Shantalla
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Shantalla: Seven Evenings, Seven Mornings 

Diciamolo subito e senza esitazioni: questo secondo CD del gruppo degli Shantalla è una delle incisioni più interessanti che ci sia capitato di ascoltare da molto tempo a questa parte. Ed è curiosamente opera di un gruppo di musicisti scoto-irlandesi che per i più svariati motivi si sono ritrovati a vivere – e a suonare – insieme in Belgio.

Iniziamo dal nome: Shantalla proviene dalle due parole gaeliche “Sean Talamh”, che significano “la vecchia terra”, una metafora spesso usata dagli emigranti irlandesi quando fanno riferimento alla patria, all’Irlanda. Pur trattandosi di una situazione del tutto differente da quella dei tanti emigranti irlandesi in America degli ultimi secoli, l’idea dominante dell’emigrazione è quindi fortemente radicata anche in questi cinque musicisti che per una fortuita serie di circostanze si sono dovuti trasferire a Bruxelles.

Normalmente c’è una certa generale diffidenza nei confronti delle band scozzesi e irlandesi che suonano, in nazioni differenti, la musica tradizionale delle proprie terre d’origine: si tratta quasi sempre di musicisti che rimangono per forza di cose lontani dal fertile humus della propria terra  natìa, e inoltre c’è il giustificato sospetto che questi musicisti in patria non riuscirebbero ad emergere dal livello medio della concorrenza. Tutto ciò non si applica fortunatamente agli Shantalla, che in tal senso costituiscono una  piacevole eccezione: quattro irlandesi e una scozzese capaci di suonare la migliore musica tradizionale celtica, con un live show - secondo alcuni critici (irlandesi!) - all’altezza di nomi altisonanti come gli Altan e i Dervish. Gli stessi critici non hanno mostrato dubbi su un altro dato di fatto: gli Shantalla sono la miglior band di musica tradizionale irlandese presente sul continente europeo. Sinceramente, alla luce di quanto ascoltato in questo Seven Evenings, Seven Mornings, condividiamo del tutto questa opinione.

Quattro irlandesi e una scozzese, si diceva: da East Kilbride, in Scozia, proviene la cantante e bodhránist Helen Flaherty; Joe Hennon (chitarra e voce) è di Dublino, Kieran Fahy (fiddle e viola) è originario di Tuam, nella contea di Galway; Michael Horgan (uillean pipes, flauto, low & tin whistle) viene da Newcastle, nella contea di Down, e infine Gerry Murray (accordion, bouzouki, mandolino, whistle e percussioni) è di Scotstown, contea di Monaghan. I cinque musicisti vivono in Belgio per differenti ragioni dalla seconda metà degli anni ‘80, e fanno tra loro reciproca conoscenza grazie alla frequentazione delle session irlandesi che si svolgono nei pub belgi: ciascuno di loro suona in altre formazioni locali, e nasce così casualmente nel 1997 un sodalizio artistico destinato a diventare molto interessante, anche in virtù della diversa provenienza stilistica dei cinque: Gerry e Michael hanno sempre suonato folk, Kieran proviene dalla musica classica, Joe ha le sue radici nel rock e Helen ha precedentemente spaziato nei più svariati generi musicali.

Inizialmente gli Shantalla devono fare i conti con lo scetticismo e la perplessità di cui si diceva all’inizio, come se il fatto di essersi stabiliti in Belgio costituisse per loro una sorta di “peccato originale”. Basta però poco tempo, e gli Shantalla si mostrano nelle loro esibizioni live una band solida e compatta, spinta da un sacro furore che rende i loro concerti (in Belgio e in Olanda, ma in seguito anche in Irlanda) sempre più richiesti e acclamati. I critici cominciano a proporre paragoni che imbarazzano gli stessi membri della band. Basta leggere le recensioni dei concerti degli Shantalla: quasi sempre viene citata la storica Bothy Band, quasi si fosse in presenza della loro reincarnazione. I ragazzi della band rimangono onorati dal paragone, ma tengono ovviamente a precisare che non vogliono che la gente compri i loro dischi o frequenti i loro concerti sperando di ascoltare la “Bothy Band Parte Seconda”. Gli Shantalla chiedono piuttosto di essere giudicati per quello che suonano e in effetti, anche se la prima sensazione può in effetti ricordare la storica band di Paddy Keenan & compagni, ad un ascolto più attento ci si renderà conto di una netta presenza solistica dell’accordion di Gerry Murray, che potrebbe piuttosto richiamare alla mente le migliori incisioni dei De Dannan. Inoltre anche la voce e lo stile canoro di Helen Flaherty sono molto differenti dall’approccio artistico di Triona Ni Domhnaill. In definitiva la Bothy Band può forse essere presa a paragone per quanto riguarda la passionalità e l’impeto delle esecuzioni live, ma di certo gli Shantalla non ambiscono di certo ad imitare la storica band irlandese degli anni ’70. Tra le loro influenze gli Shantalla citano certamente la Bothy Band, ma anche i De Dannan, Dick Gaughan, i Silly Wizard, gli Altan, i Lunasa, i Solas, i Capercaillie, i Dervish, i Danù, e anche gruppi di crossover come Kila e Afro Celt Sound System.

