Suites a

 

Violoncello Solo

 

senza Basso

 

composées

 

par

 

Sr. J. S. Bach

 

Maitre de Chapelle

 

 

 

 

STORIA DELLA MUSICA

 

 

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INDICE

Il Medioevo

La musica prima del Mille

Il canto gregoriano

Le prime forme di notazione

Notazione alfabetica

Notazione neumatica

Prime forme di notazione polifonica

Notazione Dasiana

Notazione polifonica alfabetica

Fonti notazione medioevale

La musica profana nell'alto medioevo

 

 

Il Mille

Trovatori e Trovieri

 

Il Millecento

Ars Antiqua

Notazione Ars antiqua

Perotinus

 

Il Milleduecento

Notazione franconiana

Forme Ars antiqua

Fonte Ars antiqua

Carmina Burana

Perotinus

 

Il Trecento

Ars nova

Notazione Ars nova

Forme Ars nova

Fonti Ars nova

Musica Ficta

Strumenti dell'Ars nova

Machaut Guillaume de

Cordier Baude
Ars nova in Italia

 

Il Quattrocento

La scuola fiamminga

Forme del Quattrocento

Il falso bordone

Notazione nel Quattrocento

Dufay Guillaume

Binchois Gilles
Ockeghem Johannes
Des Prez Josquin
La musica strumentale nel Quattrocento

 

Il Cinquecento

Il Rinascimento

Notazione nel Cinquecento

Forme nel Cinquecento

La scuola romana tra Cinquecento e Seicento

Palestrina Peirluigi da (1525-1595)

La scuola Veneziana tra Cinquecento e Seicento

 Gabrieli Andrea (c.1510 -1586)

 Gabrieli Giovanni  (tra 1554 e 1557 -1612),

La musica strumentale nel cinquecento

Il liuto

 

Il Seicento

Il Barocco

Nascita del basso continuo

Il recitar cantando, la camerata fiorentina, la nascita dell'opera

La prima metà del seicento in Italia

Monteverdi Claudio (Giovanni Antonio) (1567 - 1643)

 Girolamo Frescobaldi (1583 - 1643)

Giacomo Carissimi  (1604 -1674)

La seconda metà del seicento in Italia

Domenico Gabrielli  (1659 - 1690)

Stradella Alessandro (1645-1681)

 

Il Settecento

La prima metà del settecento in Italia

La scuola romana prima metà del Settecento

Arcangelo Corelli  (!653-1713)

La scuola veneziana prima metà del settecento

Antonio Lucio Vivaldi  (1678 - 1741)

Tommaso Albinoni (1671 -1751)

La scuola napoletana prima metà del Settecento

Scarlatti Alessandro  (1660–1725)

Scarlatti Domenico (1685–1757)

La prima metà del settecento in Germania

Bach Johann Sebastian

Bach e la cultura italiana

La seconda metà del settecento in Germania

Il Classicismo la prima scuola di Vienna

 

L'Ottocento

Il Romanticismo

Il proto romanticismo

Il tardo romanticismo

Le scuole nazionali

 

Il Novecento

 

 

 

 

IL MEDIOEVO

 

 

Il medioevo è un'epoca che copre quasi 1000 anni di storia: va all'incirca dalla fine del V secolo fino al XV secolo. In questo lungo periodo storico la musica  è usata con funzione pratica per essere eseguita in occasione di una festa o una celebrazione.

 

 

 

 

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LA MUSICA PRIMA DEL MILLE

 

 

IL CANTO GREGORIANO

 

 Dall'evoluzione del canto religioso romano nacque il canto gregoriano che prese il nome proprio da Gregorio Magno (590-604) che ne attivò una revisione. In questo periodo nacque la notazione neumatica che permise di ricordare con più precisione le melodie.

 

Il canto gregoriano era basato su un testo latino ed era monodico, usato per le cerimonie religiose.

 

 

 

 

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LE PRIME FORME D NOTAZIONE

 

Nei codici musicali del medioevo si incontrano tre tipi di notazioni : alfabetica, neumatica VII secolo, mensurale.

 

 

 

 

NOTAZIONE ALFABETICA

 

Nel medioevo le note venivano indicati con le lettere dell'alfabeto.

Tale notazione è ancora in uso nei paesi di lingua anglosassone:

A=La  B=Si  C=Do  D=Re  E=Mi  F=Fa  G=Sol

nei paesi di lingua tedesca la nota Si viene indicata con la lettera H, mentre B corrisponde al Sib.

 

Boezio (470 - 525 circa) fu il primo trattatista del medioevo a impiegare le lettere dell’alfabeto latino relativamente alla suddivisione del monocordo.

 

Oddone da Cluny (ca. 878 - 18 novembre 942) applicò la notazione alfabetica al sistema perfetto dei greci premettendo la nota (gamma) e differenziò graficamente le ottave, impiegando le lettere maiuscole per la prima ottava, le lettere minuscole per la seconda, e le doppie minuscole per la terza. Inoltre distinse il suono B in molle e duro. La prima lettera indica la lettera greca gamma corrispondente alla nostra G.

 

 

http://www.istitutovarrone.it/documenti/7_d.doc

 

Notazione alfabetica

Contrariamente a quanto avveniva nella musica greca, in età medievale la notazione alfabetica venne usata solo nei trattati e negli esempi musicali annessi, quasi mai per scrivere melodie. Severino Boezio fu il primo teorico ad impiegare le lettere dell'alfabeto latino, dalla «a» alla «p» (notazione normanna), non indicando però le note corrispondenti ma i punti in cui suddividere il monocordo.
Il complesso della notazione alfabetica venne introdotto ed illustrato nel «Dialogo de musica», o «Dialogo del Maestro lombardo», che è un trattato in forma di domande e risposte, di stile tipicamente medievale, tra maestro e discepolo e databile all'inizio del secolo XI. La tradizione attribuiva quest'opera a S. Oddone di Cluny (fu uno dei primi abati e pur conoscendo la musica non esplicò alcuna attività teorico-musicale documentata). Gli studi moderni del francese Michel Hughò dimostrano che non può essere lui l'autore di questo trattato il cui autore, rimasto anonimo, viene indicato da Hughò come pseudo-Oddone. Questo trattato è molto importante perché rinnova la teoria musicale medievale; conserva il sistema perfetto greco ma non la sua terminologia e non lo divide in tetracordi ma in ottave (da «A» ad «a» e da «a» ad «a doppio» aggiungendo un sol grave indicato con la lettera Gamma maiuscola in quanto è la prima lettera differente tra l'alfabeto greco e quello latino). Altra caratteristica importante della notazione dello pseudo-Oddone è la esplicita alternativa tra il si bemolle ed il si bequadro .
 

 

 

 

NOTAZIONE NEUMATICA

 

 

I canti gregoriani medioevali, sacri e profani, ci sono pervenuti nella notazione detta neumatica (dal greco neuma = segno).

 

La notazione gregoriana nasce da un sistema greco basato sugli accenti: l'accento acuto ( / ) indicava l'innalzarsi della voce, l'accento grave ( \ ) l'abbassarsi, il punto ( . ) una pausa. Dall'evoluzione del primo è nata la virga e dal secondo il punctum

 

Nel medioevo vennero introdotti sopra il testo da cantare alcuni segni detti neumi (segno) che indicavano la direzione (ascendente o discendente) della linea. Da questi primitivi segni è nata la moderna notazione

La notazione tipica del canto gregoriano è la notazione neumatica che nasce intorno al VII secolo ed ha uno sviluppo differenziato nei vari paesi europei dando origine a quindici principali famiglie di neumi

 I neumi derivati dagli accenti della parola, assunsero forme che corrispondevano ad un solo suono virga e punctum a due suoni pes o podatus etc. sono dette ligaturae.

 

Un neuma poteva essere allungato anche aggiungendo un piccolo segnale, un piccolo trattino detto episema.

 

 

http://www.hapaxlegomenon.it/musica/teoriamusica/notazione-musicale.php

Si intende per notazione musicale la scrittura musicale. Esistono indizi di una prima notazione babilonese e supposizioni sulle possibili scritture egiziane e cretesi, ma il primo sistema di notazione veramente documentato e interpretato è quello greco, che ha visto due fasi chiaramente distinguibili. Il primo tipo di notazione greca (detto strumentale) si serve di segni (in parte lettere di un alfabeto arcaico) che possono assumere tre posizioni (dritta, rovesciata e orizzontale) per indicare le note anche nelle loro possibili alterazioni; il secondo sistema, posteriore (detto vocale), non usa distinzioni di posizione, ma utilizza una lettera dell'alfabeto ionico per ciascun suono oltre ad altri simboli convenzionali per la durata. Presumibilmente, questo tipo di notazione fu adottato anche dai romani che però sostituirono le lettere greche con le prime 15 (A-P) dell'alfabeto latino (Boezio e Cassiodoro, secc. v-vi), poi (Odo di Cluny, secc. ix-x) limitate a 7. Se le note del mondo classico sono essenzialmente alfabetiche, nel corso del Medioevo si sfrutteranno i simboli grafici degli accenti acuto e grave, sull'esempio delle notazioni bizanitina (a cominciare dalla più antica, detta ecfonetica, risalente forse al iv secolo, derivata dai segni della prosodia e riferita a un tono di lettura fra il parlato e il cantato), siriaca, armena, copta ed ebraica, che ebbero (specie la prima) una precisa ed identificabile influenza sull'evoluzione della grafia musicale occidentale. Solo alcuni testi teorici adottano in questo periodo forme di notazione non nemsatica: ricordiamo la dasiana, in cui compare un primitivo rigo nel quale è inserito il testo da cantare.

 

Ma la notazione tipica del canto gregoriano è la neumatica, che nasce circa nel sec. viii ed ha uno sviluppo estremamente differenziato nei vari paesi europei, tale da dare origine a quindici principali « famiglie » di neumi; citiamo, tra esse, quelle di Nonantola, di S. Gallo, di Benevento, di Metz e l'aquitana, da cui deriva la notazione quadrata ancor oggi usata nei testi liturgici. I neumi assunsero presto forme distinte corrispondenti ad un solo suono, virga e punctum, derivate rispettivamente dall'accento acuto e dal grave, a due, a tre. La prima notazione neumatica, detta adiastematica o in campo aperto, vede la semplice sovrapposizione alle sillabe del testo di questi segni, che vengono più o meno distanziati per indicare approssimativamente il profilo della melodia, ma che non precisano né l'altezza assoluta del suono né la sua durata. Maggiore chiarezza venne dall'adozione di una linea (prima descritta a secco poi in rosso) che indicava la posizione del fa, cui segui una seconda (generalmente gialla) per il do (notazione diastensatica), agevolando l'identificazione dell'intervallo intercorrente tra due note successive; davanti alle linee vennero poste rispettivamente le lettere C e F, antesigna ne delle attuali chiavi musicali di do e di fa. La nascita del vero e proprio rigo musicale risale però solo al sec. xi, quando Guido d'Arezzo propose l'adozione del tetragramma (rigo di quattro linee), che poteva essere attraversato da stanghette di diverse dimensioni per dividere tra loro le frasi musicali o parti interne di esse.

 

 

 

http://www.istitutovarrone.it/documenti/7_d.doc

 

La notazione neumatica

Il termine neuma deriva dal greco e significa segno; in passato è stato a lungo discusso il problema della sua origine poiché la notazione neumatica ( come anche la neumatica bizantina) appare come un filone isolato sia rispetto all'antica notazione alfabetica sia rispetto alla notazione delle epoche successive. Nel secolo scorso si formularono sulla sua origine le più diverse ipotesi: la più seria e degna di credito è quella del Coussemaker che sostiene la derivazione dei neumi dagli antichi accenti grammaticali delle lingue classiche, accenti che servivano a dare l'esatta intonazione alle parole. I neumi quindi, secondo tale teoria, sono il prodotto della trasformazione degli antichi accenti acuto, grave e circonflesso; dall'evoluzione del primo è nata la virga e dal secondo il punctum. Nel corso dei secoli si formarono numerose famiglie neumatiche, diverse fra monastero e monastero e fra un manoscritto e l'altro. Alcune scritture curavano maggiormente le indicazioni ritmiche, altre delineavano con più precisione la melodia. Alcune fornivano un punto di riferimento per l'intonazione e in base a questo distanziavano i neumi (notazioni diastematiche), altre invece erano in campo aperto (notazioni adiastematiche) e servivano solo per rammentare al cantore determinate melodie che egli già conosceva
 

 

 

 

 

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Musica_medioevale#Scuola_di_Notre_Dame

 La notazione neumatica

La trasmissione orale del canto gregoriano non impedì l'utilizzazione, dal punto di vista teorico, di una scrittura alfabetica medievale, che, a differenza di quella greca, utilizzò le lettere dell'alfabeto latino. La notazione che venne utilizzata fu quella di Oddone da Cluny. Si tratta di una notazione tuttora impiegata nei paesi anglosassoni, che utilizza le lettere dalla A alla G, per indicare la successione dei suoni dal La al Sol. Le lettere maiuscole si riferiscono alla prima ottava (quella più bassa), le lettere minuscole alla seconda ottava(ottava intermedia).Per quanto riguarda il si, nota mobile, si utilizzava il si dai contorni rotondi se bemolle, mentre il si dai contorni quadrati se naturale . Dal punto di vista pratico, per facilitare le memorizzazione dei canti, si posero degli accenti (neumi) sul testo, che ricordavano, a chi cantava o leggeva il testo, l'andamento della melodia. E poiché in greco l'accento si chiama neuma, questa notazione venne chiamata neumatica. Inizialmente, gli accenti furono l'accento acuto (), l'accento grave (), circonflesso () e l'anticirconflesso (). Gli vennero dati anche nomi, quali, ad esempio, notazione in campo aperto (perché i neumi erano liberamente posti sul testo), notazione adiastematica (da "diastema" = intervalli + "a privativa, cioè incapace di indicare l'altezza precisa dei suoni, ma solo l'andamento della melodia) e notazione chironomica (da "cheiros" = mano, perché riproponeva, in pergamena, il movimento della mano del "precento" (= direttore d'orchestra), che guidava il coro.

* Le notazioni si complicano in ordine decrescente: la notazione di S. Gallo e quella di Metz sono molto più complesse della notazione inglese, in quanto offrono una grande quantità di informazioni supplementare sulle sfumature esecutive;
* La notazione aquitana presenta segni dislocati nello spazio, dunque, pur essendo ancora adiastematica, suggerisce la disposizione delle note, grazie alla disposizione spaziale dei neumi. I neumi utilizzati dalla notazione aquitania hanno forma quadrata, che sarà la forma delle notazioni successive.

Un momento decisivo nell'evoluzione della scrittura musicale fu quello in cui un ignoto copista tracciò una linea a secco, senza inchiostro, sulla pergamena. Prima di questa linea pose la lettera C (= Do, nella notazione alfabetica medievale). I neumi che stavano sopra della linea erano al di sopra del do, mentre quelli che stavano sotto erano al di sotto del do. Successivamente venne aggiunta una seconda linea, prima della quale venne messa la lettera "G" (che indicava il sol) ed una terza linea, preceduta dalla lettera F (che indicava il Fa). L'evoluzione di queste lettere ha portato alla nascita delle chiavi di Do, Sol e Fa. Inizialmente ogni linea aveva la sua chiave ed era colorata, per essere distinta della altre. Il punto di arrivo di questo tentativo, di questo sforzo di trovare una notazione che indicasse l'altezza reale dei suoni, quindi che non si limitasse ad indicare l'altezza della melodia fu appunto la notazione quadrata guidoniana, una notazione costituita da quattro linee e tre spazi (= tetragramma). La 5° linea nacque quando si sviluppò un canto più ampio dal punto di vista melodico. La chiave utilizzata era una sola. Dal punto di vista della forma dei neumi, questa notazione deriva da quella aquitana.
 


La tavola dei nèumi di S. Gallo


Precisiamo che con il termine neuma si indica la nota o il gruppo di note che corrisponde ad una sillaba. Quando la sillaba è resa da una sola nota grave, si ha il punctum; quando, invece, è resa da una sola nota acuta, si ha la virga.

La tavola dei neumi di S. Gallo fu formulata dai benedettini di Solesmes. Prevede una lettura in senso verticale e una in senso orizzontale:

Nella lettura in senso verticale vengono raggruppati i neumi che derivano dagli accenti, i neumi che derivano dall'oriscus e neumi che derivano dall'apostrofo.

