Steve Baughman
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Steve Baughman: The Angels' Portion

Durante il lungo processo di invecchiamento del whisky, esso riposa in botti di quercia per un periodo che va dai 12 ai 21 anni. Gli unici ad avere accesso a queste botti in questo periodo di tempo sono gli angeli, mandati dal cielo col difficile compito di trasformare un semplice miscuglio di malto ed acqua nella gloriosa Uisgebeatha, l’Aqua della Vita. Una volta condotto a termine il loro lavoro, gli angeli si allontanano. Gli addetti alla cantina ritornano ad assaggiare il whisky così ottenuto, e come sempre osservano che la botte, del tutto piena all’inizio dell’invecchiamento, lo è ora solo in parte: “evaporazione” direbbero i più…ma anche questa volta gli addetti alla cantina sorridono, pensando alla vera origine di questo fenomeno. In realtà anche gli angeli amano, nelle pause del loro lavoro, farsi un goccetto di tanto in tanto: è la Angels’ portion, che manca…Alla stessa maniera, la mia speranza è che nel corso dei prossimi 12 (o 21) anni, un simile processo di fermentazione musicale riesca a conferire alla mia musica una ricchezza degna del titolo di questo album.” 

E’ questa la singolare, poetica introduzione a quest’ultimo, splendido album di Steve Baughman, The Angels’ Portion, di cui è possibile ascoltare nel CD allegato a Keltika di questo mese la medley Going Bach to Ireland. Il sottotitolo di The Angels’ Portion è “Celtic, Apalachian, and Swedish Guitar Instrumentals”, ed in effetti il CD comprende, oltre (ovviamente) ad una ricca scelta di brani irlandesi, scozzesi e bretoni anche una contraddanza di ispirazione francese, un paio di tunes di musica tradizionale svedese per arpa cromatica, ed addirittura un personale contributo dello stesso Baughman alla cosiddetta, emergente, “Celto-Hawaiian music”.

Steve proviene dall’esperienza del suo precedente CD “Drop of the Pure”, risalente ormai a quasi cinque anni fa, album che ha avuto il merito di far conoscere ed apprezzare a livello mondiale le sue qualità musicali. Questo The Angels’ Portion si discosta discretamente, nell’impostazione, dall’album precedente, sia per la scelta del materiale che lo compone, sia perché questa volta Baughman “si concentra” maggiormente sulla chitarra, cercando tuttavia di sfruttare al massimo le capacità espressive del proprio strumento: non è quindi un disco esclusivamente “per chitarristi”, perché Steve Baughman appartiene per sua fortuna a quella ristretta schiera di musicisti-chitarristi capaci di “guardare” alla propria musica non esclusivamente dal punto di vista dello strumentista, ma anzi con una buona dose di inventiva e fantasia musicale. Così, tornando ad esempio al brano presente nel CD di Keltika di questo mese, Steve ci racconta che questa medley inizia con un riadattamento per chitarra di un concerto per violino di J.S. Bach (da qui il gioco di parole del titolo Going Bach to Ireland) per poi passare ad una jig tra le più popolari (Rose among the Heather) e terminare con una propria composizione, Goat Hugging a Tree.

Nel ristretto “giro” dei Celtic fingerstyle guitarists Steve Baughman riveste oggi un ruolo di primo piano. Il chitarrista, nativo dei Caraibi, ma ormai da molti anni residente a San Francisco, ha al suo attivo un’intensa attività discografica,  non disgiunta da un’altrettanto intensa attività di didattica strumentale: Steve ha infatti pubblicato diversi libri dedicati alla Celtic guitar pubblicati dalla Mel Bay Publications, oltre ad un paio di video didattici; è infine autore di un gran numero di articoli a sfondo tecnico pubblicati su riviste come Fingerstyle Guitar Magazine ed Acoustic Guitar Magazine.

