8.11. L'ARTE DELLA CERAMICA A VIETRI SUL MARE |
L’arte della ceramica a Vietri sul Mare, oltre che un’attività
economica importantissima, è un artigianato fantasioso che coglie
il fascino dei colori della costiera amalfitana e che, ancora oggi
firma il paese e tutta la zona in maniera inconfondibile. Essa ha tradizioni antichissime, anche se purtroppo non
documentabili con attribuzioni certe per l'impossibilità di
distinguerla dalle ceramiche coeve dell'arco campano.
Le origini si fanno risalire probabilmente ai Tirreni,
fondatori di Marcina, come testimoniavano alcuni ritrovamenti
avvenuti a Raito nel 1929-‘30 purtroppo andati distrutti.
La storia della ceramica vietrese è comunque, per certi versi,
legata alla complessa vicenda di quella salernitana, che aveva
diversi centri di produzione sparsi un po’ ovunque. Vietri aveva,
però, il vantaggio, rispetto ai centri interni, di essere vicina
al mare, di essere legata a Cava di cui fino al 1806 è stata un
casale, e di usufruire dei risvolti positivi degli scambi
commerciali di Amalfi e Salerno con il mondo orientale che avevano
contribuito, non poco, alla fusione dei motivi della ceramica
bizantina e greca con il mondo latino.
Notizie di una intensa e fiorente attività legata alla
produzione della ceramica, per lo più materiale da costruzione,
risalgono al XIV secolo come si attesta da alcune documentazioni
presso la Badia di Cava. E' infatti di quel periodo la grande
richiesta di tegole e mattonelle, prodotte nel vicino casale di
Vietri sul Mare, da parte dei maestri fabbricatori di Cava che
avevano consistenti interessi produttivi e commerciali legati
all'attività edilizia.
Per avere una documentazione certa dell'industria del cotto a
Vietri occorre però arrivare al XVI secolo. La produzione di
questo periodo era abbondante in relazione a una domanda sempre
crescente. Venivano prodotti utensili da cucina e contenitori per
la maggior parte non smaltati e manufatti di uso domestico quali
piatti, lancelle per la conservazione dell'acqua, orcioli,
scodelle e piccoli vasetti per custodire spezie e droghe.
Il salto qualitativo si ebbe nel XVII secolo, favorito molto
probabilmente, dall'immigrazione di artigiani abruzzesi e irpini
per cui la ceramica vietrese si arricchì di più compiute forme e
decorazioni artistiche. E' quello il periodo a cui risalgono gli
oggetti legati al culto religioso come le acquasantiere
domestiche, le piastrelle maiolicate a soggetto religioso, i
pannelli e le edicole votive ancora sparse nei vicoli e nelle
stradine della zona. |
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Figura 8. 68. Crocifisso fra Santi (1627)
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Figura 8. 69. Madonna delle Grazie (1687) |
La più antica testimonianza di mattonella risale al 1627,
murata nell'istituto delle suore della Carità a Raito, che
rappresenta il Cristo in Croce con ai lati rispettivamente S.
Antonio da Padova e S. Francesco.
Un altro esemplare, datato 1687, è incastonato in un muro
esterno di Raito, e raffigura la Madonna delle Grazie e due Santi.
Vi sono numerose altre mattonelle di tal genere lungo le strade di
Vietri, dei paesi della vicina costiera amalfitana, di Cava, di
Salerno e perfino della Valle dell'Irno che stanno a dimostrare la
dimensione di ciò che dovette essere la diffusione e la tradizione
di questi motivi iconografici. Proprio nella piazza di Vietri
esiste tuttora un grande pannello murale composto da 42 mattonelle
raffiguranti la Madonna, la Maddalena e S. Giovanni ai piedi della
croce, sullo sfondo è un paesaggio e nel cielo figurano puttini
recanti i simboli della passione di Cristo.
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Altro centro particolarmente ricco di queste
rappresentazioni religiose è Raito.
