettivi suoni armonici le cui frequenze stanno in relazione al suono fondamentale nei rapporti suddetti.

 

Porzione di corda sfiorata e suoni armonici prodotti:

 

1/2 corrispondente ad un intervallo di 8° (dà una 8° sopra la corda a vuoto)
1/3 corrispondente ad un intervallo di 5° (dà una 8° e una 5° (12°) sopra la corda a vuoto)
1/4 corrispondente ad un intervallo di 4° (dà due 8° (15°) sopra la corda a vuoto)
1/5 corrispondente ad un intervallo di 3°M (dà due 8° e una 3°M (17°) sopra la corda a vuoto)

 1/6 corrispondente ad un intervallo di 3°m (dà due 8° e una 5° (19°) sopra la corda a vuoto)

1/7 corrispondente ad un intervallo di 2°M crescente (dà due 8° e una 7°m (21°) sopra la corda a vuoto)

1/8 corrispondente ad un intervallo di 2°M (dà tre 8° (22°) sopra la corda a vuoto)

 

La serie degli armonici teoricamente è infinita ma questi indicati che corrispondono ai primi quattro della serie e multipli di essi sono quelli di migliore effetto.

E' da notare che i punti sfiorati rappresentano i punti nodali in cui la corda scompone le sue vibrazioni; sfiorando la corda ad 1/3 essa scompone la sua vibrazione in tre parti, per cui il solito armonico è prodotto sfiorando la corda a 2/3. Così come il solito armonico è prodotto sfiorando la corda ad 1/4 ed a 3/4, così come ad 1/5 ed a 4/5 e così via.

In sostanza gli armonici naturali sono speculari rispetto alle due metà della corda.
 

 

Armonici artificiali

 

Gli armonici artificiali sono prodotti producendo artificialmente, premendo una nota sulla tastiera, producendo un nuovo capotasto artificiale e sfiorando con il mignolo la corda sempre nelle proporzioni descritte.

 

L'armonico artificiale viene indicato tramite due note: l'inferiore notata normalmente indica la posizione del nuovo capotasto e la seconda indicata con un rombo indica il punto in cui sfiorare la corda.

 

In alcuni casi viene indicato la nota reale prodotta.

 

 Porzione di corda sfiorata e relativo intervallo per ottenere i suoni prodotti dal nuovo capotasto artificiale, e suoni armonici prodotti.

 

1/3 corrispondente ad un intervallo di 5° (dà una 8° ed una 5° (12°) sopra la corda con capotasto artificiale)

1/4 corrispondente ad un intervallo di 4° (dà due 8° (15°) sopra la corda con capotasto artificiale)

1/5 corrispondente ad un intervallo di 3°M (dà due 8° ed una 3°M (17°) sopra la corda con capotasto artificiale)

1/6 corrispondente ad un intervallo di 3°m (dà due 8° ed una 5° (19°) sopra la corda con capotasto artificiale)

1/8 corrispondente ad un intervallo di 2°M (dà tre 8° (22°) sopra la corda con capotasto artificiale)

 

 

 


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IL TERZO SUONO DEL TARTINI

 

 

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TECNICA DELLA MANO DESTRA

 

 

 

CONDOTTA DELL'ARCO

 

Regole generali da tenere presenti:

 

Si definisce suono al ponticello o suono alla tastiera rispettivamente il suonare avvicinando l'arco a questo o a quella, al ponticello il suono è più dolce e caldo mentre verso il ponticello è metallico e freddo.

 

Più si suona verso posizioni acute più l'arco deve avvicinarsi al ponticello. Questo dipende dal fatto che accorciandosi la porzione di corda vibrante varia anche il punto di contatto medio dell'arco con la corda.

 

Pressione dell'arco, velocità e punto di contatto con la corda sono variabili l'una dipendente dalle altre.

 

Pressione dell'arco

 

Con l'aumentare della pressione, affinché la corda vibri naturalmente, dobbiamo intercettarla verso un punto che offra maggiore resistenza, cioè verso il ponticello, se questa condizione non fosse soddisfatta sarebbe necessario aumentare la velocità dell'arco sulla corda per permettere la sua naturale vibrazione.

Inversamente avviene col diminuire la pressione dell'arco sulla corda, infatti diminuendo la pressione dobbiamo trovare un punto in cui la corda offra meno resistenza, cioè verso la tastiera, diversamente dovremmo diminuire la velocità dell'arcata per permettere all'arco di di far vibrare la corda .

 

Velocità dell'arco

 

Aumentando la velocità dell'arco dobbiamo aumentare la pressione sulla corda affinché l'arco posso far vibrare la corda altrimenti dovremmo spostare il punto di contatto verso la tastiera in quanto offre meno resistenza. Inversamente, col diminuire la velocità dell'arco dobbiamo diminuire la pressione per permettere alla corda di vibrare altrimenti dovremmo spostare il punto di contatto verso il ponticello in quanto offre maggiore resistenza.

 

Punto di contatto dell'arco

 

Spostando il punto di contatto dell'arco sulla corda verso il ponticello dobbiamo aumentare la pressione in quanto in quel punto la corda offre maggiore resistenza diversamente dovremmo diminuire la velocità dell'arcata per permettere all'arco di di far vibrare la corda .

Inversamente avviene con l'avvicinare l'arco alla tastiera, dobbiamo diminuire la pressione in quanto in quel punto la corda offre minore resistenza diversamente dovremmo aumentare la velocità dell'arcata per permettere all'arco di di far vibrare normalmente la corda .

 

 

 

 

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COLPI D'ARCO

 

 

COLPI D'ARCO ALLA CORDA

 

 

DETACHE'

 

Termine francese che significa staccato, normalmente indica un colpo d'arco sciolto cioè con una arcata ogni nota, eseguito alla corda cioè senza staccare l'arco da essa, e nel passare da un'arcata ad un'altra non vi sia la minima separazione o il minimo vuoto tra i suoni . Si trovano anche altre interpretazioni dato che il termine indicando lo staccato ha svariate  sfumature.

