Il Dizionario

italiano-sinto piemontese-inglese-francese

di Sergio Franzese

( pubblichiamo in questa pagina l'introduzione e la prefazione alla seconda edizione del dizionario. Per ulteriori informazioni collegarsi al sito O Vurdon)

************************


       Introduzione (1)

 1.     La lingua zingara: cenni storici

 La lingua zingara (romani) è costituita da una molteplicità di dialetti affini fra loro ma allo stesso tempo diversificati sul piano lessicale, fonetico e morfologico. L’affinità tra la lingua zingara ed alcune lingue neoindiane fu dimostrata già verso la fine del 1700 quasi contemporaneamente da due studiosi tedeschi, Grellmann e Rüdiger, e da un inglese, J.Bryant. Tale tesi venne convalidata ed approfondita da studi linguistici che seguirono.

Lo studioso inglese Bernard Gilliat-Smith tentò in epoca più recente una classificazione della lingua dividendola in due branche principali: i dialetti vlax e quelli non-vlax, i primi più influenzati dal romeno soprattutto a livello lessicale (kalderaš, lovara, čurara ed altri), i secondi,  quelli parlati dai Sinti, dai Rom italiani (centro-meridionali), dai Manouches, dagli Zingari Finlandesi ed altri. Pur trattandosi di una classificazione incompleta essa è generalmente accettata da tutti gli studiosi di lingua zingara. Da essa rimangono comunque escluse le parlate calé dei Gitani e l’anglo-romani, che rappresentano una sintesi tra la lingua in uso nei paesi ospitanti ed il substrato lessicale romanés.

Va precisato che se ancora fino a quindici anni fa (epoca della prima edizione di questo volume) la ripartizione tra dialetti vlax e non-vlax trovava d’accordo la maggior parte dei linguisti essa è da considerarsi oggi superata. Infatti le differenze tra i dialetti che non appartengono al gruppo danubiano-balcanico (vlax) sono di entità tale che il termine “non-vlax” appare quanto mai impreciso e per questo sempre meno utilizzato.

Il lessico che gli Zingari acquisirono nel corso delle migrazioni dall’India verso l’Europa in parte integrava ed in parte sostituiva il precedente. Incontrando realtà nuove gli Zingari assunsero i relativi vocaboli nelle lingue locali. La lingua zingara si arricchì mano a mano di termini persiani, greci, armeni e slavi. La diaspora più consistente, che ebbe come diretta conseguenza una rapida diversificazione dei dialetti zingari, avvenne intorno al 1350 d.C. a partire dalla regione balcanica. E’ ipotizzabile fino a quel momento l’esistenza di un numero limitato di dialetti romani molto simili tra di loro, se non addirittura di una lingua comune. Alcuni gruppi mossero verso i paesi dell’est Europa, altri giunsero in Occidente transitando dagli attuali stati di Austria e Germania. E’ dunque relativamente recente l’introduzione di vocaboli da una parte derivati dal romeno, dall’ungherese, dalle lingue slave, ecc. e dall’altra parte dal tedesco, dal francese, dall’italiano o da forme dialettali di queste lingue o da altre lingue minori.

La lingua zingara perciò più di ogni altra costituisce un sistema soggetto a continui ed incessanti mutamenti ed allo stato attuale riesce notevolmente difficile pensare ad un processo di riunificazione linguistica data soprattutto la notevole diversità e le scarse relazioni esistenti tra i vari gruppi che costituiscono il popolo zingaro.

Nel corso degli ultimi due decenni sono stati elaborati da parte di alcuni studiosi tentativi di standardizzazione della lingua zingara utilizzando morfologia e lessico propri dei dialetti dell’area danubiano-balcanica con abbondante introduzione di neologismi (in alcuni casi coniati da lingue neoindiane, in altri casi da lingue europee) per sopperire alla mancanza di termini specifici.