1.I neumi che derivano dagli accenti: i più importanti sono il punctum, che è una singola nota al grave, e la virga, che è una singola nota all'acuto. I neumi che derivano da più note: i più importanti sono:

* il pes, che indica due note ascendenti, perché è dato dall'unione del punctum con la virga;
* La clivis, che indica due note discendenti ed è data dall'unione di un accento acuto, che indica la nota più alta, e dall'unione di una virga con un punctum, che indica la discesa;

I neumi di tre note sono:

* Climacus: indica 3 o più note discendenti ed è reso da una virga con due punctum;
* Scandicus: è dato da tre note ascendenti ed è reso da un punctum e una virga;
* Torculus: è una nota acuta fra due gravi;
* Porrectus: è una grave tra due acute;

La particolarità di questi segni è che devono essere pronunciati senza separazione.

1. I neumi che derivano dall'apostrofo: indicano note ribattute;
2. I neumi che derivano dall'oriscus

Nella lettura in senso orizzontale, invece, si hanno i vari modi con cui un neuma può essere modificato. Normalmente un neuma poteva essere modificato, nella sua forma o per mezzo di lettere, per indicare un mutamento nell'esecuzione. Le lettere utilizzate erano la "t" e "c", che significano rispettivamente "tenete" (= il neuma deve essere allungato) e "celerite" (procedere rapidamente). Un neuma poteva essere allungato anche aggiungendo un piccolo segnale, un piccolo trattino detto episema.

Poi abbiamo un particolare tipo di intervento sulla scrittura, lo stacco neumatico. Con esso si nota che il tropatore, mentre sta scrivendo, improvvisamente stacca la penna. Si vede, quindi, un pezzo bianco. Lo stacco neumatico evidenzia un momento di respiro. C’è poi un ultimo carattere che è la liquescenza che veniva posta sopra sillabe particolarmente complesse, per esempio, sopra le sillabe che presentavano scontri consonantici. Quando questo segno veniva posto sopra queste sillabe, il cantore sapeva che doveva ridurre il volume della voce in modo da non far percepire eccessivamente lo scontro consonantico. Così facendo, il carattere aspro, sgradevole di queste sillabe veniva ridotto. Il quilisma è un segno neumatico che si trova quasi sempre nel mezzo di una terza ascendente. Indica una nota di transizione cantata con voce leggera e flessibile. Questi vari tipi di neumi legati alla notazione di S. Gallo ritornano uguali nella notazione quadrata guidoniana, quindi una singola nota grave viene indicata da un singolo neuma quadrato. La differenza fra neuma quadrato e neuma di S. Gallo è che il neuma di S. Gallo, da cui il neuma quadrato deriva, non dava l'altezza, mentre il neuma quadrato indica l'insieme delle note che vanno sulla sillaba, ma ci da anche la loro altezza precisa. Analizzando un brano in scrittura quadrata vediamo che ci sono delle stanghette. La stanghetta alta più piccola divide due incisi, la stanghetta che sta nel mezzo del tetragramma separa due frasi, la doppia stanghetta indica l'alternarsi di un coro con l'altro o del coro col solista.

Se si confronta la versione in notazione quadrata guidoniana con quella di S. Gallo e di Metz, possiamo dire che la notazione quadrata guidoniana guadagna in precisione, perché chi legge sa l'altezza precisa dei suoni, ma perde in ricchezza di informazioni. Quindi quello che si ottiene in precisione si perde sul piano delle informazioni espressive. Per questo i professionisti che seguono il canto gregoriano, leggono contemporaneamente la notazione quadrata e le due scritture più complesse.

Parlando della polifonia, quando si cominciano ad utilizzare lo stile di discanto, si sente la necessità di fare un'organizzazione ritmica più rigorosa che viene data da 6 schemi ritmici che nacquero dalla prassi musicale. Questi sei schemi ritmici furono tutti caratterizzati dalla suddivisione ternaria per il discorso trinitario. Nel momento in cui questi schemi vennero codificati per acquisire una maggiore legittimità culturale, si utilizzarono i piedi della metrica classica, quindi il primo modo fu dato da una virga e da un punctum.

* 1° modo: longa brevis
* 2° modo: brevis e longa
* 3° modo: longa, brevis, brevis
* 4° modo: brevis, brevis, longa
* 5° modo: longa, longa
* 6° modo: brevis, brevis, brevis

Detto questo, che si trattasse di un'applicazione artificiosa a dei modelli ritmici preesistenti è dimostrato dal fatto che, in alcuni casi, il piede della metrica greca corrisponde al ritmo effettivo, mentre in altri casi no. Ogni voce aveva il suo modo ritmico, per esempio la voce di tenor di una composizione sempre al 5° modo, cioè il canto gregoriano al tenor veniva dato sempre con la scansione ritmica che camminava meno velocemente delle voci superiori alle quali venivano dati altri schemi ritmici un po’ più movimentati. Era essenziale nell'organizzazione di un modo ritmico l'Ordo(= ordine). Gli ordines consistevano nell'indicare quante volte si doveva ripetere uno schema ritmico prima di una pausa.

La suddivisione della longa viene detta Modus. Il modo è perfectus se la longa è divisa in 3 brevis, imperfectus se la longa è divisa in due brevis. La suddivisione della brevis viene chiamata tempus, detto perfectum se è divisa in tre e imperfectum se è divisa in due semibrevis. La suddivisione della semibrevis viene chiamata Prolatio e si dice Maior se la semibrevis è divisa in 3 minime e minor se la semibrevis è divisa in due minime. In Italia abbiamo, inoltre, una notazione dell'ars nova italiana che deriva da quella francese, ma che è un po’ più complessa. Questa notazione venne impostata da Marchetto da Padova in un trattato chiamato "Pomerium in arte musicae censurate". In essa viene aggiunta anche la semiminima e le varie suddivisioni delle varie figure, dalle più grandi alle più piccole, sono ancora più complesse di quelle dell'ars nova francese. Inoltre, vi erano delle scritture nere e bianche.

 

 

 

 

La prima notazione neumatica detta adiastematica (senza segno) o in campo aperto, vede la sovrapposizione dei neumi alle sillabe delle parole non precisando l'altezza della melodia, la cui variazione di altezza veniva indicata alzando ed abbassando la mano, da qui la notazione chironomica (dal greco mano).  

 

Ad essa seguì la notazione diastimatica con l'introduzione di linee orizzontali. A partire dall'XI secolo compaiono nei manoscritti i righi.

 

Prima venne introdotto un rigo,  successivamente ne vennero altri e introdotte le chiavi, inizialmente costituite dal lettere, C e F, che stabilivano l’altezza delle note sul rigo.

 

 

 


Infine l'utilizzo del tetragramma portò alla definitiva della grafia medioevale.

 

Guido Aretino (990 circa - 1050 circa), è considerato l'ideatore del tetragramma.

 

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Canto_gregoriano#Il_Rigo

 

 

L'Introito Gaudeamus omnes, scritto in notazione quadrata nel XIV - XV secolo

Graduale Aboense, hymn book of Turku, Finland. 14th-15th century.

Pagina dal testo intitolato Graduale Aboense  Rappresenta una melodia su St. Henry, un santo finlandese. I segni scuri sopra le parole mostrano la musica.

La melodia inizia alla lettera G al centro della pagina.

 

 

 

 

La notazione dasiana viene già abbandonata con Guido d'Arezzo.

 Le tappe storiche fondamentali dell'evoluzione della notazione sono l'introduzione del tetragramma attribuita a Guido d'Arezzo (990 c. - 1050 c.) e la scrittura delle durate, attribuita a Francone da Colonia ottenuta proporzionalmente, cioè non indicando la durata effettiva della nota, ma la durata di essa in proporzione alle altre.

Il tetragramma è un sistema di notazione che usa quattro righi anziché i cinque del nostro moderno pentagramma.

L'attuale denominazione, nata come aiuto mnemonico per le varie altezze della scala, in uso nei paesi latini  è attribuita a Guido d'Arezzo conosciuto anche come Guido Monaco o Guido Aretino monaco benedettino nato tra il 990 e il 1000 e morto intorno al 1050, corrisponde alle sillabe iniziali dei primi sei versetti di un inno a San Giovanni Battista di Paolo Diacono.

Guido d'Arezzo  creò un sistema mnemonico (mano guidoniana) per aiutare l'esatta intonazione dei gradi della scala (esacordo), attribuì alla prima sillaba di ciascun verso una nota della scala diatonica, il Si verrà aggiunto dallo spagnolo Bartolomeo Ramos de Pareja nel '400, nel '600 Gian Batista Doni cambierà l'Ut in Do.

UT queant laxis

REsonare fibris

MIra gestorum

FAmuli tuorum

SOLve polluti

LAbii reatum

Sancte Johannes

 

 

 

 

 

La solmisazione attribuita a Guido d'Arezzo. Rappresenta la nota G in relazione alle varie denominazioni che assume nell'esacordo naturale, duro o molle. L'esacordo era distinto in naturale in cui il semitono era rappresentato dalle note Mi-Fa, duro quando era tra il Si indicato con b duro, cioè usando effettivamente un b quadro da qui bequadro, molle quando veniva usato il Sib indicato con b molle, cioè usando effettivamente un b rotondo (molle) da qui bemolle.

 

 

 

http://www.istitutovarrone.it/documenti/7_d.doc

 

Guido d'Arezzo

E' vissuto tra il 990 ed il 1050 circa. Entrò a far parte dell'ordine benedettino di Pomposa-Ravenna dove vi applicò per la prima volta il suo sistema didattico-musicale e fino a quando, osteggiato da una parte dei monaci, dovette abbandonare il monastero stabilendosi ad Arezzo ed affermando in fine la sua riforma.. Ad Arezzo sperimentò e raffinò i suoi metodi e nel giro di pochi anni, tra il 1028 ed il 1032, poté comporre le sue opere maggiori: Regule ritmiche, Prefatio in antifonarium e l'Epistola a Michele nella quale espone i capisaldi del suo metodo. Intanto riceveva l'approvazione papale; Papa Giovanni XIX volle conoscere il nuovo sistema pedagogico e Guido si recò a Roma intorno al 1030 istruendo i cantori papali.
La notazione proposta da Guido su linee colorate (dapprima quella rossa per il fa e poi quella gialla o verde per il do) fissa l'altezza le altezze dei suoni e individua i semitoni. Il sistema esacordale e gli altri accorgimenti aprono un'era nuova nella pedagogia musicale ma va considerato però che il suo contributo più interessante lo produce nella teoria della scrittura polifonica.
Guido concepì un metodo che aveva alla base uno schema di sei note ( le quattro finali più altre due poste un tono sotto ed uno sopra) e fissando l'intervallo di semitono tra il terzo ed il quarto grado. Per facilitare la memorizzazione di questo schema esacordale fece notare che nell'inno a San Giovanni la nota iniziale di ciascuno dei primi sei emistichi (versi) si collocava rispetto alla nota precedente proprio alla distanza prevista dal suo modello. Pensò così di attribuire alle note dell'esacordo il nome dato dalla sillaba iniziale di ciascuno emistichio per formare una successione (ut- re -mi -fa -sol -la) in cui l'unico semitono era indicato dalla successione mi - fa.
 

 

La ritmica

Quando, poco più di cento anni fa, i primi studiosi moderni si proposero d'interpretare la metrica, il valore delle note del canto gregoriano, si trovarono di fronte a grossi problemi. Quando infatti, molti secoli prima, Guido d'Arezzo aveva introdotto la novità rivoluzionaria del rigo musicale su cui fissare l'altezza delle note, non poteva immaginare che avrebbe indirettamente provocato la perdita definitiva della tradizione ritmica originaria. Questa infatti era stata tramandata oralmente insieme alle melodie per le quali non vi era altra scrittura se non quella neumatica nella quale egli elementi metrici e quelli melodici erano comprensibili soltanto per chi già conoscesse a memoria il canto. Dopo la riforma di Guido d'Arezzo, a partire da 1050 circa, a poco a poco i neumi cadono lentamente in disuso e con essi si perde anche la metrica antica. Il primo studioso di Solesmes che affrontò sistematicamente il problema fu Don Pothier che si basò sul principio equalistico secondo il quale tutte le note sono in linea di massima uguali e con un valore rapportabile a quello della nostra croma; il suo sistema di esecuzione del canto gregoriano è chiamato ritmo libero oratorio (poiché fa riferimento al ritmo del testo). Se il canto è sillabico si accenta la nota che corrisponde nel testo alla sillaba accentata, se è melismatico si accenta invece la prima nota di ciascun gruppo neumatico. Più tardi Don Mocquereau affermò il cosiddetto ritmo libero musicale; anche in questo sistema tutte le note sono uguali in partenza ma sono previsti diversi casi di allungamento dei valori, di accentuazione, di somma metrica, di unisoni e così via. Alcuni di tali casi sono effettivamente suggeriti dai codici, altri sono introdotti e interpretati discutibilmente dal Mocquereau. Uno dei suoi meriti comunque è l'affermazione del fraseggio musicale, nel senso che la melodia suggerisce un suo proprio ritmo. Soltanto Mocquereau ne da una

Queste indicazioni del trattato di Lampadius non vanno riferite alla notazione gregoriana ma all'uso fattone in epoca successiva, legata alla musica mensurale.

 

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/16th/LAMCOM_TEXT.html

 

 Compendium musices, tam figurati quam plani cantus ad formam dialogi, in usum ingenuae pubis ex eruditis Musicorum scriptis accurate congestum, quale ante hac nunquam uisum, et iam recens publicatum. Adiectis etiam regulis de concordantiarum et componendi cantus artificio, summatim omnia musices praecepta pulcherrimis exemplis illustrata, succincte et simpliciter complectens (Bern: Samuel Apiarius, 1554).

Compendio di musica, di canto sia figurato che  plano sotto forma di dialogo, ad uso

 

 

 

De Ligaturis.

Sulle ligature

 

Quid est ligatura? Est unius notae ad aliam coniunctio, ex quadris uel obliquis figuris formata.

Cos'è una legatura? E' una nota all'altra congiunta,  formata da figure quadrate o oblique.

 

Quot notarum species ligantur? quatuor, scilicet

Quante specie di note sono legate? Quattro specie, ovviamente [massima, longa, breve e semibreve].

 

Quot illarum mutant valorem? tres, longa, breuis, et semibreuis. Maxima enim siue ligata siue non, nunquam valorem immutat.

Quante di quelle note mutano valore? Tre: longa, breve e semibreve. Infatti la massima non muta valore sia che sia legata che no.

 

Quomodo ergo iste valor deprehenditur? per caudam dùntaxat, figuris in scriptam, quae est valoris notarum ligabilium certum indicium. Nam cauda, in sinistra parte sursum tracta, notas minuit, deorsum vero, in utroque latere, eas adauget, id quod ex ordine patebit.

In che modo dunque possiamo capire questo valore? Per mezzo della posizione della gamba [cauda - coda] della figura scritta, che è indizio certo del valore delle note legabili. Sicuramente la gamba segnata a sinistra verso l'alto diminuisce il valore della nota, inversamente posta verso il basso d'ambedue i lati lo aumenta. E questo in ordine sarà chiarito.

 

 

Da regulas ligaturarum.

Sulle regole delle legature

 

 

De Initialibus

Sulle note iniziali

 

I.

Omnis ligatura, habens in sinistra parte virgulam sursum tractam, semibreuis est cum proxima.

Ogni legatura [nota iniziale] che ha la gamba a sinistra rivolta verso l'alto, vale una semibreve così come la seguente. [Nell'esempio indicate da un puntino]
[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijr,1]

 

 

II.

Si uero in descensu caudam habuerit, ipsa sola breuis est.

Se la prima nota della legatura ha la gamba a sinistra rivolta verso il basso, vale una breve, ma solo lei. [Nell'esempio indicate da due puntini]

[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijr,2]

 

 

III.
Ligatura, qualitercunque formata, conscendens, cuius prima nullam habet caudam, facit eandem breuem.

La legatura in qualunque modo formata, ascendente e con la prima nota senza gamba, rappresenta sempre una breve. [Nell'esempio indicate da due puntini]

[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijr,3]

 

 

IIII.
Prima carens cauda, longa est cadente secunda.

Se la prima nota è senza gamba e la seconda scende è una longa [Nell'esempio indicate con quattro puntini ].

[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijv,1]

 

 

De Medijs.

 

V
Sulle note medie

Quaelibet in medio breuis est, una excipienda.

Tutte le note in mezzo sono brevi, una esclusa [eccezione distinta da linea]

[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijv,2]

. Excipe.