 

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The détaché bow stroke is acheived by starting the stroke with a tiny little stroke of the bow, and then allowing the string to resonate. This is different from another French named bow stroke that is done on the string, called Martelé where the bow is hammered (hence the name) at the beginning and at the end of the stroke (rather like a hammer on an anvil) and that sounds more effortful

 

Tartini beautifully described how to develop the technique of playing détaché the separated stroke on the string; in his letter to Countess Lombardini, from 1771. He instructed her to "play your Corelli allegro, in the last inch of the bow, with a rest between each note", and then said "When you are mistress of that part of the bow, then do the same stroke, a little further down".

 

The best way of developing the détaché stroke of articulation with the bow on the string, was described by Viotti, who was an Italian violinist of the late 18th Century, who then became the founding father of the French school. His method was to alternate up bows and down bows but blurring across the beat so that the bow stroke that fall on the naturally heavier beats of the bar alternates from up to down.
 

 

Dall Grove

 

 Of an individual note in performance, usually separated from its neighbours by a silence of articulation. The separation may be, but is not invariably,
accompanied by some degree of emphasis, and occasionally the term may imply emphasis without physical separation. The term may be regarded as the
antonym of Legato; a degree of articulation intermediate between staccato and legato, which has sometimes been represented by the term 'non legato',
was regarded by certain 18th-century authorities as the normal method of playing melodies with life (according to C.P.E. Bach in his Versuch, 1753,
it implied playing with 'fire and a slight accentuation'). It is not always clear, however, that the use of the term 'non-legato' implies something
different from staccato marks; in late Beethoven, for instance, the use of the term 'non-legato' or staccato marks, often occurring after legato
passages, may both merely be intended as indications not to slur.

In 20th-century notation the staccato is generally prescribed by means of a dot over or under the note and is distinguished from the more emphatic
staccatissimo, indicated by a wedge. Furthermore, modern notation often prescribes the technical means to be adopted by the performer in order to
secure the required effect. String playing is particularly rich in such distinctions: for example, there is a difference between a staccato in which
the bow remains on the string (with or without a change of bow direction for each note) and the Sautillé and spiccato in which the bow leaves the string
between each pair of notes. Such technical distinctions gradually came into use from the 18th century; for details, see Bow, §II, 2(iv, vii) and
3(vi-ix).

Before the second half of the 19th century, dots, dashes and wedges were likely to have the same meaning, although some notators and theorists
distinguished between dots and dashes, meaning different degrees of staccato, at least from the time of Quantz (Versuch, 1752) and Leopold
Mozart (Violinschule, 1756), and it was generally expected in the 18th century that performers would make use of a variety of different touches.
The autograph score of the Molto Allegro of Mozart's Symphony no.41, shows a mixture of bold dashes and smaller staccato marks which, although they are
actually small dashes, have often been taken to represent dots. Such passages, in which one or other form predominates or where smaller or larger
marks appear to be consistently associated with particular elements in the musical phrases, have led many scholars to maintain that Mozart, and other
composers of the period whose autographs contain a similar variety of forms of staccato marks, intended to indicate two distinct types of staccato
execution by means of these marks. On the basis of theoretical writings, the dash has usually been considered to indicate a shorter and sharper
execution, and the dot a longer and lighter one (though the writings of some theorists suggest alternative interpretations). Advocates of a deliberate
differentiation between dots and dashes in the music of some 18th-century composers are, however, faced with rationalizing many passages, such as the
one in the illustration from the Andante of Mozart's String Quartet in E k614, where the variety of the forms is so extensive as to render a
meaningful distinction between two distinct types impracticable. A number of scholars (perhaps most persuasively P. Mies: 'Die Artikulationszeichen
Strich und Punkt bei Wolfgang Amadeus Mozart', Mf, xi (1958), 428-55) have argued that the apparent distinction between dots and dashes resulted from
habits of writing, particularly at speed. This line of argument provides a plausible alternative explanation of seemingly consequential differentiation
between the two forms. Whether or not a notational distinction was sometimes intended, there can be no doubt that composers envisaged, and the best
performers employed, a continuous spectrum of subtly varied staccato execution, not two discrete types. One distinction, almost invariably
observed by Mozart, Beethoven, and many of their contemporaries, was between normal staccato marks and staccato marks under a slur indicating portato; in
the latter case, whatever the form of their marks elsewhere, they punctiliously employed dots. In Baroque thoroughbass notation, vertical
dashes are sometimes used to indicate tasto solo passages, no doubt alsoimplying some degree of emphasis or articulation.

In the late 19th and early 20th centuries a wide variety of signs came to be used to signify various nuances of staccato articulation involving numerous
combinations of dots, vertical and horizontal dashes, vertical and horizontal wedges etc., in the music of such composers as Debussy and
Schoenberg. Attempts have been made since then to standardize this aspect of notation, but without general success.

 

 

 

 

STACCATO (staccato corto)

 

Questo colpo d'arco si esegue alla corda arrestando l'arco prima di ogni cambiamento di arcata, a differenza del successivo martellato l'attacco dell'arco deve essere meno forte e avere minore pressione. A seconda della velocità del pezzo questo colpo d'arco può essere eseguito con tutto l'arco, non più lento di 60 M.M. circa per nota, o con porzioni di esso.

 

Sfumature di staccato:

 

Attacco incisivo e suono non sostenuto

 

Dopo aver messo pressione all'arco  tirarlo togliendo immediatamente  pressione, in questo caso si avrà un attacco del suono incisivo immediato e non sostenuto.

 

Attacco incisivo e suono sostenuto

 

Dopo aver messo pressione all'arco tirarlo non togliendo pressione, in questo caso si avrà un attacco del suono incisivo immediato e sostenuto, l'arrestare l'arco mantenendone la pressione produce un suono non molto elegante. 

 

Non dando pressione all'arco non si ha un attacco incisivo e si produce uno staccato morbido.

 

Studi basati sul picchettato martellato

 

Popper David (1846 Prague-1913)

High School of Cello Playing, op. 73 (Leipzig 1901-5)

Studio n. 1

 

 

 

 

PICCOLO STACCATO

 

Se definisce piccolo staccato uno staccato veloce verso la metà dell'arco eseguito con movimento di polso.

 

 

 

 

PORTATO (staccato lungo)

 

Si indica con un trattino _ sopra la nota.