Alla fortuna degli Shantalla contribuisce in buona parte l’incontro con Erwin Libbrecht, illuminato direttore della giovane (ma molto attiva nel campo del folk) etichetta discografica belga Wild Boar Music (www.wildboarmusic.com): Erwin offre nel 1998 un contratto alla band, e verso la fine dello stesso anno viene pubblicato il loro primo album, l’omonimo Shantalla. Ormai il gruppo si è conquistato una buona fama a livello internazionale: i concerti sono sempre più frequenti, anche in Francia, Germania, Irlanda, Portogallo, Italia, Lussemburgo e Austria. Le offerte in tal senso iniziano ad arrivare anche dagli Stati Uniti, dal Giappone e da Hong Kong, ma a tutt’oggi la band non si è ancora esibita in questi Paesi. Anche il CD di esordio riscuote univoci consensi: a sorpresa, una delle band più interessanti della scena folk irlandese proviene dal continente europeo!

In questi ultimi mesi è stato pubblicato il secondo CD del gruppo, distribuito in Italia da Felmay, album intitolato Seven Evenings, Seven Mornings, da cui sono tratti due brani presenti sul CD di Keltika di questo mese. Significativo – e del tutto inconsueto per un CD di musica folk irlandese – è il fatto che di questo disco già in fase di prevendita fossero state prenotate in Belgio circa duemila copie, a testimonianza dell’affetto del pubblico di quelle parti nei confronti degli Shantalla. Il titolo del CD è in realtà un verso tratto da una delle ballad presenti sul CD, “The Dreadful End Of Marianna For Sorcery”, una composizione della cantante dei Malinky, Karine Polwart, ispirata a una tragica leggenda di tradimento e stregoneria, originaria delle isole Orcadi. Due sono i brani concessici da Erwin Libbrecht per la compilation di Keltika. Nel primo caso si tratta di “John Riley”, una recente composizione del mandolinista-fiddler americano (ma di origini irlandesi) Tim O’Brien, tratto dal suo celebrato album The Crossing: ancora una volta l’argomento della song è quello dell’irlandese in esilio, tema evidentemente “sentito” anche da questi musicisti, che in fondo continuano ad avvertire – senza retorica – lo struggente richiamo della loro isola di smeraldo. La song è seguita dal tradizionale “Dowd’s Reel”.

Il secondo brano è una medley composta dall’inno bretone “Spered Hollvedel” (“Spirito Universale”) seguito da due reel. È un brano che risulterà noto a molti, essendo stato portato alla fama da Alan Stivell, che ne pubblicò una versione nel suo album del 1975 Live In Dublin: l’allora bambino Joe Hennon ricorda in proposito che quella sera era presente al concerto dublinese dell’arpista bretone, e che rimase particolarmente colpito proprio dalla bellezza di “Spered Hollvedel”, al punto da ricordarne ancora oggi perfettamente la melodia senza il bisogno di ricorrere ad alcun sussidio discografico. L’inno bretone è seguito da due scatenati reel in puro “stile Shantalla”: “The Dodgy Knee” e “Walking On A Tightrope”, entrambi composti da Gerry Murray. Il titolo del secondo reel (“Camminando su una corda”) è una simpatica metafora delle difficoltà che incontra un musicista nel bilanciare la sua arte con qualsiasi altra attività lavorativa, problema evidentemente presente e avvertito nella vita di questi musicisti.

Seven Evenings, Seven Mornings è un disco di ottima fattura, validamente prodotto e ben registrato: se il primo album poteva essere considerato il biglietto da visita degli Shantalla, questo secondo CD è stato attentamente pensato e progettato, proprio con lo scopo di dare la definitiva consacrazione al gruppo belga-irlandese: molto tempo è stato impiegato nella scelta dei brani, facendo attenzione ad offrire al pubblico un riuscito mix di brani tradizionali e contemporanei, “sperimentati” in precedenza nelle numerose esibizioni live della band, autentico punto di forza degli Shantalla, un gruppo in definitiva destinato, a nostro avviso, ad una lunga e gloriosa carriera. Le premesse ci sono tutte, o forse – per meglio dire – le loro promesse sono diventate una realtà ormai consolidata nel panorama internazionale della musica tradizionale celtica.

                       

                                                                                                          Testo di Alfredo De Pietra

 

Shantalla Seven Evenings, Seven Mornings (WBM21030)

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