 

 

VI
Omnis nota, inter primam et ultimam, ligata, est media.

Tutte le note tra la prima e l'ultima legata è media

 

 

De Vltimis.

 

VII.
 

 

 

 

 

 

 

 

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PRIME FORME DI NOTAZIONE POLIFONICA

La prima testimonianza di musica polifonica ci è pervenuta attraverso
Muisca Enchiriadis trattato anonimo del IX secolo


NOTAZIONE DASIANA

Uno dei primi esempi di notazione polifonica (organum) dasiana nel Musica Encheiradis (manuale di musica) di anonimo IX sec.





Sempre nel solito trattato vengono presentati anche organum liberi in cui le voci precedono anche per moto obliquo e contrario (discanto) ed inoltre vengono presentati anche organum paralleli a 3 e 4 voci in cui le due voci vengono raddoppiate all'ottava.

Nell'Organum ad una voce detta vox principalis tiene il canto dato, una melodia gregoriana e per questo definita
tenor, ne veniva aggiunta un'altra detta vox organalis che partendo in unisono se ne allontanava a distanza di 4 o 5 o ottava calando nuovamente all'unisono percorrendo gli intervalli di terza e seconda, organum parallelo.

 

Ad una nota o punto di una voce corrispondeva una nota di un'altra, da qui il termine contrappunto. Al moto parallelo venne aggiunto il moto obliquo e contrario, definito discanto, alle voci oltre l'organum venne aggiunto un triplum ed un quadruplum. Solo in Inghilterra si ebbero forme di voci parallele per terze, gymel e in terza e sesta, falso bordone.

 

Questa ricerca la ricerca musicale dal X secolo al XII.

 

 

 

 

NOTAZIONE POLIFONICA ALFABETICA

 

 

 

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/9th-11th/ADORFAC_TEXT.html

 

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/9th-11th/ADORFA_TEXT.html

 

Dal trattato anonimo Ad organum faciendum , Biblioteca Ambrosiana, Milano. (ca. 1100)

 

 

Cuncti potens genitor Deus omni creator eleyson,

Christe Dei splendor virtus patrique sophia eleyson

Amborum sacrum spiramen nexus amorque eleyson

 

Onnipotente genitore, Dio creatore di tutte le cose, abbi pietà di noi.

Cristo, luce di Dio, virtù e sapienza del Padre, abbi pietà di noi
Afflato sacro di entrambi, nesso e amore, abbi pietà di noi

Melodia gregoriana tratta dal primo verso del Kyrie IV con tropo Cunctipotens genitor Deus, per le messe delle feste degli apostoli

 

 

 

 

 

 

FONTI NOTAZIONE MEDIOEVALE

Muisca Enchiriadis trattato anonimo del IX secolo

Ad organum faciendum, Anonymous Biblioteca Ambrosiana, Milano. (ca. 1100)

 

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LA MUSICA PROFANA NELL'ALTO MEDIOEVO

 

L'alto medioevo è, per convenzione, quella parte del medioevo che va dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente 476 al 1000 circa.

 

La musica profana è sempre stata presente durante il medioevo ed era legata a feste, danze, cerimonie, spettacoli teatrali, accompagnate dal canto e dal suono degli strumenti musicali.

 

Fino all’anno Mille la musica profana era affidata ad artisti girovaghi, giullari e i menestrelli. Le loro canzoni basate su semplici melodie narravano per lo più avvenimenti storici e gli strumenti ne raddoppiavano la linea.

 

 

 

 

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IL MILLE

 

 

TROVATORI E TROVIERI

(franc. troubadour e trouvèr) Indicano rispettivamente i poeti-musicisti fioriti in Provence (regione della Francia sudorientale sulla costa del Mediterraneo) e nella Francia del nord dall'XI al XIII secolo.

La lingua dei trovatori era quella d'oc (vari dialetti della Francia meridionale), mentre quella dei trovieri era quella d'oil da cui si sarebbe sviluppato il francese moderno.
Non erano artisti erranti come i giullari e i menestrelli ma, specialmente all'inizio signori principi e castellani e dame di alte famiglie. Componevano canzoni monodiche rivelanti un raffinato piacere per la vita e la natura. Le loro composizioni sono raccolte in collezioni dette chansonniers.
Dei trovatori rimangono 2600 composizioni poetiche e 300 melodie, mentre dei trovieri 1400 melodie e 4000 liriche.
La maggior parti delle canzoni sono liriche d'amore accompagnate all'unisono da strumenti che forse eseguivano anche preludi interludi e postludi. Forme dei trovatori erano l'alba, la pastorella, il planh (lamento), quelle dei Trovieri oltre all'alba e alla pastorella sono la ballata e il rondeau. Per l'accompagnamento il Troviere che spesso era nobile si faceva accompagnare da un giullare (joueur) con la viella (ad archetto) o da una piccola arpa.
La tradizione dei Trovieri non s'interrompe nel XIV secolo, ma riceve un incremento con le chansons del Roman de Fauvel e le melodie accompagnate ed i mottetti profani di G. de Machault, il più importante esponente dell'Ars nova francese. 
 

 

Il canto dei trovatori ispirò i nobili Minnesänger, poeti e musicisti di corte che con i loro minnesang, minne (amore) e sang (canto), poesia o canzone scritta in tedesco. Le loro canzoni si ispiravano alla poesia d’amore cavalleresco.

 

Sotto l'influsso innovatore della musica popolare e profana si apre la nuova sensibilità che porterà nell'arco di vari secoli affermare della sensibilità tonale. Sensibilità che verrà acquisita anche dalla musica polifonica.

 

 

 

 

http://www.istitutovarrone.it/documenti/7_d.doc

 

. Dai «Minnesinger» ai «Meistersinger».

Leggermente posteriore alla produzione dei trovatori, e da essa largamente influenzata, si svolse in Germania l'attività dei Minnesinger, o cantori d'amore. Ma la «Minne» che essi celebravano era notevolmente diversa dall'amor cortese: né così artificiosa e manierata, né - soprattutto - così crudelmente sensuale. V'è invece una continua ansia d'elevazione spirituale [...] che si riflette anche sul carattere delle melodie, semplici, sì, e popolari, tuttavia più austere delle vivaci canzoni trovadoriche, e più lige all'indistinta gravità dei modi gregoriani. [...]
Naturalmente i Minnesinger von si limitarono al canto amoroso. Un fresco gusto della natura primaverile ingentilisce le espressioni poetico-musicali [...]. Wolfram von Eschenbach (1170 - 1230) legò il suo nome all'elaborazione del grande poema «Parzival» [...] ci rimane l'austera e cupa melodia su cui venivano intonate le venti strofe del «Hildebrandslied»8 .
Mentre la figura del trovatore scomparve, nei paesi latini, col trapasso dalla vita cavalleresca del regime feudale alle nuove consuetudini - commerciali, civili, cittadine - dell'età comunale e delle prime signorie, in Germania i cantori superarono la crisi sociale, raggruppati in solide corporazioni professionali. Ma [...] s'imborghesirono, e alla figura avventurosa del trovatore errante e bellicoso successe la figura sedentaria e prosaica del Meistersinger, il maestro cantore artigiano. E tanto quelli erano stati incolti e irregolari, debitori della propria arte alle sole forze dell'ispirazione, altrettanto questi diverranno meticolosi e pedanti, e inaridiranno la poesia e la musica in un casellario di regole astratte.[...]

 

 

 

 

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IL MILLECENTO

 

 

ARS ANTIQUA

 

 

Ars antiqua è un termine usato in contrapposizione ad Ars Nova ed indica la polifonia medioevale dei sec. XII e XIII. I primi sviluppi polifonici si ebbero presso la scuola dell'abbazia di S. Marziale di Limoges sec. XII, un ulteriore sviluppo si ebbe alla fine del secolo con la scuola di Notre Dame rappresentata da Leoninus attivo tra il 1160 e il 1190 e Perotinus tra il 1190 e il 1220. La maggiore complessità di scrittura rese necessaria una nuova notazione, si formò il sistema dei modi ritmici


La scuola di
Notre-Dame, Magister Leoninus e Magister Perotinus, utilizzò organa in cui a una melodia basata sul canto gregoriano, chiamato tenor in quanto "teneva" questo canto, venivano sovrapposte fino a tre altre voci chiamate rispettivamente duplum, triplum e quadruplum.
 

Magnus liber organi de Graduali et Antiphonario

 

Nel secolo XII vene indicato col termine tenor la voce più bassa, quella che teneva la melodia (tratta dal canto gregoriano e più tardi tratto da canzoni profane o di libera invenzione) detta Cantus firmus sul quale si muoveva il Discantus. 

 

Dal secolo XII la melodia gregoriana chiamata cantus firmus venne arricchita con libere ornamentazioni melodiche, organum melismatico del repertorio dell'abazia di S.Marziale a Limoges e del Codex Calixtinus di Santiago de Compostela in Spagna.
 

 

 

 

NOTAZIONE ARS ANTIQUA

 

La maggiore elaborazione portò alla necessitá di conferire significati metrici alla notazione che fino ad allora ne era priva: fu cosí che la virga e il punctum divenirono longa e brevis, in cui la prima aveva doppia durata rispetto alla seconda. Dalle combinazioni di longae e brevis si ottennero sei diversi modi ritmici. Ci troviamo quindi di fronte al primo tentativo di dare dei valori ritmici alla composizione. La notazione in ogni caso rimase quella gregoriana quadra e l'interpretazione dei vari modi ritmici a cui era sottoposta non è chiara e univoca.
 

 

                      

Longa                     brevis

 

 

I modi ritmici sono notazioni ritmiche applicate nel XII e lungo il XIII sec. Sono una combinazione tra la metrica greca (da cui derivano) ed i valori musicali in epoca medioevale della longa e della brevis, i sei modi ritmici si basano su valori ternari. (Leoninus e Perotinus)

http://www.hapaxlegomenon.it/musica/teoriamusica/notazione-musicale.php

Con lo sviluppo della polifonia (secc. xii-xiii) si avvertì sempre più l'esigenza di definire esattamente il valore di durata delle note, problema che fu risolto in un primo tempo con la teorizzazione dei modi ritmici (Leoninus e Perotinus), ossia di successioni di durate tratte dalla metrica greca: (ritmo trocaico, giambico, dattilico, anapestico, spondaico e tribrachico. In funzione di questi schemi veniva organizzata la scrittura musicale, alla base della quale stanno i valori della longa (il cui simbolo grafico è il punctum ) e della brevis (indicata con la virga) organizzati in un rapporto di tre a uno (longa perfecta) o di due a uno (longa imperfecta). Questi due segni fondamentali si possono variamente combinare in gruppi detti ligaturae, con cui viene caratterizzato ognuno dei sei modi ritmici.

 

 

 

Le note  lunghe potevano essere suddivise in note più brevi

 

 

Da: Loris Azzaroni, Canone infinito, La scrittura musicale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PEROTINUS

 

La scuola di Notre Dame raggiunse il punto culminante  verso il 1200 con gli organa di Perotinus, che contribuì all'ampliamento del Magnus Liber Organi, raccolta di composizioni musicali raccolte dal magister Leontinus (Leonin) che contiene un ciclo di graduali, responsori e alleluja a due voci per l'intero anno liturgico.  .Perotinus aumentò il numero delle voci superiori e compose organa a tre e a quattro voci (organa triplum e quadruplum).
 

Gli organa di Perotinus rappresentano il primo grande monumento della polifonia europea: organa da 2 a 4 voci, i due più noti sono “Viderunt omnes” e “Sederunt principes”.

 

 

 

 

IL MILLEDUECENTO

 

 

NOTAZIONE FRANCONIANA

 

Nel XIII secolo si sviluppó una nuova forma musicale oltre a quelle della scuola di Notre-Dame, il mottetto (moteus, dal francese mot, parola), dove veniva utilizzata la nuova notazione mensurale franconiana.

Quest'ultima, teorizzata da Francone da Colonia (metà del XIII secolo) nel suo celebre trattato Ars Cantus Mensurabilis , alla longa e alla brevis affiancava due nuovi valori di durata, la duplex longa e la semibrevis e determinava la durata dei suoni con le figure: longa ( tre brevis), brevis (tre semibrevis).
 

duplex longa o maxima - longa - brevis - semibrevis.    Notazione franconiana del XIII secolo.
 

 

http://www.hapaxlegomenon.it/musica/teoriamusica/notazione-musicale.php

Nel corso del sec. xiii ha luogo l'evoluzione di questa notazione, detta modale, con l'introduzione di segni specifici per l'indicazione delle pause e di nuovi tipi di ligaturae, che cominciano ad assumere un significato ritmico autonomo. Fondamentale per la teoria della notazione del sec. xiii è l'Ars cantus mensurabilis (1260 ca.) di Francone di Colonia, che introduce due nuove figure: la maxima o duplex longo e la semi brevis, di valore rispettivamente superiore e inferiore alla longa.

 

 

 

 

FORME ARS ANTIQUA

 

Si distinguevano tre forme di canto a più voci:

 


Il Conductus

Era simile al Mottetto ma  mancava  il canto fermo gregoriano.
 

Canto medioevale su testo latino di carattere religioso destinato ad accompagnare a "condurre" gli spostamenti del clero; quindi canto processionale. Ebbe origine dai tropi divenendo presto un canto autonomo, usato nei drammi liturgici in seguito anche profani. Sorto nel sec. XI come canto monodico, costituì il corrispondente latino della poetica musicale dei Trovieri, divenne nel sec. XIII uno dei generi musicali accanto all'Organum alla Clausola ed al Mottetto, si distingue da essi perchè non adotta come base detta Tenor una melodia preesistente del repertotio liturgico, ma una melodia appositamente composta, caratterizzato da una scrittura meno varia si mantenne nota contro nota a due e meno spesso a tre voci.  
 

 

Rondellus o Rota

Era anch'esso a due o tre voci di derivazione profana dalla danza preannunciava la forma a canone poiché era costituito da un'unica formula melodica che passava in tutte le voci. E' proprio da questo andamento che deriva il termine Rondellus.
 

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_antiqua

La Rota, cioè il procedimento del canone. In sostanza, una voce comincia dopo la stessa sequenza melodica di un'altra voce, imitandola. Il primo esempio di canone fu una rota inglese simile a Fra Martino Campanaro, cioè un meccanismo per cui ogni voce ricomincia da capo e si può non finire mai, perché le voci sono tutte sfasate e ritornano al punto di partenza.

 

 

Mottetto

Era formato da tre voci, una grave detta
tenor che costituiva il canto fermo o canto dato, preso di solito dal repertorio gregoriano, e due delle parti superiori, dette mottetus o duplum e triplum.
 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_antiqua

Esemplificando, un canto gregoriano può essere paragonato ad una retta divisibile in sezioni(o sequenze). Vi era, infatti, una prima parte del canto gregoriano, cantata in cantus planus dal coro dei fedeli, a cui faceva seguito una seconda sequenza, in polifonia, che non poteva essere cantata dai fedeli perché presupponeva un maggior professionismo. Poi c’era una terza sezione che era ancora in cantus planus, quindi cantata dal coro dei fedeli. Infine poteva esserci un'ultima sezione, data in polifonia. Le sezioni interne venivano messe in polifonia in stile di organuum melismatica. La parte finale di un canto gregoriano si chiamava clausula (= chiusura) ed aveva circa 20 note. Se si fosse data la clausola, l'allungamento delle venti note avrebbe determinato una sezione enormemente grande, più grande di tutto ciò che veniva prima. Quindi, nella clausola, si introdusse lo stile di disegno nello stile di discanto: le note del tenor procedevano molto più rapidamente che nello stile di organuum, cioè non venivano allungate, ma procedevano con una certa rapidità.