A differenza dello staccato l'arco non si arresta prima del cambiamento dell'arcata, ogni nota risulta leggermente accentata da leggere flessioni dell'arco. A seconda della velocità del pezzo questo colpo d'arco può essere eseguito con tutto l'arco, non più lento di 60 M.M. circa per nota, o con porzioni di esso.

A seconda della velocità del pezzo questo colpo d'arco può essere eseguito con tutto l'arco o con porzioni di esso.

 

 

 

 

MARTELLATO

 

Questa arcata dà un accento vivo all'inizio di ogni nota. L'arco deve mordere la corda prima di iniziare l'arcata premendo sulla stessa e successivamente abbandonando la pressione dopo la sua esecuzione ed arrestando l'arco sulla corda. Si esegue con una flessione delle dita e del polso.

A seconda della velocità del pezzo questo colpo d'arco può essere eseguito con tutto l'arco o con porzioni di esso.

fr. martelé ingl. 'hammered' notes. Si indica con un punto sopra la nota o con un cuneo o con una forcella orizzontale. La sua velocità non supera quattro semicrome, in un movimento da 60 M.M circa.
 

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The accents might have staccato dots too, since this is really an extension of staccato playing, producing a very heavy sound.

 

 

 

 

LEGATO

 

L'esecuzione di due o più note in un'unica arcata senza interruzione e flessione, accento, di suono produce il suono legato, l'arco non deve subire nessuna variazione, come se eseguisse una nota unica al posto di due. Nell'eseguire due note legate su corde diverse, al fine di ottenere un buon legato, l'arco deve essere tenuto inclinato verso la corda su cui si deve eseguire la nota legata al fine di eseguire il cambiamento di corda senza interruzione di suono e con il massimo legato.

 

 

 

 

PICCHETTATO

 

 Il picchettato è formato da una serie di suoni staccati veloci nella stessa arcata. Viene indicato con un punto sopra le note legate od anche un cuneo quando se ne richiede un'esecuzione accentuata.
 

 

 

 

PICCHETTATO LISCIO

 

Il picchettato può essere anche liscio, semplice, senza fare pressione sull'arco ad ogni attacco, si indica con un puntino sopra le note legate. Questo colpo d'arco si esegue su tutto l'arco a tempo moderato.

 

 

 

 

PICCHETTATO PORTATO (ondulato)

 

Si esegue facendo una leggera pressione ogni nota senza staccarla, si indica con un trattino sopra le note legate. Questo colpo d'arco si esegue su tutto l'arco a tempo moderato.

 

Dal sito del quartetto italiano

Quartetto Italiano - Incontro...

Un caso poi che cito spesso é quello del «portato», indicazione musicale che è graficamente rappresentata da due punti sulle note, con una legatura sopra. I violinisti scambiano spesso questa indicazione con un colpo d'arco detto «picchettato», tipico di Paganini e di Wieniawski, virtuosistico, che non ha niente a che fare con il «portato». Il «portato» è espressivo, simile al legato, mentre il «picchettato» è una serie di veloci note staccate nella stessa arcata. Il Quartetto op.59 n.3 di Beethoven, dopo l'Andante introduttivo, inizia con una cadenza del violino indicata «portato», che molti erroneamente eseguono «picchettato». Si desidererebbe insomma più attenzione alle esigenze musicali che alla convenienza strumentalistica.
(Paolo Borciani)

 

 

 

 

PICCHETTATO MARTELLATO

 

Nel picchettato martellato ogni nota viene eseguita martellata, si indica con un punto sopra la nota o con un cuneo o con una forcella orizzontale  sopra le note legate. Questo colpo d'arco si esegue su tutto l'arco a tempo anche veloce. La porzione di arco usata è in relazione al valore della nota come avviene nel martellato.

 

Studi basati sul picchettato martellato

 

Grützmacher Friedrich Wilhelm Ludwig (1832-1903)

Ventiquattro studi op.38 vol. 1

Studio n 12

 

Popper David (1846 Prague-1913)

High School of Cello Playing, op. 73 (Leipzig 1901-5)

Studio n. 32

 

 

 

 

COLPI D'ARCO GETTATI E SALTATI

 

 

 

SPICCATO (Colpo d'arco gettato)

 

L'arco viene alternativamente gettato e alzato dalla corda, se il tempo è veloce viene eseguito col polso e con le dita, se moderato vengono coinvolti braccio e avambraccio. Prima di eseguire la nota si fa una leggera pressione dell'arco sulla corda ed appena eseguita la nota si alza l'arco dalla corda; a differenza del saltellato in questo colpo l'arco non rimbalza autonomamente ma viene sollevato anche tramite il mignolo della mano destra.

 

Nell'esecuzione di questo colpo d'arco viene usata una minima quantità d'arco preferibilmente verso la metà, 3/8 e 4/8 sulle corde di maggiore spessore, 5/8, 6/8. Si esegue con movimento delle dita e del polso e se il tempo è moderato anche con il braccio e l'avambraccio. Nell'avvicinarsi alla punta si ha difficoltà a sollevare l'arco ed al tallone l'effetto è molto pesante.

 

 Oltre una certa velocità si trasforma in un colpo d'arco saltato.

 

 

Studi basati sullo spiccato

 

Servais Adrien François (1807 Belgian town of Hal, near Brussels-1866)

Sei Capricci per Violoncello, op. 11

 Capriccio n. 2

 

 Popper David (1846 Prague-1913)

High School of Cello Playing, op. 73 (Leipzig 1901-5)

Studio n. 27

 

 

 

 

SALTELATO (Balzato, Sautille)

 

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The most commonly used type of bouncing stroke is Sautee, which is the same word as sautee-ing in cooking, when you let the food jump in the pan, like the bow is allowed to jump, not made to jump. IN the film above you can see the fingers of David's right hand (bow) are very relaxed.
 

A differenza dei colpi d'arco gettati il balzato o saltellato si ottiene lasciando rimbalzare l'arco naturalmente sulla corda, in questo colpo d'arco braccio e avambraccio rimangono passivi ed il naturale rimbalzo dell'arco è assecondato da un leggero movimento di polso.

