Un’antica
tradizione salernitana era quella di partecipare alla festa di
Sant’Anna di Pellezzano, conosciuta anche con il nome di festa dei
Santi Martiri.
Nella chiesa madre di Pellezzano, già nota nel 1138, si venera una
statua di Sant’Anna a mezzo busto, eretta a ricordo di Nunziatina
Gaeta, che, per salvare il fratello Luigi gravemente ammalato,
chiese alla Santa di prendere il suo posto; infatti mentre Luigi
guariva, ella poco dopo moriva.
Nello stesso giorno di Sant’Anna, venivano venerate le statue di
14 Santi Martiri cristiani; contemporaneamente, in processione si
portavano anche le statue di S. Gioacchino, marito di Sant’Anna, e
S. Clemente, patrono di Pellezzano.
Già prima della mezzanotte del 25 luglio, cominciavano a giungere
in Pellezzano i primi pellegrini provenienti dai paesi limitrofi e
soprattutto da Salerno, preceduti dalle verginelle vestite di
bianco, seguivano i familiari, molti dei quali scalzi e moltissimi
che vestivano, in ex voto, l’abito di Sant’Anna dai colori verde e
giallo, indossato fino a consumazione.
I pellegrini portavano grosse ceste di viveri che consumavano
durante la notte tra la suonata di un concertino e una ballata al
suono di cembalo e nacchere. La nottata veniva allietata dal
passaggio dei carri allegorici e non mancavano le giostre e le
bancarelle che vendevano cibarie di ogni genere tra cui la milza
cotta nell’aceto, la zuppa di soffritto, le melanzane, le lumache
e i meloni rosso fuoco.
Un’antica costumanza pellezzanese voleva che il giorno di Sant’Anna
ogni famiglia ospitasse almeno uno dei tanti poveri che durante la
festa chiedevano l’elemosina.
Ai primi chiarori dell’alba, la chiesa veniva aperta e i
pellegrini in massa vi accedevano cantando inni di lode alla
Santa. Molte donne percorrevano la chiesa sino all’altare in
ginocchio, altre lo facevano rotoloni per terra, altre ancora
strisciando la lingua sul pavimento.
Verso le ore 11 la statua veniva rimossa dalla nicchia e collocata
sulla portantina per la processione; era questo un momento
particolarmente commovente: le donne si accalcavano intorno alla
statua, nel tentativo di spolverarla con fazzoletti o lembi di
stoffa che venivano portati a casa e conservati tra le reliquie
più care: durante l’anno se vi fossero stati ammalati in famiglia,
gli si metteva quel sacramentale al collo sicuri che Sant’Anna non
avrebbe fatto mancare la sua protezione.
La processione, preceduta dalla sfilata delle verginelle, si
svolgeva sotto il sole cocente di luglio accompagnata dal suono
delle campane e dai botti dei mortaretti. Di passaggio da Casa
Genovese, venivano fatti scendere, con corde e carrucole, due
angeli che rendevano omaggio alla Santa. Fino al rientro in chiesa
delle statue, in Pellezzano non si appiccava il fuoco per
cucinare; solo dopo, quando i pellegrini iniziavano il loro
viaggio di ritorno, i pellezzanesi ritornavano a casa per
preparare la “zuppa di Sant’ Anna”, una pietanza a base di fiori
di zucca, zucchine e patate cotti con l’osso di prosciutto.
A sera la banda e le orchestre suonavano soltanto per i
pellezzanesi a chiusura della festa. |