5.11. LA GROTTA DI S. MICHELE A S. ANGELO A FASANELLA

Meravigliosa espressione della natura e meta di somma venerazione, la grotta di S. Michele Arcangelo sorge a circa 500 metri dal centro abitato di S. Angelo a Fasanella, da dove si può ammirare, in modo panoramico, l'antico borgo medioevale.
La grotta di S. Michele Arcangelo ospita il più importante insediamento rupestre dell'area territoriale degli Alburni, che ha restituito reperti di presenze umane dell'età paleolitica. Negli Alburni esistono, infatti, numerose grotte scavate nella roccia calcarea dal lavoro millenario delle acque, alcune abitate fin dall'epoca preistorica, altre destinate, nel corso dei secoli, a funzioni di carattere religioso (grotta di S. Elia e Fra Liberato a Controne, di S. Elia e S. Vito a Postiglione e S. Lorenzo ad Ottati) altre ancora che hanno mantenuto un interesse esclusivamente speleologico e naturalistico (grotte di Pertosa e Castelcivita).
Il Cilento, ricco di antri naturali, aveva conosciuto, sotto i Longobardi, una forte penetrazione di monaci greci, fuggiti, per le persecuzioni iconoclaste, dall'Impero d'Oriente. Nel Cilento appunto i monaci basiliani poterono trovare un ambiente confacente al loro sistema di vita, creandovi numerosi insediamenti monastici attorno ai quali si svilupparono spesso veri e propri villaggi.

Figura 5. 49. Ingresso della grotta

Figura 5. 50. Madonna con Bambino

Ampiamente diffuso in Italia meridionale, e soprattutto in Campania, è il culto dell'Arcangelo Michele, protettore e guida dei Longobardi (e che aveva sostituito, dopo la conversione al cattolicesimo, quello dell'antico dio guerriero Odino) localizzato negli antri e nelle caverne.
Una leggenda popolare fa risalire la scoperta della grotta e l'origine del culto per l'Arcangelo Michele, a Manfredo, probabilmente un principe dell'antica città di Fasanella, che, cacciando nei boschi che un tempo lambivano la grotta, vide il suo falcone, lanciato all'inseguimento di una colomba, scomparire in una fenditura della roccia dalla quale perveniva una dolce melodia. Tornato con un seguito di servi e contadini alla ricerca del falcone e allargata la fenditura, scoprì una meravigliosa grotta con un altare e sulla parete retrostante un'impronta delle ali dell'Arcangelo Michele. Da allora la sacra grotta fu tenuta in somma venerazione dal popolo.
L'accesso è costituito da un portale quattrocentesco in pietra, sollevato su due gradini e con capitelli decorati sul fronte esterno da un fiore stilizzato a rilievo, le cui basi sono arricchite dalle figure di un leone e di una leonessa di gusto neoromanico che reggono l'intera struttura, attribuito a Francesco Sicignano, maggiore scultore del Quattrocento cilentano, legato alla committenza dei Sanseverino.
All'interno, a destra dell'ingresso, si trova una vera da pozzo a base quadrata rivestita da piccole mattonelle di ceramica napoletana recanti la data del 1614 e sullo spiazzo antistante lo stemma della famiglia Caracciolo scolpito su un blocco di pietra.
Nella prima sala, a circa 5 metri dall'attuale piano di calpestìo, vi è sulla parete rocciosa una edicola con tetto a due spioventi che presenta nel bordo anteriore una serie di archetti decorativi che terminano ai lati in due pannelli nei quali sono effigiati a sinistra l'Angelo Annunciante e a destra la Vergine Annunciata e al centro una zona affrescata, purtroppo molto rimaneggiata, dove a stento si riesce a distinguere l'immagine di S. Giovanni Battista.

All'interno, a destra dell'ingresso, si trova una vera da pozzo a base quadrata rivestita da piccole mattonelle di ceramica napoletana recanti la data del 1614 e sullo spiazzo antistante lo stemma della famiglia Caracciolo scolpito su un blocco di pietra.
Nella prima sala, a circa 5 metri dall'attuale piano di calpestìo, vi è sulla parete rocciosa una edicola con tetto a due spioventi che presenta nel bordo anteriore una serie di archetti decorativi che terminano ai lati in due pannelli nei quali sono effigiati a sinistra l'Angelo Annunciante e a destra la Vergine Annunciata e al centro una zona affrescata, purtroppo molto rimaneggiata, dove a stento si riesce a distinguere l'immagine di S. Giovanni Battista.

Figura 5. 51. Interno della grotta

Sulla parete di roccia, di fronte all'ingresso, si trova il monumento funebre dell'abate Francesco Caracciolo, fatto erigere nel 1585 dal nipote Fabio Caracciolo. Sulla sua sinistra si trova ancora un dissestato ballatoio per l'organo, al quale si accede con una scala in muratura, mentre sulla sua destra, in una cavità profonda, si trova la cappella dedicata alla Madonna dell'Immacolata, sul cui altare vi è un grande quadro, con cornice ad intaglio barocco del XVII secolo, raffigurante la Vergine che schiaccia il dragone infernale, opera di Giovanni De Gregorio detto di Pietrafesa.
Non lontano da questo altare, probabilmente in quella che viene indicata come cappella della Pietà, sul pulpito ligneo, è dipinto il Cristo che sorge dal sepolcro.

Figura 5. 52. Il coro

Figura 5. 53. Impronte delle ali

Dietro l'altare dell'Immacolata si apre una cavità che conserva un arcosolio in stucco databile al Quattrocento, con al centro la Vergine con il Bambino benedicente, a sinistra l'Angelo Annunciante in atto di offrire un giglio e a destra l'Annunciata e sulla parete di fondo Santa Caterina d'Alessandria e S. Vito.
Continuando sul leggero pendio, scivoloso per l'intensa umidità e per il continuo stillicidio della volta della grotta, si trova una bellissima Vergine con Bambino in gesso dei primi anni del Trecento, assisa su un piedistallo di roccia naturale decorato in modo da fingere la tradizionale cassapanca.
Nell'altra grande sala della grotta, sulla parete di fondo, spicca lo stupendo altare marmoreo con la statua di S. Michele Arcangelo, sempre in marmo, del XVII secolo, attribuita a Giacomo Colombo d'Este, discepolo di Domenico di Nardo, le cui opere di chiara influenza napoletana sono diffusissime in tutto il territorio cilentano.
Alle spalle dell'altare, sulla roccia naturale, sono dipinte due ali d'angelo; in basso, sotto di esse, si apre una cavità naturale dove anticamente scorreva acqua a cui la credenza popolare attribuiva proprietà miracolose.