 

Nell'esecuzione di questo colpo d'arco viene usata una minima quantità d'arco preferibilmente verso la metà, 3/8 e 4/8 sulle corde di maggiore spessore, 5/8, 6/8. Nell'avvicinarsi alla punta e ad tallone l'arco salta rispettivamente troppo o troppo poco.

 

Studi basati sullo spiccato

 

DUPORT Jean Luis  (October 4, 1749 - September 7, 1819)

21 etudes (c1813).
Etude n. 10

 

 

 

 

RICOCHET (Rimbalzato), Gettato

 

Dal francese, letteralmente rimbalzo, indica l'esecuzione rimbalzata di diverse note in un'arcata, preferibilmente in giù, alcune volte indicato con più punti sulla nota. Con ricochet viene alcune volte indicato il saltellato. Questo colpo d'arco si esegue gettando l'arco sulle corde e successivamente lasciare l'arco libero di saltare come nel saltellato, per cui viene anche denominato Gettato.

 

 

 

 

PICCHETTATO SPICCATO (volante)

 

Questo colpo d'arco è uno spiccato nella stessa arcata, viene denominato anche picchettato volante quando eseguito in su. Come per lo spiccato si esegue più facilmente verso la metà dell'arco: 3/8-4/8-5/8-6/8, oltre una certa velocità si trasforma in un colpo d'arco saltato.

 

 

 

 

PICCHETTATO SALTELLATO

 

Come per il saltellato si esegue più facilmente verso la metà dell'arco: 3/8-4/8-5/8-6/8. Viene chiamato anche balzato.

 

 

 

 

L'ACCENTO

 

L'accento si indica con il simbolo > sopra la nota, si ottiene dando maggior velocità e/o maggior pressione all'arco.

 

Normalmente un accento dolce e espressivo si ottiene con una maggior velocità dell'arco, mentre l'accento nello sforzato sf si ottiene con una maggior pressione dell'arco e e nello sff con la caduta dell'arco sulla corda.

 

 

 

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TECNICA DELLA MANO SINISTRA

 

 

 

CAMBIAMENTO DI POSIZIONE

 

I cambiamenti di posizione rivestono un aspetto molto importante. Per gli aspetti più strettamente musicali rimando a:  interpretazione arcate diteggiatura, qui esamineremo gli aspetti strettamente meccanici.

 

 

 La sinistra non deve essere alleggerita durante il cambio di posizione nè  dalla corda nè dalla tastiera.

Per evitare portamenti si attua un  leggero alleggerimento dell'arco durante il cambi. 

 

 

Cambiamento di posizione verso e da gli armonici.

 

Il portamento verso un suono armonico generalmente avviene con il dito di arrivo al fine di trovare il dito pronto per l'armonico.

Quando si lascia un armonico, per evitare il portamento degli armonici, il dito cesserà il suo contatto con la corda e la mano si porterà verso la nota di arrivo. Quando la corda a vuoto succede ad un armonico per evitare il persistere dell'armonico è necessaria una leggera contrazione del dito che sfiora la corda per inibirne il suono.

 

 

 

Per raggruppamento della mano

 

        Il cambiamento di posizione per raggruppamento si prepara durante la nota che precede il cambiamento raggruppando la mano, sia ascendendo che discendendo, facendo pernio sul dito che ha eseguito la nota precedente e raggiungendo la nota voluta.

Questa tecnica per mette di legare i suoni e non avere effetti di portamento

 

 

 

Per sostituzione

 

I cambiamenti di posizione per sostituzione si fanno con il dito che si trova sulla nota di partenza sempre premendo sulla corda ma in modo leggero.

 

Nei cambiamenti ascendenti quando si passa da un dito numericamente inferiore ad uno superiore, durante il movimento di cambiamento di posizione si allunga il dito di arrivo per raggiungere prima la nota di arrivo: anche in questo caso l'intento è quello di legare il più possibile le note.

Quando invece si passa da da un dito numericamente superiore  ad uno inferiore, durante il movimento di cambiamento di posizione si avvicina il dito di arrivo a quello di partenza e raggiunta la nota da eseguire si sostituirà il dito di partenza con quello di arrivo.  

In quest'ultimo caso (quando si passa da da un dito numericamente superiore  ad uno inferiore) se il passaggio di posizione avviene su due corde diverse il portamento nel cambio di posizione avviene sulla corda della nota del dito di arrivo.

 

Nei cambiamenti discendenti quando si passa da un dito numericamente superiore ad uno inferiore, durante il movimento di cambiamento di posizione si allunga il dito di arrivo per raggiungere prima la nota di arrivo: anche in questo caso l'intento è quello di legare il più possibile le note.

Quando invece si passa da da un dito numericamente inferiore ad uno  superiore, durante il movimento di cambiamento di posizione si raggruppa la mano e si avvicina il dito di arrivo a quello di partenza e raggiunta la nota da eseguire si sostituirà il dito di partenza con quello di arrivo, in questo caso la sostituzione avverrà con una leggera percussione..  

Anche in questo caso (quando si passa da da un dito numericamente inferiore ad uno superiore) se il passaggio di posizione avviene su due corde diverse il portamento nel cambio di posizione avviene sulla corda della nota del dito di arrivo.

 

 

 

 

GLISSANDO (Portamento)

 

 

Questi termini vengono spesso usati come sinonimi; il glissando (termine onomatopeico derivato dal suono prodotto dallo scivolamento del dito sulla corda) rappresenta un'azione di scivolamento che, partendo da un suono e arrivando ad un altro, riproduce i suoni della scala, cromatica o no, come nel pianoforte o nella chitarra; mentre nel portamento, termine derivato dalla tecnica vocale, tale scivolamento avviene non su dei suoni ben definiti ma con un incremento progressivo di frequenze, come avviene nella voce e negli strumenti ad arco

 

 

GROVE

Glissando
(italianized, from Fr. glisser: 'to slide'; It. strisciando).
A term generally used as an instruction to execute a passage in a rapid,
sliding movement. When applied to playing the piano and the harp, glissando
generally refers to the effect obtained not by fingering the key or strings
of scales but by sliding rapidly over the relevant keys or strings with the
fingernails or the fingertips. Because of the nature of the piano and the
harp, every individual tone or semitone of such glissando scales is clearly
heard, no matter how rapid the 'sliding' (see Harp, §V, 7(iv) (b)). On the
other hand, with the voice, violin or trombone, a sliding from one pitch to
another is more readily effected without distinguishing any of the
intervening notes, a method of sliding which is often called Portamento (see
Portamento (i) and (ii)). Other instruments capable of sliding are the
clarinet, the horn and the timpani. By their very nature, both types of
sliding must be legato and relatively rapid.