Il risultato fu che la clausula piaceva perché in essa si percepiva il gioco contrappuntistico, cioè la presenza di due voci che camminavano abbastanza velocemente, anche se il tenor camminava più lentamente rispetto alla voce superiore, ma pur sempre con una certa rapidità. La clausola diventa l'oggetto dell'interesse tanto del compositore quanto del fedele che ama ascoltare queste sezioni più movimentate. Accade quello che era avvenuto con i tropi di complemento cioè la clausula si stacca dal canto gregoriano e diventa un canto autonomo, fermo restando che le note del tenor sono quelle della parte finale di un canto gregoriano. A questo punto si pose un problema, cioè finché si era alla fine di un canto la parola domino aveva un significato perché era la conclusione di un testo di un canto gregoriano. Nel momento in cui domino è il testo del tenor su cui si costruisce un canto staccato, questo canto non ha più un senso. Si risolve il problema dando un testo alla seconda voce detta Mottetus, nome che venne a designare la forma del mottetto che deriva dalla clausola, proprio perché è una clausola polifonica, che si è staccata dal canto originale ed è diventato un canto autonomo. Per dare un senso a questo canto si è dato un testo ala seconda voce. In un primo momento il testo del mottetus era collegato alla parola del tenor, quindi il testo del mottetus parlava di dominus cioè di Dio. Dunque, partendo da un testo coerente, si aggiunse in seguito una terza voce che ha il suo testo. Si costruiscono, così, mottetti in cui c’è il tenor che ha, come testo, la parola domino, la seconda voce detta mottetus o duplum che aveva il suo testo e la terza voce detta triplum che aveva un suo testo. Il titolo di un mottetto è molto strano perché ha l'inizio della terza voce, l'inizio della seconda voce e il testo del tenor. Ad esempio: Dominus eternus (inizio della terza voce) Domino… (inizio della 2° voce), Domino (testo del tenor), cioè si trovano tre parole o più che segnano gli inizi delle tre voci di un mottetto.

 

 

Mottetto politestuale

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_antiqua

Finché il mottetto restò in ambito sacro non ci furono problemi: si dava alle voci superiori un testo che faceva riferimento alla parola conclusiva della clausola. Il problema nacque quando il mottetto diventa una forma profana. A questo punto accade che i testi che vengono aggiunti sul tenor gregoriano originale sono testi in lingua francese e in lingua volgare di contenuto profano. Accade che si hanno mottetti profani sull'antica clausola gregoriana. Il mottetto diventa, dunque, una forma politestuale e plurilinguistica. Ebbe un vantaggio: favorì l'idea della presa autonomia di ciascuna voce, cioè ogni voce era concepita con totale autonomia rispetto alle altre.

 

 

Da: Giulio Bas, Trattato di Forma

Il mottetto dei secoli XIII-XIV, non era che un seguito di variazioni polifoniche intessute intorno ad un canto fermo, che si ripeteva da un capo all'altro del pezzo. 

 

Anonimo: Alle, psallite cum, luya - Testo originale: Alleluja, concrepando psallite cum corde voto Deo toto, alleluja.- Alleluia., cantate intesamente con tutto il cuore per fare voto a Dio.  Alleluia (Motetto a tre voci, sec. XIII, dal codice della «Bibliothèque de l’École de Médecine» di Montpellier, H 196)

 

 

 

 

 

 

Il tenor è suddiviso in tre sezioni 2 + 2 + 2. Nelle prime due parti della prima sezione il tenor intona la melodia, nella sua ripetizione il duplum ed il triplum si invertono le parti. Ugualmente avviene nelle successive sezioni in cui il tenor è leggermente variato. Il mottetto si chiude con una coda.

 

 

 

 

 FONTI ARS ANTIQUA

 

http://www.examenapium.it/meri/fonti.htm#wolfen1

 

Egerton 2615 London, British Library, Eg.2615

Presumibilmente il codice più antico fra quelli di Notre Dame, redatto forse a Beauvais, presso Parigi. È il ms in cui, oltre al Viderunt omnes di Perotinus, compare anche la musica monodica del Ludus Danielis

 

Magister Leoninus (c. 1163-1190),

Viderunt omnes (Organum duplum, sec. XII, dal «Codice Pluteo 29.1» della Biblioteca mediceo laurenziana di Firenze)

Magister Perotinus (c. 1200),

Sederunt principes (Organum quadruplum, sec. XIII, dal «Codice Pluteo 29.1» della Biblioteca mediceo laurenziana di Firenze)

 

Wolfenbüttel 1

 Esemplare redatto in Scozia (ca. 1240) della scuola di Notre Dame

 

Wolfenbüttel 2

manuscrit de Wolfenbuttel, Herzog August Bibliothek, Cod. Guelf. 1099 Helmst. (Heinemann catalogue 1206) [W2]. -

Redatto presumibilmente a Parigi verso il 1250, contiene i due organa a quattro voci di Perotinus, Viderunt omnes e Sederunt principes

 

http://www.examenapium.it/meri/fonti.htm#wolfen1

 

Codex Montpellier H 196, Bibliothèque de l’École de Médecine di Montpellier

La più vasta raccolta ms di mottetti del medioevo, redatta verso il 1270

 

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/13th/GARDMM_TEXT.html

 

Johannes de Garlandia, De mensurabili musica

 

 

Anonimo IV (Coussemaker), De mensuris et discantus

 

 

Philippe de Vitry,.Ars nova musicae (1320)

 

 

Francone da Colonia, Ars cantus mensurabilis  (secolo XIII)

 

 

 

 

CARMINA BURANA

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Carmina_Burana

I carmina burana sono testi poetici contenuti in un importante manoscritto del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis, proveniente dal convento di Benediktbeuern (l'antica Bura Sancti Benedicti fondata attorno il 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera) e attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera. Il termine Carmina Burana è stato introdotto dallo studioso Johann Andreas Schmeller nel 1847 in occasione della prima pubblicazione del manoscritto. Tale codice comprende 315 componimenti poetici su 112 fogli di pergamena decorati con miniature. Sembra che tutte le liriche dovessero essere destinate al canto, ma gli amanuensi autori di questo manoscritto non riportarono la musica di tutti i carmi, cosicché possiamo ricostruire l'andamento melodico solo di 47 di essi. Il codice è suddiviso in sezioni:

* Carmina moralia (1-55), argomento satirico e morale;
* Carmina veris et amoris (56-186), argomento amoroso;
* Carmina lusorum et potatorum (187-228), canti bacchici e conviviali;
* Carmina divina, argomento moralistico sacrale (questa parte fu probabilmente aggiunta all'inizio del secolo XIV).

I testi (tutti in latino eccetto 47, scritti in alto tedesco) hanno argomento evidentemente molto diverso tra loro, e dimostrano la poliedricità della produzione goliardica. Se da un lato troviamo i ben noti inni bacchici, le canzoni d'amore ad alto contenuto erotico e le parodie blasfeme della liturgia, dall'altro emergono un moralistico rifiuto della ricchezza e la sferzante condanna alla curia romana, dedita solo alla ricerca del potere.

Così recita il carme n. 10: La morte ormai regna sui prelati che non vogliono amministrare i sacramenti senza ottenere ricompense [...] sono ladri e non apostoli, e distruggono la legge del Signore.

Ancora il carme 11: Sulla terra in questi tempi il denaro è re assoluto. [...] La venale curia papale ne è quanto mai golosa. Esso impera nelle celle degli abati e la folla dei priori, nelle loro cappe nere, inneggia solo a lui.

Queste parole dimostrano chiaramente come gli autori di questi versi (i cosiddetti clerici vagantes) non fossero unicamente dediti al vizio, ma che si inserissero anche loro in quella corrente contraria alla mondanizzazione della Chiesa e alla conformazione monarchica del papato, ma al contempo fautrice di una ideologia progressista, lontana dalla clausura della vita monastica. D'altra parte la varietà di contenuti di questo manoscritto è anche indiscutibilmente ascrivibile al fatto che i vari carmina hanno autori differenti, ognuno con un proprio carattere, proprie inclinazioni e probabilmente propria ideologia, non trattandosi di un "movimento letterario" compatto ed omogeneo nel senso moderno del termine.

I testi originali sono inframmezzati da notazioni morali e didattiche, come si usava nel primo Medioevo, e la varietà degli argomenti (specialmente religioso e amoroso ma anche profano e licenzioso) e delle lingue adottate, riassume le vicende degli autori, i clerici vagantes
[giovani ecclesiastici o studenti universitari nomadi che vagavano per l'Europa per seguire le lezioni dei maestri viventi] altrimenti detti goliardi (dal nome del mitico vescovo Golia) che usavano spostarsi tra le varie nascenti università europee assimilandone lo spirito più concreto e terreno.

 

 

 

 

 

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IL TRECENTO

 

ARS NOVA

 

Il termine Ars nova al trattato di Philippe de Vitry Ars nova (1325 ca), nel quale l'autore contrappone la musica del suo tempo a quella precedente, in particolare alle innovazioni nella notazione. Con questo termine si indica genericamente alla polifonia dal secoli XIV al XV. Essa si identifica in un nuovo sistema di notazione mensurale teorizzato altre che da Vitry da Johannes de Muris e Marchetto da Padova.

Con Ars nova ci si riferisce alla polifonia della prima metà del Trecento, in contrapposizione ad Ars antiqua indicante la musica del Duecento, il nome deriva dal  trattato di Philippe de Vitry (1291-1361). Vitry e altri teorici introdussero un nuovo valore, la minima, le indicazioni di tempo, e un metodo più pratico per indicare le pause.


Nell'Ars Nova si sviluppò l'isoritmia, basata sull'impiego del modulo ritmico costante, già usato nel tenor dei mottetti dell'ars antiqua, applicandolo anche alle voci superiori di mottetti e di parti di messe polifoniche.

 

 

 

 

NOTAZIONE ARS NOVA

 

 

 

 

Se nell’Ars Antiqua Francone da Colonia (metà del XIII secolo)  nel suo celebre trattato Ars Cantus Mensurabilis, teorizza nuovi valori, alla longa e alla brevis affiancava due nuovi valori di durata, la duplex longa e la semibrevis e determinava la durata dei suoni con le figure: longa ( tre brevis), brevis (tre semibrevis), nell'Ars nova Philippe de Vitry, de Muris e ad altri  teorici, introdussero la prolazione che include, oltre al tempo ed alle suddivisioni ternarie proprie della simbologia cristiana come rappresentazione della Trinità, il tempo e le suddivisioni binarie.

 

Modus è il termine che indica nella notazione mensurale del XIV e XV sec. i rapporti tra i valori di durata lunghi e brevi. I teorici P. Vitry, F. Gaffurio, J Tinctoris, quattro diversi modi relativi alla suddivisione della maxima, della longa e della brevis.
1- modus major perfectus, dove una maxima si suddivide in tre longae
2- modus major imperfectus, dove una maxima si suddivide in due longae
3- modus minor perfectus, dove una longa si suddivide in tre breves
4- modus major imperfectus, dove una longa si suddivide in due breves

 

duplex longa o maxima - longa - brevis -semibrevis - minima - semiminima - fusa. Notazione nera dei secoli XIV e XV

 

 

Prima della metà del XV secolo tutte le note erano rappresentate con la testa piena (notazione nera) ma dopo questo periodo le note di maggior valore verranno rappresentate con la testa vuota (notazione bianca).

 

Notazione bianca dei secoli XV e XVI

 

Tempo Perfetto - Prolazione Maggiore / Tempo ternario - Suddivisione ternaria (9/8)

Tempo Perfetto - Prolazione minore / Tempo ternario - Suddivisione binaria (3/4)

Tempo Imperfetto - Prolazione Maggiore / Tempo binario - Suddivisione ternaria (6/8)

Tempo Imperfetto - Prolazione minore / Tempo binario - Suddivisione binaria (2/4)

http://www.hapaxlegomenon.it/musica/teoriamusica/notazione-musicale.php

Ma i progressi più notevoli si verificano nel corso del sec. xiv. grazie all'opera di Philippe de Vitry, che nel trattato Ars nova (1325 ca.) rifiuta il sistema dei modi ritmici e teorizza le quattro prolationes, che costituiscono le mensurazioni tipiche della musica occidentale fino a tutto il '500. Esse consistono nelle diverse combinazioni di tempus (rapporto tra breve e semibreve) e prolatio (rapporto tra semibreve e minima, nuova figura introdotta da Vitry), ognuno dei quali può essere perfetto, cioè pari a 1/3, o imperfetto a valere 1/2. La notazione mensurata vede casi la definizione delle misure 2/4, 6/8, 3/4 e 9/8; il 2/4, ad esempio, è l'equivalente del tempus imperfectum cum prolatione imperfecta. La suddivisione binaria dei valori di durata, prevalente nella teoria musicale dei secoli seguenti, fu però adottata sistematicamente solo dai teorici italiani dell'epoca (ad es. Marchetto da Padova), in contrapposizione al principio della divisione ternaria prevalente in Francia.

 

 

 

 

FORME ARS NOVA

 

 

MOTTETTO

Fra le forme di quest’epoca assume importanza l’uso dell’isoritmia: una tecnica compositiva che consiste nel riprendere una struttura ritmica più volte durante il brano anche se con note differenti. L’isoritmia veniva spesso utilizzata nella voce del tenor - voce tenuta scritta con valori lunghi.

 L’elemento melodico denominato color consisteva in una successione di intervalli

Alla linea melodica si applicava uno schema ritmico denominato talea.

 

 

MOTTETTO ISORITMICO DEL 1300

 

 Nell'Ars Nova la sua struttura raggiunse la perfezione con l’uso dell’isoritmia. Fra le collezioni più importanti di mottetti si annovera il Codice di Montpellier, quasi esclusivamente di autori anonimi.

L'isoritmia consiste nel riprendere una struttura ritmica più volte durante il brano su una voce del tenor , voce “tenuta” scritta con valori lunghi, in modo più o meno rigoroso.

 L’elemento melodico denominato color consisteva in una successione di intervalli.

Alla linea melodica si applicava uno schema ritmico denominato talea (dal greco thaleia - fioritura) .

 

I testi delle varie voci possono essere in relazione con la melodia gregoriana del tenor oppure avere carattere profano con testi  differenti per ciascuna voce. L'impiego di questi testi profani trasformerà il mottetto, che in origine era sacro, in forma profana, e il conductus che rappresenta la prima forma di polifonia profana cadrà in disuso.

 

 

http://www.mondimedievali.net/Sire/arsnova.htm

«Alla base del procedimento sta la concezione una data melodia (il tenor su cui costruire il brano) come combinazione di due distinti elementi: l’uno ritmico e l’altro melodico. L’elemento melodico, denominato color, era inteso come una successione di intervalli che non doveva necessariamente mantenere uno specifico profilo ritmico. A tale linea melodica il compositore applicava un determinato schema ritmico, denominato talea, che veniva ripetuto senza tener conto di quella che era la configurazione della melodia originale preesistente. A questo schema ritmico (talea) veniva adattata la serie melodica originale (color), cosicchè il risultato finale era la combinazione di due diversi tipi di ripetizione: l’una che riguarda le durate (in note e pause) e l’altra inerente la linea melodica. L’aspetto significativo ed esclusivo della isoritmia è che le ripetizioni delle talee e dei colores erano considerate come entità o unità indipendenti l’una dall’altra e venivano pertanto costruite in maniera che i due schemi non dovessero coincidere in quanto a lunghezza. Poniamo che la melodia originale preesistente fosse composta di 20 note e che lo schema ritmico ne utilizzasse soltanto 15: il color doveva allora iniziare necessariamente la sua seconda ripetizione in un punto che non coincideva più con l’inizio della talea, dando così luogo alla sovrapposizione tra la prima parte della nuova talea e l’ultima parte del color. Mantenendo lo stesso procedimento fino al punto in cui i due schemi dovevano per forza arrivare alla conclusione insieme, sarebbero occorse in tutto tre ripetizioni del color rispetto alle quattro della talea».

 

 

La tendenza della melodia di rispondersi nelle varie voci sposta l'interesse melodico dal tenor al cantus.  Intorno al tenor si vennero organizzando il contratenor altus e bassus (da cui basso e contralto). Questo avviene anche sotto l'influsso della monodia accompagnata dei trovatori.

 

Nel contrappunto la linea melodica è la ricerca primaria e l'aspetto verticale ancora cerca la sua connotazione definitiva. Si seguiva una osservanza stretta tra i rapporti del tenor e quello delle voci altre voci, ma ancora non era chiarito l'uso della dissonanza tra le voci discantanti. Solo con Pierluigi da Palestrina  (Palestrina 1525-Roma 1594) si arrivò ad una chiarificazione dell'uso della dissonanza.

 

 

 

CHANSON

 

La chanson rappresenta una forma polifonica francese del tardo medioevo e del rinascimento.

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Chanson

Le prime chanson erano scritte nelle forme codificate della ballata o del rondò, successivamente molti compositori musicarono delle poesie popolari in varie forme.
Le prime chanson erano per due, tre e quattro voci. La quarta voce venne aggiunta soltanto a partire dal XVI secolo. In alcuni casi i cantori erano accompagnati da uno strumento

Il primo importante compositore di chanson fu Guillaume de Machaut che compose chanson a tre voci durante il XIV secolo

 

 

BALLATA

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Ballata

È composta da una o più strofe, chiamate stanze, e da un ritornello, detto ripresa, che veniva cantato all'inizio della ballata e ripetuto dopo ogni stanza.