Tutto ciò ha avuto risultati modesti e limitati in quanto questa sorta di  “esperanto zingaro” viene utilizzato e compreso solamente da pochi intellettuali Rom (e Gagé) e differisce comunque in maniera considerevole da tutte le parlate appartenenti a ceppi diversi da quelli diffusi tra gli Zingari dell’Europa centro orientale. In particolare va sottolineato che le regole di trascrizione fonetica elaborate dallo studioso Marcel Cortiade[2] pur avendo trovato diffusione grazie all’utilizzo da parte di un certo numero di persone facenti capo ad organizzazioni di natura politico-culturale, appaiono estremamente complicate da apprendere da parte di una popolazione che ancora oggi, in molte situazioni, è afflitta da un elevato tasso di analfabetismo.

Si può peraltro affermare che, alla luce dell’evoluzione in campo sociale e linguistico prodottasi tra i Rom ed i Sinti nel nostro paese in quasi due decenni, è da escludere qualsiasi processo naturale o artificiale di unificazione linguistica.

La lingua zingara non fu comunque solo oggetto di studi in passato, ma fu purtroppo anche motivo di dure persecuzioni, tra le quali ricordiamo quelle avvenute in Spagna ai tempi di Filippo IV, il quale riesumando un testo del 1566 che considerava questo idioma come “mezzo di tradimento” proibì nel 1633 ai Gitani di parlare la loro lingua. La stessa proibizione fu poi decretata in Ungheria nel 1768 dall’imperatrice Maria Teresa, allo scopo di unificare i popoli dei suoi Stati e di integrare i “bohémiens”. Una nuova proibizione si ebbe in Ungheria nel 1782.

In linea con i provvedimenti ostili all’uso della lingua zingara appaiono oggi anche numerose prese di posizione da parte di formazioni politiche incapaci di considerare gli Zingari in modo diverso da un problema di ordine pubblico. Sono queste forze politiche (le quali ipocritamente affermano di fare riferimento alle libertà dei cittadini) che con la loro grettezza intellettuale hanno impedito alla legge n. 482 del 15 dicembre 1999 “Norme in materia della tutela di minoranze linguistiche storiche”, di annoverare tra di esse la lingua romani (riconoscendo ad essa solamente la libertà di scomparire!).

2.     Il dialetto dei Sinti Piemontesi.

Il dialetto dei Sinti Piemontesi appartiene, secondo la classificazione dianzi citata, al gruppo non-vlax ed ha cioè subito una maggiore influenza da parte delle lingue germaniche e neolatine parlate nell’Europa Occidentale tanto a livello lessicale quanto morfologico.

Esso veniva parlato fino a pochi decenni fa dai Sinti presenti in Piemonte e un po’ ovunque nelle regioni dell’Italia Settentrionale e Centrale. Attualmente però si trova in fase di costante abbandono.[3]

Lo stesso dialetto è ancora largamente diffuso e parlato tra i Sinti Piemontesi insediati in territorio francese. Esso contiene però un elevato numero di imprestiti dalla lingua francese e dal dialetto piemontese.

 E’ interessante notare che mentre alcuni vocaboli usati dai Sinti Piemontesi della Francia derivano dal dialetto piemontese, presso i Sinti del Piemonte si sono mantenute in uso forme arcaiche. Ad es. “solamente” SP fr. mak dal piemontese “mac” (ma SP in Piem. mónsi), e ancora: “pescatore” SP fr. peskadúro dal piem. “pescadur” (ma SP in Piem. mačéskero < mačó “pesce” + suff.gen. -éskero).

 Gli studi finora compiuti su questo dialetto sono decisamente scarsi.

L’unico glossario, prima dell’attuale, è opera di Sergio Partisani (LD 6/72 p. 11-32) costituito da circa 800 vocaboli; alcuni cenni su questo dialetto si trovano pure in G.Soravia (Dialetti degli Zingari Italiani, Pacini, Pisa, 1977, pp. 51-56). Un modesto ciclostilato intitolato “O sucar gau” è stato curato nel 1984 dal Centro Studi Zingari di Torino: esso contiene la traduzione di tre favole di repertorio classico[4] e di due canzoni popolari piemontesi.