In practice, the terms glissando and portamento are often confused and used
interchangeably. However, if the distinctions made above are kept, it
follows that the piano and the harp, which have fixed semitones, can play
glissando but not portamento; and the voice, members of the violin family
and the trombone can produce either type of sliding, although glissando is
far more difficult for them.

Two examples of sliding on the violin will illustrate the distinctions just
made between the two terms. Ex.1a shows a chromatic glissando (Lalo:
Symphonie espagnole, fourth movement), although no such term is used by
Lalo. The passage shows clearly that Lalo wished every semitone to be
distinguished in the downward slide from e'''' to e'', even at the speed
implied by the demi-semiquavers. The slur directs the player to use a single
bow stroke for the glissando, and the use of a single finger in sliding is
implied (up to the last few notes). This type of glissando probably had its
origins either in the 'Couler à Mestrino' (ex.1b), a quasi-portamento
expressive effect illustrated by Woldemar (Grande méthode ou étude
élémentaire pour le violon, Paris, 1798-9) but apparently adopted by Nicola
Mestrino in most slow movements, or in Rameau's idea, in the first violin
part of his opera Platée (1749), of depicting the words 'Ce sont des pleurs'
(Act 3 scene iv) by 'sliding the same finger, and making audible the two
quarter-tones between e' and f'.

 n ex.2, taken from the second movement of Bartók's Fourth String Quartet,
the composer indicated a sliding by a diagonal line - he used no terms.
Obviously, at the prestissimo tempo of the movement, the slide must be a
portamento, there being no time to distinguish any intervening notes. All
four instruments of the quartet are directed to slide, as shown.


Flesch proposed that glissando be used to mean a technically essential type
of violin shift (the shift to be carried out quickly and unobtrusively) and
that portamento be used for a type of shift (carried out either slowly or
rapidly) intended to heighten the expression. These distinctions, however,
have not been universally accepted. In Galamian's terminology, for instance,
Flesch's portamento becomes 'expressive glissando'. Because of the variety
and confusion of terms and meanings, Flesch used the term 'chromatic
glissando' to describe the passage shown in ex.1a in order to make explicit
the articulation of each individual semitone.

The first known composer to specify glissando was Carlo Farina, whose
imaginative, if ostentatious, efforts to imitate animal and bird sounds in
his Capriccio stravagante (1627) extended the technical and descriptive
range of violin writing. Modifications to the neck and fingerboard of bowed
stringed instruments about 1800 resulted in a marked increase in the
exploitation of the higher positions on all strings, with either tonal
uniformity or bravura effect in mind, and opened the way for 19th-century
virtuosos such as Lolli and Paganini to incorporate the glissando in their
technical vocabulary. Descending glissandos were more common and most
examples of violin glissando occurred on the E string (e.g. as in the first
movement of Bériot's Second Violin Concerto, 1835, or in Vieuxtemps's Third
Violin Concerto op.25, 1844). However, Lolli is reported (AMZ, i (1798-9),
col.577-84, esp. 580) to have 'glided [from g'], without further fingering,
through all the mediants to [g''] and so on . up to the extreme end of the
fingerboard. Only the bow marked the main notes with a short staccato, while
the finger . slid to the final note'. The una corda extravaganzas of
Paganini (e.g. Introduction and Variations on 'Dal tuo stellato soglio' from
Rossini's Mosè in Egitto, ?1819) and his successors (e.g. Vieuxtemps's Norma
op.18, c1845 or Bériot's Air varié op.52) resulted in the common
exploitation of glissandos on the G string. However, the effect has been
prescribed for all strings of the instrument (e.g. ascending and descending
in 6ths in Bériot's Third Violin Concerto, first movement), for most
stringed instruments and in a variety of instrumental genres, ranging from
solo works (e.g. Britten's Violin Concerto, 1939; Szymanowski's Nocturne and
Tarantella op.28, 1915) to chamber music (e.g. the opening of Penderecki's
String Quartet no.1, 1960) and examples from the orchestral repertory (e.g.
Strauss's Till Eulenspiegel, 1894-5). The glissando has been employed in
original and effective ways by such composers as Giacomo Manzoni (Nuovo
incontro, 1984) and Salvatore Sciarrino (Capricci, 1975).


 

 

 

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 Glissando is a continuous slide in pitch. The left hand finger is placed on the string and then, as the note is played, the finger slides up or down the finger board.
Notation: The beginning and end note of the glissando are written and connected by either a straight or a wavy line. Usually the word gliss or glissando will be written above.
Comments: Various types of glissando are easily produced on string instruments, so composers should consider carefully the rate of glide, start and end
 

 

 

 

CAPOTASTO

 

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Thumb position is a technique that cello players often use when playing in the higher register. Once the left hand reaches the body of the instrument, in order to play higher notes, the thumb has to come out from under the neck and it can then be used to stop notes on the fingerboard. This is called 'thumb position' but it is not only on high notes that it is used, because the extra reach that the technique gives to the third finger often comes in handy in passages of music lower down on the instrument.
 

 

 

 

TRILLO

 

 

Studi basati sul trillo

 

Servais Adrien François (1807 Belgian town of Hal, near Brussels-1866)

Sei Capricci per Violoncello, op. 11

 Capriccio n. 5, questo capriccio introduce allo studio del doppio trillo.

 

 

 

 

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LE SCALE

 

 La diteggiatura, come altre volte espresso,  rappresenta un primo passo interpretativo degli aspetti formali e armonici e di ricerca del colore strumentale.

