PAGINA PERSONALE
 
Pagina personale di Alfonso Chiaromonte
alfonso87@virgilio.it
alf.chia@hotmail.it
Alfonso Chiaromonte
Chiaromonte Alfonso è nato a Poggio Imperiale il 25 aprile 1941. Ha compiuto studi umanistici nel Liceo Classico “Matteo Tondi” di San Severo ed ha conseguito la laurea in Lettere e Filosofia presso l’Università di Bari. E’ conosciuto come scrittore di cose patrie, autore di apprezzati studi su Poggio Imperiale, di cui ha descritto minutamente la breve ma intensa storia:
- Da Fattoria a Poggio Imperiale, Scepi, Lucera 1997;
- Poggio Imperiale note di storia sociale e religiosa, Edizione Del Rosone, Foggia 1999;
- La Capitanata tra Ottocento e Novecento, Edizioni del Poggio, Poggio Imperiale 2002.
Nel mese di luglio 2003, per conto delle Edizioni del Poggio, pubblica il volume “Lesina e il suo Lago”, dove approfondisce ed amplia l’aspetto territoriale, lagunare e storico di ciò che era alle origini di Poggio Imperiale.
Nel mese di luglio 2004, sempre per conto delle Edizioni del Poggio, pubblica “Dalla foce del Fortore a Torre Mileto”, dove presenta uno studio esaustivo su un tratto di costa garganica.
La pubblicazione “La Via dei Santuari” – Via Sacra Langobardorum, edita dalle edizioni del Poggio nel mese di giugno 2005, presenta un itinerario storico-religioso, che ricorda l’antica via percorsa dai Longobardi, quando si recavano al Santuario dell’Arcangelo San Michele. Questo lavoro ha vinto il primo premio narrativa 2006.
Nel febbraio del 2006, ancora l'edizione del Poggio pubblica l'opera : "TARRANO'VE - Un ritorno alle nostte radici -
Nel giugno 2oo7 pubblica: Dizionario del dialetto di Poggio Imperiale " U tarnuése", con il quale l''edizione del Poggio apre una collana "Folclore e tradizioni". La presentazione ufficiale è stata fatta in Poggio Imperiale il 7 luglio 2007 nella pinetina adiacente l'Associazione Progetto 2000.
Alfonso Chiaromonte, ora pensionato, vive a Poggio Imperiale.
PRESENTAZIONE ed ORIGINE
Son trascorsi appena due anni o poco più dall’ultima fatica di Alfonso Chiaromonte nell’ambito della ricerca di storia locale ed ecco vede la luce una nuova opera che completa la trilogia dedicata a Poggio Imperiale e che si addentra nei meandri della vita politica e amministrativa di questo comune situato ai piedi del promontorio del gargano, poco distante dal lago di Lesina. L’autore ha messo insieme, con pazienza certosina, centinaia di notizie tratte da numerosissimi documenti e libri consultati nei vari archivi e biblioteche, dei quali è diventato un assiduo frequentatore per quella febbre che prende chiunque si lascia catturare dalla curiosità della notizia legata al proprio paese di origine. In quest’opera, pertanto, sono variamente mescolati fatti di storia locale con avvenimenti di quella storia che finisce sui testi scolastici. E allora scopri Annibale attraversare in lungo e in largo la nostra Capitanata per approvvigionarsi durante le sue battaglie contro i romani; incontri il grande Federico II che costruisce alcuni castelli per le varie necessità della sua corte imperiale; oppure ti imbatti in una setta carbonara in piena sintonia con i moti risorgimentali che attraversano trasversalmente l’intera penisola italiana. A proposito di quest’ultimo avvenimento Tommaso Fiore, nella sua opera la formazione dell’unità riferisce che a Foggia "… come per incanto patrizi, borghesi, operai e contadini e persino preti e frati si strinsero a tracolla e alla cintola fasce dai colori nazionali." certamente tanti comuni furono contrari all’annessione … sì perché si trattò di annessione e non di unificazione. meno male che il tempo fa sempre la sua parte nella storia dell’umanità e oggi possiamo esser certi dell’avvenuta unità, nonostante stia ancora in giro qualche sbalestrato, convinto della opportunità o addirittura della necessità di ripristinare autonomie e separazioni all’interno dello stivale. Ecco da dove proviene