 Per quanto riguarda il sinto piemontese parlato in Francia, sono apparsi su Lacio Drom[5] due brevi racconti narrati da J.C.Brulé, sinto di nazionalità francese (LD 5/79, pp. 2-3) ed un altro racconto, O Bovedantuna (LD 4/84, pp. 2-14). Le canzoni di Lick, cantautore sinto francese, incise su dischi rivestono pure un certo interesse.

 Nel tempo intercorso tra la prima edizione di questa grammatica (1985) e l’attuale edizione (2002) non sono state prodotte ricerche sul dialetto dei Sinti Piemontesi che possano essere definite rilevanti ad eccezione di quella svolta da B.Formoso e G.Calvet pubblicata nel 1987 (vedasi di seguito “Prefazione alla seconda edizione”).

Altra pubblicazione avente per oggetto la lingua dei Sinti Piemontesi risale al 1995. Si tratta del volume “O ker kun le penijá”, una raccolta di brevi racconti autobiografici redatti da Annibale Niemen, burattinaio sinto piemontese che vive a Roma. Pur essendo una iniziativa lodevole e preziosa sotto l’aspetto linguistico essa risulta ampiamente carente sotto l’aspetto della trascrizione fonetica,  colma di imprecisioni ed incongruenze.

Infine un nuovo album discografico di Lick Dubois pubblicato nel 1998, "Sinti Song", composto da 10 brani in sinto fornisce interessanti spunti sia ai ricercatori linguistici sia agli appassionati di musica. Purtroppo il CD non contiene la trascrizione dei testi che sarebbe invece risultata utile.

 Il progressivo abbandono della lingua materna da parte dei Sinti ha determinato un processo di “criptizzazione” della stessa, attualmente considerata uno strumento di difesa e usata come tale: non è pertanto sorprendente la forte reticenza che in generale i Sinti italiani, ed in particolare i Sinti Piemontesi, mostrano nel divulgarla agli estranei.

 L’atteggiamento negativo dei Sinti nei confronti della loro lingua è inoltre molto spesso legato ad un rifiuto psicologico della loro situazione di emarginati venutasi a determinare nel corso degli ultimi decenni in seguito alla perdita di molti degli elementi che facevano parte della loro cultura, come una certa forma di nomadismo e molte delle attività lavorative tradizionali.

 Per tali ragioni appare spesso difficile intraprendere un’azione di tutela e di recupero della lingua sinta.

La presente ricerca, resa possibile grazie al contributo ottenuto (per la prima edizione) dalla Regione Piemonte in base alla L.R. 30/79 e 35/82 e grazie alla collaborazione di un certo numero di Sinti consapevoli dell’importanza e dei fini di tale lavoro, si articola in due parti.

 La prima parte è costituita da una serie di osservazioni di carattere grammaticale e, lungi dal voler essere un trattato esaustivo della materia, intende fornire al lettore una panoramica di quelle che sono le regole fonetiche e morfologiche del sinto piemontese. Va comunque precisato che la struttura della lingua (ed in particolare del dialetto sinto piemontese) non può essere rigidamente fissata in quanto tale lingua è generalmente priva di una tradizione scritta che l’abbia resa omogenea nel corso dei secoli.

La seconda parte della ricerca è costituita da un glossario composto da circa 1500 vocaboli.[6]

Si è infine ritenuto opportuno corredare la ricerca con l’inserimento di tre testi, riportati in appendice al presente volume: i primi due sono costituiti da testimonianze raccontate  in sinto, mentre il terzo è il racconto di Cenerentola, frutto di una traduzione dall’italiano.[7]

 Il lavoro svolto intende costituire un punto di partenza per la salvaguardia del patrimonio linguistico e culturale dei Sinti Piemontesi, etnia zingara già profondamente coinvolta in un processo di assimilazione per molti aspetti irreversibile.

Ad esso dovrà far seguito, nelle intenzioni del Centro Studi Zingari di Torino, l’elaborazione di materiale didattico in sinto (libri ed audiovisivi) fruibili dai Sinti in maniera più immediata[8]

Ci si augura inoltre che il presente volume, nonostante i difetti e le imperfezioni che esso contiene, possa essere utile, oltre che ai Sinti, a linguisti, ziganologi, insegnanti ed operatori sociali.