 

L'aspetto ritmico è uno dei principi per diteggiare la scala; in una accentuazione binaria  dobbiamo far coincidere i cambiamenti di posizione con gli appoggi ritmici. La diteggiatura proposta si riferisce ad una corda singola, considerando l'uso delle prime posizioni e delle corde a vuoto per il raggiungimento della prima corda La.

 

Per la  1° ottava (e per le ottave dispari) il modello da seguire per una accentuazione binaria è 1-2-1-2-1-2-1-2, in DoM DO3-Do4

 

per la 2° ottava (e per le ottave pari), partendo dalla diteggiatura precedente con il Do4 col il 2° dito, avremo: 2-1-2-1-2-1-2-1 

 

Considerando la forma migliore di chiusa con la diteggiatura 1-2-3, in quanto tende a soffermarsi con la mano sulla chiusa e la ripartenza della scala discendente, la 4°  ottava, come ottava pari, avrà la diteggiatura  2-1-2-1-2-1-2-3.

 

Per la chiusa delle ottave  dispari al fine di aver la chiusa  1-2-3 dobbiamo usare la diteggiatura 1-2-1-2-3-1-2-3, che pur contrastando l'andamento ritmico nel passaggio 3-1 è la migliore per la chiusa 1-2-3.

 

Bisogna qui specificare che la diteggiatura proposta si riferisce non tanto ad un diteggio reale ma ad una accentuazione binaria del movimento nei passaggi di posizione.

Prendiamo come esempio la scala di DoM a quattro ottave, arrivati alla corda a vuota La2 della 2° ottava, in quanto ottava pari, deve essere considerata diteggiata con un ipotetico 2, ed il successivo Si2 con 1. La terza ottava come ottava dispari avrà il modello 1-2-1-2-1-2-1-2 che corrisponderà alla diteggiatura reale di 2-4-1-2-1-2-1-2. Considerando la scala a tre ottave la chiusa con diteggiature reali avrà 2-4--1-2-3-1-2-3.

 

 

 

 

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 ACCORDI E BICORDI

 

Normalmente gli accordi vengono eseguiti suonando le note due a due. In genere si porta l'arco verso la tastiera per avere una attacco più flessibile. Ci sono casi in cui necessità ritmiche necessitano l'esecuzione non spezzata dell'accordo, questa esecuzione normalmente viene usata con accordi di tre note. Si porta l'arco verso la tastiera per permettere alle corde di flettersi e perché la curvatura delle corde è meno accentuata, si attacca l'accordo sulla corda centrale, che flettendosi permetterà di suonare anche le estreme.

 

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If the double stop is difficult (the left hand span is awkward) a cello section will play this divisi (meaning divided - the notes are shared out between instruments). A composer can write non div under the chord if they really want the players to play the double stop. This does increase the risk of tuning problems

 

 

 

Studi basati sui bicordi

 

 

 Popper David (1846 Prague-1913)

High School of Cello Playing, op. 73 (Leipzig 1901-5)

Studio n. 17

 

 

 

 

ESPRESSIONI

 

 

ALLA CORDA

 

Nella tecnica degli strumenti ad arco indica un'esecuzione con l'arco sulla corda, un colpo d'arco né gettato né saltato. English: on the string

 

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During the 19th Century when the bulk of the repertoire that orchestras play today was written, the on the string style of articulation was that which was favoured by most composers and musicians (it was if you like the default articulation style).
Off the string articulation was thought of as not part of high art or high culture, but something for café fiddlers. Mendelssohn however (a little bit later) was famous for introducing the off the string style, particularly in scherzos, jokey music and character fairy music, such as his Midsummer Nights Dream. Apart from Mendelssohn's fairy music, on the string bowing was very much the norm during the 19th Century.

 

During the middle of the 20th Century, with the demand for string players to make more and more gramophone recordings the technique of playing off the string gradually rose into the ascendancy, this was mainly because it was easier to do and easier to get together.
 

 

 

 

ATTACCO ALLA CORDA

 

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The 'off the string stroke' can be started with the bow in the air, or with the bow already on the string for the first note. The advantage of the latter, with the bow starting on the string is that it's much easier for string players to get that together, whereas when starting from off the string is a bit more "chancy".
The problem with starting with the bow in the air when you are playing 'off the string' is the difficulty of getting a large group of string players to get that absolutely, precisely together, which is why in most cases the string stroke is played with the bow starting on the string.
 

 

 


SCIOLTO

 

Indica l'esecuzione di ogni nota con una nuova arcata.

 

 

 

 

LISCIO

 

Indica l'esecuzione di note, sciolte od in una arcata, senza accenti e flessioni di arco.

 

 

 

 

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INTERPRETAZIONE ARCATE E DITEGGIATURA

 

 

 

LA DITEGGIATURA

 La diteggiatura e la scelta delle arcate rappresentano uno degli aspetti principali di interpretazione relativi all’esecuzione strumentale. Ovviamente l’una influisce sull’altra, ne cercherò di evidenziare gli aspetti a mio avviso più espliciti.

 Il cambio di posizione produce, nel suo atto fisico, una cesura  nello svolgimento del discorso musicale,  è necessario quindi al fine di non contrastare l’andamento fraseologico che esso avvenga nei cosiddetti punti morti, i punti di giunzione degli incisi, delle semifrasi, delle frasi  e dei periodi. Una diteggiatura che non tenesse conto di questo aspetto produrrebbe inevitabilmente una mancanza di respiro e uno scompenso esecutivo.

  In epoca barocca una delle prassi esecutive era il cambio di posizione durante l’esecuzione di una corda a vuoto nel qual caso non viene avvertito l’interruzione del discorso musicale.

 Altro aspetto nell’individuazione della diteggiatura sta nel rilievo timbrico. L’uso di corde a vuoto e delle prime posizioni danno una sonorità luminosa aperta e piana al contrario dell’esecuzione in posizione dove vengono enfatizzati colore e sfumature.

 Se consideriamo la frase musicale come l’aspetto compiuto dell’esposizione musicale, si deve tenere conto delle sua unitarietà e la diteggiatura ne dovrà seguire l’unita. L’errore più evidente consiste nel cambio da posizioni con l’uso di corde a vuoto a posizioni acute all’interno della frase musicale, questo naturalmente il principio generale, anche all'interno della frase è possibile una ricerca del colore timbrico.