l’istanza sempre più insistente di concedere a pieno titolo l’accesso della storia locale nella storia generale appresa sui banchi di scuola. Bene ha operato il ministero della pubblica istruzione introducendo una ventata di novità nei programmi degli istituti professionali: "La storia locale è un campo tematico molto conveniente per far concepire agli studenti il rapporto fra processi storici locali e processi storici generali e per far percepire che i soggetti sono implicati in molteplici storie: perciò è opportuno che almeno uno dei temi della programmazione annuale sia svolto in rapporto col passato del territorio nel quale vivono gli studenti." E allora acquistano nuova luce le opere di storia locale. gli autori delle stesse si vedono riconoscere il giusto merito e probabilmente possono contribuire a riparare lo strappo esistente oggi fra le giovani generazioni e lo studio del passato più o meno recente. qQest’opera di Alfonso Chiaromonte provvede a portare alla luce notizie di vario genere che possono diventare fonti di successivi approfondimenti da parte di studiosi specialistici ma anche di studenti amanti della storia o di un qualsiasi lettore di fatti storici, sollecitato e solleticato dal contatto con gli scrittori di storia patria: e in questo ultimo caso verrebbe raggiunto uno degli obiettivi più elevati. Di grande interesse risultano i dati riguardanti le assegnazioni di quote di terreno effettuate in vari momenti dall’autorità comunale a favore degli abitanti di poggio imperiale. degni di uno studio particolare sono i vari bilanci comunali, trascritti dall’autore integralmente. proviamo ad entrare in uno di essi, risalente ai primi decenni del 1800: l’importanza della voce di entrata riguardante il diritto di pascolo sui terreni demaniali (ducati 263,90), superiore alla rendita derivante da 262 versure poste a cultura (ducati 209,60) la dice lunga sulle scelte economiche dei governanti dell’epoca; degna di nota la previsione in entrata di 15 ducati per multe di polizia e municipale; la presenza fra le voci di spesa degli stipendi del maestro di scuola (60 ducati, pari quasi al 30% delle entrate provenienti dai terreni posti a coltura), del medico (110 ducati), del suonatore d’organo (12 ducati), del predicatore quaresimale (30 ducati) mette in risalto la particolare attenzione degli amministratori per la salute materiale e spirituale dei cittadini. certo non mancò il contenzioso. e il cancelliere comunale giovanni camillo focarete, l’11 settembre del 1816, inoltra domanda al sottintendente per ottenere la corresponsione dello stipendio non percepito nei mesi di gennaio, febbraio e marzo dell’anno in corso. e poi dicono che i tempi cambiano! e che dire delle norme igienico-sanitarie emanate il 18 aprile del 1835 dalla deputazione sanitaria locale? Le stalle debbono essere tenute pulite e senza letame … (nelle strade delle nostre città i cani domestici lasciano liberamente gli scarti del loro processo digestivo e quanto accumulato nelle loro vesciche!) il primo eletto vigilerà di non far andare vagando per le strade gli animali immondi … lo stesso primo eletto vigilerà di non far cucinare carni se prima non fossero state visitate dalla commissione locale … (altro che mucca pazza!) la deputazione non tralascerà di badare, nelle visite periodiche che farà nelle case dei poveri, di inculcare la nettezza delle case, la pulizia della biancheria … e in caso di bisogno si farà conoscere alle superiori autorità ciò che necessita per migliorare la loro posizione … (e noi ci vantiamo di essere primi nel campo della legislazione sociale a favore delle classi più deboli!) il primo eletto non tralascerà di vigilare che le case nuove e quelle ristrutturate siano abitate le prime dopo un anno e le seconde dopo sei mesi … (altro che certificato di abitabilità e agibilità!) lo stesso funzionario baderà di non far ristagnare e buttare nell’interno dell’abitato