Steve Baughman è stato indicato dall’autorevole Dirty Linen Magazine come uno dei migliori Celtic guitarists in assoluto per la scelta del materiale discografico, per la sonorità ricca e calda (elemento spesso difficile da ottenere con la chitarra con le corde in metallo), per la forte personalità musicale e per la tecnica sopraffina. Se tuttavia si dovesse scegliere l’elemento stilisticamente più importante di questo chitarrista, probabilmente si opterebbe per il meditato lirismo che traspare dalla sua musica; nei brani lenti la “presenza” melodica è sempre molto forte, e le vivaci dance tunes sono sempre rese dalla sua chitarra con verve e spirito.

Dal punto di vista strumentale si può parlare di Steve Baughman come di un innovatore: la tecnica del “frailing” (ispirata alle modalità esecutive tipiche del banjo), quella che Steve chiama “melodic expression”, o anche “non-linear playing” (tecnica chitarristica con cui si tende, nell’esecuzione di una linea melodica, a non usare due volte consecutive la stessa corda) ma soprattutto, nell’ambito delle accordature aperte, l’adozione della cosiddetta “Orkney tuning” a scapito della abituale accordatura “DADGAD”, sono tra le principali caratteristiche proprie del chitarrista di Trinidad, che tende in generale a rifuggire le usuali alternate tunings proprie della Celtic guitar.

Steve ci ha rilasciato questa intervista, in cui ci parla dei suoi inizi e della sua filosofia musicale:

Sono nato nell’isola caraibica di Trinidad, ed il mio primo mito musicale era Harry Belafonte. Probabilmente il mio amore per la musica folk è nato proprio lì. C’era molta passione per il canto e per la musica nella mia famiglia, ed all’età di dieci anni cominciai a prendere le prime lezioni di chitarra da un chitarrista che proveniva dalla North Carolina. La chitarra è così diventata parte integrante della mia vita, e praticamente si può dire che mi accompagni quotidianamente sin da quando ero ragazzino...e sono già passati più di trenta anni da allora!

Cosa ti ha spinto verso la musica celtica?

Il primo chitarrista che ho apprezzato veramente era il grande Doc Watson. Agli inizi ho suonato per molti anni anche il banjo, musica bluegrass. Ora, sia il bluegrass che la musica tradizionale americana dei monti Appalachi sono profondamente influenzati dalla musica celtica. Quando mi trasferii negli Stati Uniti capitò che avessi una ragazza che una volta andò in vacanza in Scozia, più precisamente nelle isole Orcadi (Orkney Islands: da qui il nome della cosiddetta Orkney tuning – n.d.r.). Questa ragazza ritornò in America con alcuni dischi di musica scozzese ed irlandese: all’inizio trovavo questa musica in qualche modo “strana”, ma comunque affascinante, e ben presto rimasi completamente “preso” dalla musica celtica. Tutto ciò accadeva nel 1985. Da allora in poi ho sempre suonato con grande piacere questa musica”. 

La musica irlandese è senza dubbio la forma più diffusa di musica tradizionale, a livello planetario. Secondo te cosa c’è di così particolare in questa musica, che possa spiegarne il successo su scala mondiale?

Difficile dare una risposta certa…secondo me però è la combinazione di due elementi che rende la musica irlandese così unica, così affascinante. Innanzitutto l’Irlanda è un’isola, e per questo stesso fatto la sua popolazione è andata incontro nel tempo ad in certo “fisiologico” isolamento; di conseguenza la musica ha subìto in scarsa misura l’influenza del mondo esterno, ed ha avuto molto tempo per…fermentare, un pò come il formaggio, quando lo si fa stagionare per molto tempo nell’olio e nell’aglio…Caratteristiche simili le puoi osservare in altre isole con forti tradizioni musicali, come Bali, il Madagascar e le isole polinesiane, ma anche a Trinidad, dove sono nato.Il secondo elemento deriva dal fatto che gli irlandesi hanno dovuto superare terribili prove nel corso dei secoli. Il dolore e la sofferenza conseguenti hanno conferito alla musica irlandese uno struggente senso di malinconia; e laddove la musica è allegra, come nel caso delle jigs e dei reels, lo è in modo particolare, proprio perché gli irlandesi hanno purtroppo imparato nel tempo che i momenti di gioia non possono essere dati per scontati, e di conseguenza quando gioiscono, lo fanno in maniera ancora maggiore.Mi rendo conto tuttavia che la mia è solo una teoria che non si può adattare a tante altre situazioni nel mondo: so bene che esistono altre regioni che non sono isole, e la cui popolazione non ha una storia di particolare sofferenza, ma che producono ugualmente una musica splendida”.