 

Una delle forme in cui tale principio trova applicazione è il Rondeau.  

Essendo il refrain il tema principale del Rondeau ed il punto di riferimento formale della composizione, le cui entrate devono essere subito percepite chiaramente, dovrà essere diteggiato nelle prime posizioni con l’uso di corde a vuoto, evitando di ricercare coloriture timbriche in posizione. Deve, in altre parole, avere una esposizione chiara limpida e per quanto possibile non conformarsi con le successive esposizioni tematiche.

pp Così pure nella forma sonata il carattere contrastante dei due temi verrà sottolineato da due scelte di diteggiatura diverse. Il carattere propositivo del primo tema richiederà un risalto timbrico nelle prime posizioni, mentre per il secondo tema ci si orienterà verso una diteggiatura espressiva in posizione.

 Queste le linee generali che dovranno tenere conto delle diteggiature obbligate, per cui nella diteggiatura di un brano conviene partire da i punti tematici rilevanti per adeguare gli altri a questi.

 

 

 

 

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 LE ARCATE

 Oltre al carattere estetico di un motivo che richiede un'esecuzione staccata, gettata etc., l’arcata segue la stessa logica del cambio di posizione per la mano sinistra, il cambio di arcata deve avvenire nelle cesure formali, altrimenti si produce un fraseggio errato.

 Di grande importanza è l’arcata nell’evidenziare le vari parti melodiche in quello che viene definito il contrappunto lineare, nell’individuazione degli aspetti armonici come nei cambi d’armonia e nelle appoggiature etc.

 

 

 

 

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SARABANDE SUITE V INTERPRETAZIONI A CONFRONTO

 

Questa danza rappresenta, insieme all'Allemande della VI°, un pezzo che assume un valore assoluto per bellezza ed implicazioni concettuali, come avviene nel Films "La caduta degli Dei" di Luchino Visconti. Molto lontana dalla sua origine di danza, priva di armonia verticale, offre un esempio, come del resto tutte le Suites per cello solo, di armonia lineare. Seguendo la tendenza del modo minore non modula alla dominante ma al relativo maggior e alla sottodominante.

 

 

 

 

 

Faccio notare che le note relative alla prima corda sono state segnate un tono sopra; essendo prevista per questa Suite l’abbassamento di un tono della I° corda (da La2 a Sol2), ciò permettere di leggere le note sulla I° corda nelle normali posizioni, come avviene negli strumenti traspositori. 

 Prenderò in esame alcune edizioni per metterne in rilievo le scelte interpretative.

 

 EDIZIONE:

Giuseppe Selmi  ed. Carisch s.p.a. Milano

 La I° frase del I° periodo batt. 1-4 è interpretata con un andamento di arcate che, a mio avviso, altera il senso musicale.

Il I° inciso (bat. 1) ed i successivi vengono interpretati con un’arcata che suggerisce un andamento binario, mentre il loro movimento segue un ritmo ternario corrispondente ad i movimenti di battuta; inoltre l’arcata contrasta il senso armonico.

Se osserviamo la bat 1 vediamo come l’arcata legata coinvolge nel suo insieme anche il Si1 slegandolo dalla nota successiva Do2, arcata che fa perdere flessibilità armonica ed intensità espressiva al suo carattere di appoggiatura.

 

Tutta la frase viene interpretata con questo andamento errato che falsa la purezza del canto facendolo respirare in punti errati.

Anche l’innocua legatura Sol1-Sol2 a bat. 3, nel punto di articolazione della II° semifrase, è a mio modo di sentire da evitare; l’ultimo inciso della frase, sul quale sembra dissolversi la tensione lirica della frase stessa, suggerisce nel momento di aspettazione della sua articolazione, la naturale dissolvenza.

 

 

  EDIZIONI:

Pierre Fournier  INTERNATIONAL MUSIC COMPANY New York city

Enrico Mainardi ed. B. Schott’ Mainz

 Queste due interpretazioni sono simili, divergono in alcuni particolari, presentano le prime quattro crome degli incisi iniziali legate, soluzione musicalmente possibile (Mstislav Rostropovic ha usato questa arcata) ma che, secondo me,  non evidenzia la carica espressiva delle appoggiature.

 

 

Pierre Fournier

 

 

  Enrico Mainardi

 

EDIZIONE:

Edmund Kurtz INTERNATIONAL MUSIC COMPANY New York

 L’edizione Kurtz  propone l’esecuzione originale con la I° corda del violoncello abbassata di un tono.

Questa arcata presenta la I° croma degli incisi staccata mettendo in risalto la parte superiore. Arcata forse possibile ma non naturale, inoltre mantenere questo andamento nella frase contrasta con la logica armonica di bat. 4, contraddicendo la flessibilità armonica dell’appoggiatura della terza dell’armonia di tonica.

 

 

 Nella versione che qui propongo oltre ad evidenziare l’indipendenza melodica di alcune parti, la parte in blu evidenzia quasi una linea di basso continuo.

 

Legenda

 *   punto saliente dei due periodi della Sarabande A e A’

[…]     apertura e chiusura del periodo

(…)     apertura e chiusura della frase

//     articolazione della semifrase

/     articolazione degli incisi

+     note estranee all’armonia, appoggiature, note con carattere di volta etc.

 

 

 

Esempi di arcate errate dal libro di -William Pleeth –IL VIOLONCELLO- Franco Muzio Editore

 

Un libro utile, che tratta tecnica, storia e repertorio del violoncello.

 

Commenteremo due esempi tratti dal capitolo 8, Le arcate e la struttura musicale pag 53. Scrive Pleeth:

 

 

8.1 Le arcate modellano la linea melodica

 

Attraverso la scelta delle arcate possiamo creare o distruggere la struttura musicale di un brano. Prendiamo per esempio il passaggio dal Preludio della Suite in RE minore per violoncello solo di J. S. Bach, riportato in figura 8.1.