le acque corrotte e le materie guaste …(e davanti ai nostri occhi compare quella montagna di rifiuti solidi urbani che spesso stazionano nelle nostre strade per giornate intere, specialmente durante le festività più importanti, prima che le imprese private incaricate e … pagate provvedano a trasportarli nelle apposite discariche!) non abbiamo certamente scoperto noi il diritto di tutti alla salute e alla salvaguardia dell’ambiente. quel che sappiamo fare, certamente meglio di chi ci ha preceduti, è pubblicare trattati sui diritti dell’uomo, emanare leggi per la protezione ambientale, organizzare convegni internazionali sulle più urgenti necessità sociali. Nell’ultima parte dell’opera, l’autore spinge la sua ricerca fino ai giorni nostri e ci fornisce notizie importanti sulle amministrazioni comunali succedutesi nel tempo, sui militanti nei vari partiti politici, su personaggi che hanno segnato in maniera indelebile la vita di poggio imperiale. Ma non finisce qui il contributo offerto agli studiosi da quest’ultima opera di alfonso chiaromonte. il libro è stato arricchito con carte geografiche della puglia antica e della capitanata. nel capitolo dedicato alle origini di poggio imperiale è riportata una mappa delle fosse granarie che potevano contenere fino ad un massimo di 400 tomoli di grano, pari a circa 184 tonnellate. e poi una serie interessante di foto d’epoca raffiguranti, fra l’altro, una compagnia di sfossatori, un gruppo di zappatori, un contadino che lavora il terreno con un aratro trascinato dal cavallo, pastori intenti alla lavorazione del latte, i membri di una confraternita durante un accompagnamento funebre. Potrebbe sembrare vuoto collezionismo di immagini, ma se abbassiamo la lente di ingrandimento sui particolari, si apre davanti a noi un nuovo ambito di approfondimento. allora possiamo avventurarci nel campo della tecnologia agricola, della produzione dei prodotti caseari, delle differenze sociali riflettentisi anche in occasione … dell’ultimo viaggio. ecco, dunque, lo spirito con cui aprire le pagine di questo libro. carta e penna per segnare punti di riferimento e segnali di partenza per ulteriori approfondimenti su argomenti particolari. se poi il lettore è un abitante di questo ridente paese, situato ai piedi del gargano, che racchiude nel suo panorama più prossimo il lago di Lesina e poco più a nord il mare adriatico, allora gli consiglio calorosamente di appartarsi in un angolo qualsiasi, ogni giorno, durante un momento tranquillo della sua tumultuosa giornata, per incontrare i suoi antenati, per conoscere la sua storia, per completare la sua memoria.

(prof. Mario Tibelli)
L’ORIGINE

Questa pagina è’ solo un piccolo cenno sull’origine di POGGIO IMPERIALE, perché tutto l'argomento è stato già ampiamente trattato nelle mie precedenti pubblicazioni.
Il feudo di Lesina, all’inizio del XV secolo, fu donato dalla regina Margherita di Durazzo alla Santa Casa dell’Annunziata di Napoli, con l’assenso del figlio Ladislao II, in voto per la recuperata salute e a scomputo dei propri peccati e degli augusti suoi congiunti.
L’assenso fu dato da re Ladislao con diploma del 23 dicembre 1409 in Salerno. La concessione fu formalmente fatta dalla regina con pubblico atto del 6 novembre 1411 da parte del notaio Giovanni Mangrella della predetta città.
La casa dell’Annunziata tenne quel feudo per più di due secoli, fino a quando il suo Banco A.G.P., istituito nel 1580, splendore del regno per le sue vaste ricchezze e per le sue immense opere di pietà, per porre un argine allo strozzinaggio degli ebrei nel 1702 fu dichiarato fallito per sei milioni per cattiva amministrazione e per i continui prelievi di danaro fatti da Filippo IV per spese di guerra. Da quel fallimento ebbero origine lunghe liti e laboriosi compromessi con i molteplici creditori . A causa di tutto questo il feudo con il lago di Lesina fu posto in vendita sub asta nel 1750.