 

La stanza della ballata comprende due parti. La prima parte è divisa in due piedi o mutazioni con un numero di versi uguali e uguale tipo di rima, la seconda parte, chiamata volta, ha una struttura metrica uguale a quella della ripresa.

 

 

 

 

 

FONTI  ARS NOVA

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Codice_di_Chantilly

 

Codice di Chantilly, Chantilly, Musee Conde MS 564

Manoscritto di musiche medioevali contenente musiche di autori vari che scrissero nello stile dell' Ars subtilior. Il Codice di Chantilly contiene musiche dei seguenti compositori: Johannes Symonis, Jehan Suzay, Pierre des Molins, Goscalch, Solage, Baude Cordier, Grimace, Guillaume de Machaut, Jean Vaillant, Franciscus Andrieu, Cunelier e Senleches.

 

 

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/13th/GARDMM_TEXT.html

 

Johannes de Garlandia, De mensurabili musica

 

 

Anonimo IV (Coussemaker), De mensuris et discantus

 

 

Philippe de Vitry, Ars nova (1320)

 

 

Johannes de Muris, Musica practica 

 

 

Squarcialupi Codex (Florence, Biblioteca Medicea Laurenziana, Med. Pal. 87)

 

 

 

 

MUSICA FICTA

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_nova#Forme_musicali_dell.27Ars_Nova
(cioè "falsa musica") Espressione latina adottata dai teorici del '300 per designare la musica che fa uso di note alterate non catalogabili dalla scala diatonica esacordale della solmisazione di Guido D'Arezzo. Tali note, impiegate sempre più frequentemente, furono indicate mediante i segni di alterazione di bemolle, bequadro e diesis; la musica ficta rappresentò l'elemento disgregatore della tradizionale grammatica modale e lo sviluppo della sensibilità tonale.

 

 

 

 

STRUMENTI DELL'ARS NOVA

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_nova

 * Organo
* Salterio
* Viella
* Cornetto
* Tromba
* Flauto
* Arpa
 

 

 

 

 MACHAUT Guillaume de

(Reims, 1300-05 – Reims, 1377)

 

Massimo esponente dell'Ars Nova francese e poeta, le sue composizioni usano forme tipiche di quel periodo Mottetti Sacri e profani,  chanson, ballades, rondeau,  virelais, lais e la Messe de Notre-Dame.

Machaut usa il mottetto isoritmico e ne estende il principio costruttivo alle altre forme polifoniche, le parti della Messe de Notre-Dame si basano sul modello del mottetto isoritmico.

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Isoritmia

Tenor isoritmico della prima sezione del Kyrie della Messa di Guillaume de Machaut (circa 1360). Il color qui è costituito dall'intera frase di 28 note, a cui si applicano 7 ripetizioni della talea.

 

Melodia gregoriana tratta dal primo verso del Kyrie IV con tropo Cunctipotens genitor Deus, per le messe delle feste degli apostoli

 

 

 

 

 

http://www.rolandorivi.com/Testi/Gregoriano/gregorian.htm

 Soprattutto tra il IX e il XIII secolo i canti del Kyriale Romanum, ma non soltanto questi, sono stati arricchiti con l’introduzione di tropi: nuove frasi musicali e nuovi testi, dei quali ogni singola sillaba è stata assegnata a una nota dei melismi già presenti nei brani. Sono questi nuovi testi che danno il nome ai vari Kyrie (Cunctipotens genitor Deus, Cum iubilo, De Angelis, Orbis factor, ecc.). I tropi permettono di seguire l’evoluzione dei sentimenti religiosi e della coscienza liturgica delle chiese locali, che li hanno prodotti. Attestano, ad esempio, per l’epoca carolingia un particolare significato del Kyrie, considerato una preghiera trinitaria - non più cristologica - con forti accentuazioni laudative, che prevalgono sulle invocazioni di perdono.
 

Codex Las Huelgas, tropo, XIII-XIV secolo, f. 1r

 

 

 

 

CORDIER Baude

(Reims c. 1380 - prima del 1440)

 

Duee chanson sonodel codice di Chantilly: la canzone d'amore "Belle, Bonne, Sage" la cui partitura è a forma di cuore e colorata, l'altra è un canone "Tout par compas suy composé" scritto in modo circolare.

 

 

http://en.wikipedia.org/wiki/Ars_subtilior#Notational_characteristics

One of the techniques of the ars subtilior involved using red notes, or "coloration"; these red notes indicated a reduction of note values by one third. For instance, a three bar passage if written entirely in red notes would only be two bars long. If a "perfect" passage would be written in red notes it would become syncopated; this syncopation was considered a hemiola (see example 1). Triplets occurred when an "imperfect" passage was transcribed into red notes (see example 2).

* Example 1: time signature of 3/4. If three dotted half notes were written as red notes, each of the notes would lose one quarter note, becoming a series of three half notes, therefore fitting into two bars. The quarter note on the third beat of the first bar would be tied to the quarter note on the first beat of bar two.

* Example 2: time signature of 2/4. If three quarter notes were written as red notes, each one would become equivalent to 0.66 of a beat. [ 0.66 x 3 (three quarter notes) = 2 quarter notes ]

Composers in the ars subtilior style often wrote their manuscripts themselves in unusual and expressive shapes. In addition to the circular canon by Baude Cordier, a piece by Jacob Senleches, La Harpe de melodie, is written in the shape of a harp; this and other examples of the unusual notational style of the ars subtilior are preserved in the Chantilly Codex, the primary source for this music, and also the Modena Codex.

 

 

 

 

Belle, Bonne, Sage

 

 

 

 

 

Tout par compas suy composé

 

 

 

 

 

 

ARS NOVA IN ITALIA

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_nova

Rispetto all'Ars Nova francese, la forma italiana risulta più semplice e meno contrappuntisticamente intricata.
* mottetto: questa forma non ebbe gran diffusione. Si ricordano tre mottetti scritti da Marchetto da Padova, uno di Jacopo da Bologna e altri frammenti di mottetti composti in onore di dogi veneziani.
* madrigale: è un componimento a forme fixe, strofico; era solitamente a due voci. Importanti autori di madrigali sono Giovanni da Cascia, Piero, Jacopo da Bologna.
* caccia: a tre voci, nei suoi testi si presentano scene di caccia, gare, giochi all'aperto, mercato.
* ballata: è una forme fixe monodica destinata ad accompagnare danze collettive; per questo ogni stanza (strofa) viene divisa in due piedi (o mutazioni), intonati su uno stesso motivo. Il maggior esponente di questo genere fu Francesco Landini di Firenze.
 

 

 

 

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IL QUATTROCENTO

 

 

LA SCUOLA FIAMMINGA

 

Nel Quattrocento si conclude il movimento dell'Ars Nova, e il movimento letterario, artistico e fìlosofìco dell'Umanesimo si diffuse un po' in tutta Italia. In Europa il nuovo movimento musicale si sposta a nord, nelle zone della Borgogna e delle Fiandre corrispondenti agli attuali nord della Francia, Olanda e Belgio.

 

I maestri fiamminghi , andavano elaborando forme contrappuntistiche, sia sacre sia profane, tecnicamente molto complesse  aumentando esageratamente il numero delle voci  e  la tecnica contrappuntistica  più usata fu l'imitazione a canone,  famosi i Canoni enigmatici tali composizioni furono considerate artificiose.  

 

E' in questo periodo dunque che viene a delinearsi la tecnica del contrappunto e la disposizione a quattro voci delle composizioni. In questo periodo la melodia gregoriana che si trovava al tenor passa al cantus, diventando ritmicamente più mossa e arricchendosi di fioriture, e la parte grave tenderà a muoversi secondo i fondamenti armonici

La scuola polifonica inglese ebbe una molta influenza sui fiamminghi, in particolare  John Dunstable.

Con la metà del secolo si afferma la cosiddetta scuola borgognona, in cui si formò la figura di Guillaume Dufay,
 tra i più grandi compositori della scuola fiamminga, che introduce la messa ciclica, in cui ogni parte  ha lo stesso tenor.

 

I  fiamminghi praticarono  le forme della messa, del mottetto, sviluppandosi fino a composizioni come il mottetto "Deo Gratias" di Johannes Ockeghem , a 36 voci reali.  La chanson profana a 3 voci è caratterizzata da una semplice polifonia.
 

 

http://www.istitutovarrone.it/documenti/8_d.doc

La tradizione del mottetto medioevale suggeriva di collocare il cantus firmus al tenor ma le diverse esigenze della musica quattrocentesca richiedevano che la voce più grave si rendesse libera di fungere da appoggio e fondamento delle frequenti progressioni armoniche di tale stile soprattutto in fase di cadenza; l'uso, allora, di un cantus firmus che non poteva essere ulteriormente manipolato avrebbe limitato i margini di manovra del compositore e condotto alla ripetitività armonica. Questa difficoltà fu risolta facendo del tenor non più l'ultima ma la penultima voce dell'impianto, collocando al grave una parte detta contratenor bassus (poi bassus), al di sopra del tenor un contratenor altus e all'acuto un cantus o superius o anche discantus.
 

 

 

 

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FORME DEL QUATTROCENTO

 

 

MOTTETTO

 

Da: Giulio Bas, Trattato di Forma, pag. 121

(Qui s'intende parlare del Mottetto dell'età florida della polifonia vocale, intorno al secolo XVI, e non già del mottetto primitivo dei secoli XIII e XV.)

E' una forma di grande importanza nella polifonia vocale, e consiste nel prendere il motivo d'ogni singola frase di canto fermo come tema d'uno sviluppo ad imitazioni o addirittura fugato L'intero  pezzo diventa così un seguito di episodi aventi ognuno un tema proprio.

 

 

 

Ave Maria, Mottetto di Josquin Desprez

CHANSON Quattrocento

 

http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/4/1599_1

In senso lato può indicare diversi generi della storia musicale francese, dalla canço trobadorica alle composizioni vocali profane dell'ars nova (ballades ecc.), fino ai generi più recenti. Più specificamente, va però riferita a un ben definito genere di composizione polifonica profana tipica della scuola franco-fiamminga, fiorita nella seconda metà del sec. XV e in tutto il XVI con diffusione europea. La chanson così intesa fu di modello alla canzone strumentale, che ne riprese il tipico incedere dell'inizio, con note ribattute sul ritmo di una lunga e due brevi, la scrittura imitativa e a tratti omofonica, la libertà formale. Rispetto alla prima fase della sua storia, bene illustrata dalla produzione dei fiamminghi Johannes Ockeghem, Jacob Obrecht, Josquin Desprès, Pierre de La Rue e altri, con i francesi Clément Janequin, Claudin de de Sermisy, P. Certon ecc., il genere fu affrontato con atteggiamento meno severo, di elegante scioltezza, e con una propensione, in alcuni casi, al pittoresco, al descrittivo, che portò alla composizione di celebri pezzi, come le chansons di Janequin, volte a descrivere una battaglia o il canto degli uccelli.

 

 

 

 

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IL FALSO BORDONE

 

Il termune falso bordone si contrappone a bordone in cui un Cantus firmus dato alla voce inferiore è accompagnato dalle voci superiori in 3/6. Nel falso bordone la melodia non è data al basso ma ad una voce superiore; la linea che segue parallela al basso rappresenta un falso bordone. falso in quanto non è la linea della melodia.
 

 

http://www.sapere.it/tca/MainApp

procedimento che è caratteristico della polifonia dei secc. XIV-XVI e che consiste nell'andamento parallelo di 3 voci che formano accordi di terza e sesta. Noto anche col nome di discanto inglese perché ebbe origine in Inghilterra come tecnica di improvvisazione su un canto dato, fu usato da Guillaume Dufay (ca 1430), che lo qualifica come faux-bourdon, e, in misura minore, nella seconda metà del sec. XV e nel XVI. Nel canto liturgico, indica l'alternanza di versetti intonati secondo l'originaria melodia gregoriana e di versetti dove tale melodia è armonizzata a 3 o 4 voci. Tale pratica si sviluppò nel sec. XVI ed è ancora viva. Nel sec. XVII si considerò falso bordone il canto improvvisato con fioriture da varie voci, una dopo l'altra, su uno stesso motivo eseguito come basso dall'organo.

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Falso_bordone

Il falso bordone (o falsobordone) è una tecnica di armonizzazione usata nel tardo medioevo e nel primo rinascimento particolarmente dai compositori della Scuola di Borgogna. Guillaume Dufay fu il più grande compositore ad usare questa tecnica di composizione e probabilmente anche il suo inventore.

 

Nella sua forma più semplice, il falsobordone consiste in un cantus firmus e due altre parti a intervallo di sesta ed una quarta perfetta in basso. Per prevenire la monotonia o creare una cadenza, la voce più bassa alcune volte scende di una ottava e ciascuna delle voci di accompagnamento può avere meno abbellimenti. Normalmente solo una piccola parte della composizione impiega la tecnica del falso bordone.

 

 

La prima e la terza linea sono composte in modo libero (in questo esempio la linea superiore è basata sulla melodia dell'antifona gregoriana); la linea di mezzo, designata come falsobordone, segue l'andamento della linea superiore, ma esattamente una quarta perfetta sotto. La linea inferiore, è spesso ma non sempre, una sesta sotto la prima linea; Essa è abbellita e scritta con una cadenza all'ottava.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTAZIONE NEL QUATTROCENTO

 

 

 

 

Notazione bianca dei secolo XV e XVI

 

 

 

Notazione moderna

 

 

 

La musica non è organizzata in partitura e mancavano le indicazioni di battuta.

 

 

 

 

 

GUILLAUME DUFAY (1400 - 1474 c)

 

 

Con la metà del secolo si afferma la cosiddetta scuola borgognona, in cui si formò la figura di Guillaume Dufay,  tra i più grandi compositori della scuola fiamminga, che introduce la messa ciclica, in cui ogni parte  ha lo stesso tenor.

 

 Missa L'homme armé,  mottetto Nuper rosarum flores composto per l'inaugurazione della cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze nel 1436.

 

 

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/L%27homme_arm%C3%A9

 

L'homme armè è una canzone profana dell'epoca rinascimentale.

 

L'homme armè è molto ben ricordato al giorno d'oggi perché usato da molti compositori del rinascimento come cantus firmus per le messe in lingua latina. Questa melodia fu probabilmente usata per la composizione di molte canzoni profane; 40 di queste sono pervenute ai nostri giorni. Molti grandi compositori del rinascimento scrissero almeno una messa su questo tema. Questa moda finì nel secolo XVII con l'opera del compositore Giacomo Carissimi. La maggior parte delle messe chiamate L'homme armè sono state composte nel periodo che va dal 1450 al 1500.

 

Si ritenne che la melodia venne usata per la prima volta nella canzone: Il sera pour vous conbatu/L'homme armé attribuita a Robert Morton, che tramite alcuni riferimenti del testo, si ritiene composta nel 1463. Un'altra possibile prima versione è un'opera anonima a tre voci che non può essere datata. Nel 1523 Pietro Aron, nel suo trattato Il Thoscanello, afferma che la canzone fu composta da Antoine Busnois. Mentre si concorda con il fatto che la canzone è stilisticamente conforme alle opere di Busnois, non vi sono altre fonti che possano confermare l'assunto di Aron ed egli scrisse il trattato circa 70 anni dopo la prima apparizione della melodia. Richard Taruskin ha affermato che Busnois scrisse la prima messa conosciuta sulla melodia, ma questa versione è contestata da coloro che affermano essere Guillaume Dufay il compositore della prima messa L'homme armè.

 

Le origini della popolarità della canzone è l'importanza dell'uomo armato sono oggetto di diverse teorie. Alcuni affermano che l'uomo armato è San Michele Arcangelo mentre altri suggeriscono che era il nome di una taverna presso la quale Dufay risiedeva a Cambrai. Esso può anche rappresentare il cavaliere per una nuova Crociata contro i Turchi. Esistono ampie evidenze che indicano uno speciale significato per l'Ordine del Vello d'Oro. È utile notare che la prima apparizione della canzone avvenne in contemporanea con la caduta di Costantinopoli per mano degli Ottomani Turchi nel 1453, un evento che ebbe un grande effetto psicologico in Europa. Compositori come Guillaume Dufay scrissero delle lamentazioni su questo argomento. Un'altra ipotesi è che tutte le precedenti teorie siano valide e la canzone serva a dare la sensazione di urgenza sulla necessità di approntare una spedizione che comprenda tutte le nazioni europee per la riconquista di Costantinopoli.