 

Il frammento, preso dal manoscritto di Anna Magdalena Bach, alle battute 23-25, offre poche arcate. Probabilmente ciò non significa che debba essere suonato tutto separato, ma usando questo colpo d’arco si riesce più facilmente a scoprire la forma della frase. In questo caso particolare, suonando tutto sciolto, si può notare che la linea ascendente costituita dalle prime sette note della seconda battuta è un’unità separata dalle restanti cinque note. Dopo questa analisi, possiamo scegliere di evidenziarla nell’ambito delle arcate sciolte, oppure legare le sette note in una sola arcata (cosa che preferisco) per metterle in risalto rispetto alla linea discendente. C’è quasi sempre più di un’arcata per dare forma ad una frase, ma è sempre la forma della line melodica a determinare l’arcata. 

 

8.2. Edizioni moderne

 

Uno dei problemi più grandi del nostro periodo è costituito dalle edizioni moderne, che spesso forzano la struttura della linea musicale con delle arcate arbitrarie. Probabilmente ogni violoncellista avrà visto edizioni in cui il passaggio precedentemente illustrato viene fraseggiato in arcate di quattro note (figura 8.2).

 

Musicalmente, questo fraseggio non ha più senso di quanto avrebbe, nella lingua parlata, raggruppare le lettere di questa frase in gruppi regolari di quattro (ragg rupp arel elet tere diqu esta fras eing rupp ireg olar idiq uatt ro)! In musica, come nella scrittura, questo tipo di raggruppamento arbitrario impedisce all’esecutore di vedere oltre all’immagine distorta creata dalle arcate e di riconoscere la vera linea melodica. La cosa più importante per tradurre in musica la struttura di una frase è la scelta di un’arcata che la evidenzi. La nostra scelta delle arcate deve perciò cominciare e crescere da un tentativo consapevole di percepire quella struttura. L’abitudine nella scelta delle arcate non è mai un punto di partenza valido. 

 

 

Penso che si possa concordare con quello che dice Pleeth, anche se questo, secondo me, non rappresenta uno degli esempi più eclatanti di fraseggio errato. Nell’esempio 1 riporto lo schema della frase ed una sua (secondo me) possibile interpretazione, che evidenzia gli incisi e le note di armonia.

 

L’errore evidente (come dice Pleeth) nell’esempio 8.2, è quello di legare le quattro semicrome del secondo movimento della seconda battuta, dove avviene l’articolazione degli incisi es. 1.  

 

 

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Esempi di arcate dal libro di -William Pleeth –IL VIOLONCELLO- Franco Muzio Editore

 

Commenteremo due esempi tratti dal capitolo 8, Le arcate e la struttura musicale pag 53. Scrive Pleeth:

 

8.2. Edizioni moderne (segue)

 

Il preludio della Suite in DO maggiore di Bach offre, in modo diverso, un esempio di come le arcate siano decisive nella creazione del senso della frase (figura 8.3). In questo passaggio (battute 7-13) c’è una voce “nascosta” che forma l’ossatura del passaggio, e perciò dobbiamo scegliere delle arcate che facciano uscire questa voce e la separino dal resto della linea. (Le note della melodia “nascosta” sono indicate dalle +)

 

Questa frase rappresenta una progressione imitata, come indicato dallo schema es. 1. In questo caso l’interpretazione proposta da Pleeth mi sembra corretta, una possibile arcata consiste nell’esecuzione legata dell’antecedente, legando successivamente l’imitazione, personalmente lego a due anche le quattro crome dell’ultimo movimento, soluzione che mette in risalto la parte discendente all’attacco dell’arcata e non evidenzia la parte che rimane ferma, dando un maggiore equilibrio al passo.

 


 

 

 

 

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ANALISI GAVOTTE II VI° SUITE
 

 

 

Presento qui la gavotte II (in rondeau) dalla VI suite

 

 

avLa Gavotte, di origine francese, danza dei gavotte, (contadini) ha un andamento binario con una o due semiminime in levare. Simile alla bourré, ma di andamento più moderato, nella Suite occupa il medesimo posto come danza variabile dopo la sarabanda.

 Ultima Suite la sesta ci introduce sin dal preludio in una gioiosa atmosfera di festa. La Gavotte II° ne richiama l'atmosfera festosa. Anche se non espresso si tratta di una gavotte di in rondeau.

 Il Rondeau (giro) è una forma musicale in cui un periodo principale denominato refrain (ritornello) si alterna ad una serie di periodi indipendenti. La forma ternaria A-B-A (dove A e B sono due periodi) che a sua volta deriva dalla forma binaria A-B,  può essere considerata l’archetipo di questa forma.

Molte forme, in questo caso la gavotte, possono essere scritte in rondeau.

Il periodo che ritorna (A , refrain), si mantiene nella tonalità principale, mentre gli altri periodi introducono delle modulazioni.

Avendo le Suite la forma A e A1  , entrambe ripetute con ritornello (non dobbiamo qui confondere il segno di ritornello con il refrain), dove  A e A1 rappresentano due episodi, avremo il seguente schema: A  rappresenta il primo episodio composto da un periodo che chiameremo a, che è anche il refrain del Rondeau. A1 rappresenta il secondo episodio composto da quattro periodi nel seguente ordine:  b,a,c,a. Abbiamo quindi due periodi contrastanti ed altri due periodi (refrain) perfettamente uguali al primo.

Essendo i due episodi ripetuti con il ritornello avremo la seguente successione di periodi: a,a,b,a,c,a.b,a,c,a, in cui il refrain a si ripete due volte, segue un periodo b indipendente e contrastante, torna il refrain a, entra un secondo periodo contrastante c, ritorna il refrain a, ritorna il primo periodo contrastante b ritorna il refrain a, ritorna il secondo periodo contrastante c, ritorna e chiude il pezzo il refrain a

Schematicamente potremmo così rappresentare la danza:

 

   
   
   
   
   

 

Il periodo  c colore verde, è costruito al modo di una musette, letteralmente cornamusa, danza, che spesso associata alla gavotte, imita il suono dell'omonimo strumento tenendo uno o più suoni fissi in funzione di pedale. In questo caso abbiamo un pedale doppio di Tonica e Dominante.

SIMBOLOGIA 

segni [ [-(-//-/…../-//-)-] ]  indicano l’apertura e la chiusura rispettivamente di: episodio-periodo-frase-semifrase-inciso

 

 

 

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