Era stato mandato dal S.R.Consiglio ad apprezzare le entrate del feudo di Lesina il tabulario ing. Donato Gallerano, il quale nel 1729 aveva compilato una dettagliata relazione.
Molto interessante, per la storia della feudalità degli ultimi tempi, fu quel bando d’asta. Esso dimostrò che, mentre in quell’epoca la maggior parte delle Università s’era già affrancata dalle più esose imposte dei rispettivi feudatari ed anche dalle tradizioni feudali, ancora ve n’era qualcuna miseramente stretta nella vecchia rete, come in pieno medioevo. Lesina fu tra queste e fu messa in vendita, come oggetto, posto sul banco del mercato.
In tale vendita il feudo fu definitivamente aggiudicato il 13 marzo 1751 al principe di S. Angelo, Placido Imperiale, per ducati 104,201.
Lesina, dunque, quando era divenuta feudo di Placido Imperiale, era molto intristita. Il nuovo feudatario volle meglio coltivare quella larga distesa di terreni ed allontanare i suoi dipendenti da quel luogo malsano e nocivo. Egli pensò di istituire una colonia in un posto dove l’aria era più salubre. Scelse a tale scopo una collinetta vicino al lago.
Successivamente pensò di fondare una gran fattoria o masseria, con tutte le comodità necessarie alla vita per trasformare quei terreni incolti e boscosi in fertili e adatti allo sviluppo dell’agricoltura. In questo modo sottrasse anche i propri dipendenti dai tristi effetti della mefitica aria che si respirava in Lesina e dai pestilenziali miasmi emananti dal pantanoso lago che la circonda .
Ordinò quindi di costruire una gran masseria per uso di abitazione e per riparare e conservare le derrate ricavate dalla semina.
La collinetta prescelta è a circa due miglia a sud di Lesina ed è situata a 73 metri sopra il livello del mare, circondata da folti boschi.
Qualcuno fa risalire la fondazione di Poggio Imperiale all’anno 1759 (Cfr. documento del vescovo Foschi). Altri fanno risalire la fondazione al 1760, quando Placido Imperiale fece emanare un bando e fece affiggere per il regno e fuori avvisi, promettendo a chi volesse stabilirsi nella nuova terra parecchi privilegi. Altri ancora fanno risalire la fondazione di Poggio Imperiale all’anno 1761, quando avvenne la celebre stipula tra Placido Imperiale e il re Ferdinando IV, il cui testo, che si conservava nell’archivio comunale di Poggio Imperiale, è il seguente:”CONTRACTATIO INTER EXCELLENTISSIMUM DOMINUM PRINCIPEM SANCTI ANGELI, ET PATRES FAMILIAS ALBANENTIUM, DECIMO OCTAVO JANUARI ANNI DOMINI 1761”. (Cfr. Discorso di Nicola Chiaromonte del 1886, in occasione dell’inaugurazione del busto di Placido Imperiale).
Verso l’anno 1760, proprio in quel luogo Placido Imperiale costruì molte case coperte di paglia e tavole ad uso d'abitazione dei coloni e per ricovero degli animali.
Con questo sistema ebbe inizio il primo esperimento di riforma fondiaria, che successivamente sarà completato a cura della regia corte .
Placido Imperiale subito dopo fece costruire una palazzina per abitazione del suo amministratore Rocco Capozzi, e per dimorarvi egli stesso nei periodi in cui visitava la sua nuova terra .
Nello stesso anno Placido Imperiale visitò questo feudo e soprattutto la fattoria. I coloni, che qui prestavano la loro opera, erano famigli del principe, i quali, trasferitisi dalle altre terre del suo gran possedimento, si prodigavano alla coltivazione di quei fertili terreni.
La fattoria, da poco fondata, progrediva a vista, circondata dalla sua ridente pastura, incantata dalla bellezza del luogo.