Una di essa, la fuga in Egitto, datata 1761, presenta sullo sfondo
un paesaggio accidentato, coronato da una lunga fila di monti di
cui sono resi solo i contorni, la figura di Maria con Bambino in
groppa all'asino, preceduta da S. Giuseppe che le rivolge uno
sguardo di tenera apprensione.
La produzione del XVIII secolo ha lasciato maggiori
testimonianze anche sotto l'aspetto degli oggetti di uso popolare
e di suppellettili come ogliaruli, lucerne e vasellame decorati
con motivi semplici, di gusto narrativo e con scene di vita
popolare che continuò a tenere in vita l'autentico stile vietrese
con toni soffusi di un intenso calore umano. Alcuni esemplari
mostrano figure di viandanti solitari in paesaggi collinari
degradanti verso il mare, ma il motivo decorativo più frequente è
la marina rappresentata in varie dimensioni e in qualsiasi forma,
ispirata proprio alle vedute della costiera amalfitana, ovunque
ben delineata dalle alte e ripide montagne sullo sfondo. |
Figura 8. 70. Fuga in Egitto (1761) |
Il XIX secolo viene ricordato soprattutto per la rifioritura
della cosiddetta "riggiola" o piastrella con decorazioni
geometriche, astratte e naturalistiche interamente eseguite a
mano, con cui si iniziano a realizzare pavimenti e rivestimenti.
Tra i pezzi più significativi di questo periodo sono le piastrelle
ottagonali dedicate a S. Giovanni Battista del 1735 e a S.
Giovanni Decollato del 1762 custodite nel Museo della Ceramica a
Villa Guariglia.
Agli inizi del XX secolo la produzione di ceramica a Vietri sul
Mare attraversava un periodo di stasi creativa e produttiva.
Continuava, per lo più, la produzione di riggiole e di stoviglie,
la cosiddetta “robba siciliana”, in cui si ripeteva stancamente la
decorazione a spugna o a greca (di ambito napoletano) sui bordi
dei piatti da conserva, nei colori verde ramina e con decorazione
centrale, prodotta dalle faenziere di Andrea Avallone,
Buonaventura Gargano, Vincenzo D’Amico, Antonio Ferrigno e
Vincenzo Savastano. |
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Figura 8. 71. Lucerne ad olio |
Figura 8. 72. Orciuoli |
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La stagione più fertile della ceramica vietrese è quella a
cavallo tra le due guerre (1920-1947), il cosiddetto "periodo
tedesco" quando numerosi artisti stranieri, per lo più di origine
germanica, spinti dalla vita libera che vi si poteva condurre e
dal più basso costo della vita, si insediarono nella zona formando
una vera e propria colonia impegnata nelle ceramiche locali;
costoro, pur rispettando la tradizione locale, rinnovarono gli
stili e crearono nuove forme e nuove decorazioni.
Tra i maggiori esponenti di quel felice periodo ricordiamo:
Riccardo Doelker, il primo artista d’oltralpe che rivoluzionò
la decorazione e la tradizione della ceramica vietrese grazie alla
sua impronta personale e al suo segno istintivo e creativo, carico
di immagini e di colore. La sua propensione verso i temi popolari,
dalle feste in costume alle processioni, dai temi pirateschi a
quelli guerrieri, da quelli ereditati dall’arte etrusca e
dall’arte cristiana, alla predilezione quasi francescana per gli
animali, lo rese particolarmente vicino a una sensibilità
mediterranea che esalta il colore e la fantasia.
Nel 1923 plasmò con la creta la caratteristica figura del
“ciucciariello” che divenne il simbolo di Vietri e della sua
ceramica. Le sue pitture dalla spontanea espressività quotidiana
davano anima e suggestione al manufatto ceramico, fondendosi con
esso, sia che fossero vasi o brocche, e piatti o mattonelle;
Irene Kowaliska, che seppe mescolare, in un’atmosfera di
incanto, la cultura locale al mondo delle favole della cultura
centroeuropea di cui la letteratura nordica è ricca.