 

 

 

 

Originale Francese

L'homme, l'homme, l'homme armé,
L'homme armé
L'homme armé doibt on doubter, doibt on doubter.
On a fait partout crier,
Que chascun se viengne armer
D'un haubregon de fer.

 

 Italiano

L'uomo, l'uomo, l'uomo armato,
L'uomo armato
L'uomo armato sarà temuto, sarà temuto.
In ogni luogo è stato proclamato
Che ogni uomo armerà se stesso
Con un'armatura di ferro.

 

 

 

GILLES BINCHOIS (1400 - 1460)

 

 

 

JOHANNES OCKEGHEM (c. 1420 - 1496)

 

 

 

JOSQUIN DES PREZ (1440 c - 1521?)

 

Con Desprez ci si affaccia già al Rinascimento.

 

 

Ave Maria, Mottetto di Josquin Desprez

 

In questo mottetto le varie sezioni sono trattate in modo imitativo ed a canone

 

- Ave Maria, Gratia plena,

Ave Maria piena di grazia

Canone all'ottava

 

Dominus tecum, Virgo serena.

Il Signore è con te,
Canone

 

Ave Maria, Gratia plena,

Dominus tecum, Virgo serena.
Ave cujus conceptio,
Solemni plena gaudio,
Coelestia, terrestria,
Nova replet laetitia.
Ave cujus nativitas,
Nostra fuit solemnitas,
Ut lucifer lux oriens,
Verum solem praeveniens.
Ave pia humilitas,
Sine viro foecunditas,
Cujus annuntiatio,
Nostra fuit salvatio.
Ave vera viginitas,
Immaculata castitas,
Cujus purificatio
Nostra fuit purgatio.
Ave praeclara omnibus
Angelicis virtutibus,
Cujus assumptio,
Nostra glorificatio.
O Mater Dei,
Memento mei.
Amen.

 

 

Desprès è uno tra i primi ad intendere il testo come stimolo all'ispirazione musicale. Sviluppo della forma della chanson,  nella quale la voce superiore è dominante sulle altre,

 

 

 

 

 

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IL QUATTROCENTO IN ITALIA

 

In Italia musicisti come Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara preferirono comporre lavori di carattere più semplice e popolare, dando vita a forme musicali quali la frottola, la barzelletta e lo strambotto.

 

L’Italia fu terra d’approdo per gli artisti franco-fiamminghi Guillame Dufay (1400 ca.-1474),  Josquin Desprès (1440 ca.-1521).

 

 

 

 

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LA MUSICA STRUMENTALE NEL QUATTROCENTO

 

Nella seconda metà del Quattrocento l'arte vocale franco-fiamminga, con i monumenti contrappuntistici, in cui la tecnica magistrale si fondeva con la più alta spiritualità, dominava sovrana su tutta l'Europa, relegando la musica strumentale in un piano nettamente inferiore. Di quest'ultima non ci è giunta nessuna traccia, a riprova dello scarso interesse che doveva suscitare presso i compositori colti, e possiamo solo supporre che essa fosse presente quasi unicamente durante le feste di corte o nelle ricorrenze popolari sotto forma di danze. Le esecuzioni riunivano certamente i diversi tipi di strumento, a fiato, ad arco. a pizzico, ma non andavano oltre un elementare sviluppo melodico e un ancor più primitivo sostegno armonico. Malgrado questa situazione apparentemente statica, nella vita musicale dell'epoca stava maturando un fenomeno che doveva creare le premesse necessarie alla nascita ed allo sviluppo della musica strumentale, consentendo in modo particolare al liuto di imporsi improvvisamente  agli inizi del secolo XVI.

 

In Italia l'influenza fiamminga, assorbita silenziosamente per lunghissimo tempo dopo la lontana parentesi dell'Ars Nova, stava generando una cultura musicale autonoma , che avrebbe condotto il nostro paese nel volgere di pochi decenni agli splendori del Rinascimento, Le prime culle di questo risveglio furono le corti delle città settentrionali, in particolare quella di Isabella d'Esta a Mantova, dove Marco Cara e Bartolomeo Tromboncino crearono i primi germogli di un'altissima civiltà musicale. Le loro "Frottole", affidate ancora alle voci, si prestavano assai bene al procedimento che si ritrovò in seguito (1509 e 1511) nelle intavolature per liuto del Bossinensis [Bosnia seconda metà sec. XV - inizio sec. XVI]. Esso consisteva nel limitare il canto alla voce superiore, mentre le rimanenti erano eseguite dl liuto, che doveva così operare una rigorosa condotta ritmica e un impegno tecnico di una certa difficoltà,  assolvendo inoltre ad una funzione molto congeniale  alle sue qualità timbriche ed armoniche.

 

(...)

 

La possibilità di ottenere suoni simultanei suggerì poi agli esecutori di trasferire sul liuto le intere parti delle composizioni polifoniche vocali, (...). A questo punto erano maturate  tutte le condizioni  perché avvenisse il tentativo di impiegare il liuto in forme autonome. Nulla sappiamo circa le prime edizioni musicali che dovettero prendere vita dai numerosi liutisti, (...) essi ricorressero all'improvvisazione (...) o che più semplicemente i loro manoscritti siano andati perduti .Certo è che la prima testimonianza dell'arte liutistica  ci giunge soltanto quando un grande avvenimento, destinato a dare un grande impulso alla cultura musicale, avviene in Italia all scadere  del Quattrocento. Ottaviano Petrucci (Fossombrone, 1466 - ivi, 1539)  inventa i caratteri mobili per la stampa musicale, (...).

 

Il primo strumentista ad avvalersi dei caratteri mobili, era anch'egli nativo di Fossombrone [fu Francesco Spinacino: Fossombrone, Pesaro seconda metà sec. XV - Venezia dopo il 1507)].

 

Ruggero Chiesa, Storia della letteratura del liuto e della chitarra, Il Fronomo n 1.

 

 

 


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IL CINQUECENTO
 

 

IL RINASCIMENTO


Abbiamo già accennato dell'’invenzione per opera di Ottaviano Petrucci da Fossombrone e la diffusione della stampa musicale e dei molteplici effetti culturali.
. Il primo libro, «Harmonice Musices Odhecaton» ha la data del 15 Aprile del 1501. E’ una antologia di 96 chansons polifoniche.
 


http://it.wikipedia.org/wiki/Harmonice_Musices_Odhecaton

Harmonice Musices Odhecaton è la prima raccolta di musiche interamente stampata con caratteri mobili nel 1501 a Venezia dall'editore Ottaviano Petrucci da Fossombrone (1466 - 1539) col sistema della tripla impressione, metodo di stampa consistente in tre fasi successive: prima veniva impresso il rigo musicale, poi le note ed altri simboli musicali ed infine il testo letterario. Il titolo della raccolta Harmonice Musices Odhecaton si riferisce alle "Cento canzoni (in realtà 96) di musica armonica", cioè polifonica: le composizioni in essa contenute sono soprattutto chansons a tre e quattro voci. Fra gli autori i cui lavori erano contenuti nella raccolta si possono citare, Agricola, Antoine Busnois, Isaac, Josquin Desprez e altri compositori franco-fiamminghi. La sua importanza è data dal fatto che con essa si ebbe un grande sviluppo nella diffusione delle opere musicali in tutta Europa e quindi lo sviluppo capillare di questa arte come mai prima era stato possibile dovendosi manoscrivere ogni spartito musicale.

 

 

La seguente descrizione della nuova estetica tratta da: Lineamenti di Storia della Musica di Guido Pannain ed. Curci  mi sembra chiarificatrice del processo formativo  compiuto dall'arte, dalla mistica visione del medievo al risveglio dell'umanesimo rinascimentale ed all'elaborazione successiva che per schematismo definiamo Barocco.            


La musica nel Secolo XVI

II movimento che fin dal secolo XVI tende a rinnovare la musica nelle sue basi fondamentali, si collega alla cultura del Rinascimento, a quel profondo mutarsi della sensibilità per cui l'umanità, già assorta nella mistica visione del Medioevo, cominciò a destarsi alla realtà della vita terrena.

Il primo segno di questa rinascita umana, di questo ritorno dello spirito alla concretezza della vita presente, si manifestò nel campo intellettuale, nella ricerca e nello studio dei monumenti dell'antica cultura, delle opere d'arte, della letteratura. Al contatto di essi i gusti e le tendenze vennero profondamente modificandosi. Questo movimento radicale e complesso si manifestò indecisamente durante il secolo XV; un secolo più tardi già si confermava vittoriosamente in Francia e in Germania. Elementi importanti del Rinascimento furono gli umanisti, come vennero chiamati gli appassionati studiosi delle antichità greca e romana.

 

 

 

 

 

 

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NOTAZIONE NEL CINQUECENTO

 

L'uso del pentagramma risale al sec. XVI.

 

 

 

 

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FORME NEL CINQUECENTO

 

 

 

 MOTTETTO del Cinquecento

 

Da: Giulio Bas, Trattato di Forma, pag. 121

(Qui s'intende parlare del Mottetto dell'età florida della polifonia vocale, intorno al secolom XVI, e non già del mottetto primitivo dei secoli XIII e XV.)

E' una forma di grande importanza nella polifonia vocale, e consiste nel prendere il motivo d'ogni singola frase di canto fermo come tema d'uno sviluppo ad imitazioni o addirittura fugato L'intero  pezzo diventa così un seguito di episodi aventi ognuno un tema proprio.

 

 

 

CANZONA Cinquecento

 

http://phonoarchive.org/grove/Entries/S04804.htm

The spelling ‘canzona’ was fairly frequently used in Italy after 1600 and has become standard in England and not infrequent in Germany; in older Italian sources, however, ‘canzone’ and ‘canzon’ (with the plural ‘canzoni’) are practically universal, and ‘canzone’ has subsequently remained the standard Italian form. It should be noted that ‘canzone’ as the plural of ‘canzona’ is rare. (For a discussion of the Italian poetic form, see Canzone.) The word ‘canzone’ or ‘canzona’ in its instrumental connotation originally denoted an arrangement of a polyphonic song, usually a French chanson, since although arrangements of Italian works were quite common these were usually called ‘frottola’ or ‘madrigale’. Although it was used at least until the end of the 16th century to mean a straightforward arrangement, there are quite early instances of new compositions based on existing chanson material, and the term eventually came to be applied to original compositions using idioms familiar through arrangements and reworkings. Since chansons of the type favoured for these purposes (i.e. the Parisian chanson as represented in the books of Attaingnant starting in 1528) frequently began with fugal imitation, the canzona came to be considered a fugal genre. It is described by Praetorius (Syntagma musicum, iii, p.17) as a series of short fugues for ensemble of four, five, six, eight or more parts, with a repetition of the first one at the end (although this feature is in fact rare; see Fugue, §4). Expressions such as ‘canzon francese’ and ‘canzone alla francese’ appear to indicate nothing beyond the form just described (they are used both of arrangements and of original works), while ‘canzon da sonar’, a phrase that played a part in the genesis of the term ‘sonata’ (see Sonata, §I), specified only that it was an instrumental (usually ensemble) form.

 

 

 

 

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LA SCUOLA ROMANA TRA CINQUECENTO E SEICENTO

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_romana_%28musica%29

Nella storia della musica, la Scuola romana fu costituita da un gruppo di compositori, quasi tutti di musica sacra, attivi a Roma fra il XVI e il XVII secolo, spaziando dal tardo rinascimento al primo barocco. Il termine si riferisce anche alla loro produzione musicale. Molti di questi compositori erano legati con la Santa Sede e con la Cappella musicale pontificia anche se lavoravano per diverse chiese di Roma. Il loro stile era diverso da quello della Scuola veneziana le cui musiche erano più innovatrici. Il più famoso compositore della scuola romana fu Giovanni Pierluigi da Palestrina il cui nome venne associato, per oltre quattro secoli, con la più eterea e cristallina perfezione polifonica. In ogni caso operavano in quel periodo altri compositori che scrivevano musica in diverse varietà di stili e forme.


Le musiche della Scuola romana possono essere viste come il culmine di uno sviluppo della polifonia attraverso la contaminazione con la Scuola franco fiamminga nel corso degli ultimi cento anni. I compositori di questa scuola erano arrivati numerosi a Roma per lavorare e vivere nella città eterna. Josquin Des Prez, Jacob Obrecht, Jacques Arcadelt e molti altri fecero dei lunghi soggiorni a Roma ed il loro stile musicale fu decisivo per la nascita della Scuola romana

 

Sotto la guida del Vaticano e con il coro della Cappella Sistina, uno dei più importanti del tempo, fu inevitabile che il centro della polifonia sacra tornasse ad essere Roma. Il Concilio di Trento, che fu tenuto fra il 1543 e il 1563, ebbe un impatto significativo sulla musica della Scuola romana: si può arguire che la riforma nella Chiesa cattolica, che era parte della Controriforma, definì i canoni musicali della Scuola romana. Il Concilio di Trento raccomandò che la musica sacra, specialmente quella eseguita durante la liturgia, fosse scritta in uno stile sobrio e degno del luogo in cui veniva eseguita. Il Concilio autorizzò l'uso della polifonia a patto che il testo cantato rimanesse comprensibile ai fedeli. In ogni caso, mentre non esisteva un divieto dell'uso di melodie profane nella composizione di musica sacra, questa pratica venne comunque osteggiata dalla gerarchia ecclesiastica.

La combinazione della riforma del Concilio di Trento con la presenza di molti talentuosi compositori appartenenti alla Scuola franco-fiamminga, diede luogo ad una produzione musicale polifonica che raggiunse la perfezione nell'ambito della musica rinascimentale.

 

La principale questione del Contrappunto del XVI secolo o Polifonia Rinascimentale, discussa nelle scuole di musica contemporanee, è lo stile codificato dalla Scuola romana come ebbe modo di notare Johann Fux nel tardo XVIII secolo.

 

È importante riconoscere che lo stile del Palestrina non fu il solo stile utilizzato in quel periodo ma ebbe però la maggiore importanza. Lo stile polifonico del Palestrina rappresentò il culmine dello sviluppo di un secolo di musica franco-fiamminga, ma esso fu una corrente delle molte che erano presenti in quel tempo, e contrastava con la musica della Scuola veneziana ma anche con quella prodotta in Francia ed Inghilterra nello stesso periodo.

 

 

 

 

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PALESTRINA Pierluigi da

 

 

 

 


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LA SCUOLA VENEZIANA TRA CINQUECENTO E SEICENTO

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_veneziana

Nella storia della musica la Scuola veneziana è un termine usato per descrivere i compositori operanti a Venezia dal 1550 al 1610; essa descrive inoltre la musica da loro prodotta. Le composizioni policorali veneziane del XVI secolo furono il più importante fenomeno musicale in Europa ed influenzarono moltissimo la musica europea di quel periodo. L'innovazione introdotta dalla scuola veneziana, assieme al contemporaneo sviluppo della monodia e dell'opera a Firenze rappresentano la fine della musica rinascimentale e l'inizio della musica barocca.

 

Il massimo dello sviluppo della scuola veneziana venne raggiunto nel decennio 1580-1590 quando Andrea e Giovanni Gabrieli composero grandissimi capolavori per cori multipli, gruppi di ottoni, archi e organo. Questi lavori sono i primi ad includere il dinamismo nella musica ed i primi anche nell'includere specifiche istruzioni sull'orchestrazione. Anche gli organisti partecipano a questa musica con Claudio Merulo and Girolamo Diruta; essi iniziano a definire uno stile ed una tecnica che trasferita nel nord Europa darà, nelle successive generazioni, vita ai lavori di Dietrich Buxtehude, ed infine di Johann Sebastian Bach.

 

 

 

 

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LA MUSICA STRUMENTALE NEL CINQUECENTO


Oltre alle forme strumentali di origine polifonica nel cinquecento si sviluppo una letteratura strumentale che accompagnava le danze. In origine queste danze erano composte da due danze una al passo e una saltata, Passemezzo, Pavana, Padovana e Salterello, Gagliarda, Romanesca: d'andamento binario lento e grave la prima e ternario vivace la seconda.

 

Ce ne offre un esempio Giacomo Gorzanis (ca 1525 - ca 1578) ventiquattro Passa e mezzo (antichi e moderni corrispondenti ai nostro modi minore e maggiore) accoppiati col Salterello in cui viene compiuto un completo ciclo sui dodici gradi della scala precorrendo di oltre 150 anni il WTC di J. S. Bach.