Mi sia infine consentito esprimere un particolare ringraziamento al Prof. Fabrizio Pennacchietti ed al Prof. Giulio Soravia per i loro preziosi consigli.

Sergio Franzese

 Torino, ottobre 1985

La prima edizione di questa grammatica è stata realizzata nel 1985 nell’ambito delle attività del Centro Studi Zingari – Sezione di Torino, con il contributo economico dell’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte.

Di essa fu prodotto un numero limitato di copie che trovarono prevalente diffusione tra gli studiosi di lingua romani, presso associazioni culturali in Italia ed all’estero e presso un certo numero di biblioteche pubbliche. La stessa venne  inoltre pubblicata su Lacio Drom n. 2/1986 con lo pseudonimo Luigi F.Senzera.

 A distanza di oltre quindici anni da quella prima edizione, che rappresenta tuttora l’unico studio italiano sul dialetto sinto piemontese, si è ritenuto opportuno procedere ad una ristampa.

Ai tre testi pubblicati in appendice alla prima edizione ne sono stati aggiunti altri due. Si tratta della traduzione delle fiabe pubblicate sul ciclostilato "O sucar gau" (vedere nota 4 a pag. IV e nota 7 a pag. VI).

Uno dei testi pubblicati in appendice (la testimonianza di "Taro" Amilcare Debar) è inoltre registrato come file audio (Taro.wav) e può essere ascoltato per mezzo di un Personal Computer con l'ausilio di un software adeguato (ad es. Windows Media Player, Winamp, ecc.).

 In questo breve lasso di tempo la lingua non ha subito alterazioni se non quelle dovute purtroppo ad una sempre più marcata perdita di consapevolezza culturale da parte delle giovani generazioni, processo che determina un conseguente impoverimento linguistico.

 Nella riscrittura del testo si è comunque provveduto ad una sua revisione, apportando qua e là alcune correzioni o variazioni. Inoltre il volume risulta generalmente migliorato sotto l’aspetto grafico.

 La novità sostanziale di questa ristampa è tuttavia data dal dizionario, completamente riscritto e costituito da 5 diversi registri (ITALIANO – SINTO PIEM. – SINTO PIEM. [francese] – FRANCESE – INGLESE).  Ognuno di essi è collocato come registro iniziale di ciascuna delle cinque parti che lo costituiscono[9].

 Il lessico del dizionario è quello fondamentale del sinto parlato dai Sinti Piemontesi in Italia (o forse, ahimè, sarebbe più corretto dire appartenuto ai Sinti Piemontesi) e raccolto dallo scrivente nel corso di diversi anni tra i membri delle famiglie stanziate nell’area torinese. A questo primo nucleo di circa 1600 termini sono stati affiancati dati provenienti da altri autori: S.Partisani ed altre fonti minori (classificato come “Altri”), A.Niemen  (lessico estrapolato dal libro “O ker kun le penijà”, pubblicato nella Collana “I Mappamondi” dalla Casa Editrice Sinnos di Roma, 1995), ed infine  B.Formoso - G.Calvet (Lexique Tsigane, Dialecte sinto piémontais, Publications Orientalistes de France, Paris, 1987).

 Dalle liste “Altri” e “Niemen” sono stati esclusi tutti quei termini che coincidevano con quelli contenuti nella lista principale (Franzese), mantenendo unicamente le forme varianti.

Il registro di B.Formoso e G.Calvet costituisce invece di per sé una variante del dialetto sinto piemontese, quella francese, che possiede elementi specifici sia sotto il profilo grammaticale che soprattutto lessicale (a questo proposito si invita ad una lettura diretta del succitato testo).

Purtroppo nel corso di questi anni, a quanto risulta, non sono stati compiuti in Italia altri studi specifici su questa variante linguistica e neppure sono state prodotte inchieste volte a stabilire la situazione aggiornata circa la diffusione del sinto piemontese tra i giovani. Tutto lascia però intendere che il dialetto sinto piemontese sia sempre meno usato e completamente sconosciuto tra le giovani generazioni e che non si sia messo in moto alcun processo di riappropriazione e recupero.

