Cran
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Cran: Music From The Edge Of The World

 

Fino all’epoca di Cristoforo Colombo, le popolazioni europee consideravano le coste dell’Irlanda e della Scozia i confini del mondo conosciuto, il limite stesso dell’esistenza dell’uomo. Questa è la musica di quei reami: musica dai confini del mondo.”

 

Una cosa è certa: se dovessimo scegliere il gruppo di musica irlandese capace di esprimere la massima creatività nei titoli dei propri album, non avremmo dubbi a scegliere i dischi dei Cran, un trio tra i più apprezzati e interessanti dell’intera scena musicale Irish, il cui ultimo CD, intitolato appunto Music From The Edge Of The World, è ospite di questo numero di “Keltika”.

I Cran sono composti da Seán Corcoran (voce solista e bouzouki), Ronan Browne (voce, uilleann pipes, flauto, whistle e mandolino) e Desi Wilkinson (voce, flauto e whistle), ciascuno di essi leader riconosciuto nell’ambito del rispettivo strumento.

La stessa tipologia della strumentazione adottata ci rende conto della particuliarità di questo trio nel panorama della musica tradizionale irlandese. La sonorità dei Cran, basata su un prezioso merletto acustico composto dall’unione pipes-flauto-bouzouki, è assolutamente unica e inconfondibile: niente fiddle, accordion e soprattutto niente bodhrán e percussioni. Non solo: come ampiamente testimoniato proprio dalle track di Music From The Edge Of The World, i tre prediligono i brani cantati agli strumentali, al punto che si vocifera già che il loro prossimo album sarà composto esclusivamente da song, prive di qualsiasi accompagnamento.

Anche in questa scelta i tre denotano tuttavia la loro peculiarità: mentre l’Irlanda è nota – dal punto di vista canoro – per le glorie del canto solistico senza accompagnamento (sean-nós), le canzoni dei Cran sono quasi sempre cantate in coro dai tre componenti, in una formula sonora assolutamente poco frequente in Irlanda: Seán Corcoran ci ricorda che questa non è una novità in assoluto, esistendo una tradizione del canto maschile in coro (chorusing) nelle regioni settentrionali irlandesi, ma indubbiamente rimane una scelta stilistica abbastanza singolare e coraggiosa.

I Cran sono un gruppo particolare anche per un’altra loro caratteristica: i tre preferiscono dichiaratamente suonare in teatri, ed evitano deliberatamente di esibirsi nell’ambito dei festival: in questa maniera – sostengono – riescono a catturare l’interesse del pubblico anche con un materiale acustico più “meditato” e calmo, possono intrattenersi con gli spettatori nell’intervallo del loro set, e possono evitare le “ore piccole”: si direbbe che i tre musicisti non amino una vita particolarmente disordinata…

Music From The Edge Of The World è il quarto album dei Cran. Il loro disco di esordio fu (l’ormai introvabile) The Crooked Stair, che vedeva la line-up originale, composta da Corcoran e Wilkinson accompagnati dal piper Neil Martin, originario di Belfast. Questo disco venne pubblicato dalla ormai defunta Cross Border Media (CBM), e stando a quanto ci raccontava lo stesso Seán Corcoran, è stato all’origine di una serie di problemi di origine legale con il proprietario della stessa CBM: pare infatti che alcune track di questo disco furono cedute a diverse altre case discografiche senza che nessun provento fosse riconosciuto ai tre musicisti, del tutto ignorati anche nelle note di copertina e sostituiti da un generico e offensivo “additional artists, service and support, Cross Border Media”.

Lo stesso Corcoran ci ha anche preannunciato che The Crooked Stair verrà ben presto ripubblicato dall’etichetta autogestita Black Rose Records.

Il successo arrivò per i Cran qualche tempo dopo: Martin venne rimpiazzato da Ronan Browne, musicista di grande popolarità per aver partecipato a “Riverdance” ed essere stato il piper degli Afro Celt Sound System nei primi popolarissimi due album di questo supergruppo di fusion tra musica irlandese e world music. Nel giro di quattro anni sono stati pubblicati tre album: Black Black Black nel 1998, Lover’s Ghost nel 2000 e quest’ultimo Music From The Edge Of The World l’anno scorso, gli ultimi due in questione autoprodotti dal trio con l’etichetta Black Rose Records.

Music From The Edge Of The World è un album che si discosta notevolmente dai precedenti dischi dei Cran: fino al precedente Lover’s Ghost i tre non avevano disdegnato l’uso delle sovraincisioni e del multitracking, allo scopo di creare un tappeto sonoro molto composito, con overdub di flauti che si sovrapponevano alle pipes, o di complessi impasti vocali. Il risultato complessivo, affascinante per la ricchezza degli arrangiamenti, risultava tuttavia ben difficilemte riproponibile negli spettacoli dal vivo.

Ecco quindi la rivoluzione a 180 gradi: Music From The Edge Of The World è un disco volutamente semplice e scarno, dalle caratteristiche quasi di un CD live e senza l’uso di complicate tecniche di sovrincisione, a far risaltare in modo incontaminato la maestria di questi grandi musicisti. Senza alcun dubbio un album di grande valore, con brani della tradizione riproposti nell’accezione più pura del termine, e che ci fa capire il grande rispetto di cui sono oggetto i Cran presso gli addetti ai lavori.

Il disco è composto da quattordici brani, nove dei quali sono song. Ottimo il booklet, contenente tutti i testi in gaelico con la relativa traduzione in lingua inglese, e alcune interessanti note su ciascuna delle track. Veniamo così a sapere, a proposito dello strumentale “Humours Of Castlefinn”, presente sulla compliation di “Keltika” di questo mese, che si tratta di un set composto da tre reel: “The Humours Of Castlefinn”, probabilmente composto dal fiddler George Rowley, originario di Leitrim; “The Maid Of Mount Kisco”, composizione del violinista di Sligo Paddy Killoran; ed infine “The Long Note”, una versione riarrangiata dai Cran del brano “Jenny’s Welcome To Charlie”.

Seán Corcoran ci ha regalato anche una delle song di Music From The Edge Of The World: si tratta della canzone in gaelico “Óró Mhíle Ghrá” (“Oh, i miei mille amori!”). Si tratta di una bobaró song, termine che si può tradurre come “canzone a offesa”: è una sorta di working song cantata spesso da gruppi di persone durante il lavoro. Ogni strofa contiene una parte da improvvisare al momento, in cui il cantante prende in giro un altro dei membri del gruppo, che a sua volta è tenuto a rispondere per le rime. E a quanto narrano le note di copertina, è un tipo di sfottò che non raramente finisce per prendere una cattiva piega…

 

                                                                                              Testo di Alfredo De Pietra

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