 

La Suite In Italia Partita e in Francia Ordre (successione) si viene così delineando nelle seguenti danze di andamento alterno: Allemanda Corrente Sarabanda e Giga, alcune volte precedute da un preludio, forma usata in Germania e in Italia, la suite francese aggiunge alcune delle danze varabili dopo la Sarabanda come il Minuetto la Bourré e la Gavotte alcune volte associate in I° e II°. Come conclusione dopo la Giga poteva essere introdotta la Ciaccona e la Passacaglia.

 

In origine la Partita italiana indicava un danza successivamente variata ed in seguito venne ad identificarsi nella Suite; nel tardo Settecento la Suite sfocerà nel Divertimento nella Cassazione e nella Serenata.

 

 

 

 

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IL BAROCCO

 

Musica barocca - Wikipedia
Il termine musica barocca indica la musica composta durante il periodo di diffusione del barocco nell'arte, che convenzionalmente fa riferimento al periodo 1600-1750.
 

http://www.geocities.com/Tokyo/Temple/8529/musica/storia/barocca.html
Normalmente questa età viene contraddistinta da queste due date: il 1600, con la nascita del melodramma, ed il 1750, data della morte di J.S. Bach. Si nota, in questa epoca, una unità di fondo tra la musica rinascimentale e quella barocca, ma verso la fine del XVI secolo si evidenzia un cambiamento di stile significativo: lo si può vedere confrontando alcune delle ultime opere di Palestrina con quelle più mature di Monteverdi, in cui si nota una forte influenza dell'Umanesimo.

 

Barocco - Wikipedia

Il barocco è il termine utilizzato correntemente per indicare la civiltà letteraria, filosofica, artistica e musicale caratteristica del periodo che va dalla fine del XVI secolo alla metà del XVIII secolo. Per estensione, si indica quindi col nome «barocco» il gusto legato alle manifestazioni artistiche di questo periodo.

Sulla derivazione del termine ci sono due ipotesi: 1) Deriva da un'antica parola portoghese, barroco (barrueco in spagnolo), usata per definire una perla scaramazza, ovvero una perla non coltivata, non simmetrica. Proprio per le particolarità del suo stile l'arte barocca si accosta alla perla scaramazza. 2) Deriva dalla figura più complessa del sillogismo aristotelico, il barocco.
 

 Il termine musica barocca è utilizzato per classificare la musica composta durante il periodo di diffusione del barocco nell'arte. I principali compositori che oggi vengono considerati barocchi sono Bach, Händel e Antonio Vivaldi. L'utilizzo del termine "barocco" riferito alla musica è, tuttavia, uno sviluppo abbastanza recente, ed è fatto risalire ad una pubblicazione del musicologo Curt Sachs del 1919.

La musica barocca è caratterizzata dall'uso della fuga e spesso da passaggi difficili e molto veloci. Risulta quindi estremamente importante l'abilità del solista (virtuosismo).

"La musica barocca non esiste!". L'affermazione può sembrare brutale, sommaria e in un certo senso scoraggiante. E invece si tratta di farina fine, proveniente dal generoso sacco concettuale di Manfred Bukofzer, uno dei maggiori musicologi del Novecento. Non ha alcun senso — sostiene lo studioso nel suo libro più fortunato, The music in the baroque era (1947) — mettere una sola cornice intorno ad un secolo e mezzo di musica che ha fatto della varietà e della differenza il proprio programma estetico.

Meglio, molto meglio, parlare di "primo barocco francese", di "tardo barocco italiano", o di "medio barocco francese", distinguendo innanzitutto, all'interno dei grandi confini della "epoca barocca", il quando e il dove. La tesi di Bukofzer continua a destare ancora oggi, nonostante sia passato più di mezzo secolo, un certo scandalo, forse perché mette in crisi una delle certezze "assolute" coltivate sia nella storiografia musicale che dal "mercato" della musica. La convinzione cioè che esista un genere, una categora, una qualsiasi casella dentro la quale sistemare tutti i fenomeni che sembrano appartenere all'"epoca barocca": una sonata per clavicembalo di Scarlatti e un ballet de cour di Couperin, una Passione di Schutz e un concerto di Vivaldi. Stendendo così una patina uniforme su oggetti, forme e linguaggi che si differenziano, invece, per il carattere esattamente opposto: il contrasto, l'opposizione, la diversità.

È per questo motivo che Bukofzer propone di evitare per quanto possibile l'espressione "musica barocca" e di adottare, invece, il criterio della distinzione tra i tre grandi stili che attraversano la musica occidentale tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento: lo stile concertante italiano, lo stile contrappuntistico tedesco e lo stile strumentale francese. Operando all'interno di questa grande tripartizione una ulteriore bipartizione: quella tra idioma strumentale e idioma vocale.
 

 

 

 

NASCITA DEL BASSO CONTINUO

 

Monteverdi nel suo quinto libro di madrigali fu il primo ad usare l'espressione basso continuo.

 

 

 

 

IL RECITAR CANTANDO, LA CAMERATA FIORENTINA, LA NASCITA DELL'OPERA

 

[segue Pannain]


In questo nuovo ambiente la musica profana ebbe agio di esplicarsi; le nuove tendenze popolari si poterono confermare e svilupparsi, mentre la tecnica polifonica, descritta la sua parabola, volgeva al tramonto. L'avvenire sarà, ormai, della musica monodica e strumentale.
La caratteristica delle argomentazioni di coloro che propugnavano la nuova tendenza verso il canto a voce sola (monodia) fu un'accanita, profondissima avversione al contrappunto. Mentre, come abbiamo veduto, monodia e basso continuo venivano delineandosi nella pratica, durante gli ultimi decenni del secolo XVI sorgeva una corrente diretta a combatter il contrappunto e la polifonia.
 

L'origine dell'opera è parallela a quella della cantata e dell'oratorio e il loro sviluppo è legato all'avvento del basso continuo.

 

 

 

 

LA PRIMA META' DEL SEICENTO IN ITALA

 

 

MONTEVERDI Claudio (Giovanni Antonio)

 

Battezzato il 15 maggio 1567 a Cremona nel ducato di Milano
morto il 29 novembre 1643 a Venezia.

 

Claudio Monteverdi cominciò la sua istruzione musicale con Ingegneri,  che a quel tempo era Maestro di Cappella alla Cattedrale di Cremona, come un cantore nella cattedrale di Cremona. Si sposò nel 1592 e fu assunto da Vincenzo Gonzaga Duca di Mantova come violista nella cappella diretta da Jacques de Wert, intorno al 1590. Nel 1607 venne rappresentata a Mantova la sua prima opera, l’"Orfeo". Alla morte del duca nel 1613 Monteverdi divenne Maestro di Cappella  della Cattedrale di S. Marco a Venezia . E' ricordato principalmente per i suoi contributi all' opera (Orfeo ed L'incoronazione Poppea), ed allo sviluppo di quello che più tardi venne conosciuto come lo stile barocco (nel suo quinto libro di madrigali fu il primo ad usare l'espressione basso continuo). Monteverdi è considerato la prima grande figura della musica barocca e un importante innovatore, sintetizzo gli elementi del nuovo stile sia nella sacra che in quella profana, tra cui Messe, mottetti, madrigali, Vespri, e Magnificat.

Criticato nel 1600 per le libere dissonanze nei suoi nuovi lavori rispose che la musica adesso ha due pratiche: la prima severa per i lavori sacri e la seconda più espressiva per la musica mondana o temporale.
 

 

(baptized May 15, 1567, Cremona, Duchy of Milan
died Nov. 29, 1643, Venice) Italian composer.

The first of his nine books of madrigals appeared in 1587, the second in 1590. He visited the court of the Gonzagas in Mantua, and his next book (1592) shows freer use of dissonance and close coordination of music and words. He married in 1599 and settled in Mantua. Attacked in 1600 for the even freer dissonance in his newest works, he replied that music now had two "practices," the stricter first practice for sacred works and the more expressive second practice for secular music. It was his first opera, Orfeo, performed in 1607, that finally established him as a composer of large-scale music rather than of exquisite miniature works. In 1610 he completed his great Vespers. Having long tried to obtain his release from Mantua, he was finally granted it in 1612, and the next year he was put in charge of music at San Marco Basilica, Venice. After the first opera house opened in Venice (1637), he wrote his last three operas, including Il ritorno d'Ulisse in patria (1640) and the remarkable Incoronazione di Poppea (1643). Monteverdi is the first great figure of Baroque music, a remarkable innovator who synthesized the elements of the new style to create the first Baroque masterpieces of both sacred and secular music.

© 2005 Encyclopædia Britannica, Inc.

 

 

 

Da: Claudio Monteverdi

 

Il volgere del secolo portò al compositore dei grattacapi, nella persona del dotto canonico G.M. Artusi da Bologna, il quale, nel dialogo L’Artusi, overo Delle imperfettioni della moderna musica (1600), si scagliava contro quelle innovazioni di cui ho fatto cenno, praticate non solo da Monteverdi ma anche da altri madrigalisti dell’ambiente mantovano e ferrarese (Luzzaschi, Gesualdo, il giovane Sigismondo D’India), perché contrarie alle regole del contrappunto classico e a tutta la tradizione della musica “pura” e concettuale di stampo pitagorico che a quelle regole era sottesa. Monteverdi rispose in alcune lettere, firmandosi l’Ottuso Accademico, e come da regola in ogni querelle che si rispetti, seguì la controrisposta dell’Artusi nella Seconda parte dell’Artusi (1603). Ma la risposta migliore a queste critiche furono il Quarto (1603) e soprattutto il Quinto (1605) Libro dei Madrigali, dove il Nostro intensifica tutti gli espedienti formali già sperimentati nel Terzo, aggiungendo in quest’ultimo un’altra fondamentale innovazione: la prescrizione di un basso che doveva sostenere le linee vocali, ma non raddoppiandole meramente, bensì ponendosi con esse in un rapporto di larga indipendenza: per distinguerlo dal basso che raddoppiava, in uso nella musica liturgica e chiamato basso seguente, questo venne chiamato invece basso continuo. La funzione di questo basso era quella di consentire alle voci superiori, tre, due o una voce acuta, nella tradizione del Concerto delle Dame ferrarese, di muoversi con grande libertà per esprimere gli affetti del testo, mentre il basso doveva fungere da collante sonoro che ripristinava per altra via la fluidità polifonica compromessa. Ma la polemica non si fermò qui: l’Artusi (si pensa sia lui a celarsi sotto lo pseudonimo di Antonio Braccini da Todi, ma il fatto non è accertato) ebbe ancora la voglia di rispondere: a questo punto intervenne a difesa del fratello Giulio Cesare Monteverdi, anch’egli compositore, in una Dichiaratione premessa agli Scherzi musicali (1607) di Claudio, mentre questi meditava di esporre più diffusamente i
suoi principi in un trattato intitolato polemicamente Seconda pratica, overo Perfetione della moderna musica, che però non venne mai stampato. L’ultima parola la volle avere l’Artusi, il quale nel Discorso secondo musicale del 1608 ribatteva alle tesi di Giulio Cesare, sempre sotto lo pseudonimo di Braccini. Ma l’ultima parola la ebbe invece Monteverdi, e chi, come lui, rifiutava un astratto ideale di bellezza musicale fondato su presunti fondamenti pitagorico-matematici in nome del valore espressivo della musica, della sua capacità di esprimere e suscitare gli affetti dell’animo umano.
Perché il nuovo stile incontrò sempre maggior successo nei cenacoli culturali delle corti di tutta Europa, facendo cadere ben presto nell’oblio il vecchio stile contrappuntistico puro, che non venne più applicato a testi madrigalistici. Nasceva un nuovo linguaggio musicale, che informò di sé la vita culturale dei due secoli a venire: il linguaggio Barocco.
Inoltre, queste polemiche non influirono minimamente sulla carriera del compositore, che proseguì a gonfie vele: infatti nel 1601 succedette a Benedetto Pallavicino, che a sua volta aveva preso il posto di Jacques de Wert (morto nel 1596), quale maestro della cappella di corte.
Ed era una corte, quella dei Gonzaga a Mantova, che, con quella degli Este a Ferrara e quella dei Medici a Firenze, si poneva all’avanguardia dello sperimentalismo musicale di quei decenni intensi e decisivi per l’evoluzione del linguaggio dei suoni. I Gonzaga sapevano degli esperimenti della Camerata dei Bardi a Firenze: e vollero che il nuovo genere, lo “stile rappresentativo”, facesse l’ingresso nella loro corte in una rappresentazione, una favola pastorale, ch’era stata saggiata prima
nelle chiuse stanze dell’Accademia degli Invaghiti. Questa non era interamente in stile rappresentativo, ma includeva madrigali, cori, balli e brevi ritornelli solistici, che solo qualche tempo dopo si cominciarono a chiamare arie, ed ebbero una notevole fortuna…
Correva l’anno 1607, anno che andrebbe inciso in lettere d’oro in tutte le storie della musica, poiché segna la nascita di quel genere che darà per così dire l’impronta a tutta l’epoca barocca, facendo sentire la sua influenza in quasi tutte le forme musicali di quella: il melodramma. In esso tutte le innovazioni che nei madrigali avevano tanto scandalizzato l’Artusi e i puristi suoi compagni trovavano la loro piena giustificazione nelle istanze liriche e descrittive suggerite dal testo, e ancor più dalle esigenze della drammaturgia nel suo complesso, facendo cadere le ultime resistenze e spianando definitivamente la strada all’affermazione del linguaggio Barocco.
L’apice della carriera del musicista Cremonese fu però funestato da un grave lutto: in quello stesso anno 1607, infatti, moriva la moglie Claudia. E questo evento si riflette nelle armonie lancinanti di molti dei madrigali del Sesto Libro, pubblicato solo (senza alcuna dedica, cosa straordinaria a quel tempo) nel 1614, il più cupo e doloroso tra quelli scritti da Monteverdi. Dal che si rende palese per la prima volta (ma in verità erano già apparsi i Madrigali di Gesualdo da Venosa) un’altra
possibilità concessa al linguaggio musicale, che sarà sviluppata compiutamente solo molti anni più tardi, nell’Età Romantica: quella cioè di dare espressione al mondo intimo del compositore.
 

 

 

 

http://www.rodoni.ch/malipiero/intromonteverdi.html

 

I polifonisti italiani del XVI secolo, compreso il Palestrina si temprarono al rigore delle leggi contrappantistiche che lo Zarlino promulgò definitivamente nei suoi trattati.
Il Monteverdi, senza nè punto nè poco rinunziare alle risorse infinite dell'intuizione, preferì seguire le teorìe di Nicola Vicentino (L'antica musica ridotta alla moderna pratica), ma non si può dire per questo che «il Monteverdi disponeva male le parti! ...» Egli è stato accusato di essere un debole contrappuntista nell'ottocento, quando il contrappunto si insegnava (come del resto in molte scuole italiane s'insegna tuttora) avendo «il Cherubini» come guida. Questi ha ridotto il contrappunto a una esercitazione scolastica che non ha più nulla a che vedere con la vera arte contrappuntistica dei grandi polifonisti italiani, l'unica che dovrebbe interessare ora la gioventù studiosa, sia per liberarsi da uno dei tormenti della scuola, che per acquistare la conoscenza della nostra grande arte musicale.

 

(...)

 

e se talvolta egli non evita le proibitissime quinte e ottave parallele, lo fa per conservare una linea più nobile e più vigorosa alle parti. Certamente avrebbe potuto accontentare i suoi critici se, anzichè un innovatore egli fosse stato un arido accademico e avesse pensato che due secoli dopo la sua morte, le leggi del contrappunto sarebbero state dettate da Luigi Cherubini.

 

Nei primi libri dei Madrigali è innegabile che si riscontra già il germe della «seconda pratica» perchè, specialmente nei madrigali più patetici, è sempre una parte che «canta» e se il tema predominante passa serpeggiando da una parte all'altra, egli lo fa per ottenere singolarissimi effetti di colore. Però fra la prima e la seconda maniera c'è un salto enorme, che nelle altre arti non si potrebbe riscontrare nello stesso autore. Egli è Giotto e Paolo Veronese, Mino da Fiesole e il Bernini.