La vita quotidiana delle popolazioni costiere del nostro
Meridione, nelle sue manifestazioni più semplici e dolci, sono
riconoscibili nelle sue opere, ma in questi elementi la Kowaliska
non fa che esprimere se stessa nella continua ricerca di due
concetti: amore e felicità;
Barbara Margarethe Thewalt-Hannash realizza fantasmagorici
gruppi di Natività, iconici eppure eterei volti di donna, soggetti
faunistici, forme imprendibili di una fantasia che viaggia tra il
mito e la metafora, e che fanno conquistare alla produzione
ceramica vietrese un livello artistico non eguagliato per gusto,
eleganza e raffinatezza.
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Figura 8. 73. Tegame |
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Figura 8. 74. Pignatta |
Figura 8. 75. Doelker:
pannello
Gli stiletti animati e policromatici dai ricchi e forti
contorni tonali, i segni decorativi che rivelano atmosfere
fiabesche ed orientali, il misurato plasticismo sobriamente
ludico, l’esilità degli smalti lievi come raggi di luna, fanno
della Thewalt-Hannash, Bab per gli amici, la personalità più
significativa del “Periodo Tedesco”;
Amerigo Tot, conosciuto come l’artista dell’età del bronzo per
le sue strutture maiolicate e bronzee, assume nel 1948 la
direzione artistica della fabbrica ceramica di V. Pinto che
manterrà fino al 1952. Egli realizza sculture-ceramiche, come le
“Forme Abbracciate” che richiamano dinamiche improntate a
scansioni ordinate, dove l’adesione neocubista è esaltata
dall’intrecciarsi dei profili geometrizzanti delle figure. Lascia
a suo ricordo la maestosa statua sul piccolo molo di Positano; |
Figura 8. 76. Riccardo Doelker:
coppetta |
Max Melamerson, proprietario dell’Industria Ceramica
Salernitana (ICS), apporta un significativo cambiamento nella
produzione artistica della ceramica vietrese. Pur mantenendo
alcune tipologie ceramiche consolidate dagli usi e dalla
tradizione, diversifica la produzione modificando i gusti floreali
in espressioni baroccheggianti o in motivazioni di gusto marino
segnate da innovative notazioni cromatiche e proponendo un nuovo
linguaggio espresso dalla sensibilità ed abilità decorativa degli
artisti stranieri.
La fitta rete intessuta per una più ampia divulgazione della
propria produzione fa conoscere, grazie al prezioso contributo di
Margarethe Thewalt-Hannasc, Diesel Opel e Lothar Eglive suoi
collaboratori, la ceramica vietrese all’Italia e all’estero. |
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Figura 8. 77. Irene Kovaliska: tre pezzi |
Figura 8. 78. Targa e piatto di Hannasch |
Fra gli artisti italiani che gravitano nell’orbita dei
tedeschi, dobbiamo citare:
Guido Gambone, avellinese di nascita ma vietrese per adozione,
un artista dalla straordinaria creatività che ha attraversato con
una personalità forte e dirompente una stagione di grandi fermenti
nella ceramica vietrese.
Tra i più importanti ceramisti del XX secolo, Gambone riesce ad
affermarsi per il notevole talento nel rielaborare il patrimonio
proveniente dalla tradizione da cui riesce a cogliere lo spessore
di materialità mediterranea che ne costituisce il più autentico
contenuto. Una materialità che Gambone intravede, peraltro, non
solo nella originaria essenzialità delle tipologie formali e
decorative, ma che sente anche nelle procedure e nelle pratiche di
utilizzo produttivo delle materie.