La musica celtica per chitarra si identifica quasi sempre con l’uso delle accordature aperte, e del resto anche tu fai largo uso di open tunings: so che però hai lamentato l’uso indiscriminato delle accordature aperte…

Sì, una delle cose che non sopporto è l’abuso delle accordature aperte: il fatto è che è tremendamente facile comporre qualcosa in open tuning! E poiché è così semplice, molti pseudo-musicisti ritengono in questa maniera di essere in grado di comporre qualcosa: tutto quello che fanno è spostare a casaccio le dita sulla tastiera fino a trovare un qualche riff orecchiabile. Quella per loro è una “composizione”. Proprio come una scimmia davanti ad una macchina da scrivere: è possibile che riesca a scrivere una poesia, ma anche in questa remota ipotesi sarebbe comunque una poesia veramente scadente! Questo è quello che secondo me succede con buona parte della musica New Age per chitarra: personalmente la trovo priva di qualsiasi sostanza. Non ha anima, è solo egocentrismo e casualità. E’ questo il lato negativo delle open tunings: certo, io faccio largo uso delle accordature aperte, e così pure tutti i miei chitarristi preferiti, ma secondo me sono come un medicinale molto potente: utilissime, ma da usare con molta attenzione…”.

Chitarristi come Davey Graham, John Renbourn, Martin Carthy possono essere considerati i padri della musica celtica per chitarra. Si può ragionevolmente affermare che tu appartenga ad una “seconda generazione” di Celtic guitarists: ci sono differenze stilistiche con la prima generazione?

Tornando alla domanda di prima, hai appena citato tre chitarristi che costituiscono un ottimo esempio di un uso maturo delle open tunings, tunings che diventano un mezzo per dare vita e voce alla musica che questi chitarristi hanno in mente. Considera però che le loro caratteristiche stilistiche sono molto differenti l’uno dall’altro: se dovessi scegliere uno dei tre, sceglierei di certo Martin Carthy. E’ autore di uno stile chitarristico assolutamente unico, che gli consente di suonare le dance tunes con uno spirito perfettamente in linea con la tradizione.Quanto a noi della “seconda generazione”, sarebbe auspicabile lo sforzo di esplorare nuove tecniche chitarristiche, per consentire alla chitarra di “decollare” finalmente nell’ambito della musica celtica. Purtroppo devo invece ammettere che ciò accade di rado: la nostra attenzione si concentra sull’esecuzione dei singoli brani più che sul modo, sull’espressività con cui noi suoniamo questa musica. Dal momento che la chitarra è ancora uno strumento relativamente “nuovo” nella musica celtica, potremmo in questo senso considerarci dei pionieri. E sarebbe bello che noi mantenessimo sempre lo spirito dei pionieri”.

Nell’ambito della risposta precedente, ritieni di aver contribuito personalmente in qualche maniera allo sviluppo della Celtic guitar?

La chitarra è ancora oggi una novità nel mondo della musica celtica, e questo significa potere, e dovere, sperimentare con nuove accordature e nuove tecniche della mano destra. La Orkney tuning (CGDGCD) è qualcosa che ho scoperto semplicemente sperimentando. Ho saputo in seguito che anche altri chitarristi hanno adottato questa accordatura, come ad esempio Martin Simpson e Tony McManus: è un’ottima accordatura per suonare musica celtica, sia per le parti solistiche che per accompagnare altri strumenti, o anche la voce. Ho anche cercato di sviluppare una tecnica della mano destra denominata “frailing”, mutuata dalla musica tradizionale degli Appalachi per banjo. Attualmente c’è molto interesse in America nei confronti di questa tecnica, spero che presto anche in Italia i chitarristi scoprano il frailing… Recentemente, in collaborazione con Art Edelstein, ho anche messo su un sito web espressamente dedicato al frailing; il suo indirizzo è: http://www.frailing.com/

C’è qualcosa che ti piace sottolineare a proposito del tuo stile musicale?