 

 

Oggi noi troviamo più perfette e moderne le opere della prima maniera monteverdiana, specialmente, per il fascino delle ardite armonie, ma chi nel Monteverdi della seconda maniera deplora, quali sintomi di decadenza, la sobrietà armonica, le frequenti progressioni, le parti che hanno lunghi procedimenti per terza o per sesta, le cadenze troppo comuni, dimentica che la maggior parte di queste originalissime invenzioni monteverdiane, per due secoli interi vennero sfrattate da tutti i «compositori», perchè semplificando la tecnica musicale egli ha spianato il cammino ai faciloni e all'improvvisazione melodrammatica. Nelle opere di Claudio Monteverdi, il diatonismo, le progressioni, il canoro cadenzare sono ancora «materia vergine» uscita dalla fantasia di un insaziabile innovatore.

 

 

Non è esagerazione «di parziali» il ritrovare nelle sue opere, per quanto in embrione, anche il tema con variazioni. La Romanesca del VII libro lo conferma.
Se egli si inebbriava a girare anche per otto o più battute fra la tonica o la dominante, non poteva immaginare che da buon alchimista stava filtrando un potentissimo veleno che soltanto due secoli più tardi avrebbe distrutto l'armonia.
Nemmeno si deve giudicare una lacuna l'assenza di bemolli o diesis in chiave (quasi tutte le sue opere sono in fa e in do, e nei relativi maggiori e minori, ma allora gli esecutori, se necessario, cioè secondo le voci di cui disponevano, trasportavano la composizione che dovevano cantare, in una tonalità più alta o più bassa) perchè alle modulazioni da tono a tono egli preferiva la varietà delle armonie. Il frequente mutare di tonalità si usò più tardi per mascherare la monotonia armonica.

 

Egli fu il precursore di tutto e dì tutti, anche di quelli che non poterono subire la sua influenza diretta perchè nati quando ormai egli era stato fatalmente dimenticato. Nelle sue opere ci sono spunti, temi, progressioni armoniche e ritmiche di Bach, Beethoven (nell'ottavo Madrigale del sesto libro c'è un intero passaggio beethoveniano) Chopin e Domenico Scarlatti, e di quest'ultimo non dobbiamo meravigliarci: Domenico Scarlatti fu l'anello di congiunzione fra Monteverdi e tutta la musica del XVIII secolo e dei romantici.

 

 

 

 

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LA SECONDA META' DEL SEICENTO IN ITALA

 

 

 GABRIELLI Domenico

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Domenico_Gabrielli

Domenico Gabrielli (Bologna, 19 ottobre 1659 - ivi, 10 luglio 1690) fu un compositore e violoncellista italiano. In vita era soprannominato Minghino del violoncello, in quanto in dialetto bolognese (Mingéin dal viulunzèl) Mingéin è un diminutivo di Domenico.

Studiò composizione a Venezia con Giovanni Legrenzi e violoncello Petronio Franceschini. Quando quest'ultimo morì, il 20 dicembre 1680 Gabrielli gli succedette come violoncellista della cappella della Basilica di San Petronio di Bologna. Il 23 aprile 1676 fu ammesso all'Accademia Filarmonica di Bologna e nel 1683 ne diventò presidente. Durante gli anni '80 diventò celebre sia come virtuso del violoncello che come compositore di musica vocale. Nel 1682 debuttò come operista, un'attività che lo vedrà impegnato per almeno sette anni e che produrrà 12 opere, per lo più scritte originariamente per i teatri di Venezia, Torino e Modena. In quest'ultima città era inoltre spesso occupato nelle sue esecuzioni al violoncello presso la corte estense, tant'é che spesso era costretto a rinunciare ai doveri che lo vedevano impegnato anche a San Petronio. Queste continue assenze si perpetuarono sino al 14 ottobre 1687 quando decise di dimettersi per alcuni mesi. Dopo aver soggiornato per qualche tempo a Modena fu reintregrato nell'organico della cattedrale bolognese, ma contrò una malattia che l'anno successivo lo portò alla morte.

 

 

 

 

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LA PRIMA META' DEL SETTECENTO IN ITALIA
 

 

ARCANGELO CORELLI

 

 Arcangelo Corelli fu il massimo esponente della scuola musicale romana e uno dei maggiori autori del barocco italiano.

 

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LA SECONDA META' DEL SETTECENTO IN iTALIA

 

 

 

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LA SCUOLA VENEZIANA PRIMA META' DEL SETTECENTO

 

 

VIVALDI Antonio Lucio
 

Antonio Vivaldi --  Britannica Concise Encyclopedia - The online encyclopedia you can trust!
Italian composer.
He was taught violin by his father. In 1703 he was ordained a priest (and later became known as the “Red Priest” for his red hair). He spent most of his career teaching violin and leading the orchestra at a Venetian girls' orphanage. After c. 1718 he became more involved in opera as both composer and impresario. His concertos were highly influential in setting the genre's three-movement (fast-slow-fast) form, with a returning theme (ritornello) for the larger group set off by contrasting material for the soloists, and he popularized effects such as pizzicato and muting. His L'estro armonico (1711), a collection of concerti grossi, attracted international attention. His La stravaganza (c. 1714) was eagerly awaited, as were its successors, including The Four Seasons (1725). In all he wrote more than 500 concertos. His most popular sacred vocal work is the Gloria (1708). Though often accused of repeating himself, Vivaldi was in fact highly imaginative, and his works exercised a strong influence on Johann Sebastian Bach.

 

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LA SCUOLA NAPOLETANA PRIMA META' DEL SETTECENTO

 

 

Scarlatti Alessandro (1660–1725)
Scarlatti Domenico (1685–1757)
 

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LA PRIMA META' DEL SETTECENTO IN GERMANIA

 

 


BACH Johann Sebastian

 (Eisenach 21 marzo 1685 - Lipsia 28 luglio 1750)
 

Johann Sebastian Bach --  Britannica Concise Encyclopedia - The online encyclopedia you can trust!

German composer.
Born to a musical family, he became a superbly well-rounded musician; from 1700 he held positions as singer, violinist, and organist. His first major appointment, in 1708, was as organist at the ducal court at Weimar. This was followed by a six-year stay (1717–23) as kapellmeister at the princely court of Köthen, which was in turn followed by his appointment as cantor at the great church of St. Thomas in Leipzig, where he would remain for the rest of his life. Imbued with the northern German contrapuntal style (see counterpoint) from early childhood, he encountered the lively Italian style, especially in the works of Antonio Vivaldi, about 1710, and much of his music embodies an immensely convincing melding of the two styles. At St. Thomas he wrote more than 200 church cantatas. His orchestral works include the six Brandenburg Concertos, four orchestral suites, and many harpsichord concertos, a genre he invented. His solo keyboard works include the great didactic set The Well-Tempered Clavier (1722 and 1742), the superb Goldberg Variations (1742), the massive but unfinished Art of the Fugue (1749), numerous suites, and many organ preludes and fugues. His surviving choral works include (in addition to the sacred cantatas) more than 30 secular cantatas, two monumental Passions, and the Mass in B Minor. His works, never widely known in his lifetime, went into near-total eclipse after his death, and only in the early 19th century were they revived, to enormous acclaim. He was perhaps the most accomplished organist and harpsichordist of his time. Today Bach is regarded as the greatest composer of the Baroque era, and, by many, as the greatest composer of all time.

 

 Luoghi della vita di Bach

Eisenach 1685-1695
Ohrdruf 1695-1700
Lüneburg 1700-1702
Weimar 1703-1703
Arnstadt 1703-1707
Mühlhausen 1707-1708
Weimar 1708-1717
Köthen 1717-1723

Leipzig 1723-1750

 

Da: wikipedia

 

La Turingia (in tedesco Thüringen) si trova nella Germania centrale, ed è uno dei più piccoli, tra i sedici Bundesländer (stati federali), con una superficie di 16.200 km² e quasi 2,5 milioni di abitanti. La sua capitale è Erfurt.

 


 

 


 

 

 

La Turingia è divisa in 17 distretti (Landkreise)

Capitale: Erfurt

Inoltre ci sono sei città indipendenti, che non appartengono ad alcun distretto:
Erfurt
Eisenach
Gera
Jena
Suhl
Weimar
 

 

1-Altenburger Land
2-Eichsfeld
3-Gotha
4-Greiz
5-Hildburghausen
6-Ilm-Kreis
7-Kyffhäuserkreis
8-Nordhausen
9-Saale-Holzland
10-Saale-Orla
11-Saalfeld-Rudolstadt
12-Schmalkalden-Meiningen
13-Sömmerda
14-Sonneberg
15-Unstrut-Hainich
16-Wartburgkreis

 

 


17-Wei
marer
 

 

 

Eisenach 1685-1695

Eisenach (da Issenach/Isenacha, acqua veloce o, in lingua celtica corso d'acqua nella valle paludosa) è una città tedesca situata nel Land della Turingia.

Eisenach si trova la Wartburg, costruita nel 1067 a difesa della Via Regia. Alla fine del XII secolo divenne residenza dei conti di Turingia e vi risiedette santa Elisabetta di Turingia.

 

 



La prima citazione della città risale al 1180, nel 1283 diviene città e sede del langravio, status che perse però nel 1405. Nel 1498 vi soggiornò e studiò il latino Martin Lutero e il 2 maggio 1521, sulla via del ritorno dalla Dieta di Worms, vi tenne una predica. Imprigionato rimase ad Eisenach fino al 1 marzo 1522 e durante la prigionia tradusse in tedesco la Bibbia dal greco. Nel 1525 la città venne danneggiata dagli scontri della guerra dei contadini e nel 1528 la città divenne protestante.

Il 21 marzo 1685 vi nacque Johann Sebastian Bach.

Nel 1777 Johann Wolfgang von Goethe soggiornò nella Wartburg su invito del duca Ernst August von Sachsen-Weimar e nel 1807 vi transitò Napoleone Bonaparte. Durante un trasporto di rifornimenti per le guerre napoleoniche, nel 1810 esplose un veicolo adibito al trasporto di polvere da sparo, in città si trova un monumento di commemorazione dell'episodio.

Johann Sebastian Bach nacque a Eisenach, in Germania, nel 1685. Suo padre, Johann Ambrosius Bach, figlio di Christoph Bach, ricopriva in quella città la carica di musicista di corte, ruolo che comportava l'organizzazione della musica a carattere profano nella città, ma anche la supervisione dell'attività musicale nella chiesa locale, inclusa la direzione dell'organista di chiesa. Bach discendeva da una famiglia di musicisti professionisti che andavano dall'organista di chiesa, al musicista da camera nelle corti, includendo anche compositori: egli li superò tutti.


Ohrdruf 1695-1700


Lüneburg 1700-1702

 

entrò nel coro della Michaeliskirche e conobbe G. Bohm


Weimar 1703-1703


Arnstadt 1703-1707


Mühlhausen 1707-1708


Weimar 1708-1717


Köthen 1717-1723

 

 

Leipzig 1723-1750

Lipsia (in tedesco Leipzig, in sorabo-lusaziano: Lipsk) è la più grande città della Sassonia, uno dei Länder della Germania. Il nome deriva dalla parola slava Lipsk (insediamento dove si trovano i tigli). La città è situata alla confluenza dei fiumi Pleiße, Elster Bianco e Parthe. Nel 1165 il duca Otto il Ricco di Meißen (in quel secolo città più importante della Sassonia) infonda a Lipsia il diritto municipale ed il diritto mercantile. Oggi la città è capoluogo del distretto di Lipsia. Grandi città vicine sono Berlino, all’incirca 145 km al nord-est; Praga, all’incirca 195 km al sud-est e Francoforte sul Meno, all’incirca 295 km al sud-ovest di Lipsia. Il numero di abitanti oltrepassava nel 1860 i centomila, prima della Seconda Guerra Mondiale si contavano 750 000 abitanti ed oggi la città conta un numero di abitanti di circa un mezzo millione (2002).

 

 

 

BACH e la cultura italiana

Fuga su tema di Corelli in Si m BWV 579.

 

I prestiti Bachiani

La nota fuga su soggetto corelliano, prende in prestito il tema dalla Sonata No.4 delle 12 Sonate da chiesa à tre, Op.3 di Arcangelo Corelli, datate a partire dal 1689

 

 

 

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IL ROMANTICISMO

 

Il termine romanticismo deriva da: romanza,

 

Etimologia : romanza

Romanza: antica storia scritta in versi semplici ed ingenui, di cui il soggetto è commovente e la forma appropriata al canto; ogni specie di poesia moderna, in strofe, volgente sopra un soggetto tenero e toccante e posta in musica: così detta perché le antiche romanze non erano scritte in latino, ma nella lingua volgare o ROMANZA, che andava preparando i nuovi idiomi neo-latini.

 

Estensivamente il termine romanza venne ad indicare:

 

De Mauro - romanza

composizione per canto e accompagnamento strumentale caratterizzata da un andamento melodioso e patetico che, nata in Francia alla fine del Settecento, conobbe nell’Ottocento grande fortuna negli ambienti borghesi europei | nel melodramma, aria, spec. di intonazione patetica: l’aria di entrata di Otello | breve composizione strumentale con caratteri espressivi e formali analoghi alla romanza vocale: la r. in fa maggiore per violino di Beethoven

 

Da qui l'espressione Romanticismo:

 

De Mauro - romanticismo

complesso movimento culturale sorto in Germania alla fine del sec. XVIII e affermatosi poi in tutta Europa che si contrapponeva all’illuminismo in filosofia e al classicismo in letteratura, caratterizzato dal primato attribuito al sentimento e alla fantasia rispetto alla ragione, che si tradusse nella volontà di dare vita a una letteratura che avesse il popolo tanto come argomento che come destinatario e che in ambito politico operò per la formazione di una coscienza nazionale e di stati unitari e indipendenti
 

Ho qui cercato di individuare l'origine dalla parola romanticismo perché dalla genesi della parola si possa cogliere la primitiva significazione di un termine che, usato in modo generalistico, accomuna estetiche molto diverse. A tale proposito interessante mi appare l'introduzione al capitolo Il movimento romantico nel XIX secolo da Lineamenti di Storia della Musica di Guido Pannain ed. Curci  che riporto di seguito.

 

Il movimento romantico nel XIX secolo

 

Quale sia il valore della parola romanticismo non è facile significare nei termini concisi di una definizione. La
medesima parola venne adoperata per intendere cose non identiche, e la stessa accezione di essa non aveva, nei singoli casi, un valore determinabile con rigorosa precisione (V. B. croce, Le definizioni del Romanticismo in Problemi di
estetica e Contributo alla storia dell'estetica italiana, Laterza, Bari). Si parla frequentemente di romanticismo e di romantici. Chi esiterebbe a designare come tali, per es., Weber, Schubert, Schumann, Chopin? Ma se si chiedono i motivi che hanno indotto a farlo, vengono dati chiarimenti che non sempre appagano; in fondo, sempre maggiore appare l'elasticità della parola. Se, continuando nel nostro esempio, riconosciamo come romantici i musicisti
tedeschi da Weber a Schumann, diremo anche romantici gli italiani, da Spontini a Verdi? E come si concilia la stessa qualifica con la capacità espressiva, così profondamente diversa, negli uni e negli altri? Il romanticismo non è una qualità vera e propria ma una indicazione generica di tendenze, di stati d'animo, di approssimazioni sentimentali. Nella vita si produce un mutamento; le aspirazioni, i moti della volontà, la capacità del sentire, le direttive spirituali, in genere, mutano; di questo ordinamento diverso acquistiamo, attraverso la storia, un'impressione generale; e per intenderlo nella sua complessità totale lo chiamiamo romanticismo. È un'espressione d'insieme che non esaurisce il significato dei nuovi atteggiamenti, presi uno per uno, ma ne da l'impressione, il colore; non indica realtà spirituali individuate e definibili, ma l'ambiente in cui si fanno, l'atmosfera dell'attività umana.
 

Proprio nel tempo in. cui, nella società e nel pensiero, il carattere autonomo dell'individuatità umana si delineava con potente rilievo, nuove tendenze venivano a suscitarsi, prodotte da un'esperienza generale della vita aderente agl'interessi particolari dell'individuo. E furono sogni di fantasie accese, visioni complicate, fiamme di passione, si desiderava con ardore di volontà, fra contrasti di amori, in una scalmana di sentimenti che esplodevano con ansia tormentosa. La natura vista negli aspetti più contrastanti e suggestivi, il cuore gonfio, il senso infiammato.
I primi sintomi letterari di questo nuovo stato di animo furono scomposti e violenti. Goethe, Schiller, Herder, in una prima fase della loro attività, ne furono presi. Sturm und Drang [Tempesta e] (Titolo di un dramma di Klinger), la divisa scelta a rappresentare il disordinato contrasto fra coscienza e realtà, è già di per sé come l'immagine d'un tempestoso disordine psicologico.
 

 


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