Era diventata la zona favorita di Placido Imperiale, che, dalla collinetta sulla quale era sorta (Poggio) e dal suo nobile casato (Imperiale), chiamò POGGIO IMPERIALE.
Placido Imperiale, dopo la sua visita del 1760, fece emanare un bando e fece affiggere avvisi per il regno e fuori, promettendo a chiunque volesse stabilirsi nella nuova terra i seguenti privilegi:
1 - Ricovero ed alloggi gratuiti.
2 - Una quantità di grano per il vitto e per la semina.
3 - Un’estensione di terreni per la semina, per ortaggi e vigne senza pagamento.
4 - Diversi animali per i lavori campestri e per l’industria.
5 - Diritto di legname e di pascolo nelle terre del principe.
6 - Un medico e cappellano.
7 - Diritto di portare armi ed immunità ed altri ancora.

I primi a rispondere all’appello nel 1761 furono 18 famiglie albanesi, seguite nello stesso anno da altre 17, complessivamente 35 famiglie, per un totale di 174 persone.
Queste famiglie, oltre all’esenzione dell’imposta focatica, ricevettero tanti altri benefici e privilegi da parte di Placido Imperiale, com' è riportato nella seguente scrittura:
“ Primieramente detto ecc.mo signor Principe D. Placido promette di dare alle suddette famiglie Albanesi tomoli 30 di grano per ciascuno mese dal giorno che arriveranno in detto luogo di Poggio Imperiale sino alla raccolta dell’anno 1762; di più promette darli paia sette di bovi; terre per orti per anni quattro senza pagare; che possano portare armi non proibite nelle Regie Prammatiche; che li sbirri non li diano molestia; case franche per cinque anni; territori franchi per tre anni; le legne franche sempre alla riserba delle Difese proibite; il pascolo franco sempre nelli territori dell’Università; le vigne franche sempre nelli territori dell’Università; per ogni famiglia si assegnano due pecore, e due capre, e dei somari in comune per tutte le famiglie e dette pecore e capre e somari ce li concede detto ecc.mo Principe gratis, e senza pagamento alcuno; ed all’incontro detti capi di famiglie albanesi in solidum promettono e si obbligano il grano di sopra mentovato e le sopradette paia sette di bovi, ed ogni altra spesa che facesse per loro detto ecc.mo signor Principe, pagarli al medesimo fra anni quattro ecc...”
Era, inoltre, convenuto che volendo quelle famiglie albanesi abbandonare la fattoria, avrebbero dovuto restituire al Principe tutto quello che avevano da lui ricevuto, “ animali, franchigie di affitto di case, di affitto di territori, di pascolo, e di qualunque altra cosa”.
Attratte dalle franchigie ottenute dai primi abitanti, altri albanesi vennero in Poggio Imperiale fra il 1762 e il 1769, portandosi con sé due sacerdoti di rito greco: Simone Bubici e Stefano Teodoro. A costoro come agli altri che successivamente immigrarono, Placido Imperiale concesse tutti i vantaggi goduti dai primi venuti, quantunque nessun atto è stato possibile trovare, salvo quello di notorietà tra il sindaco di Lesina Primiano Colozzi e il giudice di pace del Circondario di San Paolo per la stesura di un documento a favore di Nicola Bubici nativo di Scutari, del fu Simone .
In conseguenza di una gelata caduta nel 1762 e dal cattivo raccolto degli anni successivi, nel 1764 si soffrì una terribile carestia. Un tomolo di grano arrivò fino a quattro ducati e più, prezzo molto elevato per quei tempi.
Il 1764 fu definito “l’anno della fame” e la situazione agricola locale, come pure quella della Capitanata e di tutto il regno di Napoli, rappresentò un periodo d'incertezze e di gravi difficoltà.
Quasi tutti gli albanesi, in quello stesso anno, emigrarono da Poggio Imperiale, prendendo la via di Roma. Rimasero nel nuovo villaggio Simone Bubici con la moglie e cinque figli maschi, Giuseppe Teodoro con tre figli maschi e tre femmine e Giovanni Bubici con la moglie e la madre.