 Malgrado le circostanze avverse è importante continuare in un lavoro di classificazione e di conservazione del patrimonio linguistico perché esso è il solo contributo possibile per impedire o quantomeno ritardare la scomparsa di un idioma e, con esso, di un pezzo importante della storia e della cultura di un popolo.

 Infine, alla lingua dei Sinti Piemontesi ho voluto dedicare una poesia scritta da me nel 1999 (pubblicata nella pagina seguente). Credo che essa possa collocarsi tra le pagine di questo mio lavoro come un auspicio ed un'esortazione rivolta non solamente ai Sinti ma a tutti coloro che non si arrendono ai tentativi di omologazione e di imbarbarimento culturale, sociale, politico, ecc. (resistere, resistere, resistere…).

 Sergio Franzese

 Torre Pellice, maggio 2002


[1] Le parti in corsivo sono state inserite nell'edizione più recente  (maggio 2002) e costituiscono un aggiornamento ed una precisazione ai paragrafi che le precedono.

[2] Romani Fonetika thaj Lekhipa, Titograd, 1986

[3] Un’inchiesta svolta nell’anno scolastico 1983-1984 su un gruppo campione di 20 bambini sinti piemontesi scolarizzati tra i 6 ed i 13 anni ha dato riscontri allarmanti circa il grado di conoscenza del sinto. A titolo di esempio si pensi che un test in cui si chiedeva l’enunciazione in sinto di 12 oggetti presentati attraverso disegni, ha dato il seguente risultato: tra 7 e 12 risposte esatte: nessuno; tra 4 e 6 risposte esatte: 2, pari al 10%; tra 1 e 3 risposte esatte: 18, pari al 90%. Dei 12 termini 5 sono risultati completamente sconosciuti, 5 conosciuti da meno di 5 soggetti ed 1 solo termine universalmente conosciuto.

[6] vedasi di seguito “Prefazione alla seconda edizione”

 [7] Nella seconda edizione del presente volume l'appendice è stata implementata con la pubblicazione di altri due testi (traduzioni di fiabe classiche precedentemente pubblicate sul ciclostilato "O sucar gau").

 [8] Risale all'anno 1987 la pubblicazione del sussidiario illustrato di sinto piemontese "Marí čib… maró braválimo" (La nostra lingua... la nostra ricchezza) diffuso presso un ristretto numero di famiglie preventivamente sensibilizzate al problema della tutela linguistica.

 [9] a) Data la complessità di tale classificazione si sarebbe resa necessaria un'ampia revisione del dizionario, ma trattandosi di un’attività vasta ed impegnativa essa non ha potuto finora essere svolta in modo adeguato.

Non essendo ancora possibile disporre del testo in versione definitiva si è pertanto ritenuto utile pubblicarlo nella stesura che è al momento disponibile al fine di evitare un'attesa che potrebbe rivelarsi ancora lunga e con lo scopo di rendere comunque fruibile fin da subito quanto già esiste.

Trattandosi di un "cantiere aperto" sarà inevitabile incontrare numerose imprecisioni; affinché questi "lavori in corso" procedano più speditamente saranno graditi suggerimenti, osservazioni ed eventuali segnalazioni di errori anche in riferimento agli elenchi di termini nelle lingue diverse dal sinto.

     b) Si è scelto di fornire la stesura del dizionario esclusivamente su supporto informatico (file di Microsoft Excel [SP_DIZ_v00.xls]) registrato su CD-ROM (insieme alle copertine delle diverse sezioni ed alla versione informatica del  presente testo).

Oltre a consentire una consultazione più agevole esso presenta notevoli vantaggi di economicità. La stampa dell’intero dizionario sui carta produce infatti oltre 500 pagine in formato A4.

Inoltre, trattandosi come già detto di una stesura non ancora definitiva, si è ritenuto che il supporto informatico renda possibile un contenimento dei costi per la produzione e la diffusione di nuovi aggiornamenti. 

                                                                                        

 

                                                                 

                           Torna al Menù                            almel@tiscalinet.it