Piuttosto che alla velocità, punto al sentimento: preferisco che la gente che assiste ad un mio concerto si commuova, piuttosto che rimanere stupita dalla tecnica: la velocità può sbalordire, ma non colpisce emotivamente il pubblico. C’è tanta bellezza nella musica tradizionale, e quello che cerco di fare è usare la chitarra per dare voce a questa bellezza”. 

In Italia il tuo ultimo CD  del 1996, “Drop of the Pure”, ha avuto un buon successo di pubblico e di critica. Parlaci di questo tuo ultimo CD, “The Angels’ Portion”.

I titoli dei miei album hanno sempre, chissà perché, qualcosa a che vedere con il whisky: Drop of the Pure ha un ovvio riferimento allo Scotch, mentre il titolo The Angels’ Portion si riferisce a quella parte di whisky che evapora nel periodo di invecchiamento che va dai dodici ai ventuno anni: la leggenda vuole che siano gli angeli a bere questa parte mancante. A parte questo, sul precedente Drop of the Pure erano presenti molti strumenti, mentre quest’ultimo The Angels’ Portion  è composto solo di brani per chitarra, al massimo in duo con Danny Carnahan al cittern o con David Surrette alla seconda chitarra. E’ anche un disco con un taglio più “internazionale”, dal momento che comprende anche brani di musica proveniente dalla Svezia, dalla Bretagna, dagli Appalachi e dalle isole Hawaii. Comunque lo spirito complessivo dell’album è nettamente nel segno della musica celtica. Ho impiegato due anni a registrarlo, ma sono molto soddisfatto del risultato”. 

The Angels’ Portion è pubblicato in America dalla casa discografica Solid Air Records. Per ulteriori dettagli è disponibile il sito web www.SolidAirRecords.com ed il sito personale di Steve Baughman: www.CelticGuitar.com

Il CD The Angels’ Portion può essere attualmente ordinato tramite web all’indirizzo www.AcousticMusicResource.com al prezzo di $15.00 più spese di spedizione.

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Steve Baughman: Discografia – Libri – Video

 

Dischi:

Steve Baughman and Valerie Price – The Owners Daughter (CeltoBeat Records)

Steve Baughman, Laura Risk and Athena Tergis – Journey Begun (Culbernie Records)

Steve Baughman – A Drop of the Pure (Tall Tree Records)

Steve Baughman – The Angels’ Portion (Solid Air Records)

Theo Paige – Theo Paige (Aniar Records)

Steve Baughman – The Angels’ Portion (Solid Air Records)

AA. VV. – Highlights of the Acoustic Guitar, Volume 2 (Acoustic Music Records)

AA. VV. – Celtic Fingerstyle Guitar, Volumes 1 & 2 (Stefan Grossman’s Guitar Workshop)

 

Video:

Steve Baughman – Artist Video Series (Mel Bay Publications)

AA. VV. – The World of Celtic Fingerstyle Guitar, Volumes 1 & 2 /Stefan Grossman’s Guitar Workshop)

 

Libri:

Steve Baughman’s Celtic Guitar Method – Transcriptions from A Drop of the Pure (Mel Bay Publications)

Ramble to Cashel – Celtic Fingerstyle Guitar Solos (Mel Bay Publications)

Steve Baughman’s Celtic Fingerstyle Guitar Solos (Mel Bay Publications)

An Open Tunings Christmas (Mel Bay Publications)

Frailing the Guitar (Mel Bay Publications) 

                                                                                  Testo ed intervista di Alfredo De Pietra

 

© New Sounds 2000

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