Nei latifondi della Capitanata c’erano rarissime masserie sperdute nella pianura immensa, deserta e nuda, o in un mare grigio e triste di viti e di ulivi, a grandissima distanza tra loro, a chilometri dal più vicino centro abitato, fuori del mondo. Si trovavano sempre sette o otto persone che si andavano a chiudere in quelle tombe, ove trascinavano un’esistenza bestiale, da servi della gleba, molte volte senza avere altra funzione che quella di custodi. Alcuni proprietari avevano tentato di mettere nelle loro lontane masserie qualche decina di abitanti in più, in condizioni sempre di salariati, o di trapiantare nelle nostre campagne contadini provenienti dalle province più impensabili del regno. Alcuni non si adattarono al nostro clima, alle nostre colture, alla malaria e lasciarono la campagna, preferendo vivere in città, dove esistevano almeno i rapporti umani e si poteva socializzare con il resto della popolazione.
Altre famiglie vi presero dimora nel periodo che andava dal 1762 al 1764.
Da Barletta vennero le famiglie Mauricchi di Scutari e Giovanni Spencer. Altri immigrati giunsero da diverse parti, dopo gli albanesi.
Nel 1764, altre 24 famiglie giunsero nel villaggio. Queste, quasi tutte provenivano dalla provincia di Benevento e precisamente dai comuni di Reino, la quasi totalità, e di San Marco dei Cavoti. Due famiglie giunsero dalla provincia di Avellino ed altre dalle province di Foggia, Catanzaro e Cosenza. Successivamente da Reino giunsero altre famiglie, e, quantunque sembra che non stabilì nessuna capitolazione con Placido Imperiale, ebbero anch’essi aiuti e franchigie.
Alcune di queste famiglie sopravvivono, altre si sono estinte o trasferite in altri luoghi. Nonostante tante famiglie avessero abbandonato il villaggio, Placido Imperiale governava con mitezza e incoraggiava i coloni.
Aumentava la produzione e s'istituivano nuovi alloggi, si convertivano immensi tratti di boschi e di pascoli in terreni coltivabili ed il Principe diffondeva soprattutto il benessere fra tutti i suoi coloni .
Che cosa era successo? Si era radicata nella mente dei coloni una sconsiderata corsa a dissodare la terra, a coltivare e seminare i terreni, perché il mercato favorevole per il grano ed il forte aumento dei prezzi dei cereali in tutta la provincia spingeva i coltivatori alla semina d'immense estensioni di terreni incolti disponibili. I coloni riuscirono così ad accrescere la produzione e ad aumentare il reddito sia familiare sia provinciale.
Bisognava provvedere alla conservazione del prodotto in luoghi asciutti e sicuri ed anche per tenere lontano topi, calandra granaria ed altri parassiti, che in pochissimo tempo avrebbero potuto distruggere tutto il raccolto.
In molti centri grandi e piccoli della Capitanata esistevano o si andavano costruendo nel sottosuolo grandi depositi per la conservazione dei cereali, le fosse, simili a quelle del passato, di cui si hanno notizie o testimonianze archeologiche per l’importanza che ebbero fin dall’antichità .
Esse erano scavate nei terreni argillosi della nostra provincia. Avevano dimensioni diverse, che variavano da metri 4,5 – 5 ad un massimo di 10 in profondità e da 3 a 7 metri in ampiezza.
Poggio Imperiale, che fin dalla sua fondazione aveva avuto sempre gente dedita all’agricoltura ed alla pastorizia, non fu da meno agli altri comuni della Capitanata. Ebbe ben 37 fosse granarie. Alcune appartenenti a Placido Imperiale ed ai suoi eredi, altre a cittadini benestanti del Comune: i massari di campo. 27 fosse erano ubicate nella piazza Imperiale, 5 all’inizio della strada di Via De Cicco e 5 all’inizio di Via Palazzina e Via Focarete .
Un numero così elevato di fosse esistenti nel piccolo centro dauno, fa ben pensare quale fosse stata la principale attività economica praticata nel comune.