L’amore per la pittura è, forse, la chiave della sua avventura
artistica, che divenne per Gambone il sentiero che lo conduce al
di là dell’orizzonte, oltre il confine del quotidiano, oltre
l’orlato contorno dei monti della propria terra. Nella sua
produzione si manifesta “un’esigenza umana”, come di chi abbia
voluto imprimere il timbro del suo personale lirismo alle
suppellettili di tutti i giorni;
Giovannino Carrano, con una
sensibilità innata e continuamente coltivata, sviluppa sin
dall’adolescenza, un continuo dialogo con la ceramica e con Vietri.
Il suo stile è fondato su un grafismo equilibrato, morbido e senza
spigolature in cui il verde ramina e il manganese suggeriscono
effetti di campo ceramico e composto e spazi soffusi di ordinate
atmosfere.
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Figura 8. 79. Giovannino Carrano: Sacra Famiglia |
Figura 8. 80. Guido Gambone: vaso monoansato a decoro |
Egli assimila le motivazioni del periodo tedesco ed artigiano,
le narra con felicità espressiva. Gli uomini e le cose, il mare e
la terra, sono per lui spettacoli del tempo; i gesti animati,
ancorati a manualità arcaiche, diventano rappresentazione del
tessuto etnico vietrese.
Le storie omeriche e le favole di Esopo, le processioni
rievocanti Doelker, i cicli rurali e le temperie marine, le
miriadi di animali e cose, il mondo pastorale e le raffigurazioni
floreali sono il diversificato panorama decorativo della sua
produzione. Egli è emblema di vero artigiano, la sua tecnica e il
lavoro quotidiano saranno per Vietri esempio di notevole coerenza
e di dignità di lavoro.
Tanti altri come Andrea D’Arienzo,
Lucio e Pasquale Liguori,
Mattia Limongelli,
Luigi Manzo,
Salvatore,
Vincenzo e
Giosuè
Procida, Giuseppe Caporossi,
Antonio Franchini,
Franco Raimondi,
Giovanni Sersante,
Alessandro Mautone,
Matteo e Vincenzo Rispoli,
con i loro personalissimi stili legati alle tradizioni del luogo
hanno dato e continuano a dare lustro a questo lembo di terra
della costiera amalfitana.
Altri artisti hanno lavorato in ceramica a Vietri sul mare,
durante sporadici intervalli della loro attività pittorica come
Mario Carotenuto,
Antonio Petti,
Peter Willburger,
Vincenzo D.
Patroni, Matteo Sabino,
Virgilio Quarta e
Domenico Trasi
conosciuti in quanto pittori disegnatori, dando risultati
originali e talvolta continuando sperimentazioni precedenti come
ad esempio l’impiego della sabbia insieme al materiale ceramico
per ottenere la porosità dell’impasto.
Un discorso a parte merita l’attività artistica di
Ugo Marano,
spesso legata alla ceramica. Negli anni Settanta, Marano teorizza
un progetto di “Museo vivo”, spazio della vita, della crescita,
della memoria nell’ambito del quale viene ripresa “dal vivo” la
stessa azione del modellare e della sua progettualità.
Marano vede nella plasmabilità della ceramica un segno vitale e
la concettualità della sua arte si volge continuamente
all’evidenza di quel segno. Nel 1991 egli dà vita ad un gruppo di
vasai (Vasai di Cetara) che svolgono un lavoro libero da
preclusioni accademiche o da schemi scolastici, che sta dando i
suoi frutti e che mostra un ampliamento in senso geografico delle
possibilità della ceramica lungo l’area amalfitana.
Ma la ceramica a Vietri sul Mare è scritta anche nel paesaggio,
nelle mattonelle inserite nelle murature esterne e interne delle
case o incastonate nelle viuzze tortuose e talvolta nascoste dei
paesi della costiera. Vietri e gli altri centri della zona
diventano così un museo all'aperto, scandito dalla presenza delle
numerose botteghe che, con i loro piatti decorati, vasi e pannelli
murali testimoniano di un'attività ancora oggi molto vitale.
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